Contratti di agenzia: la zona e l’esclusiva
Considerato il rapporto fiduciario che deve intercorrere tra le parti di un contratto di agenzia, l’art. 1743 c.c. prevede che un diritto di esclusiva sia in favore del preponente che in favore dell’agente. Grazie al divieto di concorrenza e al rapporto di esclusiva, le parti sono poste nelle condizioni migliori al fine di trarre dall’esecuzione del rapporto il massimo beneficio possibile. Non è peraltro vietato dalla legge derogare all’esclusiva, ma detta previsione pattizia altera il rapporto di collaborazione fra le parti. La norma di cui all’art. 1743 c.c. ha dato luogo a diversi problemi interpretativi, a loro volta fonte di contenzioso. La previsione legislativa dell’esclusiva incide infatti direttamente sulle prospettive di guadagno di preponente e agente, incentivando pertanto gli stessi a porre in essere comportamenti elusivi della legge. In questo articolo analizziamo l’art. 1743 c.c., nella sua relazione con l’art. 1748 c.c., nonché gli sviluppi giurisprudenziali su questo tema.
1. La zona
L’attività di promozione dell’agente deve essere svolta, ai sensi dell’art. 1742 1° comma c.c., in una ‘‘zona determinata’’. Elemento tipico del contratto di agenzia è pertanto la definizione convenzionale di un ambito territoriale in cui l’agente esercita la sua attività.
La zona può essere determinata con riferimento a:
- un’area geografica;
- una particolare categoria di soggetti operanti in uno specifico settore del mercato;
- una determinata linea di prodotti.
La zona in cui si deve sviluppare l’attività dell’agente viene generalmente stabilita nel contratto; può tuttavia capitare che il testo contrattuale non determini in modo esplicito la zona assegnata e la sua ampiezza debba essere ricostruita in via interpretativa.
Al riguardo occorre distinguere fra l’ipotesi di un unico agente che opera per il preponente e quella di una pluralità di agenti. Se vi è un unico agente, in mancanza di qualsiasi diverso riferimento nel contratto, la zona di spettanza può reputarsi coincidere con l’intero territorio nazionale. In presenza invece di più agenti, vi è il pericolo che sussistano aree sulle quali più agenti vantino contestualmente il diritto di operare per il medesimo preponente.
Se, ad esempio, il produttore Alfa nomina agenti Tizio e Caio, senza suddividere esattamente fra essi il territorio di rispettiva competenza, vi è il rischio che ambedue si vogliano occupare (almeno parzialmente) della medesima zona. In tali casi, occorre ricostruire la volontà delle parti in ordine alla suddivisione del territorio, sulla base dalla prassi rispettata in precedenza, anche prima dell’instaurazione del rapporto contrattuale, o delle modalità di esecuzione del contratto poste in essere dagli medesimi agenti.
1.1 La variazione della zona
Come regola generale, nessuna delle parti (e in particolare il preponente) può modificare unilateralmente (cioè senza il consenso dell’altra) la zona stabilita contrattualmente, avendo il contratto forza di legge fra le parti (art. 1372, 1º co., c.c.).
Gli Accordi Economici Collettivi (AEC) prevedono tuttavia la possibilità per il preponente di variare unilateralmente il contenuto economico del contratto, ivi compreso l’ambito della zona assegnata all’agente, in aumento o (come più frequentemente accade) in diminuzione, entro determinati limiti in base alla gravità della modifica proposta, offrendo ragionevoli tutele all’agente.
Si ricorda che per “zona” si deve intendere non soltanto l’area territoriale in cui opera l’agente, ma anche l’elenco dei clienti o la categoria di clienti affidati all’agente e la categoria dei prodotti di cui all’agente è affidata la promozione. Dunque, si può avere una variazione di zona non solo quando viene modificato il territorio originariamente assegnato all’agente ma anche quando vengono modificati i clienti o i prodotti.
In particolare, gli l’AEC Commercio del 2009 e l’AEC Industria del 2014, distinguono fra:
- variazioni di zona di lieve entità (con modifiche fino al 5%), che possono essere realizzate senza preavviso e sono efficaci sin dal momento della ricezione della comunicazione della casa mandante.
- variazioni di media entità (con modifiche fra 5% e 20% per l’AEC commercio e tra 5% e 15% per l’AEC industria), che possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente con un preavviso di almeno due mesi per gli agenti plurimandatari o di quattro mesi per gli agenti monomandatari (per questa distinzione v. il par. 5);
- variazioni di sensibile entità (con modifiche superiori al 20% per l’AEC commercio e al 15% per l’AEC industria), che possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente con un preavviso non inferiore a quello previsto per la risoluzione del rapporto.
In caso di variazione di sensibile entità, inoltre, l’agente può comunicare,, entro 30 giorni, di non accettare la variazione stessa. In tal caso, la comunicazione dell’agente costituisce preavviso per la cessazione del rapporto di agenzia a iniziativa del preponente; pertanto, in tal caso il rapporto cessa al termine del periodo di preavviso e all’agente spetta l’indennità di fine rapporto.
Ciò che rileva ai fini della qualifica della variazione come di lieve, media o sensibile entità è l’ammontare delle provvigioni di competenza dell’agente nell’anno precedente la variazione, ovvero nei 12 mesi antecedenti la variazione qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero.
Ai fini della richiesta del preavviso così come della possibilità di imputare il recesso alla casa mandante, sono considerate come unica variazione:
- per gli agenti plurimandatari: l’insieme delle variazioni di lieve e media entità apportate in un periodo di 18 mesi antecedenti l’ultima variazione;
- per gli agenti monomandatari: l’insieme delle variazioni di lieve e media entità apportate in un periodo di 24 mesi antecedenti l’ultima variazione.
Le parti non possono indicare termini di preavviso di durata inferiore; pertanto, qualora nel singolo contratto individuale sia previsto un termine inferiore a quello previsto nell’AEC, quest’ultimo è destinato a prevalere, a condizione ovviamente che l’AEC sia applicabile al rapporto.
Gli AEC Commercio e Industria prevedono inoltre la possibilità di sostituire il preavviso con il pagamento di una corrispondente indennità, da calcolarsi con gli stessi criteri previsti per l’indennità di mancato preavviso nel recesso ordinario, e cioè sulla base della media delle provvigioni di competenza dell’agente nell’anno civile precedente sui clienti, zona, prodotti e misura della provvigione oggetto di riduzione. L’indennità sostitutiva è quindi pari a tanti dodicesimi delle provvigioni di competenza dell’agente nell’anno civile precedente, quanti sono i mesi di preavviso non concessi. La prosecuzione del rapporto dopo la variazione non incide in alcun modo sul diritto dell’agente di percepire l’indennità sostitutiva, se dovuta.
Pur in presenza di una clausola contrattuale che preveda il diritto del preponente di ridurre unilateralmente la zona, e pur in presenza della disciplina degli AEC, la giurisprudenza prevalente ritiene che tale facoltà possa essere legittimamente esercitata dal preponente solo quando sia giustificata dalla necessità di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, così come si sono modificate durante il decorso del tempo, e comunque nel rispetto dei principi di correttezza e di buona fede.
Pertanto, il preponente non può ridurre la zona – e conseguentemente le possibilità di guadagno dell’agente – al punto da far risultare inutile o troppo gravosa per l’agente la prosecuzione del contratto. Ciò può costituire giusta causa di recesso dell’agente, con il conseguente diritto dell’agente di chiedere l’indennità per la cessazione del rapporto, fatto comunque salvo il diritto di chiedere il risarcimento dei danni eventualmente subiti.
Inoltre, secondo la giurisprudenza devono considerarsi nulle le clausole contrattuali formulate in modo tale da attribuire al preponente un potere illimitato di modifica unilaterale della base di calcolo e quindi dell’importo delle provvigioni, ad esempio attraverso la facoltà di concedere extra sconti in misura non prestabilita e a un numero di clienti imprecisato, così rendendo non determinato e non determinabile un elemento essenziale del contratto.
Nello stesso senso, è stata dichiarata nulla, in quanto condizione meramente potestativa tale da far venir meno l’efficacia vincolante dell’intero contratto, la clausola con la quale il proponente si riservi la possibilità, previa comunicazione, di trattare direttamente con alcuni clienti (non previamente individuati), così escludendo ogni diritto dell’agente; ciò in quanto tale clausola consente al preponente di sottrarre all’agente un numero indefinito di clienti senza riconoscergli diritto a provvigioni o tenere in alcun conto le spese sostenute e le attività svolte per organizzare la rete dei clienti.
2. L’esclusiva nell’agenzia
La determinazione di un preciso ambito spaziale in cui l’agente opera assume rilievo ai fini della definizione e dell’adempimento del vincolo di esclusiva.
Del diritto di esclusiva godono automaticamente, per legge, entrambe le parti del contratto di agenzia: sia il preponente sia l’agente. Infatti, l’art. 1743 c.c. prevede che:
- il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività;
- l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.
Vige così un divieto reciproco di concorrenza, finalizzato a garantire una buona cooperazione tra le parti del contratto. Si tratta tuttavia di una norma dispositiva; l’esclusiva è pertanto inserita quale elemento naturale del contratto di agenzia se le parti non abbiano previsto diversamente. Le parti possono quindi escludere l’esclusiva o limitarla, sia dal punto di vista soggettivo (prevedendo cioè un’esclusiva unilaterale), che dal punto di vista oggettivo, con riferimento cioè all’oggetto della stessa.
Una particolare forma di deroga all’obbligo di esclusiva è rappresentata dalla possibilità per il preponente di riservarsi un diritto di esclusiva su un insieme di clienti (c.dd. clienti direzionali), attribuendo a sé medesimo il compito di promuovere e concludere gli affari con gli stessi.
La deroga all’esclusiva può anche risultare da una tacita manifestazione di volontà, che può desumersi dal comportamento tenuto dalle parti al momento della conclusione del contratto e anche successivamente, durante l’esecuzione del medesimo.
A tal proposito la giurisprudenza ha tuttavia precisato che la volontà tacita di rinunziare ad un diritto può desumersi soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli la sua unica volontà di non avvalersi del diritto stesso, laddove l’inerzia’ o il ritardo nell’ esercizio del diritto non costituiscono elementi sufficienti di per sé, per dedurne la volontà di rinunciare del’ titolare, potendo essere frutto d’ignoranza, di temporaneo impedimento o di altra causa e spiegano rilevanza soltanto ai fini della prescrizione estintiva. In tal senso, la Cassazione ha ritenuto che il diritto di esclusiva può essere tacitamente derogato con la pattuizione con cui le parti abbiano stabilito che il preponente ha diritto di nominare più agenti nella stessa zona.
Nonostante che l’obbligo di esclusiva sia direttamente previsto dalla legge, è opportuna l’inserzione nel contratto di una apposita clausola circa il divieto di concorrenza fra preponente e agente, sia per delimitare l’oggetto del diritto di esclusiva che fissare le conseguenze dell’inosservanza di tale divieto (ad esempio prevedendo una clausola penale).
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3. L’esclusiva in favore dell’agente
Qualora sia prevista un’esclusiva in favore dell’agente, l’impresa preponente non può assumere, nella zona riservata e per lo stesso ramo di attività, iniziative volte alla promozione o conclusione di contratti che rientrino nell’incarico conferito all’agente.
Il divieto di concorrenza per il preponente non è però di carattere assoluto, ma impedisce soltanto al preponente di valersi di più agenti:
- “contemporaneamente”;
- “nella stessa zona”;
- “per lo stesso ramo di attività”.
Sotto il primo profilo, al preponente è concessa la possibilità di avvalersi di diversi agenti nella medesima zona per la vendita di determinati prodotti in diverse stagioni dell’anno.
Sotto il secondo profilo, il produttore può valersi di più agenti purché dislocati in aree diverse, in particolare quando la distribuzione deve essere capillare e implica il contatto con un numero elevato di clienti finali; del resto, le esigenze della distribuzione moderna sono tali per cui è improbabile che un solo agente possa coprire in modo efficace tutto il territorio nazionale.
Sotto il terzo profilo, il produttore può valersi di più agenti nella medesima zona se tali agenti trattano diversi rami di attività: in questo caso non vi è reale concorrenza fra gli agenti e il diritto di esclusiva non ha ragione di essere.
A tale ultimo proposito, la Cassazione ha affermato che il preponente può avvalersi di due diversi agenti per la medesima zona senza violare il diritto di esclusiva quando il primo distribuisca un prodotto cartaceo e il secondo un prodotto elettronico, ritenuti come due prodotti diversi e appartenenti a distinti rami di attività.
L’art. 1743 c.c. vieta al preponente di avvalersi di più agenti per la medesima zona, ma non vieta espressamente al produttore di procedere a vendite dirette nell’area riservata a un certo agente. Ciò non significa, tuttavia, che il preponente sia del tutto libero di vendere direttamente nella zona assegnata a un agente, in quanto l’art. 1748 comma 2 c.c. riserva, comunque, all’agente competente per territorio il diritto alla provvigione.
L’art. 1748 comma 2 c.c. riguarda peraltro la sola ipotesi in cui l’ingerenza del preponente nel territorio riservato all’agente sia occasionale: tale saltuaria invasione di campo viene per così dire “punita” con il fatto che il preponente deve riconoscere comunque all’agente la provvigione, perdendo l’incentivo economico a ripetere la condotta.
Diversamente, qualora il produttore adotti una politica tesa a concludere direttamente e sistematicamente gli affari con i clienti che si trovano nella zona riservata all’agente, tale comportamento non sarebbe legittimo, in quanto finirebbe con lo svuotare di contenuti il contratto di agenzia: l’agente godrebbe astrattamente di un’esclusiva, ma di fatto le operazioni di vendita verrebbero realizzate in misura prevalente dal produttore.
Secondo la giurisprudenza, il preponente non può svolgere abitualmente un’attività organizzata nella zona riservata in esclusiva all’agente se essa compromette sensibilmente quella dell’agente stesso, rendendogli difficile o addirittura impossibile l’assolvimento del proprio incarico; tale interferenza è considerata illegittima qualunque siano i canali di vendita con cui essa si realizza, come ad esempio qualora il preponente si avvalga di procacciatori o ausiliari.
Occorre tuttavia distinguere fra le vendite attive, nelle quali è il preponente stesso che promuove l’acquisizione di contratti nella zona riservata all’agente, e le vendite passive, nelle quali i clienti si rivolgono direttamente al produttore, senza passare tramite l’agente. Nel primo caso, il comportamento del preponente deve ritenersi in violazione del diritto di esclusiva e può legittimare l’agente, oltre che al riconoscimento della provvigione, anche al risarcimento del danno. Nel secondo caso invece, non essendovi sollecitazione all’acquisto da parte del preponente, il comportamento di quest’ultimo che dà seguito alla richiesta del potenziale cliente e procede a vendere il bene richiesto può ritenersi legittimo, a condizione che venga riconosciuta all’agente la provvigione.
Sono frequenti i comportamenti del preponente finalizzati a eludere il diritto di esclusiva stabilito dalla legge in favore dell’agente, evitando così al primo di dover riconoscere la provvigione. Tale risultato può essere perseguito in particolare all’interno di gruppi di società, avvalendosi strumentalmente di società facenti parte del gruppo: il preponente che volesse vendere in una certa zona, pur sussistendo un’esclusiva in favore dell’agente, potrebbe utilizzare società controllate o collegate per eludere il divieto legislativo.
A tale proposito, la Cassazione ha assunto una posizione di tutela dell’agente, ritenendo che, nel caso di affari conclusi direttamente dal preponente e da eseguirsi nella zona riservata all’agente, il diritto del secondo alle provvigioni non può essere escluso per il fatto che gli affari siano intercorsi con società collegate economicamente alla preponente e aventi un’unica direzione finanziaria.
4. L’esclusiva in favore del preponente
Ai sensi dell’art. 1743 c.c., l’agente non può assumere nella zona incarichi in favore di imprese concorrenti con la preponente, per il medesimo ramo di attività.
La ratio della disposizione è quella di tutelare la posizione del preponente nei confronti di comportamenti dell’agente idonei ad arrecargli danni nella misura in cui opera a vantaggio di imprese concorrenti. In questo contesto l’esclusiva di legge a beneficio del preponente va letta unitamente alla disposizione che obbliga l’agente ad agire nell’interesse del preponente, con lealtà e buona fede (art. 1746 comma 1 c.c.).
Il diritto di esclusiva in favore del preponente vale tuttavia:
- limitatamente alla zona contrattuale: è pertanto consentito all’agente curare due (o più) zone per due (o più) preponenti (ad es. un agente può vendere in una provincia i prodotti della società Alfa e in un’altra provincia i prodotti della società Beta);
- quando le imprese sono in concorrenza tra loro.
Nella prassi può risultare difficile accertare se due imprese siano effettivamente in concorrenza fra esse. L’AEC Commercio del 2009, riducendo l’ampiezza del divieto di concorrenza, prevede in proposito che deve escludersi la possibilità di concorrenza quando l’incarico conferito all’agente riguardi generi di prodotti che per foggia, destinazione e valore d’uso siano diversi e infungibili tra di loro.
Sono frequenti, tuttavia, nella prassi situazioni in cui è controverso se sussista o meno una situazione di effettiva concorrenza tra imprese per le quali operi l’agente. Al riguardo, la Cassazione ha assunto una posizione piuttosto severa, affermando che – agli effetti del divieto fatto all’agente dall’art. 1743 c.c. di trattare per lo stesso ramo gli affari di più imprese concorrenti fra loro – la nozione di concorrenza non va necessariamente individuata in relazione alla produzione o commercializzazione di identici prodotti da parte di più imprese, essendo sufficiente che queste si rivolgano a una clientela anche solo potenzialmente comune, sì che l’una possa ricevere danno dall’ingresso e dall’espansione dell’altra sul mercato, cui entrambe si rivolgano o prevedibilmente si rivolgeranno. Secondo questo orientamento, la tutela di cui gode il primo preponente è così ampia da impedire all’agente di iniziare a operare per un secondo preponente per il mero fatto che i due produttori si rivolgono agli stessi clienti finali.
Si ritiene infine che all’agente non sia consentito di svolgere in proprio un’attività in concorrenza con quella del suo preponente. Nonostante, infatti, che l’art. 1743 c.c. si limiti a vietare che l’agente operi contemporaneamente per due produttori in concorrenza, l’art. 1746 comma 1 c.c. impone all’agente di tutelare gli interessi del preponente, impedendo in tal modo all’agente di gestire contemporaneamente un’attività in concorrenza.
5. Agente monomandatario e plurimandatario
Il profilo dell’obbligo di esclusiva a carico dell’agente deve essere distinto dalla possibilità per l’agente di prestare la propria attività in favore di più preponenti.
Se nel contratto di agenzia, nulla sia disposto diversamente, l’agente è libero di stipulare mandanti di agenzia commerciale con più imprenditori: si parla in tal caso di agente plurimandatario.
La libertà dell’agente plurimandatario di stipulare contratti di agenzia con più preponenti non è tuttavia assoluta, in quanto l’agente è tenuto al rispetto della norma in cui all’art. 1743 c.c., la quale, come si è visto, prevede che l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.
Quando invece l’agente, con apposita clausola contrattuale, si impegna a svolgere la propria attività esclusiva con un solo preponente, si parla di agente monomandatario. L’agente monomandatario non può assumere incarichi con preponenti diversi da quello con il quale si è obbligato tramite tale clausola, indipendentemente dal fatto che gli eventuali altri mandati siano per zone o prodotti difformi da quelli trattati dal preponente; la clausola di monomandato prescinde infatti da un rapporto di concorrenza tra il preponente unico del monomandatario e gli altri imprenditori con cui questi possa potenzialmente collaborare.
Pertanto, la clausola di monomandato costituisce sostanzialmente un’espansione dell’obblio di esclusiva di cui all’art. 1743 c.c., in quanto impone all’agente il divieto di operare con altri preponenti, anche per rami di attività o zone territoriali per cui normalmente l’attività gli sarebbe consentita. Attraverso la clausola di monomandato, il preponente tende ad assicurare che tutte le energie lavorative dell’agente siano indirizzate alla promozione dei propri affari e non invece alla promozione di quelli di altri imprenditori, anche totalmente estranei al mercato di riferimento, che per le più diverse ragioni si possano rivelare più redditizi per l’agente.
Atteso l’interesse del preponente sotteso alla stipulazione di una clausola di monomandato – ovvero appunto l’interesse alla collaborazione esclusiva dell’agente – in caso di violazione dell’ obbligo di esclusiva da parte dell’agente monomandatario, qualora cioè l’agente abbia promosso stabilmente gli affari per imprenditore in concorrenza con il preponente entro la stessa zona o ramo di attività affidato all’agente, tale inadempimento è sufficientemente grave da legittimare il preponente a risolvere il contratto e/o recedere per giusta causa dal rapporto, ai sensi dell’art. 2119 c.c. Lo stesso si verifica qualora l’agente abbia sottoscritto un mandato di agenzia con un imprenditore non in concorrenza con il preponente.
In particolare, gli AEC prevedono che per l’agente monomandatario:
- il preavviso per la comunicazione di variazione unilaterale della zona, clienti, prodotti o provvigioni che comporti una riduzione delle provvigioni compresa tra il 5% ed il 20% è pari a 4 mesi anziché due;
- tutte le variazioni unilaterali di lieve e media entità fatte dal preponente si considerano come unica variazione se effettuate nel periodo di 24 anteriore all’ultima variazione;
- i termini di preavviso in caso di recesso da parte del preponente sono maggiori rispetto al plurimandatario, ovvero: 5 mesi per i primi 5 anni di durata del rapporto, 6 mesi per gli anni dal sesto all’ottavo anno, 8 mesi dal nono anno di durata del rapporto in poi;
- il calcolo del FIRR è più favorevole rispetto al plurimandatario.
Per quanto concerne il calcolo dell’indennità corrispettiva al patto di non concorrenza post-contrattuale, gli AEC prevedono che si considerano come monomandatari anche gli agenti plurimandatari, per i quali il mandato cessato valga almeno l’80% del monte provvigionale di spettanza dell’agente o rappresentante da tutte le case mandanti in ciascuno dei due anni antecedenti la chiusura del rapporto.
6. La violazione dell’esclusiva e le sue conseguenze
In caso di violazione dell’esclusiva da parte del preponente, l’agente ha diritto di ricevere il pagamento delle provvigioni su tutti i contratti conclusi con i clienti nella zona a lui riservata, anche se non li abbia promossi (cd. provvigioni indirette: art. 1748 2° comma c.c.) ed è inoltre responsabile nei confronti dell’agente per inadempimento contrattuale, con conseguente diritto per l’agente di recedere per giusta causa dal contratto ed esigere il risarcimento del danno. Quest’ultimo sarà pari al lucro cessante, dato dalla somma delle provvigioni che non ha percepito per tutti quegli affari che sono stati conclusi da altri agenti che hanno operato nella zona che gli era invece stata riservata.
In caso invece di violazione da parte dell’agente dell’obbligo di esclusiva, il preponente può recedere per giusta causa dal rapporto e di esigere il risarcimento dei danni, in misura pari ai guadagni derivanti dagli affari che non ha potuto concludere per via dell’attività in concorrenza svolta dall’agente. L’agente subisce inoltre una penalizzazione in sede di liquidazione delle competenze di fine rapporto.
L’esclusiva ha efficacia tra le parti (preponente ed agente), e non nei confronti dei terzi, ai sensi dell’art. 1372 c.c. Se dunque altri agenti del preponente, che agiscono in altre zone, vendono in una zona che non è di loro competenza, commettono un illecito contrattuale nei confronti del loro preponente e non possono vantare alcun diritto alla provvigione, che è riservata all’agente esclusivista. Se è invece il contratto che permette loro di vendere fuori zona, l’agente esclusivista potrà agire nei confronti del preponente per inadempimento contrattuale, fermo restando il suo diritto alla provvigione. Qualora, inoltre, il terzo è un commerciante che vende nella zona di esclusiva prodotti che abbia acquistato dal preponente o da altri commercianti, non vi è alcun illecito, indipendentemente dal fatto che il commerciante sia a conoscenza o meno dell’esistenza di un agente in esclusiva.
In via generale, la violazione dell’esclusiva non integra invece una violazione dell’art. 2598 c.c., che vieta gli atti di concorrenza sleale, poiché tale norma si riferisce ad una situazione di concorrenza tra soggetti che agiscono autonomamente nello stesso settore di attività produttiva, ancorché a diverso livello, e non tra soggetti che svolgono attività complementari una all’altra, disciplinate da norme di legge.
Tuttavia, qualora l’agente eserciti in proprio un’attività in concorrenza con quella del preponente, avvalendosi di notizie ed elementi di cui è a conoscenza per effetto del rapporto di agenzia (relativi alla clientela, alle strategie di marketing, ai sistemi di produzione etc.), allora può ritenersi che l’agente ponga in essere un comportamento scorretto in violazione dell’art. 2598 c.c.
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Avv. Valerio Pandolfini
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