Le decisioni dei soci di S.r.l.
La disciplina dei processi decisionali all’interno della S.r.l. si caratterizza per il notevole coinvolgimento dei soci, l’affievolimento delle formalità e l’apertura a metodi alternativi al procedimento assembleare. Tale tendenza alla semplificazione mira ad assicurare che l’ingerenza dei soci nella gestione dell’impresa avvenga senza compromettere le esigenze di snellezza e di tempestività di compimento degli affari sociali. Il ruolo dell’assemblea, tuttavia, rimane centrale nella S.r.l., in quanto la modalità collegiale, in mancanza di una diversa disposizione statutaria, è la previsione di default voluta dal legislatore. Del resto, la legge impone inderogabilmente il metodo assembleare per la trattazione delle materie più importanti (art. 2479 nn. 4-5 c.c.). Inoltre, l’assemblea resta pur sempre luogo di confronto e sede privilegiata per denunziare abusi, scorrettezze o mala gestione dell’impresa, come è testimoniato dal fatto che di essa possono fare richiesta tanti soci pari ad un terzo del capitale sociale. Esaminiamo le principali regole previste per l’adozione delle decisioni dei soci nella S.r.l..
1. La distribuzione della decisionalità nella S.r.l. tra i soci e organo amministrativo
Le S.r.l. si caratterizzano come società di capitali che, pur godendo del beneficio della responsabilità limitata, possono sottrarsi alla rigidità della disciplina richiesta per le S.p.A., essendo caratterizzate da una struttura fondamentalmente personalistica. A seguito della riforma del 2003, infatti, è stato abbandonato il principio, su cui si basava la precedente disciplina, dell’esclusività delle scelte gestorie in capo agli amministratori.
Secondo il sistema che si applica in mancanza di diversa opzione da parte dell’atto costitutivo o dello statuto, nella S.r.l. vige la tradizionale divaricazione tra le decisioni:
- aventi ad oggetto l’amministrazione della società (cioè la gestione della società, il suo funzionamento e cioè quindi la sua organizzazione operativa), affidate all’organo amministrativo;
- aventi ad oggetto l’organizzazione strutturale della vita societaria (e cioè l’approvazione del bilancio, le nomine alle cariche sociali, le modifiche statutarie), che sono proprie dei soci.
Nonostante la centralità attribuita alla persona del socio, nella S.r.l. quindi si assiste di regola alla distribuzione delle competenze decisionali tra l’organo amministrativo, cui competono le decisioni sulla “gestione” della società – principio ribadito dall’art. 2475 comma 1 c.c., il quale prevede espressamente anche per le S.r.l. che la gestione della società spetti esclusivamente agli amministratori, e che quindi rende comunque necessario un organo amministrativo che decida e dia corso alle sue decisioni spendendo il nome della società- e i soci, cui competono le decisioni in ordine alle nomine alle cariche sociali, all’approvazione del bilancio e alla distribuzione degli utili, alle modifiche dell’atto costitutivo.
Rispetto a tale sistema sono tuttavia possibili delle deroghe. Infatti, è possibile che:
Rispetto a tale sistema sono tuttavia possibili ampie deroghe. Infatti, è possibile che:
- i soci i quali rappresentino un terzo del capitale sociale (o il minor quoziente previsto dallo statuto) avochino al consesso dei soci la decisione su determinate questioni attinenti alla gestione della società (art. 2479, comma 1 c.c.);
- l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società (art. 2468, comma 3 c.c.), sottraendo in tal modo l’amministrazione della società, in tutto o in parte, sia all’organo amministrativo che ai soci nel loro complesso e attribuendola soltanto ad alcuno di essi.
In ogni caso, caso di presenza di un organo amministrativo, ad esso sono comunque riservate le decisioni inerenti;
- la redazione del progetto di bilancio;
- la redazione dei progetti di fusione o scissione;
- le decisioni di aumento del capitale a esso delegate dallo statuto, ai sensi dell’art. 2475, ultimo comma c.c..
L’art. 2479 secondo comma c.c. individua, inoltre, un elenco di materie che, in considerazione della loro rilevanza, sono inderogabilmente di competenza dei soci:
- l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;
- la nomina, se prevista nell’atto costitutivo, degli amministratori;
- la nomina nei casi previsti dall’articolo 2477 c.c. dei sindaci e del presidente del Collegio sindacale o del Revisore;
- le modificazioni dell’atto costitutivo;
- la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci.
Qualora vengano compiuti atti dagli amministratori senza l’osservanza della preventiva decisione dei soci prescritta dallo statuto o dalla legge, nel primo caso, ai sensi dell’art. 2475 – bis c.c. l’atto è annullabile, qualora si dimostri che il terzo abbia agito intenzionalmente a danno delle società, mentre nel secondo caso l’atto è nullo. Sono quindi nulle le operazioni effettuate dagli amministratori in mancanza di autorizzazione dell’assemblea dei soci per l’acquisto, ad esempio, di beni o crediti dei soci fondatori, dei soci e degli amministratori (art. 2465, 2° comma, c.c.), o per l’acquisto della controllante da parte della controllata (art. 2359 – bis c.c.) o che subordinano ad apposta previsione dell’atto costitutivo l’emissione di titoli di debito (art. 2483, 1° comma, c.c.).
Conseguentemente, il quadro delle decisioni nella S.r.l. può essere così riassunto:
- Ai soci spetta innanzitutto di decidere su tutte quelle materie per le quali per legge, senza possibilità di deroga, è indispensabile il loro intervento, e cioè:
- l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili (art. 2479, comma 2, n. 1 c.c.);
- la nomina (art. 2479, comma 2, n. 2 c.c.), se prevista nell’atto costitutivo, degli amministratori e (in analogia con il disposto dell’art. 2364, comma 1, n. 3 c.c.) la determinazione del loro compenso;
- la nomina (e, come sopra, il compenso) dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore nel caso in cui (ai sensi dell’art. 2477 c.c.) ricorra l’obbligo di nomina o, nonostante tale obbligo non vi sia, la società intenda ugualmente procedere a detta nomina (art. 2479, comma 2, n. 3 c.c.);
- le modificazioni dell’atto costitutivo (art. 2479, comma 2, n. 4 c.c.);
- la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci (art. 2479, comma 2, n. 5 c.c.);
- le altre decisioni a essi demandate dalla legge, e cioè: l’acquisto di partecipazioni in S.r.l. (art. 2361, comma 2 c.c.); l’autorizzazione al compimento di acquisti “pericolosi” (art. 2465, comma 2 c.c.); la riduzione del capitale per perdite (artt. 2482-bis, comma 1, e 2482-ter, comma 1 c.c.); l’emissione di titoli di debito, ove l’atto costitutivo attribuisca ai soci questa competenza (art. 2483 c.c.); la messa in liquidazione della società (art. 2484, comma 1, n. 6 c.c.); la nomina e la revoca dei liquidatori e la determinazione dei criteri di liquidazione (art. 2487c.c.); la revoca dello stato di liquidazione (art. 2487-ter c.c.); l’approvazione della richiesta di concordato preventivo o fallimentare e la domanda di ammissione all’amministrazione controllata (artt. 152, 161 e 187 L. fall.);
- Ai soci può essere inoltre demandato di decidere su tutte quelle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo (art. 2479, comma 1 c.c.);
- I soci debbono esprimersi in tutti quei casi in cui i soci stessi siano chiamati a decidere in quanto si tratti di argomenti sottoposti alla loro approvazione (art. 2479, comma 1 c.c.):
- da uno o più amministratori;
- da tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale.
Queste due ultime ipotesi di intervento decisionale dei soci sono previste direttamente dalla legge e la loro operatività non dipende dunque da un’esplicita previsione statutaria in tal senso; stante il carattere inderogabile della norma (in ossequio al rilevante ruolo dei soci nella S.r.l.), lo statuto non può intervenire nel senso di restringere queste ipotesi di intervento dei soci, ma solo nel senso di “estendere” il coinvolgimento dei soci (ad es., prevedendo che la decisione dei soci possa essere attivata da un quoziente di soci inferiore al terzo del capitale sociale previsto).
Inoltre, l’art. 2475, 3° comma c.c., prevede, nel caso in cui il sistema di amministrazione adottato sia quello disgiuntivo, che si applichi l’art. 2257, 2° e 3° comma, c.c. in base ai quali è attribuito ai soci il compito di decidere in ordine al compimento di un atto gestorio nel caso in cui uno degli amministratori abbia fatto opposizione.
2. Il diritto di voto dei soci di S.r.l.
L’art. 2479 quinto comma c.c. prevede che ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni della S.r.l. – per aver partecipato all’atto costitutivo o per essersi reso cessionario di una quota del capitale sociale – ed il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione.
La misura della partecipazione del socio, come stabilisce l’art. 2468, comma 2, è di regola proporzionale ai conferimenti. Non è quindi possibile nella S.r.l. la creazione di partecipazioni a voto limitato,
L’atto costitutivo può tuttavia derogare al principio di proporzionalità, cioè della corrispondenza tra “peso” del voto e “peso” della partecipazione al capitale sociale. Può quindi verificarsi che, ad esempio, in una S.r.l. con capitale di 10.000 euro, sottoscritto dal socio A e dal socio B, con 5.000 euro ciascuno, gli stessi soci abbiano un diverso diritto di voto, per esempio: 70% al socio A e il 30% al socio B, in quanto il socio A lavora di più nell’attività della società.
È possibile altresì prevedere nello statuto deroghe alla proporzionalità tra entità del voto ed entità della partecipazione ove lo stesso disponga la spettanza a un dato socio di particolari diritti, inerenti l’amministrazione della società (art. 2468, comma 3 c.c.); pertanto, tutte le volte in cui questi particolari diritti siano attribuiti, viene meno (nelle materie oggetto di tali diritti) tale principio di corrispondenza.
In assenza di contraria previsione statutaria, si ritiene applicabile analogicamente alla S.r.l. l’art. 2368, comma 3, in tema di S.p.A., secondo cui le azioni per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l’approvazione della deliberazione.
Non si ritiene invece applicabile alla S.r.l. la previsione dell’art. 2370, ultimo comma c.c., che, in tema di S.p.A., prevede la possibilità dell’espressione del voto per corrispondenza ove lo statuto lo consenta; nei casi in cui si svolge l’assemblea, è infatti imprescindibile il contributo della presenza fisica dei singoli soci (o di un loro delegato), mentre qualora dal metodo assembleare si possa prescindere, il legislatore ha previsto un sistema analogo a quello del voto per corrispondenza, e cioè la possibilità di assumere decisioni mediante consenso scritto o consultazione espressa per iscritto.
L’art. 2466 quarto comma c.c. vieta al socio moroso di partecipare alle decisioni dei soci. Il quinto comma della medesima norma allarga tale divieto anche al caso di scadenza o inefficacia della polizza assicurativa o della garanzia bancaria prestate che possono essere rilasciate, ai sensi dell’art. 2464 c.c., nel caso di conferimento in denaro o nel caso di conferimento di prestazione d’opera o di servizi a favore della società.
Per quanto riguarda il trasferimento delle partecipazioni sociali, ai sensi dell’art. 2470, comma 1 c.c.:
- il trasferimento delle partecipazioni ha effetto nei confronti della società dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci;
- l’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo, su richiesta dell’alienante o dell’acquirente, attraverso esibizione del titolo da cui risultino il trasferimento (che deve essere fatto mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata) e il suo avvenuto deposito presso il Registro delle Imprese;
- l’atto di trasferimento deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l’ufficio del Registro delle Imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale;
- in caso di trasferimento a causa di morte, il deposito al Registro delle Imprese e l’iscrizione nel libro soci sono effettuati a richiesta dell’erede o del legatario verso presentazione della documentazione richiesta per l’annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni (certificato di morte, copia dell’eventuale testamento, atto di notorietà).
3. L’adozione delle decisioni dei soci nella S.r.l.
Nella S.r.l. assume particolare rilevanza la figura del socio e il suo concorso all’intrapresa economica della società stessa; la S.r.l. ha una consistenza patrimoniale assai debole (può infatti nascere ed esistere con soli 10.000 euro di capitale sociale) e, nella gran parte dei casi, non ha una struttura organizzativa e operativa che possa fare a meno dal personale concorso dei soci allo sviluppo della sua attività.
Coerentemente, nella S.r.l. assumono importanza i rapporti contrattuali tra i soci, analogamente a quanto accade nelle società di persone. Ciò significa che non solo nella fase costitutiva della società (ove per la formazione stessa del contratto di società si richiede ovviamente il consenso unanime dei soci) ma anche nel corso di tutto lo sviluppo della vita societaria, si può prevedere che si proceda con modalità contrattuali in luogo delle tradizionali modalità deliberative.
Come è noto, Il contratto è quel negozio giuridico, il quale non può non formarsi che con il convergente volere di tutti coloro che concorrono alla sua stipulazione, Viceversa, la deliberazione è la tipica espressione del principio di maggioranza vigente nelle assemblee, che si forma anche contro il volere (è il caso del socio dissenziente) o a prescindere dal volere (è il caso del socio assente) di taluno dei partecipanti.
Nella S.r.l. la frequenza e intensità dei rapporti tra i soci (i quali, tra l’altro, spesso lavorano quotidianamente gomito a gomito) rendono sovrabbondante il metodo assembleare collegiale, che si sviluppa dalla convocazione dell’organo deliberante fino alla verbalizzazione delle sue decisioni, attraverso le fasi dell’illustrazione della materia agli intervenuti, della discussione tra i presenti e infine della votazione. Dato che nella S.r.l. i soci sono generalmente in costante contatto e confronto e che quindi possono approfondire continuamente le ragioni dell’assunzione di date decisioni senza aspettare di convergere in una formale riunione assembleare, il metodo collegiale diviene spesso inutile.
Le decisioni che i soci assumono possono essere dunque organizzate nello statuto in modo da conferire il massimo rilievo possibile alla volontà del singolo socio o di alcuni soci: e quindi con la libertà di prevedere clausole di unanimità o quorum che rasentino l’unanimità (v. par. 5 ), così come di prevedere che l’adozione di certe decisioni (si pensi a particolari materie o a particolari valori) sia subordinata, per esempio, al personale volere di uno o più soci.
In ogni caso, nelle S.r.l., in mancanza di diversa opzione, le decisioni da parte dei soci sono prese mediante il tradizionale metodo assembleare, il quale è comunque inderogabile per le seguenti materie:
- modificazioni dell’atto costitutivo (art. 2379, comma 2, n. 4, e comma 4c.c.);
- decisioni di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci (art. 2379, comma 2, n. 5, e comma 4 c.c.;
- riduzione del capitale per perdite (artt. 2482-bis, comma 1, e 2482-ter, comma 1 c.c.);
- decisione di adozione di opportuni provvedimenti ove il notaio verbalizzante ritenga non adempiute le condizioni stabilite dalla legge (art. 2436, comma 3, secondo periodo .cc.);
- messa in liquidazione della società (art. 2484, comma 1, n. 6 c.c.);
- nomina e la revoca dei liquidatori e la determinazione dei criteri di liquidazione (art. 2487 c.c.);
- revoca dello stato di liquidazione (art. 2487-ter c.c.).
Per ogni altro ambito decisionale, invece, l’atto costitutivo può prevedere, ai sensi dell’art. 2379, commi 3 e 4 c.c., che i soci decidano attraverso il metodo del consenso scritto o della consultazione espressa per iscritto; a meno che, ai sensi dell’art. 2379, comma 4 c.c., il metodo assembleare sia richiesto da uno o più amministratori o da un numero di soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale.
La legge non disciplina le modalità attraverso le quali tali diverse metodologie decisionali concretamente si debbono esplicare. Per ragioni di certezza è dunque necessario che nello statuto venga prevista una opportuna regolamentazione di queste modalità operative. In proposito è possibile:
- consentire l’utilizzo del consenso scritto e della consultazione espressa per iscritto per qualsiasi decisione;
- limitare l’assunzione di decisioni da parte dei soci al solo consenso scritto o alla sola consultazione espressa per iscritto;
- individuare quali siano le decisioni suscettibili di essere adottate con consenso scritto e quali invece siano quelle adottabili con consultazione espressa per iscritto.
Consultazione scritta e consenso espresso per iscritto, sono entrambi metodi decisionali che si fondano sull’incontro delle singole volontà negoziali dei soci, allo stesso modo in cui esse si incontrano nelle società di persone, e ciò in contrapposizione al metodo deliberativo tipico delle assemblee.
Più precisamente, la consultazione scritta consiste nella richiesta di consultazione dei soci da parte di un altro socio o un amministratore, sull’opportunità di adottare una certa decisione, alla quale i soci rispondono esprimendo o meno il proprio consenso sulla decisione prospettata da chi ha proposto la consultazione. In proposito, lo statuto dovrà prevedere:
- l’individuazione dei soggetti legittimati ad attivare la consultazione;
- le modalità di invio di questa “circolare” ai soci, che dovranno comunque lasciare prova dell’avvenuta trasmissione e dell’avvenuto raggiungimento del destinatario;
- le modalità temporali da rispettare nella fornitura, da parte del socio, della propria decisione;
- le modalità di trasmissione alla società, al “consultante” e agli altri soci della decisione così espressa;
- le modalità attraverso le quali alfine si procede al conteggio dei consensi pervenuti, alla proclamazione del risultato, alla sua verbalizzazione, alla sua divulgazione presso i soci e gli amministratori, alla conservazione della documentazione prodotta in questo procedimento.
La metodologia del consenso scritto differisce dalla precedente in quanto manca un preventivo stadio di consultazione; in questo caso, i soci (evidentemente in stretto contatto tra loro) si accordano per mettere per iscritto la loro individuale volontà su un dato argomento, senza convenire in una formale assemblea, sì che dalla somma dei consensi individuali così spontaneamente formatisi (e cioè non sollecitati da una preventiva consultazione) emerga la volontà dei soci di addivenire al compimento di una certa operazione. Anche in questo caso lo statuto dovrà regolamentare le modalità di redazione e trasmissione dei consensi, il loro afflusso presso la società, la loro verifica e il loro computo, la proclamazione del risultato, la sua verbalizzazione.
4. L’assemblea dei soci della S.r.l.
4.1 La legittimazione a convocare l’assemblea
L’art. 2479 bis c.c. non individua con chiarezza i soggetti cui è attribuito il potere di convocare l’assemblea della S.r.l. Il potere di convocazione assembleare spetta in primo luogo all’organo amministrativo, il quale accentra in sé tutti i compiti gestori.
La convocazione dell’assemblea dei soci costituisce per gli amministratori un potere-dovere. In alcune ipotesi essa è imposta dalla legge con una determinata scadenza temporale (come ad esempio per l’approvazione annuale del bilancio di esercizio disciplinata dall’art. 2364 c.c. per la S.p.a., applicabile anche alle S.r.l., salvo il caso in cui l’atto costitutivo non abbia previsto un procedimento di decisione ai sensi dell’art. 2479, comma 3, c.c.); in altre ipotesi l’esercizio del potere di convocazione è facoltativo, ma pur sempre ispirato alla cura dell’interesse della società e dei soci.
L’amministratore unico ha certamente il potere di convocare l’assemblea, essendovi in questo caso una coincidenza perfetta fra la persona fisica e l’organo amministrativo.
Qualora la società sia retta da più amministratori in forma disgiuntiva, per espresso richiamo statutario alla disciplina di cui all’art. 2257 c.c. dettata in materia di società di persone, i singoli amministratori sono autonomamente legittimati a convocare l’assemblea. In caso di amministrazione congiuntiva, anche la convocazione dell’assemblea – quale singolo atto gestorio – deve essere fatta di comune accordo fra gli amministratori.
Nell’ipotesi in cui la S.r.l. è amministrata, per espressa scelta statutaria, da un consiglio di amministrazione, ossia quando i soci hanno scelto un modello di gestione collegiale, il consiglio può delegare in favore di un suo membro il potere di convocare l’assemblea; in tal caso, il potere di convocazione è e resta collegiale, pur essendo oggetto di una espressa delega in favore del singolo.
È controverso, invece, se, qualora la società abbia optato per una amministrazione collegiale, sia configurabile o meno il potere di convocazione in capo ai singoli amministratori, atteso che in tal caso i poteri gestori sono attribuiti in via esclusiva all’organo nella sua interezza. Sembra in proposito preferibile la tesi favorevole, in linea con la dimensione più ridotta della S.r.l., in cui i flussi decisionali ruotano intorno ai soci e si ispirano a criteri di flessibilità e snellezza; l’attribuzione del potere di convocazione diretta al singolo amministratore agevola infatti la velocità di riunione dei soci e previene manovre ostruzionistiche da parte della maggioranza, la quale – specialmente nelle realtà societarie più piccole – condiziona in modo rilevante l’operato dell’organo amministrativo.
L’attribuzione del potere di convocazione assembleare al singolo consigliere consente, d’altra parte, a quest’ultimo di andare esente da responsabilità per omessa osservanza di una previsione di legge o di statuto.
Ad esempio, nelle ipotesi di riduzione nominale del capitale sociale (artt. 2482 bis e 2482 ter c.c.), in cui gli amministratori devono convocare «senza indugio» l’assemblea per l’adozione degli opportuni provvedimenti, dato che ogni singolo amministratore è responsabile del controllo sulla gestione societaria ed è pertanto abilitato a mettere in moto qualunque meccanismo necessario che gli consenta di provvedere appieno al controllo stesso, nell’inerzia del consiglio di amministrazione la convocazione assembleare su impulso del singolo amministratore permette da un lato ai soci di non subire le conseguenze pregiudizievoli dell’omissione del consiglio e al singolo amministratore di andare esente da responsabilità omissiva ai sensi dell’art. 2631, comma 2, c.c.
La legge non prevede la spettanza al singolo socio del diritto di convocare l’assemblea, per evitare che singoli soci (ovvero soci con modeste partecipazioni al capitale di rischio) possano condizionare la tenuta delle assemblee.
Tale potere può comunque essere previsto dallo statuto, non essendovi limiti alle scelte di governance societaria miranti ad attribuire un assetto personalistico più` marcato alla S.r.l.; tale fine si realizza, in particolare, attraverso il rafforzamento dei poteri di iniziativa dei soci e l’attenuazione della rigida divisione dei compiti fra soci ed organi sociali.
L’attribuzione del potere individuale di convocazione assembleare al singolo socio può attuarsi in due modi. In primo luogo, l’art. 2468 comma 3 c.c. consente all’autonomia statutaria di prevedere l’attribuzione a singoli soci di “particolari diritti” riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili, tra i quali può essere compreso il potere individuale di convocazione assembleare, quale diritto particolare che svolge una funzione prodromica e servente all’espletamento della discussione e del confronto fra soci.
Dal punto di vista sostanziale, peraltro, l’attribuzione di questo diritto particolare può assicurare un’importante funzione equilibratrice; si pensi all’ipotesi in cui il potere di convocazione è attribuito nominativamente al socio di minoranza, il quale non ha contribuito in alcun modo alla composizione del consiglio di amministrazione ovvero all’elezione dell’amministratore unico (di norma espressione diretta del gruppo di comando).
In secondo luogo, può essere predisposta una clausola statutaria avente funzione organizzativa, con cui si attribuisce a uno o più soci il diritto di convocare l’assemblea, indipendentemente dall’ammontare della quota di partecipazione detenuta.
L’art. 2479, comma 1 c.c. prevede che l’assemblea dei soci può essere direttamente convocata da tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale.
In proposito si ritiene applicabile analogicamente l’art. 2367, ultimo comma c.c. dettato per le S.p.A., secondo cui la convocazione su richiesta di soci non è ammessa per argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta. I soci non possono quindi chiedere la convocazione dell’assemblea su materie quali modifiche statutarie, approvazione del bilancio di esercizio, fusione, scissione, trasformazione, aumento e riduzione del capitale sociale, distribuzione di utili, emissione di obbligazioni. Gli argomenti per i quali è esercitabile la richiesta di convocazione sono pertanto sostanzialmente limitati a:
- nomina, revoca o esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali (amministratori, sindaci, revisore contabile);
- inserimento soppressione di limiti alla circolazione delle quote;
- liquidazione volontaria o proroga della durata della società.
La convocazione diretta dell’assemblea da parte dei soci presuppone che:
- sia stato previamente e inutilmente sollecitato l’esercizio del relativo adempimento all’organo amministrativo;
- l’assemblea venga convocata con comunicazione per iscritto che riporti una descrizione precisa dell’ordine del giorno, nonché del luogo e dell’ora della riunione;
- l’avviso di convocazione venga inviato a tutti i soci, gli amministratori e all’organo di controllo (ove presente) con preavviso di almeno 8 giorni, o quello eventualmente maggiore previsto dallo statuto.
Nella domanda di convocazione dell’assemblea devono essere indicati gli argomenti da trattare; non deve trattarsi necessariamente di temi che dovranno formare oggetto di deliberazione. Pertanto, la convocazione può essere chiesta anche soltanto per ottenere informazioni su specifici argomenti d’interesse sociale, purché circoscritti, non essendo ammissibile l’utilizzo dello strumento della convocazione diretta dell’assemblea per finalità meramente strumentali o dilatorie (c.d. abuso della minoranza).
Il potere dei soci qualificati di convocare l’assemblea sussiste anche nel caso in cui lo statuto ne demanda la convocazione al solo organo gestorio, tenuto conto che la disposizione di cui all’art. 2479, comma 1, c.c. costituisce norma di garanzia inderogabile. D’altra parte, non essendo possibile, per il socio di minoranza, ricorrere al tribunale perché disponga la convocazione, ai sensi dell’art. 2367 c.c. – norma di cui si nega l’applicazione analogica alla S.r.l. – qualora lo statuto riservasse il potere di convocazione dell’assemblea all’organo gestorio, il socio di minoranza qualificata non avrebbe alcuno strumento di tutela a fronte dell’inerzia o dell’ostruzionismo dell’amministratore.
La convocazione può essere evitata qualora l’assemblea sia costituita in forma totalitaria, ovvero quando ad essa partecipi l’intero capitale sociale e siano presenti o informati della riunione la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo (art. 2479-bis c.c.).
Ciascuno dei soggetti legittimati a partecipare all’assemblea (soci e componenti degli organi amministrativi e di controllo presenti) ha il diritto di opporsi alla discussione, qualora dichiari di non essere sufficientemente informato. In tal caso, dovrà essere disposto il rinvio dell’assemblea da parte del presidente, in applicazione analogica dell’art. 2374 c.c. La delibera assunta nonostante la richiesta di rinvio è annullabile.
4.2 L e formalità per la convocazione e la costituzione dell’assemblea dei soci
La convocazione dell’assemblea svolge la fondamentale funzione di informare i soci sugli argomenti posti in discussione e deliberazione, garantendo agli stessi il diritto di partecipare in modo consapevole ai processi decisionali della società.
Quando, per volontà di legge o per disposizione statutaria, le decisioni dei soci devono essere assunte secondo il tradizionale metodo collegiale, l’art. 2479-bis primo comma c.c. fissa i seguenti principi per le formalità di convocazione dell’assemblea:
- l’atto costitutivo determina i modi di convocazione dell’assemblea dei soci, tali comunque da assicurare la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare;
- in mancanza, la convocazione è effettuata mediante lettera raccomandata spedita ai soci almeno otto giorni prima dell’adunanza, nel domicilio risultante dal libro dei soci.
Dunque, salvo diversa disposizione statutaria si applica per la convocazione dell’assemblea la tradizionale regola dell’avviso inviato tramite lettera raccomandata spedita ai soci almeno 8 giorni prima dell’adunanza al domicilio risultante dal libro soci (art. 2479 c.c.). Questa previsione può essere tuttavia superata da un’apposita disposizione dell’atto costitutivo, la quale preveda un diverso modo di convocazione dell’assemblea, tale comunque da assicurare la tempestiva informazione dei soci sugli argomenti da trattare.
Pertanto, senza violare il principio di una corretta tempestività dell’informazione al socio, si può prevedere nello statuto della società.
- l’abbassamento del limite degli otto giorni per la spedizione della raccomandata;
- modalità di convocazione che prescindano dalla lettera raccomandata, come, ad esempio, l’utilizzo del telegramma, del telefax, della posta elettronica, dell’avviso pubblicato su un dato organo di stampa o affisso in qualche luogo di normale accessibilità ai soci.
Salvo che l’atto costitutivo non contenga una disciplina diversa, deve presumersi che l’assemblea dei soci sia validamente costituita ogni qualvolta il relativo avviso di convocazione sia stato spedito agli aventi diritto almeno otto giorni prima dell’assemblea (o nel diverso termine in proposito indicato nell’atto costitutivo). Tuttavia, tale presunzione di legittimità piò essere vinta qualora il destinatario dimostri che, per causa a lui non imputabile, egli non lo abbia affatto ricevuto o lo abbia ricevuto così tardi da non consentirgli di prendere parte all’assemblea.
Si applica in tal caso la presunzione di conoscenza analoga a quella prevista dall’art. 1335 c.c. per i contratti, per cui l’avviso si reputa conosciuto dal socio nel momento in cui giunge al suo indirizzo, salvo che questi provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
L’avviso deve essere spedito al domicilio risultante dal libro soci (o dal registro imprese), a nulla rilevando difetti di comunicazione che siano dovuti a cause imputabili esclusivamente al socio. L’invio ad un indirizzo diverso da quello risultante dal registro imprese (o dal libro dei soci) non è idoneo a creare la presunzione di conoscenza prevista dall’art. 1355 c.c.
Per quanto concerne l’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio, dato che, ai sensi dell’art. 2429, 3 comma, c.c., il bilancio deve restare depositato presso la sede sociale, a disposizione dei soci affinché ne possano prendere visione, nei 15 giorni che precedono l’assemblea convocata per la sua approvazione, si ritiene che occorra preavvertire gli aventi diritto, nei 15 giorni che precedono l’assemblea, circa l’avvenuto deposito del bilancio presso la sede sociale, in qualunque modo idoneo (pubblicazione sul sito web; comunicazione mediante posta elettronica o recapitando in data utile ai soci, per via telematica, i documenti indicati nell’art. 2429, 3 comma, c.c.), ed inviare agli stessi, separatamente, in un momento successivo (normalmente i canonici otto giorni), l’avviso di convocazione dell’assemblea.
Qualora venga prescelto un sistema di convocazione individuale (e cioè non mediante pubblicazione o affissione), occorre prevedere nello statuto modalità di trasmissione dell’avviso tali da lasciare la prova del suo invio e della sua ricezione, in modo che non vi siano perplessità in ordine alla corretta informativa a tutti i soci dell’approssimarsi dell’evento assembleare (si pensi ad esempio al messaggio e-mail sottoscritto con firma digitale, il quale, per definizione, è dotato di una validazione temporale).
In ordine al mezzo della convocazione, l’art. 2479 – bis c.c. lascia ampio margine all’autonomia statutaria. Sono quindi ammessi, oltre alla raccomandata ” a mano”, anche mezzi telematici quali l’e-mail, il fax o il telefax, cui potrebbero aggiungersi gli SMS ma a patto che essi garantiscano la conoscenza del contenuto informativo dell’avviso (o quantomeno la presunzione di conoscenza che assiste l’arrivo di quest’ultima l’indirizzo del destinatario) e una conoscenza tempestiva nonché specificatamente riferita agli argomenti da trattare. Essi poi dovranno essere trasmessi rispettivamente al numero di fax, all’indirizzo di posta elettronica e al numero di cellulare notificati alla società e annotati nel libro soci (ove esistente) o , se ammissibili, al registro delle imprese.
Il termine di convocazione si collega con le norme disposte in tema di corretta ed esauriente informativa dei soci sugli eventi oggetto di futuro esame assembleare, per cui l’avviso di convocazione deve giungere ai soci anteriormente a quei periodi che sono disposti nel loro interesse al fine di esplicare il proprio diritto all’informazione e alla consapevole preparazione in vista dell’evento decisionale cui essi debbono partecipare. Ad esempio:
- in tema di riduzione del capitale per perdite, l’art. 2482-bis, comma 2 c.c., prevede il termine (statutariamente derogabile) di otto giorni prima dell’assemblea per il deposito presso la sede sociale della relazione degli amministratori sulla situazione patrimoniale della società;
- in tema di bilancio d’esercizio, l’art. 2429 c.c. prescrive che il bilancio, con le copie integrali dell’ultimo bilancio delle società controllate e un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate, deve restare depositato in copia nella sede della società, insieme con le relazioni degli amministratori e dei sindaci durante i quindici giorni che precedono l’assemblea, in modo che i soci possano prenderne visione;
Quanto al contenuto dell’avviso di convocazione, nel silenzio della legge in tema di S.r.l. è da ritenere applicabile per analogia il disposto dell’art. 2366, comma 1 c.c. in tema di S.p.A., secondo cui tale avviso deve almeno contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare.
L’avviso di convocazione dell’assemblea deve indicare le materie da discutere con sufficiente chiarezza ed univocità, non essendo sufficienti indicazioni sommarie o generiche. L’elenco delle materie da trattare in assemblea dei soci deve essere infatti chiaramente indicate nell’ordine del giorno, per consentire che i soci partecipino all’assemblea con una preparazione adeguata, senza sorprese sugli argomenti oggetto di discussione di delibera. Questo non significa che l’ordine del giorno debba contenere una descrizione particolareggiate delle materie che verranno trattate, essendo e sufficiente un’indicazione sintetica, ma non generica e non ambigua.
La necessità di tali requisiti di validità delle deliberazioni assembleari trova la sua conferma nella pacifica possibilità dell’assemblea di deliberare su argomenti accessori e consequenziali rispetto a quelli indicati nell’ordine del giorno. Così, ad esempio:
- l’ordine del giorno che preveda l’approvazione del bilancio è sufficiente per legittimare la consequenziale delibera di esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (art. 2393 comma 2 c.c.);
- l’indicazione, nell’ordine del giorno, di aumento o diminuzione del capitale sociale non necessita di indicazioni più specifiche (ad esempio l’entità dell’aumento o della riduzione), ritenendosi sufficiente l’indicazione generica.
Una deliberazione adottata su un argomento introdotto a sorpresa, senza alcun preavviso nell’avviso di convocazione, e alla cui discussione il socio si sia opposto è impugnabile. In particolare, la voce “varie ed eventuali” non può essere utilizzata abusivamente, non potendo comprendere qualsiasi argomento non indicato nell’ordine del giorno; tale voce deve essere limitata a mere comunicazioni o prospettazioni di problemi da istruire, ma non può comprendere argomenti nuovi, su cui l’assemblea sia chiamata a deliberare.
I vizi riguardanti il meccanismo di convocazione sono tuttavia coperti da una speciale sanatoria prevista dall’art. 2479-bis, ultimo comma, c.c., il quale dispone che la deliberazione si intende comunque validamente adottata quando:
- ad essa partecipa la totalità del capitale sociale (assemblea totalitaria);
- sono presenti o comunque informati della riunione tutti gli amministratori e i sindaci;
- nessuno si oppone alla trattazione dell’argomento.
E’ dubbia la possibilità che un socio possa chiedere il differimento dell’assemblea, qualora si ritenga non sufficientemente informato sugli argomenti all’ordine del giorno, in assenza di una previsione statutaria in tal senso, non essendo certa la possibilità di applicazione analogica dell’art. 2374 c.c. dettato per le S.p.A. In ogni caso, qualora si ritenga ammissibile tale richiesta, la stessa può essere avanzata solo dai soci i quali detengono almeno un terzo del capitale sociale, può essere esercitata solo una sola volta per lo stesso oggetto e il differimento non può superare i cinque giorni.
4.3 Luogo dell’assemblea, presidenza, segretario, rappresentanza
In merito al luogo dove svolgere l’assemblea, salvo una diversa ed esplicita previsione statutaria, l’art. 2479-bis, comma 3 c.c., dispone che l’assemblea si riunisce presso la sede sociale. Lo statuto può disporre che l’assemblea può essere convocata in luoghi diversi dalla sede sociale (appositamente individuati) o, come accade nella quasi totalità dei casi, da individuarsi di volta in volta dall’organo o dal soggetto cui compete la convocazione dell’assemblea.
L’assemblea può essere convocata, ove previsto dallo statuto, anche al di fuori del territorio nazionale, data la crescente internazionalizzazione dell’attività societaria e della necessità/opportunità che determinate riunioni possano anche avvenire all’estero (si pensi al caso della società italiana interamente partecipata e amministrata da stranieri). In ogni caso il luogo di svolgimento dell’assemblea deve essere accessibile ai soci, in base ai principi di buona fede, correttezza e ordinato svolgimento dei rapporti societari; è quindi opportuno che nello statuto siano indicati gli ambiti territoriali al di fuori del territorio nazionale entro i quali l’assemblea può svolgersi.
Il Presidente svolge un ruolo fondamentale per lo svolgimento dei lavori assembleari. Per questo, generalmente gli statuti contengono clausole idonee ad individuarlo preventivamente; d’altra parte l’art. 2479 – bis c.c. lascia ampio margine all’autonomia statutaria, prevedendo, come ipotesi residuale, la sua nomina da parte degli intervenuti aventi diritto di voto con decisione a maggioranza in forza della relativa partecipazione al capitale sociale. Quest’ultima è una disposizione inderogabile, in quanto finalizza ad assicurare comunque lo svolgimento dell’assemblea.
L’art. 2379-bis, comma 4 c.c. prevede che l’assemblea è presieduta dalla persona indicata nell’atto costitutivo o, in mancanza, da quella designata dagli intervenuti, elencando i poteri e le facoltà del presidente, ovvero:
- verificare la regolarità della costituzione dell’assemblea;
- accertare l’identità e la legittimazione dei presenti;
- regolare lo svolgimento dell’assemblea (e quindi regolare e moderare gli interventi, impedire quelli fuori dall’ordine del giorno, garantire il corretto svolgimento dei lavori e l’esercizio dei diritti dei partecipanti, proporre le decisioni, determinare l’ordine e le modalità delle votazioni, sospendere e riprendere la seduta);
- accertare i risultati delle votazioni (e quindi stabilire i modi di espressione, di rilevazione e di computo dei voti e impedire il voto di chi non sia legittimato) e darne conto nel verbale dell’assemblea.
Tali poteri fanno sì che il presidente sia sostanzialmente l’arbitro della contrapposizione tra socie il garante del corretto svolgimento dell’assemblea. Pertanto, in caso di irregolarità nella convocazione o di una proposta di deliberazione formulata da uno dei soci in relazione alla quale non sussista una adeguata informativa, le quali siano state immediatamente contestate da uno dei soci, il presidente può impedire la discussione sulla materia controversa e decidere che non si deliberi a riguardo, o anche chiudere i lavori assembleari senza procedere a votazione, impedendo così l’adozione di una delibera viziata.
Ciò peraltro non significa che il presidente dell’assemblea abbia un potere incondizionato ed assoluto di regolare a suo piacere i lavori assembleari, in quanto tale potere deve essere esercitato secondo principi di correttezza e ragionevolezza; in particolare, qualora il presidente abbia irragionevolmente o scorrettamente escluso la possibilità per l’assemblea di deliberare, dichiarando chiusi i lavori, egli assume una responsabilità risarcitoria verso la società o verso i soci pregiudicati, e può essere revocato per giusta causa dalla sua carica.
Si ritiene invece che, salvo diversa disposizione statutaria, il presidente dell’assemblea di S.r.l. non possa escludere dal voto né l’amministratore chiamato a deliberare su una causa inerente alla sua responsabilità né alcun socio che versi in una situazione di conflitto di interessi, non essendo applicabile analogicamente l’art. 2373 comma 2, c.c. in tema di S.p.a. Peraltro, ai sensi dell’art. 2479-ter, comma 2 c.c. , le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società sono impugnabili, qualora possano recare danno alla società stessa.
Nulla poi dispone inoltre la legge circa la segreteria dell’assemblea; in proposito si ritiene applicabile analogicamente l’art. 2371 comma 1 c.c. in tema di S.p.A., secondo cui il presidente è assistito da un segretario designato nello stesso modo del presidente, e cioè in via statutaria o per deliberazione degli intervenuti.
La decisione in ordine alle modalità di espressione del voto, salvo espressa previsione statutaria, rientra tra i poteri del presidente dell’assemblea, e in ogni caso deve essere tale da poter individuare i favorevoli, gli astenuti ed i contrari. Tale regola viene anche per la nomina alle cariche sociali.
La rappresentanza in assemblea è regolata dal secondo comma dell’art. 2479- bis c.c., il quale prevede che, se l’atto costitutivo non dispone diversamente, il socio può farsi rappresentare in assemblea e la relativa documentazione è conservata secondo quanto prescritto dall’art. 2478, primo comma, numero 2) c.c.
In proposito, il carattere spiccatamente personalistico della S.r.l., la normale presenza dei soci di S.r.l. agli eventi assembleari e il rilievo della figura del socio hanno indotto il legislatore a non riproporre per la S.r.l. le cautele dettate, contro l’incetta delle deleghe, per l’assemblea della S.p.A., a causa della scarsa propensione dei soci di quest’ultima a partecipare alle assemblee. Di conseguenza:
- l’atto costitutivo della S.r.l. può radicalmente escludere la rappresentanza in assemblea;
- ove non sia diversamente previsto, il socio può nominare, senza alcuna limitazione, un proprio rappresentante per prendere parte all’assemblea e per intervenirvi;
- lo statuto della S.r.l. può limitare l’esercizio della facoltà del socio di partecipare per delega alle assemblee.
Peraltro, è possibile che lo statuto limiti la rappresentanza nell’assemblea della S.r.l., disciplinando, ad esempio:
- la forma della delega, che ai sensi dell’art. 2372 comma 1 c.c. deve essere conferita per iscritto;
- la specialità della delega, e cioè se essa debba potersi rilasciare, come per le S.p.A. che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, solo per singole assemblee (con effetto anche per le successive convocazioni), oppure anche sotto forma di procura per una pluralità di assemblee, fermo restando che l’art. 2372 comma 2 c.c. dispone la liceità sia del rilascio di una procura generale (cioè valevole per amministrare una pluralità di affari del mandante, tra i quali, appunto, anche la sua partecipazione ad assemblee societarie), sia del rilascio da parte di un soggetto diverso da una persona fisica (società, associazione, etc.) di una delega a partecipare a una pluralità di assemblee;
- la possibilità per un soggetto diverso dal delegante di indicare il nome del delegato, il che è inammissibile nella S.p.A., stante il divieto del rilascio di procura in bianco (art. 2372, comma 3 c.c.);
- la possibilità per il delegante di sancire l’irrevocabilità della delega, il che non è consentito per la S.p.A. (art. 2372, comma 3 c.c.);
- la sostituibilità del delegato con altro soggetto designato non dal delegante, essendo invece disposto in tema di S.p.A. che il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nella delega (art. 2372, comma 3 c.c.);
- l’individuazione del delegato nel caso di delega rilasciata a società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione, mentre in tema di S.p.A., in questi casi detti enti possono delegare soltanto un proprio dipendente o collaboratore (art. 2372, comma 4 c.c.);
- la conferibilità della delega ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, alle società da essa controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste, il che è inammissibile nella S.p.A. (art. 2372, comma 4 c.c.);
- la cumulabilità di deleghe in capo al medesimo delegato, essendo invece disposto dall’art. 2372, comma 5 c.c., che nell’assemblea di S.p.A. la stessa persona non può rappresentare in assemblea più di venti soci.
4.4 Assemblee totalitarie, assemblee mediante audio-videoconferenza
Nella S.r.l. sono ammissibili le assemblee tenute con mezzi di telecomunicazione, previa apposita clausola nell’atto costitutivo.
Come è stato precisato dal Consiglio notarile di Milano, l’essenza del metodo collegiale consiste nella possibilità, per i legittimati, di discutere in dibattito e votare simultaneamente sulle materie all’ordine del giorno. La compresenza fisica dei soci in uno stesso luogo di riunione rappresenta un mero presupposto perché possa aversi la discussione e votazione simultanea, non più indispensabile per assicurare il risultato sopra descritto e, più in generale, il pieno rispetto di tutte le forme procedimentali stabilite dalla legge per la costituzione, lo svolgimento e la verbalizzazione delle riunioni assembleari, data l’evoluzione tecnologica dei mezzi di collegamento audio-video, la quale permette l’interazione tra persone site in luoghi diversi, contigui (per esempio, più sale di uno stesso centro congressi) o distanti (per esempio, sede sociale in Milano e sede secondaria in Roma o in Parigi).
Nessun impedimento circa l’uso di tali mezzi deriva dalle norme di legge in materia, poiché nessuna disposizione impone espressamente la compresenza fisica degli intervenuti in uno stesso luogo; l’art. 2368 c.c. e le altre norme applicabili non individuano infatti alcuna particolare modalità di partecipazione, di intervento o di presenza dei soci in assemblea, ma devono essere interpretati in senso ampio, permettendo così anche l’adozione di sistemi di collegamento audio-video.
Tuttavia, data la varietà dei, delle situazioni concrete (ad esempio, intervento in assemblea di soggetti non noti, numerosità degli intervenuti) e degli eventi che possono verificarsi (ad esempio, black-out, cattiva percezione delle immagini o dei suoni), occorre che vengano adottati comportamenti e modalità tali da salvaguardare il rispetto non solo formale ma anche sostanziale del metodo collegiale e dei principi di buona fede e parità di trattamento dei soci, e quindi, dei diritti e degli interessi degli intervenuti, non diversamente che se fossero fisicamente compresenti nello stesso luogo.
La clausola dello statuto che preveda e regoli le assemblee in videoconferenza – necessaria al fine di fornire in via preventiva adeguata informazione ai soci sulle modalità di tenuta delle assemblee e di intervento alle medesime, nonché al fine di regolare il comportamento delle figure assembleari in ipotesi particolari di non chiara o agevole soluzione – dovrà quindi prevedere che:
- i mezzi di telecomunicazione assicurino al presidente dell’assemblea, come stabilito dall’art. 2371 c.c.:
- di accertare la regolarità della costituzione dell’assemblea,
- di accertare l’identità e la legittimazione degli intervenuti,
- di regolare lo svolgimento dell’adunanza,
- di consentire la partecipazione alla discussione e alla votazione in modo simultaneo,
- di constatare e di proclamare i risultati della votazione
- sia consentito al soggetto verbalizzante di percepire adeguatamente gli eventi assembleari oggetto di verbalizzazione;
- sia consentito agli intervenuti di partecipare alla discussione e alla votazione simultanea sugli argomenti all’ordine del giorno;
- vengano indicati nell’avviso di convocazione i luoghi audio/video collegati a cura della società, nei quali gli intervenuti potranno affluire.
- l’avviso di convocazione dell’assemblea da svolgersi con le modalità sopra indicate indichi i luoghi audio-video-collegati a cura della società nei quali gli intervenuti potranno affluire, nel rispetto del principio di parità di trattamento di tutti gli aventi diritto; tale preventiva indicazione non è peraltro necessaria in tutte le ipotesi di assemblea totalitaria;
- la delimitazione territoriale dei luoghi di convocazione delle assemblee sociali non deve riguardare tutti i luoghi in cui è previsto il collegamento audio-video degli intervenuti, bensì solo il luogo di convocazione in cui si troveranno il presidente e il soggetto verbalizzante, dove si intenderà svolta la riunione, essendo in linea di principio irrilevante la collocazione territoriale dei luoghi audio-video-collegati.
Sul punto si rimanda in ogni caso all’apposito approfondimento pubblicato su questo blog.
5. I quorum costitutivi e deliberativi nella S.r.l.
5.1 Quorum costitutivi e deliberativi
Il quorum costitutivo è la quota di capitale che deve essere presente perché l’assemblea possa validamente deliberare. Il quoziente costitutivo è detto anche quoziente di presenza; esso può infatti definirsi come frazione necessaria e sufficiente per determinare, con la propria presenza, la valida costituzione dell’assemblea.
La funzione del quorum costitutivo è principalmente quella di richiedere la presenza o più genericamente il coinvolgimento di almeno un certo numero di soci nel procedimento di formazione delle decisioni riguardanti la società, nonché, nel caso di ulteriore quorum deliberativo calcolato su una percentuale di quello costitutivo, quella di premiare con un potere di veto la minoranza non assenteista.
Il quorum deliberativo è invece la quota di capitale rispetto alla quale calcolare la maggioranza o la minor quota di capitale richiesta per l’assunzione di una deliberazione assembleare, ed ha la funzione di determinare il numero di voti necessari perché si possa ritenere adottata una decisione della società.
La maggioranza richiesta può essere compresa fra un minimo, corrispondente alla maggioranza semplice, pari alla metà più uno dei votanti quale che sia il loro numero (e quindi anche ove si tratti in realtà di una minoranza degli aventi diritto), e un massimo, corrispondente a una maggioranza qualificata così alta da sfiorare l’unanimità. Fra questi due estremi si inserisce tutta una serie di soluzioni le quali si differenziano per la percentuale di voti favorevoli e per il quorum di votanti (o di presenti alla votazione, anche se astenuti) che siano di volta in volta richiesti, oppure anche per il termine di riferimento, che è rappresentato dal numero dei componenti il collegio nel caso della maggioranza assoluta, dal numero dei votanti nel caso della maggioranza semplice, quando cioè prevale la proposta o il candidato, fra quelli in competizione, che consegue più voti di ciascuno degli altri.
Una delle maggioranze più spesso richieste è la maggioranza assoluta, la quale comporta che la proposta si intenda approvata soltanto se riporta il voto favorevole della metà più uno, o, più esattamente, più di un mezzo degli aventi diritto.
Il denominatore del quorum deliberativo può calcolarsi:
- sul numero delle persone;
- sull’intero capitale sociale abilitato al voto; sul capitale votante;
- sul capitale presente.
Con riferimento alla verifica del requisito base del quorum deliberativo (ossia il computo della maggioranza semplice o qualificata dei voti favorevoli, richiesta dalla legge o dallo statuto in relazione alla specifica tipologia di deliberazione, da computarsi sul capitale sociale rappresentato in assemblea), è controverso se il calcolo debba essere effettuato sulla base dei presenti o sulla base dei votanti.
Se si aderisce alla tesi secondo la quale il computo va effettuato sulla base dei votanti, ne consegue che, ai fini del calcolo delle maggioranze, non bisogna tener conto dei soci astenuti nel denominatore del rapporto. Pertanto, si avrà al numeratore il capitale sociale che ha espresso voto favorevole, al denominatore il capitale sociale votante. Ad esempio, ciò comporta che una deliberazione con 30 voti favorevoli, 25 contrari e 10 astenuti avrebbe una maggioranza semplice di voti favorevoli (30, contro 25, su un totale di 55 voti).
Se si aderisce invece alla tesi secondo la quale il computo va effettuato sulla base dei presenti, ne consegue che ai fini del calcolo delle maggioranze bisogna tener conto dei soci astenuti nel denominatore del rapporto. Pertanto, si avrà al numeratore il capitale sociale che ha espresso voto favorevole, al denominatore il capitale sociale presente. A titolo di esempio, ciò comporta che una deliberazione con 30 voti favorevoli, 25 contrari e 10 astenuti non avrebbe una maggioranza semplice di voti favorevoli (30, a fronte di 35, di cui 25 contro più 10 astenuti, su un totale di 65).
Tuttavia, stante il disposto dell’ultimo comma dell’art. 2368 c.c., qualora l’astensione sia basata sulla previa dichiarazione del socio di trovarsi in conflitto di interessi con la società sull’oggetto della deliberazione, anche nell’ambito della seconda linea interpretativa non si deve considerare il capitale sociale rappresentato da tale socio. A titolo di esempio, ciò comporta che una deliberazione con 30 voti favorevoli, 25 contrari e 10 astenuti, di cui 8 per lo status dichiarato di conflitto di interessi del socio, avrebbe una maggioranza semplice di voti favorevoli (30, contro 25 più 2 astenuti, su un totale di 57 perché gli 8 del socio in conflitto di interessi non si computano).
5.2 I quorum legali
I quorum nella S.r.l. sono disciplinati da due norme:
- l’art. 2479, c.c. in tema di decisioni non collegiali, il quale prevede che, salvo deroga dell’atto costitutivo, per l’adozione di una decisione è necessario il voto favorevole di una maggioranza dei soci che rappresenti almeno la metà del capitale sociale;
- l’art. 2479 bis c.c. in tema di deliberazioni assembleari, il quale prevede che salvo deroga dell’atto costitutivo, per la regolare costituzione dell’assemblea è necessaria la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e di norma la deliberazione è a maggioranza assoluta, fatti salvi i casi previsti dai nn. 4 e 5 del secondo comma dell’art. 2479 c.c., per i quali è richiesto il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.
Ulteriori disposizioni, specificatamente riferite a singole materie, introducono quorum più elevati alla luce della delicatezza dell’argomento discusso, ovvero:
- la rinunzia e transazione dell’azione di responsabilità (art. 2476, c.c.), per le quali è richiesta una maggioranza, non derogabile dallo statuto, dei due terzi del capitale sociale, oltre che la non opposizione del decimo del capitale stesso;
- la modifica dei diritti particolari accordati ai soci ai sensi dell’art. 2468, comma terzo, c.c., la quale richiede il consenso unanime dei soci, salvo che l’atto costitutivo non preveda diversamente. Al consenso unanime dei soci è altresì subordinata di fatto la possibilità di limitare o escludere il diritto di opzione nel caso di ricostituzione del capitale perduto ai sensi dell’art. 2482- ter c.c.
In linea generale, quindi, l’assemblea della S.r.l. è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Pertanto:
- se in assemblea sono presenti tanti soci che rappresentino il 100% del capitale, sarà necessario il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più del 50% del capitale;
- se in assemblea sono presenti il 50% del capitale, sarà necessario il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più del 25% del capitale;
- se, infine in assemblea saranno presenti solo il 40% del capitale, verrà a mancare il quorum costitutivo e quindi l’assemblea non potrà deliberare.
Nei casi previsti dall’art. 2479 c.c. numeri 4) (modificazioni dell’atto costitutivo) e 5) (operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci) è invece necessario il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, fermo restando che l’atto costitutivo può prevedere addirittura il consenso unanime.
A tali disposizioni si aggiungono le norme dedicate, in generale, alle società di capitali, che elevano i quorum altrimenti applicabili, come ad esempio l’art. 2500-septies c.c., per la trasformazione eterogenea, da decidersi con il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto e, comunque, con il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata, e l’art. 34 del D.lgs. n. 5/2003 per l’introduzione e la soppressione delle clausole compromissorie richiedenti i due terzi del capitale sociale.
Infine, il quorum deliberativo delle modificazioni dell’atto costitutivo si applica anche ad una serie di deliberazioni per le quali, pur non essendo identificabili come modificazioni dell’atto costitutivo, il legislatore richiama le maggioranze delle modificazioni statutarie, ovvero:
- la nomina e la revoca dei liquidatori e determinazione dei criteri di liquidazione (art. 2487, c.c.);
- la revoca dello stato di liquidazione (art. 2487-ter, c.c.);
- le fusioni e scissioni.
È controverso se nei quorum possa procedersi al conteggio dei soci in conflitto di interessi o se invece possa trovare applicazione analogica l’art. 2368, comma 3, c.c., dettato per le S.p.a., dato che l’art. 2479-ter, comma 2, c.c., stabilendo che sono viziate le delibere assunte con la partecipazione determinante dei soci in conflitto di interessi, è compatibile sia con una interpretazione che escluda il mero voto sia con una interpretazione che escluda anche la mera partecipazione. Sicuramente è escluso dal computo del quorum il socio la cui esclusione sia oggetto della delibera.
Ai sensi dell’art. 2368 c.c. che la verifica del quorum costitutivo deve essere effettuata all’inizio dell’assemblea, essendo irrilevante un suo eventuale venir meno nel corso dell’assemblea (se alcuni soci si siano allontanati).
5.3 La derogabilità dei quorum nella S.r.l.
Ai sensi dell’’art. 2479-bis c.c., tutti i quorum sopra descritti sono derogabili dallo statuto, sia in aumento che in diminuzione, sia nel caso di decisioni extra-assembleari che assembleari (diversamente da quanto stabilito per la S.p.A., dove lo statuto può richiedere soltanto maggioranze più elevate, ai sensi dell’art. 2369, 4° comma c.c.).
Se, da un lato, l’abbassamento del quorum legale tende a privilegiare l’istanza di efficienza dell’impresa, d’altro lato, tale istanza può, per scelta dei soci, essere sacrificata a quella tipicamente contrattuale di impedire che le parti subiscano mutamenti dei patti originari contro la loro volontà.
Lo statuto può quindi derogare al modello legale sotto ogni profilo e in entrambe le direzioni: sia elevando, dunque, sia riducendo i quorum sopra descritti. L’incremento (del quorum costitutivo e/o di quello deliberativo) può riguardare ogni argomento, non operando nella S.r.l. alcun principio volto alla conservazione dell’ente, quale è quello consacrato, per la S.p.A., nell’art. 2369, comma quarto c.c. in materia (inderogabilità delle maggioranze previste per l’approvazione del bilancio, e per la nomina e revoca delle cariche sociali). Anche per le decisioni di approvazione del bilancio e di nomina degli amministratori lo statuto può prevedere un quorum deliberativo maggiore di quello stabilito dalla legge. Lo statuto può altresì prevedere quorum differenti a seconda che la stessa decisione venga assunta mediante assemblea, mediante consenso scritto o mediante consultazione espressa per iscritto.
Per le S.r.l., l’unico limite che hanno i soci alla libertà di modificare i quorum proposti dal legislatore è costituito dalla previsione di unanimità. In mancanza di regolare convocazione, la delibera si intende adottata quando ad essa partecipa l’intero capitale sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono presenti o informati della riunione e nessuno si oppone alla trattazione dell’argomento (art. 2479-bis, ultimo comma c.c.). Il consenso di tutti i soci è previsto:
- per le modifiche ai particolari diritti che a taluno dei soci siano stati attribuiti ai sensi dell’art. 2468, comma 3 c.c. in tema di amministrazione della società o di distribuzione degli utili (art. 2468, comma 4 c.c.);
- per l’introduzione nello statuto di clausole limitative della circolazione delle partecipazioni al capitale sociale (clausole di prelazione, clausole di gradimento, clausole di accrescimento in caso di morte di un socio, clausole di intrasferibilità “assoluta” o “relativa” etc.).
Nel caso di decisioni assunte fuori dall’assemblea con il metodo del consenso scritto o della consultazione espressa per iscritto), come pure nel caso delle decisioni assembleari in tema di modificazioni statutarie (di cui all’art. 2479, comma 2, n. 4 c.c.) o di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci (di cui all’art. 2479, comma 2, n. 5 c.c.), la legge dispone come si è visto che la decisione deve essere adottata con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. Tale espressione si presta a due possibili contrastanti letture:
- una prima, secondo cui per adottare una data decisione occorre comunque il voto favorevole della maggioranza del capitale sociale;
- una seconda, preferibile, secondo cui il legislatore abbia inteso favorire il più possibile l’assunzione di decisioni da parte dei soci e parallelamente evitare situazioni di stallo, frequenti in compagini sociali poco numerose, per cui nelle decisioni extra assembleari occorre acquisire i consensi dei soci titolari di almeno la metà del capitale sociale, mentre nelle decisioni assembleari di modifica statutaria, dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci occorre la presenza di almeno la metà del capitale sociale e il voto favorevole di tanti soci quanti ne bastino a raggiungere almeno la metà del capitale sociale.
5.4 I quorum per l’assemblea in seconda convocazione
Nelle S.r.l., mancando il richiamo all’analogo funzionamento delle assemblee delle S.p.a., non è prevista l’assemblea in seconda convocazione. Nulla vieta, tuttavia, che nell’atto costitutivo sia prevista una convocazione assembleare successiva alla prima, evidentemente con lo scopo di consentire in seconda convocazione di deliberare con quorum più agevoli rispetto alla prima convocazione.
Qualora lo statuto preveda la seconda convocazione nella S.r.l., senza tuttavia peraltro indicare i quorum applicabili in tale ipotesi, si ritiene che l’assemblea straordinaria di S.r.l. in seconda convocazione deliberi con le maggioranze richieste per la prima convocazione. Infatti, la diversa disciplina della S.r.l., nella quale non è prevista la seconda convocazione rispetto alla S.p.a., trova la sua giustificazione nel fatto che le S.r.l. non hanno un numero eccessivo di soci e quindi non sono necessarie speciali norme per facilitare la convocazione delle assemblee.
Qualora infatti si ritenesse che siano richieste per la validità della delibera le maggioranze richieste dall’art. 2369, terzo comma, c.c. per le assemblee straordinarie di seconda convocazione di S.p.A., si potrebbe realizzare un capovolgimento nell’ambito di assetti societari composti da due o tre soci.
Ad esempio, in una società in cui i due soci siano titolari rispettivamente del 60% e del 40% del capitale sociale, in casi di assemblea straordinaria dovrebbero votare sostanzialmente all’unanimità; se però il socio di maggioranza (il quale, da solo, non raggiunge i due terzi) è anche amministratore e decidesse di giocare un brutto scherzo all’altro socio, gli sarebbe sufficiente convocare l’assemblea secondo il sistema della doppia convocazione per imporre la propria volontà, bastando, in tal caso un terzo del capitale sociale, e vano quanto inutile rimanendo il voto contrario dell’altro .
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in Diritto Societario
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