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protezione degli investimenti

Società: la tutela dei soci di minoranza

28 Maggio 2021/in Diritto societario, News

Spesso accade che i soci di minoranza di una società, per molte ragioni, non valutino adeguatamente le conseguenze di una conflittualità con i soci di maggioranza. Il Codice civile garantisce ai soci di minoranza alcuni diritti, che li tutelano nei confronti della maggioranza. Tali diritti tuttavia non sempre sono sufficienti a tutelare adeguatamente i soci di minoranza e a valorizzarne adeguatamente l’investimento, e in ogni caso, non sono in grado di evitare il sorgere di un conflitto con gli altri soci, e dunque di un contenzioso. Sono invece molto più efficaci per i soci di minoranza forme di tutela preventive, consistenti nell’inserimento di opportune clausole,  nello statuto o in un patto parasociale. In particolare, il socio di minoranza ha normalmente interesse a modificare i quorum deliberativi su talune materie, nonché di essere rappresentato nell’organo amministrativo, inserendo una apposita previsione nello statuto o in un patto parasociale. E’ inoltre opportuno ottenere un diritto di exit dalla società, attraverso clausole di tag along e opzione put.

Indice

1. Cosa si intende per “socio di minoranza”?

Come è noto, i soci di una società godono di capacità decisionale diversa, principalmente in funzione della misura in cui partecipano al capitale sociale. Possono definirsi soci di minoranza i soci che non sono in grado di esercitare una influenza determinante, attraverso il proprio voto in assemblea, nell’approvazione delle delibere che riguardano le decisioni più importanti della società.

A tal proposito, è opportuno riepilogare sinteticamente i quorum costituivi e deliberativi di S.p.A. ed S.r.l.

Per quanto riguarda le S.p.A. (chiuse, cioè non quotate), ai sensi degli artt. 2368 e 2369 cod. civ. salvo diversa disposizione dello statuto:

  • l’assemblea ordinaria, in prima convocazione, si costituisce regolarmente con la presenza di almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta, nelle convocazioni successive, invece, essa delibera con il voto favorevole della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea, qualunque ne sia la percentuale;
  • l’assemblea straordinaria, in prima convocazione, delibera con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale, nelle convocazioni successive, si costituisce validamente con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato.

Per quanto riguarda le S.r.l., ai sensi dell’art. 2479-bis cod. civ., salva diversa disposizione statutaria:

  • l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di almeno la metà del capitale sociale e delibera con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli intervenuti, salvo che per le delibere che comportino una modifica all’atto costitutivo od operazioni tali da determinare una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci, per le quali è richiesto il voto favorevole di almeno la metà del capitale sociale;
  • ai sensi dell’art. 2479, sesto comma, cod. civ., le decisioni extra-assembleari sono prese con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.

2. I diversi diritti dei soci in funzione del grado di partecipazione al capitale sociale

Ciò premesso, esaminiamo sinteticamente quali sono i diversi diritti dei soci di minoranza, in funzione della misura della partecipazione detenuta nella società.

Nelle S.p.A., la titolarità di almeno il 5% del capitale sociale consente al socio di minoranza di:

  • impugnare la delibera che non sia conforme alla legge o allo statuto sociale (art. 2377, terzo comma, cod. civ.);
  • denunziare all’organo di controllo fatti ritenuti censurabili, obbligando lo stesso ad indagare senza ritardo a riguardo e a presentare le proprie conclusioni ed eventuali proposte all’assemblea dei soci (dell’art. 2408 cod. civ.).

Una partecipazione di almeno il 10% del capitale sociale consente al socio di minoranza di:

  • chiedere agli amministratori la convocazione dell’assemblea (art. 2367, primo comma, cod. civ.);
  • agire ai sensi dell’art. 2409 cod. civ. in caso di fondato sospetto di gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare danno alla società.

Una partecipazione di almeno il 20% del capitale sociale consente al socio di minoranza di esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci (art. 2393-bis, primo comma, cod. civ.).

Una partecipazione di almeno il 33% del capitale sociale consente infine al socio di minoranza di:

  • chiedere il rinvio dell’assemblea (art. 2374 cod. civ.);
  • porre il veto nell’assemblea straordinaria in seconda convocazione (art. 2369, quinto comma, cod. civ.).

Nelle S.r.l.:

  • tutti i soci, indipendentemente dalla loro partecipazione nella società, possono impugnare le delibere assembleari (art. 2779-ter cod. civ.), e proporre l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (dell’art. 2476 cod. civ.);
  • i soci che detengono almeno i 2/3 del capitale sociale possono rinunziare o transigere l’azione di responsabilità contro gli amministratori, sempre che non si oppongano tanti soci che ne rappresentano almeno il 10% (dell’art. 2476, quinto comma, cod. civ.);
  • i soci che rappresentano il 33% del capitale possono chiedere la convocazione dell’assemblea per deliberare su determinate materie (’art. 2479, quarto comma, cod. civ.).

3. La tutela “preventiva” del socio di minoranza

3.1 I quorum deliberativi rafforzati nello statuto o nel patto parasociale 

Spesso accade che i soci di minoranza di una società, per molte ragioni – tra cui una sottovalutazione del ruolo dello statuto e dei patti parasociali ed una iper-valutazione delle proprie capacità di prevenire o risolvere i conflitti con gli altri soci – non valutino adeguatamente le conseguenze di una conflittualità con i soci di maggioranza.

Il Codice civile garantisce ai soci di minoranza alcuni diritti, che li tutelano nei confronti della maggioranza, quali in particolare:

  • il diritto di intervento in assemblea;
  • il diritto di chiedere un rinvio dell’assemblea per mancanza di informazioni(art. 2374 c.c.);
  • il diritto di convocare l’assemblea(art.2479 comma 1 c.c.);
  • il diritto all’informazione e consultazione;
  • il diritto ad impugnare le delibere viziate da abuso di potere della maggioranza;
  • il diritto di deliberare e promuovere l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori; 
  • il diritto di recesso.

Tali diritti tuttavia non sempre sono sufficienti a tutelare adeguatamente i soci di minoranza e a valorizzarne adeguatamente l’investimento, e in ogni caso, non sono in grado di evitare il sorgere di un conflitto con gli altri soci, e dunque di un contenzioso. Sono invece molto più efficaci per i soci di minoranza forme di tutela per così dire preventive, consistenti nell’inserimento di opportune clausole,  nello statuto o in un patto parasociale.

In primo luogo, è possibile prevedere quorum rafforzati per le delibere attinenti  materie di particolare rilievo, quali in particolare:

  • nomina e revoca delle cariche sociali;
  • approvazione del bilancio;
  • aumenti di capitale;
  • operazioni straordinarie.

In tal modo, il socio di minoranza è in grado di impedire l’adozione di delibere che possono recare un pregiudizio ai propri interessi, modificando i quorum deliberativi su talune materie, in modo da acquisire maggior peso decisionale all’interno della società ed esercitare così un  potere di veto. Naturalmente, l’individuazione del quorum in grado di assicurare tale influenza al socio di minoranza varia in relazione ai rapporti interni tra i soci.

Inserire tale previsione nello statuto o in un patto parasociale non è equivalente. Lo statuto è dotato di efficacia reale, e quindi vincola anche i terzi. Viceversa, il patto parasociale ha efficacia obbligatoria, cioè vincola solo i soci che lo hanno sottoscritto (o eventualmente anche altri soggetti non soci che lo abbiano anch’essi sottoscritto), e non la società.

Di conseguenza, qualora una clausola di rafforzamento di un determinato quorum deliberativo venga inserita in un patto parasociale, la delibera eventualmente adottata non conformemente a quanto previsto dal patto non potrà essere impugnata (come invece quella che non sia stata presa nel rispetto di quanto previsto dallo statuto) ma, al più, essa sarà fonte di responsabilità contrattuale per il socio inadempiente, il quale sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti degli altri soci.

Per quanto concerne la durata, il termine dei patti parasociali – seppur rinnovabili alla scadenza- è determinato dalla legge in cinque anni per le S.p.A. (tre anni per le società quotate). Nelle S.r.l. è possibile che il patto parasociale venga stipulato a tempo determinato (per un periodo anche superiore a cinque anni) purché la durata risulti “congrua” in relazione alla necessaria limitazione del vincolo, o a tempo indeterminato, purché venga attribuito in tal caso un diritto di recesso esercitabile con un preavviso di 180 giorni. Le clausole statutarie, invece, non sono soggette a limiti temporali e mantengono la propria efficacia per tutta la durata della società.

L’inserimento di tali forme di tutela in un patto parasociale è in linea di massima  preferibile (rispetto all’inserimento nello statuto) quando vi sono esigenze di riservatezza, oppure è opportuno coinvolgere soggetti terzi rispetto ai soci, o quando i soci intendono adattare o modificare il patto alla sopravvenienza di future circostanze, senza essere costretti a ricorrere all’assemblea ed all’atto pubblico (necessari invece per modificare lo statuto).

Inoltre, determinati risultati possono essere conseguiti solo attraverso la stipula di un patto parasociale; ad esempio, nelle S.p.A. lo statuto può stabilire delle norme particolari per la nomina delle cariche sociali ma non può prevedere quorum deliberativi rafforzati per la nomina e la revoca delle stesse (art. 2369, quarto comma, cod. civ.), mentre un patto parasociale consente di accordarsi preventivamente sulla nomina dell’organo amministrativo e sul voto in assemblea.

3.2 La rappresentanza nell’organo amministrativo della società 

Con riferimento alle decisioni dell’organo amministrativo della società, il socio di minoranza ha generalmente interesse a regolamentare la possibilità di essere rappresentati nell’amministrazione della società –  oltreché nell’organo di controllo, se istituito – escludendo la possibilità (solitamente prevista negli statuti) di un organo amministrativo monocratico.

Ciò, naturalmente, sempre che i soci di maggioranza siano interessati a gestire la società in prima persona; qualora invece siano interessati esclusivamente a trarne un profitto, essi potranno affidare la gestione esclusivamente alla minoranza, limitandosi ad assicurarsi la distribuzione degli utili eventualmente generati ed una vigilanza sulla corretta gestione dell’impresa attraverso l’organo di controllo.

In una S.p.A., il diritto alla partecipazione all’organo amministrativo potrà essere garantito dall’introduzione, in statuto, di un meccanismo di voto di lista; minor tenuta è invece offerta dalla sottoscrizione di un patto parasociale, che obblighi i soci di maggioranza e di minoranza ad accordarsi preventivamente sulla nomina delle cariche sociali.

In una S.r.l. è inoltre possibile attribuire, nello statuto, diritti particolari riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili ai singoli soci (art. 2468, terzo comma, cod. civ.). Ad esempio, può essere attribuito al socio di minoranza il diritto particolare di nominare uno o più amministratori o di revocarli, di compiere determinati atti gestori o, ancora, di rivestire la carica di amministratori con particolari deleghe. Possono altresì essere loro attribuiti poteri autorizzativi o di veto in relazione a talune operazioni (ad esempio per l’alienazione di immobili della società, l’iscrizione di ipoteche sugli stessi, la cessione di rami d’azienda, etc.).

Infine, può essere utile regolamentare la distribuzione degli utili eventualmente generati, in modo da prevenire che il socio di maggioranza attui una politica di accantonamento degli utili generati e privi così la minoranza di una qualche forma di ritorno sull’investimento, incentivandola – nel caso di dissidio – a cedere la propria partecipazione. Tale aspetto potrà essere disciplinato nello statuto – prevedendo il diritto di tutti i soci alla distribuzione di una quota di utili – in un patto parasociale 0, nel caso delle S.r.l., attraverso la previsione di diritti particolari ai sensi dell’art. 2468, terzo comma, cod. civ.

3.3 Il diritto di exit: clausole tag along e opzione put 

Un’altra forma di tutela ” preventiva” utile al socio di minoranza per assicurargli una posizione migliore e più sicura nella società – soprattutto quando non sia possibile ottenere il potere di veto di cui sopra – è costituita dall’ottenimento di diritti di exit (cioè di uscita) dalla società.

A tal proposito, sono utili  alcune clausole, ricorrenti nei patti parasociali – ma spesso presenti anche negli statuti di società – che consentono di regolare l’exit del socio– quali:

  • le clausole di co-vendita (“tag along”), che consentono al socio di minoranza di tutelarsi nel caso in cui la maggioranza voglia cedere la propria partecipazione ad un terzo che non gli sia gradito come futuro socio o, comunque, a condizioni economiche d’interesse anche per il socio di minoranza stesso; grazie a tale clausola, la minoranza può vendere la propria partecipazione al terzo – fermo il consenso di quest’ultimo – unitamente a quella della maggioranza. La clausola di tag along diventa ancor più opportuna quando sia presente una clausola di trascinamento, che obbliga la minoranza a vendere la propria partecipazione al terzo unitamente a quella della maggioranza, in modo da massimizzare il valore del propria partecipazione in previsione di una futura cessione della stessa ad un terzo interessato ad acquisire il controllo dell’intera società (clausola di drag along).
  • le clausole di opzione put, che attribuiscono alla minoranza il diritto di vendere alla maggioranza la propria partecipazione al ricorrere di determinate circostanze; tale diritto funge da contraltare a quello di acquisto in capo alla maggioranza (opzione call).

 

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato Diritto Societario Consulenza Legale

 

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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate  non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in  alcun modo considerarsi come sostitutivo  di una consulenza legale specifica.

Tags: Diritto Societario, soci di minoranza
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