Il bilancio di esercizio delle società: funzione, contenuto, approvazione, impugnazione
Il bilancio d’esercizio è l’insieme dei documenti che le imprese devono redigere periodicamente, allo scopo di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico della gestione sociale. Il bilancio viene redatto dagli amministratori della società alla chiusura di ogni esercizio sociale e, a causa della molteplicità dei suoi destinatari, assolve una pluralità di funzioni, fra le quali rilievo preminente riveste quella informativa. Il bilancio d’esercizio acquista efficacia giuridica solo dopo un procedimento, che ha inizio con la redazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori entro 90 giorni dalla conclusione dell’esercizio sociale, e termina con la pubblicazione dello stesso presso il registro delle imprese. L’art. 2423 c.c. stabilisce i principi generali di redazione del bilancio, prevedendo che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, illustrando il risultato economico dell’esercizio. La violazione dei principii di chiarezza, veridicità e correttezza è causa di nullità della delibera con la quale la società abbia approvato il bilancio (art. 2379 c.c.). Le delibere con cui venga approvato un bilancio in violazione delle regole procedimentali sono invece annullabili (art. 2377 c.c.). Le delibere di approvazione del bilancio sono spesso impugnate dai soci di minoranza, nell’ambito del conflitto con i soci di maggioranza.
1. Funzione e contenuto del bilancio
Ai sensi dell’art. 2423 c.c., il bilancio d’esercizio è l’insieme dei documenti che le imprese devono redigere periodicamente, allo scopo di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico della gestione sociale.
Il bilancio viene redatto dagli amministratori della società alla chiusura di ogni esercizio sociale e, a causa della molteplicità dei suoi destinatari, assolve una pluralità di funzioni, fra le quali rilievo preminente riveste quella informativa.
I destinatari dell’informazione contenuta nel bilancio sono in primo luogo l’imprenditore ed i soci, ai quali si affiancano tutte le categorie di soggetti interessati ai risultati e all’andamento dell’attività d’impresa: creditori sociali, dipendenti, clienti e fornitori, organi statali di controllo, fisco, pubblica amministrazione, azionisti di maggioranza e di minoranza.
In sintesi, quindi il bilancio ha una duplice funzione:
- nell’ottica dei soci, il bilancio serve ad avere una corretta rappresentazione della situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società, al fine di comprendere quali siano i risultati dell’esercizio (e se vi siano utili e la possibile distribuzione di un dividendo) e come pianificare la futura attività;
- nella prospettiva dei terzi, la correttezza dei bilanci è fondamentale allo scopo di valutare se contrarre-e a quali condizioni-con la società, alla luce della maggiore o minore affidabilità economica, finanziaria e patrimoniale della stessa.
Poiché le informazioni contenute nel bilancio sono destinate anche ai terzi, le norme che ne disciplinano la redazione sono finalizzate alla tutela di interessi generali ed hanno quindi natura imperativa. Il bilancio si pone infatti come fondamentale strumento di consultazione per soci e terzi che consente di valutare la convenienza a mantenere il legame con l’impresa.
Il bilancio, infatti, non mira esclusivamente a soddisfare l’interesse individuale del socio, ma si pone come mezzo per il buon funzionamento dell’istituto societario e, in particolare, mira a garantire la corretta applicazione del complesso delle norme che sono poste a salvaguardia dell’integrità del capitale sociale, in quanto costituisce il presupposto per l’adozione di una serie di deliberazioni che ruotano intorno all’accertamento periodico di utili e perdite. Per i soci, pertanto, il bilancio rappresenta lo strumento legale di informazione contabile sull’andamento degli affari sociali; per i creditori sociali il mezzo per conoscere la consistenza patrimoniale, sola garanzia sulla quale gli stessi possono fare affidamento.
Coerentemente a questa finalità, l’art. 2423 comma 3 c.c. prevede che il bilancio deve fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria della società, ammettendo la possibilità di introdurre tutte le informazioni complementari necessarie al fine anzidetto e delle deroghe alla disciplina legale, qualora l’applicazione di una norma fosse incompatibile con lo scopo.
Gli obblighi dei redattori del bilancio non si esauriscono quindi nell’esecuzione materiale di quanto disposto dalla legge, ma impongono un confronto tra i risultati di quest’ultima ed i principi generali, prescrivendo, inoltre, ove detti principi non siano soddisfatti, di fornire le necessarie informazioni complementari.
In quest’ottica, il bilancio costituisce prima di tutto l’auto-rendiconto dell’imprenditore, lo strumento oggettivo di accertamento dei risultati conseguiti che si concretizza nella determinazione dell’utile distribuibile e rappresenta un efficace strumento di controllo sulla gestione.
La rappresentazione veritiera richiede ai redattori di bilancio di operare in buona fede, effettuando in modo corretto le stime, e di applicare con diligenza le regole di valutazione prescritte dalla legge e dai principi contabili.
Il criterio dell’oggettività mira ad impedire che un elemento fondamentale dell’attività d’impresa, al contempo essenziale per l’intero equilibrio del diritto societario, venga redatto secondo criteri precari ed influenzato da esigenze gestionali dell’imprenditore. Ne è prova l’art. 2435 c.c., secondo cui entro i 30 giorni successivi all’approvazione gli amministratori sono tenuti a depositare una copia del bilancio presso il Registro delle imprese e menzionare l’avvenuto deposito nel Bollettino delle S.r.l. e S.p.A.
Ai sensi dell’art. 2423, comma 1, il bilancio d’esercizio è costituito da:
- lo Stato Patrimoniale, che individua la consistenza del patrimonio della società in un determinato momento e segnala distintamente i valori attribuiti ai beni che compongono la parte attiva del patrimonio e quelli che ne costituiscono parte passiva, vale a dire i debiti sociali;
- il Conto Economico, che indica il risultato economico di competenza dell’esercizio (utile o perdita), che corrisponde alla differenza tra ricavi e costi dell’attività produttiva e tra proventi ed oneri di natura finanziaria, misurando, in questo modo, l’incremento o il decremento che il capitale netto dell’impresa ha subito per effetto della gestione;
- la Nota Integrativa, che integra in modo analitico i dati dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, illustrando le decisioni prese dagli amministratori dell’impresa nel redigere il bilancio in modo tale da favorirne l’intelligibilità.
L’art. 2428 c.c. prevede inoltre che il bilancio deve essere completato da una relazione sulla gestione, redatta degli amministratori, sulla situazione e sull’andamento generale della società e nei vari settori in cui ha operato (anche attraverso imprese controllate), con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti.
La relazione descrive la situazione complessiva dell’impresa, contestualizzandone l’attività nello scenario economico, competitivo e ambientale in cui opera e valutando la compatibilità e la coerenza dei programmi di gestione con il contesto esterno; essa illustra inoltre l’andamento della redditività, gli aspetti finanziari e la loro influenza sulla formazione del risultato economico dell’impresa, con riferimento sia alle situazioni patrimoniali e finanziarie già determinatesi che alle previsioni circa l’evolversi della gestione.
È compito degli amministratori, infatti, delineare le prospettive di sviluppo dell’attività d’impresa, sulla base dei valori di bilancio ed attraverso piani e programmi di medio-lungo e breve periodo.
Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, le comunicazioni contenute nella relazione sulla gestione, non essendo oggetto di delibera assembleare – in quanto non costituiscono parte del bilancio d’esercizio, bensì solo un suo “collegato” – seppure carenti o non veritiere, non possono costituire presupposto di una pronuncia di nullità della delibera di approvazione del bilancio d’esercizio per illiceità dell’oggetto, ma solo condurre ad una pronuncia di annullamento del bilancio per vizio del procedimento di approvazione. A tale principio fa eccezione il caso in cui i vizi informativi della relazione sulla gestione siano tali da rendere non chiaramente comprensibile (o addirittura da falsare sul punto) il bilancio, come nel caso, ad esempio, delle informazioni relative alla situazione finanziaria della società, che è anch’essa oggetto della rappresentazione veritiera e corretta prevista per il bilancio dall’art. 2423 c.c.
2. I criteri di redazione del bilancio
L’art. 2423 c.c. stabilisce i principi generali di redazione del bilancio – ponendosi come clausola generale sovraordinata rispetto alla restante disciplina del bilancio d’esercizio, contenuta nel codice civile – prevedendo che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, illustrando al contempo il risultato economico dell’esercizio.
La violazione dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza, come si vedrà meglio in seguito al par. 5, è causa di nullità della deliberazione con la quale la società abbia approvato il bilancio (art. 2379 c.c.).
Il principio di chiarezza implica che le voci dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, descritte in modo analitico agli artt. 2424 e 2425, devono essere indicate separatamente e nell’ordine prescritto, benché sia possibile, nel caso in cui ciò favorisca la chiarezza del bilancio, operare ulteriori suddivisioni o raggruppamenti, riservando alla Nota Integrativa il compito di sviluppare la descrizione delle singole voci.
Ai fini dell’applicazione del principio di chiarezza non devono essere valutate unicamente le componenti tecniche del bilancio, ma occorre considerare l’insieme dei documenti di informazione contabile: le componenti del bilancio (conto economico, stato patrimoniale e nota integrativa), nonché la relazione sulla gestione redatta dagli amministratori e la relazione dei sindaci. Secondo la giurisprudenza, infatti, la qualità” dell’informazione non deriva soltanto dal bilancio in sé – anche laddove lo stesso sia completo e contenga ogni riferimento tecnico richiesto dalla legge – bensì da ogni altra fonte (anche orale) finalizzata ad acclararne il contenuto.
I criteri della correttezza e della veridicità sono soddisfatti nel momento in cui i valori contabili attribuiti ai beni compresi nelle diverse poste siano determinati in modo da esprimere un quadro fedele della situazione e da non alterare la misura degli utili conseguiti e delle perdite sofferte.
A tale criterio è strettamente legato il cosiddetto principio di prevalenza della sostanza sulla forma, che discende direttamente dalla clausola della rappresentazione veritiera e corretta del bilancio.
L’art. 2423-bis c.c. enuncia i principi generali di redazione del bilancio, riferiti sia allo Stato Patrimoniale che al Conto Economico, ovvero:
- il principio di prudenza nella valutazione;
- il principio di continuità;
- il principio di competenza.
Quando una voce appare suscettibile di valutazioni diverse, il primo di tali principi impone, se si tratta di voci dell’attivo, di iscriverle per la valutazione più bassa o, se si tratta di voci del passivo, per la valutazione più alta.
La valutazione prudenziale deve, inoltre, tener conto della “prospettiva della continuazione dell’attività”, si devono cioè rappresentare i fattori negativi cui le poste del bilancio sono esposte per il fatto di essere destinate non all’immediato realizzo, ma allo svolgimento dell’attività imprenditoriale che forma oggetto della società.
Si deve anche tener conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato; se una posta è suscettibile di diverse qualificazioni giuridiche, deve essere preferita quella che mette in più chiara evidenza la sua funzione economica.
Quanto infine al principio della competenza, il bilancio deve rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico della società, così come emergono alla data di chiusura del bilancio, e ciò benché il bilancio venga redatto in un momento successivo, quando le poste di bilancio possono avere subito variazioni, tant’è che non può tenersi conto degli utili realizzati dopo la data di chiusura dell’esercizio cui attiene il bilancio.
3. Il procedimento di formazione del bilancio di esercizio
3.1. La redazione del progetto di bilancio
Il bilancio d’esercizio acquista efficacia giuridica solo al termine di un articolato procedimento endosocietario, che inizia con la redazione del progetto da parte dell’organo amministrativo e termina con la pubblicazione del bilancio attraverso il suo deposito presso il registro delle imprese. . La formazione del bilancio consiste dunque in una serie di atti distinti, collegati tra loro da un nesso necessario; soltanto l’approvazione dell’assemblea produce effetti definitivi, mentre i primi due (ossia la redazione del bilancio da parte degli amministratori e la revisione dello stesso effettuata dall’organo di controllo) hanno effetti meramente preliminari.
La procedura ha inizio con la redazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori entro 90 giorni dalla conclusione dell’esercizio sociale, e termina con la pubblicazione dello stesso presso il registro delle imprese; l’intervento dei diversi operatori viene coordinato sulla base di modalità e termini rigorosi imposti dalla legge.
Le fasi specifiche dell’approvazione sono:
- redazione ed approvazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori;
- controllo di detto progetto e stesura della relativa relazione da parte del collegio sindacale;
- deposito del progetto e dei relativi allegati nella sede sociale 15 giorni prima dell’assemblea;
- esame da parte dell’assemblea dei soci;
- approvazione (o non approvazione) del bilancio.
Il progetto di bilancio consiste in una complessa operazione di rilevazione dei dati registrati nelle scritture contabili, suddivise secondo gli schemi di cui agli artt. 2424 e 2425 c.c., di valutazione delle poste di bilancio ai sensi dell’art. 2426 c.c. e dei complementari principi contabili applicabili. L’elaborazione di tali dati è affidata alla struttura amministrativa della società e avviene sotto la vigilanza del CdA.
Ai sensi dell’art. 2381 c.c., la redazione del bilancio è posta congiuntamente a carico di tutti gli amministratori collegialmente, sulla base al principio maggioritario. Tale compito non è delegabile (al comitato esecutivo, a un singolo amministratore o a terzi), il rappresentando simile determinazione una condotta sanzionata con la revoca ovvero con l’adozione di un provvedimento giudiziale ai sensi dell’art. 2409 c.c.
Da ciò deriva la conseguente responsabilità solidale di tutti gli amministratori per la mancata redazione del progetto di bilancio o per la sua irregolare redazione.
La non delegabilità della redazione del bilancio non implica che tutti gli amministratori debbano procedere alla materiale stesura dei documenti contabili – tant’è che nella prassi i documenti sono redatti da collaboratori o professionisti esterni – quanto piuttosto che al CdA compete una deliberazione collegiale sul bilancio, in modo da far proprio un progetto solitamente già impostato da soggetti ed amministratori particolarmente qualificati.
Non è, peraltro, infrequente l’espressione di dissensi da parte di singoli consiglieri in sede di approvazione del progetto di bilancio. Tali dissensi possono avere origine, specialmente nelle società a ristretta base azionaria, da eventuali contrasti tra soci (gli amministratori, infatti, non sono necessariamente tutti espressione della maggioranza), o da divergenze di natura tecnica sorte tra gli amministratori in fase di predisposizione e approvazione del progetto. Il dissenso può inoltre emergere nel caso in cui un consigliere ritenga di non essere stato adeguatamente informato dal Presidente del CdA, ai sensi dell’art. 2381 c.c.; tale norma obbliga infatti gli amministratori ad agire in modo informato ed impone al Presidente del CdA di fornire agli amministratori, a richiesta dei medesimi, adeguate informazioni in sede di valutazione.
In tali casi, dato il carattere collegiale del progetto di bilancio, il consigliere dissenziente non può ottenere l’annotazione del proprio dissenso nella relazione depositata dal CdA prima dell’assemblea, e pertanto, il suo dissenso non è conoscibile ai soci prima dell’assemblea. Tuttavia, la relazione al progetto di bilancio depositata dal CdA deve indicare la circostanza di un’approvazione a maggioranza e non all’unanimità del progetto. Inoltre, l’amministratore dissenziente può presentare ai soci, durante l’assemblea, una relazione autonoma (la cd. “relazione di minoranza”) al progetto di bilancio e riferire individualmente le ragioni del proprio dissenso.
In ogni caso, anche in assenza di una relazione di minoranza o di un’informativa orale durante l’assemblea da parte dell’amministratore dissenziente, è dovere del Presidente del CdA informare i soci del dissenso espresso dall’amministratore in seno al CdA, esponendone le ragioni ed eventualmente rispondendo alle eventuali domande che gli venissero rivolte.
L’espressione del dissenso da parte del consigliere di amministrazione in merito all’approvazione del progetto di bilancio è rilevante anche in relazione all’eventuale attribuzione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2392, ultimo comma, c.c., che esonera da responsabilità gli amministratori i quali abbiamo fatto annotare nel libro delle adunanze del CdA il proprio dissenso, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.
La delibera del CdA di approvazione del progetto di bilancio è impugnabile ai sensi dell’art. 2388 comma 4 c.c., dai consiglieri dissenzienti (ovvero assenti o astenuti), i quali possono far valere in giudizio qualsiasi irregolarità verificatasi durante il procedimento di approvazione del progetto di bilancio ovvero relativa al suo contenuto, potendo altresì chiedere la sospensiva della delibera stessa, ai sensi degli artt. 2378 e 2388 c.c.
L’impugnazione della delibera consiliare è infatti l’unico strumento a disposizione del consigliere dissenziente per prevenire l’approvazione di un bilancio non conforme alla legge e i potenziali effetti dannosi che ne potrebbero derivare (si pensi ad es. ad una proposta ai soci di distribuire dividendi ovvero di effettuare operazioni sul capitale sulla base di un progetto di bilancio invalido), tenuto conto del fatto che, l’impugnazione della successiva deliberazione assembleare spetterebbe all’organo amministrativo nel suo complesso e non al singolo amministratore. In tal caso, la pendenza di un’impugnativa sulla delibera consiliare renderà noti ai soci i vizi denunciati dagli amministratori sul progetto di bilancio e, pertanto, la conclusione di tale procedimento consentirà ai soci di esercitare il proprio diritto di voto in assemblea in modo consapevole.
3.2. La relazione sulla gestione e la trasmissione del progetto di bilancio al Collegio sindacale
Ai sensi dell’art. 2428 c.c., gli amministratori devono altresì predisporre, unitamente al progetto di bilancio, la relazione sulla gestione, contenente un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze sui la società è esposta. Lo scopo della relazione sulla gestione è essenzialmente quello di far comprendere la situazione della società e l’andamento e del risultato della sua gestione, con particolare riferimento agli indicatori di risultato finanziario e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società, comprese quelle attinenti all’ambiente e al personale.
Dalla relazione devono risultare alcune specifiche informazioni, tra cui:
- i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
- il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente;
- i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio;
- l’evoluzione prevedibile della gestione.
Secondo la giurisprudenza prevalente, la relazione non fa tecnicamente parte dei documenti che compongono il bilancio (ai sensi dell’art. 2423 c.c.), ma costituisce un suo allegato, cioè un documento “collegato” al bilancio medesimo; la relazione sulla gestione costituisce, quindi, un documento autonomo rispetto al bilancio, avente la funzione di non di illustrane i singoli dati o le singole voci, bensì solo di integrarli con ulteriori informazioni sulla gestione della società, costituendo un resoconto di quanto compiuto dagli amministratori nel corso dell’esercizio.
L’art. 2429 c.c. prevede che, ultimata la redazione del progetto di bilancio e la relazione sulla gestione, gli amministratori devono trasmettere la relativa documentazione al Collegio sindacale, almeno 30 giorni prima di quello fissato per l’assemblea di approvazione, in modo che l’organo di controllo possa esaminarla e redigere la propria relazione.
La presentazione della relazione dei sindaci, in virtù delle funzioni che assolve, rappresenta un momento fondamentale della formazione del bilancio, in quanto finalizzata a garantire il diritto dei soci ad una informazione preventiva ed oggettiva sul bilancio che sono chiamati ad approvare.
Il Collegio sindacale ha il compito di verificare la correttezza del bilancio sotto il profilo della conformità alle norme di legge, alle scritture contabili (che a loro volta devono essere conformi alla documentazione dei fatti di gestione) e della sua rispondenza alle risultanze degli accertamenti effettuati, tanto in sede di verifica, quanto nel corso dell’esercizio sociale.
Il risultato delle verifiche viene riassunto nella relazione del Collegio sindacale, sottoposta all’attenzione dell’assemblea al fine di permettere ai soci di valutare la veridicità del progetto di bilancio redatto dagli amministratori e giudicare l’operato di questi ultimi.
3.3. Il deposito del progetto di bilancio presso la sede della società
Il progetto di bilancio, unitamente alle relazioni degli amministratori e dei sindaci, deve essere messo a disposizione dei soci mediante deposito presso la sede legale della società almeno 15 giorni prima dell’assemblea (art. 2429 c.c.), in modo da rendere nota ai soci la situazione patrimoniale della società prima dell’assemblea. Il computo a ritroso del termine per verificare la tempestività del deposito, peraltro, deve partire, non dalla data originariamente fissata per la convocazione dell’assemblea, bensì da quella in cui si è effettivamente tenuta la riunione.
Anche in seguito al deposito è possibile modificare il progetto di bilancio, purché il giorno fissato per l’assemblea venga posticipato in modo tale da garantire l’intervallo legale di 15 giorni antecedenti la riunione, in modo da consentire ai soci di valutare adeguatamente la documentazione finale.
Prima dell’assemblea i soci hanno il diritto di prendere visione:
- del bilancio;
- della relazione sulla gestione;
- della relazione del collegio sindacale;
- delle copie integrali dell’ultimo bilancio delle società controllate e del prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate.
I soci hanno inoltre diritto di ottenere tutte le informazioni per migliorare l’intelligibilità dei dati del bilancio e a comprendere i criteri di valutazione utilizzati dagli amministratori, le motivazioni e le giustificazioni di essi, in modo da consentire un cosciente esercizio del diritto di voto in ordine all’approvazione o meno della bozza.
È controverso invece se i soci abbiano il diritto di estrarre copia dei documenti inerenti il bilancio, in quanto è opinione condivisa che l’esercizio incondizionato da parte dei soci del diritto di ottenere copia dei documenti depositati si scontri con imprescindibili interessi sociali, quali anzitutto quello di mantenere la necessaria riservatezza intorno a dati non necessariamente destinati ad essere inseriti nel testo da approvare.
L’adempimento dell’obbligo di deposito esaurisce il dovere di pubblicità e di informazione degli amministratori; il mancato esercizio, da parte dei soci, del diritto di prendere visione dei documenti depositati non fa sorgere ulteriori doveri a carico del C.d.A. o del presidente dell’assemblea, che conseguentemente non sono tenuti a dare lettura in assemblea di atti e relazioni.
Come si dirà meglio in seguito, il mancato rispetto del diritto del socio di prendere visione del bilancio ai sensi dell’art. 2429, comma 3, c.c. costituisce causa di annullabilità della delibera di approvazione (v. par. 4).
3.4 L’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea
L’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci, in quanto atto conclusivo del procedimento, costituisce il momento principale della procedura di formazione del bilancio. Tale approvazione è necessaria affinché il documento di bilancio acquisisca efficacia verso l’esterno, diventando atto imputabile alla società
L’approvazione del bilancio rientra nelle competenze dell’assemblea dei soci di S.p.A, (art. 2364 c.c.). Similmente, nella S.r.l., l’art. 2479, comma 2, c.c. stabilisce che sono riservate alla competenza dei soci, fra le diverse materie, anche l’approvazione del bilancio.
Durante la discussione che precede l’approvazione del bilancio, ciascun socio presente in assemblea ha diritto di ottenere i chiarimenti necessari a conseguire un adeguato grado di consapevolezza in merito all’oggetto della delibera. Ciò dovrà in ogni caso avvenire nel rispetto di alcuni limiti, tra cui, in particolare:
- la necessità che la richiesta sia pertinente rispetto all’ordine del giorno (e che, quindi, il socio non abusi del proprio diritto);
- la riservatezza su fatti aziendali (ossia il dovere degli amministratori di mantenere riservate quelle notizie la cui diffusione sia potenzialmente idonea ad arrecare pregiudizio alla società in virtù della loro rilevanza commerciale o strategica).
Entro tali limiti, gli amministratori sono tenuti a rispondere alle richieste di informativa da parte dei soci, illustrando, sia pure in forma sintetica, i criteri utilizzati e gli elementi che hanno concorso a determinare la formazione del progetto di bilancio – in relazione sia ai dati conclusivi che alle singole poste e alle modalità della loro formazione – in modo da colmare eventuali lacune riguardanti la chiarezza del bilancio, cioè la comprensibilità e intellegibilità dei dati. Non è invece ipotizzabile che, in sede di approvazione del bilancio, le comunicazioni integrative fornite dagli amministratori possano incidere anche sulla veridicità dei dati esposti in bilancio, cioè sulla correttezza sostanziale dei valori; nessun elemento aggiuntivo fornito all’esterno del bilancio d’esercizio può infatti incidere sul diritto di impugnazione del bilancio riconosciuto sia ai terzi che ai soci per violazione della veridicità del bilancio stesso.
I chiarimenti forniti dagli amministratori nel corso dell’assemblea che discute l’approvazione del bilancio, inseriti nel verbale assembleare, hanno la stessa valenza di quelli contenuti nella relazione di accompagnamento, in virtù del carattere integrativo ad essi riconosciuto ai fini dell’adempimento dell’obbligo della chiarezza. Pertanto, i chiarimenti forniti dagli amministratori in assemblea, se esaustivi ed esaurienti, fanno venire meno l’interesse del socio che li ha chiesti ed ottenuti ad eventuali impugnative (v. par. 4) della delibera di approvazione in relazione ai punti oggetto dei chiarimenti stessi. Qualora, invece, alle richieste di chiarimento da parte dei soci – entro i limiti di cui sopra – non sia fornita risposta, o venga fornita risposta generica, permane l’interesse ad agire del socio ai fini dell’impugnativa della delibera assembleare.
Il diritto all’informazione dei soci non comporta tuttavia il diritto di consultare elaborati tecnici, scritture contabili e altra documentazione giustificativa delle risultanze di bilancio; pur riconoscendosi, infatti, al socio il diritto di avere informazioni aggiuntive al mero contenuto del bilancio nel corso dell’assemblea, al socio non è concesso il diritto di entrare in possesso di documenti contabili interni all’azienda che hanno permesso la stesura stessa del bilancio. In altri termini, il diritto del socio all’informativa sul bilancio non può spingersi fino al riconoscimento al socio stesso di un diritto alla ispezione della documentazione contabile.
Peraltro, le integrazioni informative fornite ai soci nel corso dell’assemblea, se possono comportare il venire meno dell’interesse ad agire di tali soggetti ai fini di una eventuale impugnativa della delibera di approvazione del bilancio, non incidono sulla legittimazione ad impugnare il bilancio dei terzi.
In sede di approvazione si ritiene possibile che l’assemblea dia delle indicazioni agli amministratori o proceda direttamente a una modifica del progetto di bilancio; in tal caso tuttavia il documento dovrà essere rinviato al CdA per la correzione.
Ai sensi dell’art. 2364, comma 2, c.c., l’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo Statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, salvo l’eventuale maggior termine, comunque non superiore a 180 giorni, previsto nello statuto, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società; in questi ultimi casi, gli amministratori devono segnalare, nella relazione sulla gestione prevista dall’art. 2428 c.c., ovvero nella nota integrativa in caso di predisposizione del bilancio in forma abbreviata, le ragioni della dilazione.
Le esigenze riconducibili alla struttura della società sono considerate, dalla dottrina prevalente, alternative rispetto a quelle connesse all’oggetto; esse si riferiscono alle difficoltà che investono le diverse aree funzionali in cui si articola l’impresa, e in particolare l’area amministrativa. Si tratta, in sostanza, dei casi in cui la società sia strutturalmente articolata – in quanto ad es. operante con diverse sedi in Italia e/o all’estero, dotate di autonomia gestionale, amministrativa e contabile – o in cui i sistemi informativi siano stati modificati, con conseguente difficoltà nella raccolta ed elaborazione dei dati necessari per la predisposizione del bilancio.
Per quanto concerne l’oggetto, inteso come l’attività concretamente esercitata dalla società, rilevano ad es. i casi di società che, ancorché non tenute alla redazione del bilancio consolidato, debbano esaminare i risultati delle partecipate per valutare correttamente le partecipazioni iscritte in bilancio, o in cui vi è la necessità di disporre (per le imprese edili), l’approvazione degli stati di avanzamento lavori da parte del committente, o vi siano cantieri in paesi esteri, con conseguenti difficoltà di reperire i dati e valutare gli importi eventualmente espressi in valuta diversa dall’Euro, etc.
L’inosservanza del termine per la convocazione dell’assemblea di cui all’’art. 2364 c.c. non comporta l’illegittimità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio; tale termine non è infatti né perentorio, né dilatorio, ma ha una funzione meramente acceleratoria, in quanto fissa un limite alla situazione di incertezza relativa alla determinazione del bilancio di ciascun esercizio di riferimento. Ciò si giustifica per la necessità di evitare il pregiudizio che discenderebbe ai soci e ai terzi nel caso in cui restasse definitivamente precluso all’assemblea il potere di esaminare e approvare il bilancio una volta decorso infruttuosamente tale termine.
Tuttavia, il mancato rispetto del termine di convocazione dell’assemblea di approvazione del bilancio costituisce un’irregolarità che può dare origine a responsabilità degli amministratori ai sensi dell’art. 2392 c.c., qualora ne derivasse un danno al patrimonio sociale.
4. L’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio
La delibera di approvazione del bilancio è l’atto sul quale influiscono le irregolarità del procedimento che essa conclude; qualora essa che violi le regole di redazione previste dal Codice civile può essere oggetto di azione di nullità (previste all’art. 2379 c.c.) e di annullamento (previste all’art. 2377 c.c.).
In effetti, le società di capitali italiane, e in particolare le S.r.l., sono caratterizzate da una compagine sociale per lo più ristretta, consistente di pochi soci, spesso legati tra loro da vincoli familiari; i conflitti fra soci sono frequenti nella prassi e trovano appunto spesso espressione nell’impugnazione delle delibere assembleari di approvazione del bilancio, da parte del socio di minoranza.
In proposito, occorre evidenziare che nelle S.r.l. qualunque socio (purché assente o dissenziente) è legittimato ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio, indipendentemente dalla quota di capitale detenuta nelle società°; nelle S.p.a., invece, sono legittimati all’impugnativa i soci che detengono almeno il 5% del capitale sociale (l’1 per mille nel caso di società quotate).
Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, sussiste l’interesse ad agire del socio, ai sensi dell’art. 100 C.p.c., per l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio ogni qualvolta questi assuma una non chiara, corretta e veritiera redazione del documento contabile, indipendentemente dal ricorrere di una aspettativa di un più favorevole risultato economico dell’esercizio cui il bilancio si riferisce. L’interesse ad agire sussiste, quindi, anche qualora la società abbia perduto il proprio capitale e il valore economico delle singole partecipazioni sia azzerato; ciò in quanto, anche in presenza di una causa di scioglimento, la partecipazione sociale, seppur azzerata, costituisce ugualmente un asset patrimoniale del socio, al quale non può essere negato il diritto di essere posto a conoscenza dei fatti che nel corso dell’esercizio hanno inciso sul patrimonio e sull’andamento economico della società.
Coloro che non raggiungono la partecipazione minima prescritta o non sono comunque legittimati all’impugnativa, possono in ogni caso chiedere il risarcimento del danno loro arrecato dalla delibera contraria a norme di legge, sempre che la violazione delle norme legali o statutarie relative alla delibera di bilancio abbia determinato una perdita patrimoniale oppure un mancato guadagno per il socio, cioè un effetto patrimoniale immediato su quest’ultimo. Peraltro, la difficoltà di dimostrare il danno e la necessità che il danno si verifichi nei ristretti tempi concessi per l’impugnazione, fanno di questo mezzo uno strumento concretamente poco accessibile
Come già esposto più diffusamente in un altro contributo a proposito dell’impugnazione delle delibere assembleari, in base al principio della stabilità delle deliberazioni assembleari, in linea generale le delibere sono annullabili (art. 2377 c.c.), mentre sono nulle, ai sensi dell’art. 2379 c.c., solo le delibere adottate in contrasto con le norme dettate a tutela dell’interesse generale, che trascende quindi da quello particolare dei singoli soci.
Per i vizi che comportano l’annullamento, la delibera di approvazione del bilancio può essere impugnata entro il termine di 90 giorni dalla data della delibera stessa (art. 2377, comma 6 c.c.), mentre per i vizi che comportano la nullità della delibera di approvazione del bilancio, il termine per l’impugnazione è molto più lungo: 3 anni dalla data dell’iscrizione o deposito della delibera nel Registro delle imprese (art. 2379 comma 1 c.c.).
Come per le delibere assembleari in generale, i vizi attinenti al bilancio – tali da dare luogo ad una possibile impugnativa – possono riguardare:
- le regole relative al procedimento di formazione del bilancio (v. par. 4.1), ovvero l’omesso deposito della documentazione presso la sede sociale, le irregolarità nel controllo e, in genere, tutti i vizi inerenti alle diverse fasi del procedimento di approvazione del bilancio;
- le regole relative alla redazione del bilancio, cioè il contenuto del bilancio (v. par. 4.2).
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, i vizi e le irregolarità che riguardano il procedimento di formazione del bilancio danno luogo all’annullamento della delibera di approvazione, mentre solo le irregolarità del contenuto del bilancio – che pregiudichino, in maniera rilevante, la chiarezza e la rappresentazione veritiera e corretta – danno luogo alla nullità della deliberazione.
La legge, peraltro, prevede una serie di meccanismi di sanatoria del bilancio, nell’ottica di favorire la stabilità dello stesso. Infatti:
- ai sensi dell’art. 2377 comma 8 c.c. (norma che trova applicazione anche per le S.r.l., in virtù del richiamo espresso operato dall’art. 2479-ter comma 4 c.c.), la società può evitare la declaratoria di annullamento/nullità, sostituendo la delibera viziata con altra non viziata;
- ai sensi dell’art. 2434-bis comma 1 c.c. (norma che trova anch’essa applicazione alle le S.r.l., in virtù del richiamo espresso operato dall’art. 2479-ter comma 4 c.c.), non può essere impugnata la delibera di approvazione di un bilancio dopo che è stato approvato il bilancio dell’anno successivo. Tuttavia, se il bilancio viene impugnato prima dell’approvazione del secondo bilancio, il Giudice può trattare detta impugnazione anche se nel frattempo viene approvato un nuovo bilancio.
4.1. I vizi del procedimento di approvazione del bilancio
Ai c.d. vizi procedimentali del bilancio si applica l’art. 2377 c.c., secondo cui sono annullabili le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto.
I vizi procedimentali sono dunque sanzionati con la meno grave delle invalidità, ovvero l’annullabilità, in quanto non può considerarsi di rilievo generale l’interesse tutelato dalle norme sull’iter di formazione del bilancio, che sono volte a garantire al socio un’adeguata informazione preventiva.
In caso di vizi procedimentali, dunque, la delibera di approvazione del bilancio può essere impugnata entro il termine di 90 giorni dalla data della delibera stessa (art. 2377, comma 6 c.c.).
Qualora tuttavia tali vizi abbiano concorso a causare l’illegalità del contenuto del bilancio stesso, allora la delibera di approvazione del bilancio è nulla per illiceità dell’oggetto, come si vedrà nel par. seguente, con conseguente applicazione del termine triennale per l’impugnazione.
Sono ritenute cause di annullamento della delibera le violazioni delle disposizioni statutarie o legali che regolano:
- la relazione sulla gestione predisposta dagli amministratori ai sensi dell’art. 2428 c.c., tranne il caso in cui la carenza dell’informazione della relazione di gestione risulti tale da rendere non chiaramente intellegibile o addirittura da falsare il bilancio, come nell’ipotesi di carenza delle informazioni finanziarie (nel qual caso la delibera di approvazione è nulla);
- il tardivo o omesso deposito del bilancio nella sede sociale nei 15 giorni precedenti l’assemblea (v. par. 3.3.);
- il procedimento di convocazione dell’assemblea ordinaria dei soci per l’approvazione del bilancio;
- l’espressione del voto;
- la verbalizzazione.
I vizi degli atti intermedi prodromici alla formazione di bilancio consistono in:
- vizi relativi alla redazione del progetto di bilancio, qualora la redazione avvenga da parte di uno o più consiglieri invece che dell’intero CdA (come prevede l’art. 2324 c.c.), quando la redazione venga realizzata da terzi, dipendenti o estranei alla società, ovvero quando sia effettuata su delega illegittima del CdA o di uno o più consiglieri;
- vizi relativi all’approvazione del progetto di bilancio, qualora l’approvazione avvenga da parte della maggioranza dei consiglieri ma senza tener conto delle richieste di informazione e dei rilievi della minoranza, ovvero senza che il CdA abbia preventivamente concordato con il collegio sindacale i criteri di iscrizione in bilancio dei costi di impianto e di ampliamento, dei costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennali, ovvero senza che il CdA abbia ricevuto dal collegio sindacale il consenso all’iscrizione all’attivo dell’avviamento acquisito a titolo oneroso.
Per ciò che attiene invece ai vizi relativi all’esame ed alla discussione del progetto di bilancio, è considerata annullabile dalla giurisprudenza la deliberazione assunta al termine di un’assemblea nel corso della quale sia stato impedito, ad un socio legittimato all’intervento, il libero esercizio della facoltà di discutere sugli argomenti all’ordine del giorno e di esprimere il suo voto.
Per quanto concerne i vizi attinenti alla convocazione dell’assemblea, la giurisprudenza prevalente ritiene che l’iter legale, necessario alla formazione di una delibera assembleare, ha inizio non con la costituzione dell’organo gestorio che delibera la convocazione dell’assemblea, bensì con la pubblicazione dell’avviso di convocazione, momento dal quale si esaurisce il potere degli amministratori. Il provvedimento dell’organo consiliare non regolarmente costituito determina infatti una situazione analoga a quella che si avrebbe nell’ipotesi di atto compiuto dal rappresentante senza potere, da cui consegue la non riferibilità dell’atto alla società.
È regolare solo la convocazione proveniente dall’organo gestorio collegialmente inteso; qualora la convocazione provenga da un componente dell’organo (amministrativo o di controllo) in carica, l’irregolarità della convocazione costituisce motivo di annullabilità della delibera, mentre se la convocazione proviene da un soggetto non investito nemmeno in parte del relativo potere (ad es. un componente dell’organo sociale cessato dalla carica), si ha una mancata convocazione, con conseguente nullità della delibera.
L’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere inoltre idoneo a consentire a coloro che abbiano diritto di intervento in assemblea di essere preventivamente avvertiti della data dell’assemblea. A tal proposito, è causa di annullabilità l’inosservanza del termine di 15 giorni tra la pubblicazione dell’avviso e la convocazione dell’assemblea, previsto dall’art. 2366 c.c.
Tra le formalità della convocazione vi è, oltre all’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo, anche quella dell’ordine del giorno, che può essere anche sintetica, purché sia chiara e non ambigua, in modo da non sorprendere la buona fede degli intervenuti.
Occorre tuttavia considerare che, ai sensi dell’art.2379-bis, comma 1, c.c., una delibera invalida per mancata convocazione non può essere impugnata da chi, anche successivamente, abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea; pertanto, consentendo anche tacitamente il regolare svolgimento dell’assemblea, ciascuno dei soci con diritto d’intervento perde la legittimazione a far valere la nullità. Affinché il socio possa essere ritenuto consenziente, decadendo quindi dal diritto di impugnare la delibera, occorre comunque che l’assenso allo svolgimento dell’assemblea sia espresso, non essendo sufficiente un assenso tacito o per fatti concludenti.
La disciplina dell’espressione del voto è contenuta negli artt. 2351 e ss. c.c. È annullabile la delibera priva del quorum minimo. E’ inoltre annullabile la delibera di approvazione del bilancio in cui la votazione non sia stata preceduta da una discussione aperta, in cui tutti i soci possano esprimere e difendere in contraddittorio il proprio punto di vista.
Il vizio attinente al voto può tuttavia venir in rilievo, quale causa di annullamento della deliberazione assembleare, solo quando sia superata la prova di resistenza stabilita dall’art. 2377, comma 5, n. 2, c.c., ossia quando il singolo voto invalido o l’errore di conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta; in caso contrario la delibera non è annullabile, in quanto gli interessi perseguiti dalla norma violata si sono già ugualmente realizzati.
Il verbale deve indicare la data dell’assemblea, l’identità dei partecipanti e la quota di capitale sociale rappresentata da ciascuno. Deve inoltre illustrare le modalità e il risultato delle votazioni, consentendo l’identificazione dei soci favorevoli, di quelli astenuti o dissenzienti, con inserimento riassuntivo delle dichiarazioni dei soci pertinenti all’ordine del giorno.
Occorre tuttavia considerare che, ai sensi dell’art. 2379-bis, comma 2, c.c., sia la materiale mancanza del verbale, sia il verbale carente dei dati minimi imposti dalla legge, sono sanati quando la verbalizzazione venga eseguita prima dell’assemblea successiva. In questo caso, gli effetti della deliberazione altrimenti invalida retroagiscono alla data di prima adozione, salvi i diritti dei terzi che in buona fede abbiano ignorato la deliberazione stessa.
4.2. I vizi di contenuto del bilancio
L’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio ai sensi dell’art. 2377 c.c. è prevista non solo per violazioni formali ma anche per vizi di legittimità sostanziale.
Come si è visto nell’articolo sull’impugnazione delle delibere assembleari, ai sensi dell’art.2379 c.c. una delibera assembleare è nulla qualora il suo oggetto sia impossibile o illecito. A tal proposito vengono in rilievo le prescrizioni dell’art. 2423 c.c., le quali sono dettate a tutela di un interesse generale, che trascende quello del singolo socio, e la cui violazione implica quindi la nullità della delibera.
Come si è accennato, l’art. 2423 c.c. stabilisce i principi generali di redazione del bilancio. L’invalidità della delibera di approvazione del bilancio presuppone che il vizio incida in modo non trascurabile sul bilancio, traducendosi in oscurità del medesimo e rendendo la realtà patrimoniale e finanziaria da rappresentare incomprensibile, compromettendo così la funzione informativa del bilancio di esercizio e creando, quindi, un effettivo pregiudizio per i soci e i terzi.
Di conseguenza, una deliberazione di approvazione di un bilancio non conforme ai principi di precisione, veridicità e chiarezza è nulla, ogni qualvolta l’inosservanza di tali principi sia idonea ad ingenerare una situazione di incertezza o, peggio ancora, a diffondere un erroneo convincimento circa la reale situazione economico-patrimoniale della società, con inevitabili ripercussioni per tutti coloro che intrattengono rapporti giuridici e commerciali con questa.
In questo senso, la giurisprudenza ritiene che sia nulla la delibera di approvazione del bilancio qualora questo sia viziato da una falsa rappresentazione delle poste attive e passive, in virtù del collegamento tra diritto generale all’informazione e principio di chiarezza.
Il bilancio ha infatti la funzione di fornire un’informazione chiara, completa e veritiera della situazione patrimoniale e finanziaria della società, nell’interesse dei soci, dei terzi e dell’economia in generale.
E’ quindi nulla la deliberazione assembleare di approvazione del bilancio non soltanto quando la violazione della normativa in materia determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio (o il dato destinato alla rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società) e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.
In particolare, il principio di chiarezza postula il rispetto di un’esposizione ordinata delle voci e impone la univocità e la comprensibilità delle denominazioni delle voci dei conti, ed è proteso alla intelligibilità delle strutture ed alla analiticità delle poste in misura adeguata alle esigenze di comprensione della composizione del patrimonio e dell’origine del risultato.
Si ritiene che il principio di chiarezza e precisione sia strumentale a quello di verità; di conseguenza si è esclusa la nullità della deliberazione di approvazione del bilancio ogni qual volta l’esigenza di verità risulti soddisfatta, malgrado l’inosservanza delle regole enunciate nel secondo comma dell’art. 2423 c.c. e la natura di norme imperative riconosciuta a queste ultime.
Tuttavia, il principio di chiarezza non è subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio, ma è dotato di autonoma valenza, dato che il bilancio ha la finalità di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati o che a quei risultati conducono. Di conseguenza, la violazione del principio di chiarezza, anche in relazione ad una sola posta viziata, inficia la validità dell’intero documento.
La chiarezza riguarda le modalità di redazione e l’intelligibilità del bilancio, ossia l’idoneità del bilancio ad essere compreso dai suoi destinatari di media cultura contabile. Affinché la deliberazione non incorra in illiceità, le informazioni devono essere fornite in modo da assicurare in modo sufficiente la comprensibilità di tutti i dati di bilancio.
A tal fine occorre pertanto esaminare le singole poste dello stato patrimoniale e del conto economico, alla luce delle informazioni, dei chiarimenti e delle specificazioni contenute nella relazione dell’organo amministrativo, valutando l’idoneità del bilancio nel suo complesso a fornire o meno ai soci ed ai terzi un’informazione chiara ed adeguata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società.
Importanti ai fini del rispetto del principio di chiarezza di bilancio sono le seguenti norme:
- l’ art. 2423-ter c.c., che, in tema di stato patrimoniale e del conto economico, prescrive le modalità da seguire nell’iscrizione delle poste in bilancio ed obbliga l’estensore a rispettare l’ordine di raggruppamento delle voci da inserire in tali documenti, che non possono rimanere distinte a meno che l’accorpamento delle voci precedute da numeri arabi sia irrilevante a causa del loro esiguo importo o comunque non pregiudichi la chiarezza del bilancio e della rappresentazione veritiera e corretta di quanto in esso riportato;
- l’art. 2423 terzo comma c.c., secondo cui devono essere fornite tutte le informazioni supplementari a quelle richieste dalle norme di legge, laddove queste ultime si rivelino insufficienti allo scopo.
Per ciò che riguarda il principio della correttezza, i criteri di valutazione adottati devono rappresentare la concretizzazione del principio posto dall’art. 2423-bis c.c., il quale elenca i criteri generali di redazione ed al quale gli amministratori debbono obbligatoriamente attenersi.
La legge non richiede che il bilancio sia vero, bensì che la situazione patrimoniale e finanziaria sia rappresentata in modo veritiero, ovvero che i cespiti patrimoniali siano valutati in buona fede e secondo criteri di ragionevolezza.
La prima condizione di veridicità del bilancio è la sua completezza; esso, dunque, deve registrare tutti i cespiti che compongono il patrimonio sociale, senza alcuna omissione di attività o passività reali e senza l’inserimento di attività o passività fittizie. In particolare, i valori stimati devono essere determinati applicando gli specifici criteri fissati dal legislatore per ciascun cespite o, nel caso in cui la legge gli attribuisca il potere discrezionale di scegliere tra diversi criteri, utilizzando quello ragionevolmente più coerente alla posta in esame.
In giurisprudenza, è stata ritenuta nulla la delibera di approvazione del bilancio ad es. nei seguenti casi, in cui si è ritenuto che i vizi fossero tali da alterare la rappresentazione chiara e veritiera della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società:
- violazione principio di continuità dei valori contabili senza adeguata motivazione nella nota integrativa: il mutamento di una stima posta alla base dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali da un bilancio all’altro deve essere sorretto da una giustificazione basata su nuove circostanze di fatto e non trovare fondamento nella volontà di perseguire politiche di bilancio;
- violazione principio di prudenza, per attribuzione di valori irragionevoli agli elementi di bilancio (nella specie, era stata valutata al costo una partecipazione iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie, nonostante che gli amministratori fossero a conoscenza di eventi negativi che avevano comportato il crollo del valore di mercato delle azioni della partecipata);
- sopravvalutazione della posta relativa ai crediti commerciali e loro mancata svalutazione, in presenza di crediti contestati ovvero di inesigibilità generica e probabile che avrebbero imposto l’iscrizione di un adeguato fondo svalutazione;
- indicazione della posta ratei e risconti attivi con valore identico a quello dell’esercizio precedente e con successiva notevole variazione senza alcuna giustificazione in nota integrativa;
- indicazione della posta di bilancio fatture da emettere non conforme ma superiore al risultato della relativa scheda contabile;
- mancata indicazione nella nota integrativa dei finanziamenti effettuati dai soci ripartiti per scadenze e con la separata indicazione di quelli con la clausola di postergazione rispetto agli altri creditori, in quanto pattiziamente postergati rispetto al soddisfacimento degli istituti bancari;
- mancata appostazione in bilancio di un adeguato fondo per sanzioni IVA dovute a tardivi versamenti di imposta in conformità ai principi contabili in tema di iscrizione di oneri probabili futuri e al principio di prudenza;
- approvazione di un bilancio riferito ad una annualità redatto secondo i criteri ordinari dettati dall’art. 2423 e ss c.c. in prospettiva di continuità aziendale nonostante in corso d’anno fosse stata disposta l’apertura della fase di liquidazione per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.
In base ai principi generali di ripartizione dell’onere della prova sancita di cui all’art. 2967 c.c., spetta all’attore provare la fondatezza delle censure sulle quali poggia l’azione di invalidità. Poiché la causa spesso è promossa proprio per mancanza o per imprecisione di informazioni contabili, è evidente che vi è un elevato rischio che l’impugnazione sia rigettata per mancanza di adeguata prova delle doglianze.
Sotto questo profilo, appare privilegiato il socio di S.r.l., il quale, in forza dei poteri riconosciutigli dall’art. 2476, comma 2, ha maggiore possibilità di controllo dei dati contabili, con conseguente maggiore facilità di individuare e provare vizi sostanziali del bilancio.
Date le difficoltà oggettivamente riscontrabili nei giudizi in questione, si ritiene che l’attore possa limitarsi a portare in giudizio argomenti logicamente convincenti, da cui sia possibile desumere l’esistenza del vizio, ad esempio attraverso il confronto con bilanci precedenti o con documenti amministrativi noti o esibiti su sua richiesta.
La giurisprudenza è però rigorosa nel non ammettere istanze probatorie di natura sostanzialmente esplorativa, volte ad ottenere, oltre all’ammissione di una consulenza tecnica, anche diversi provvedimenti di ispezione ed esibizione, la cui concessione comporterebbe un’inammissibile inversione dell’onere della prova.
4.3. Le conseguenze dell’invalidità della delibera di approvazione del bilancio
Ai sensi dell’art. 2377, settimo comma, c.c., gli effetti della sentenza che accoglie la domanda di invalidità della delibera di approvazione del bilancio – sia in caso di annullamento che di nullità – sono diversi a seconda che i destinatari siano i soci, i terzi estranei al rapporto sociale ovvero gli amministratori.
La pronuncia di annullamento ha effetto nei confronti di tutti i soci, anche se non abbiano partecipato al giudizio di impugnazione; così come le deliberazioni assunte nel rispetto delle regole legali e statutarie hanno efficacia vincolante per tutti i soci, parimenti la rimozione degli effetti prodotti da una deliberazione, di cui sia accertata l’invalidità, è produttiva di effetti rispetto a tutti i destinatari della deliberazione.
Per quanto riguarda i terzi, ovvero tutti quei soggetti che non sono parte dell’organizzazione oppure che non ne sono più parte (ex soci), sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione annullata. Pertanto, gli acquisti effettuati dai terzi i quali ignoravano l’esistenza dei vizi della delibera restano validi ed efficaci anche a seguito dell’annullamento della stessa.
Per quanto riguarda infine gli amministratori, essi per effetto dell’annullamento della delibera di approvazione del bilancio devono prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità.
In primo luogo, gli amministratori sono tenuti ad adempiere agli obblighi di informazione – nei confronti dei terzi e dei soci – con riferimento alla sentenza che abbia dichiarato la nullità di un bilancio della società, iscrivendo nel Registro delle imprese la sentenza che abbia dichiarato l’annullamento della delibera di approvazione del bilancio, a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza stessa (art. 2378, sesto comma, c.c.). Più in dettaglio, gli amministratori sono tenuti a chiedere l’iscrizione nel Registro delle imprese del dispositivo della sentenza di declaratoria di nullità del bilancio della società, e a dare comunicazione dell’avvenuto deposito di tale sentenza, nella nota integrativa del bilancio in corso di approvazione nel momento in cui gli amministratori hanno avuto conoscenza dell’avvenuto deposito della sentenza stessa.
Gli amministratori sono altresì tenuti – ma solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento del bilancio della società – a darvi esecuzione, predisponendo un bilancio che vada a sostituire il bilancio annullato. Ciò in quanto le sentenze di annullamento del bilancio, essendo di mero accertamento, non hanno efficacia esecutiva immediata, divenendo efficaci solo per effetto del passaggio in giudicato, dopo che siano decorsi i termini per l’impugnazione.
Qualora la delibera di approvazione del bilancio sia stata annullata per vizi di procedimento (v. par. 4.1) gli amministratori devono sottoporre all’assemblea lo stesso bilancio di esercizio che, non presentando vizi di contenuto, non necessita di alcuna correzione, ma solamente di un nuovo e corretto iter formativo. In tal caso, infatti, il bilancio resta lo stesso nel suo contenuto, ma viene tutelato il diritto del socio a votare consapevolmente e, se effettivamente quel bilancio era legittimo, verrà nuovamente ad assumere il suo valore organizzativo.
Qualora, invece, il vizio riguardi il contenuto del bilancio di esercizio (v. par. 4.2), l’organo amministrativo dovrà necessariamente correggere ed integrare il bilancio stesso e quelli successivi che di tale invalidità abbiano eventualmente risentito. In proposito, occorre evidenziare che a sentenza che annulla la delibera di approvazione del bilancio non può imporre l’adozione di determinate e specifiche misure o intervenire direttamente sulla delibera impugnata – non potendo, in particolare, indicare specifiche variazioni da apportare al bilancio – ma può solo indirizzare in negativo la futura attività che la società dovrà porre in essere in conseguenza della pronuncia dell’invalidità.
L’art. 2434-bis comma 3 c.c. stabilisce in proposito che il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata l’invalidità di un precedente bilancio, deve tenere conto delle ragioni che hanno determinato l’invalidità.
Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, gli amministratori della società, a fronte del passaggio in giudicato della sentenza contenente la declaratoria di nullità di un bilancio, devono non soltanto modificare il bilancio dichiarato nullo o annullato, ma anche quelli successivi, fino a quello relativo all’esercizio nel corso nel quale la pronunzia giudiziale interviene. Diversamente, infatti, verrebbe eluso il principio di continuità, che mira a conservare nei bilanci di un determinato arco temporale l’utilizzazione di criteri omogenei per la redazione degli stessi.
Ciò in quanto la funzione del bilancio non è meramente organizzativa, ma anche informativa, dovendo gli amministratori fornire al mercato un’informazione corretta e trasparente sull’evoluzione patrimoniale, economica e finanziaria della società. Pertanto, solo la ricostruzione della sequenza completa di bilanci corretti garantisce una completa ed efficiente attuazione della funzione informativa che la legge assegna al bilancio stesso, ovvero il diritto, dei soci e dei terzi, a conoscere la reale situazione patrimoniale della società.
I vizi relativi alla veridicità del bilancio si riverberano, infatti, necessariamente su tutti i bilanci successivi, o almeno su tutti i bilanci successivi fino a quello nel quale la rettifica viene effettuata o l’irregolarità viene meno: così, ad es., la falsa valutazione di un bene, nel bilancio di un esercizio, ne determina un vizio di veridicità, che permane anche nei bilanci successivi i quali tengano conto di tale falsa valutazione fino a quando non si proceda ad una rettifica dell’errore, e quindi ad una esatta valutazione del bene, o fino a quando, eventualmente, tale bene non venga dismesso. Ciò comporta anche che i risultati economici del bilancio in cui si è originato il vizio e quello in cui tale vizio è stato eliminato, devono essere rettificati per un importo pari alla maggior o minor valutazione del bene che ha determinato tale vizio. Anche un vizio attinente la chiarezza, pur non alterando il risultato di esercizio, può pregiudicare ugualmente la corretta rappresentazione della gestione sociale, dell’avviamento ed in genere delle potenzialità finanziarie ed economiche di una società, rendendo quindi necessario, anche in tale ipotesi correggere tutta la sequenza dei bilanci interessati.
La correzione del bilancio deve essere effettuata in riferimento ai valori vigenti alla data di adozione del bilancio invalidato, ovvero redigendo il bilancio nello stesso modo in cui sarebbe dovuto risultare nella versione originaria; qualora infatti si tenesse in considerazione i valori sopravvenuti, si avrebbe una rappresentazione falsata del bilancio. Solo riportando tutte le stime e i giudizi all’anno di riferimento, cioè alle notizie possedute − o possedibili − con riguardo alle poste da modificare a tale data, il bilancio può inserirsi correttamente nella sequenza cronologica dei bilanci della società. Nella relazione di accompagnamento si potranno tuttavia aggiungere commenti utili a fornire una lettura unitaria di tutti i bilanci, congiungendo idealmente il bilancio impugnato (riscritto) con quello redatto successivamente.
In ogni caso, poi, quale che sia il vizio riscontrato (sia esso di contenuto o di procedimento), occorrerà ripetere l’intero iter di approvazione del bilancio, sottoponendo all’approvazione dell’assemblea il nuovo bilancio corretto o, in caso di un vizio di procedimento, lo stesso documento, ma a seguito di un procedimento conforme a legge.
Nel caso in cui gli amministratori non provvedano a correggere il bilancio in seguito alla dichiarazione di invalidità dello stesso, gli stessi risulteranno responsabilità nei confronti dei soci.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in Diritto Societario
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