Il bilancio di esercizio delle società: funzione, contenuto, approvazione, impugnazione
ll bilancio d’esercizio è l’insieme dei documenti che le imprese devono redigere periodicamente, allo scopo di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico della gestione sociale. Il bilancio viene redatto dagli amministratori della società alla chiusura di ogni esercizio sociale e, a causa della molteplicità dei suoi destinatari, assolve una pluralità di funzioni, fra le quali rilievo preminente riveste quella informativa. Il bilancio d’esercizio acquista efficacia giuridica solo dopo un procedimento, che ha inizio con la redazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori entro 90 giorni dalla conclusione dell’esercizio sociale, e termina con la pubblicazione dello stesso presso il registro delle imprese. L’art. 2423 c.c. stabilisce i principi generali di redazione del bilancio, prevedendo che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, illustrando il risultato economico dell’esercizio. La violazione dei principii di chiarezza, veridicità e correttezza è causa di nullità della delibera con la quale la società abbia approvato il bilancio (art. 2379 c.c.). Le delibere con cui venga approvato un bilancio in violazione delle regole procedimentali sono invece annullabili (art. 2377 c.c.). Le delibere di approvazione del bilancio sono spesso impugnate dai soci di minoranza, nell’ambito del conflitto con i soci di maggioranza.
1. Funzione e contenuto del bilancio
Ai sensi dell’art. 2423 c.c., il bilancio d’esercizio è l’insieme dei documenti che le imprese devono redigere periodicamente, allo scopo di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico della gestione sociale.
Il bilancio viene redatto dagli amministratori della società alla chiusura di ogni esercizio sociale e, a causa della molteplicità dei suoi destinatari, assolve una pluralità di funzioni, fra le quali rilievo preminente riveste quella informativa.
I destinatari dell’informazione contenuta nel bilancio sono in primo luogo l’imprenditore ed i soci, ai quali si affiancano tutte le categorie di soggetti interessati ai risultati e all’andamento dell’attività d’impresa: creditori sociali, dipendenti, clienti e fornitori, organi statali di controllo, fisco, pubblica amministrazione, azionisti di maggioranza e di minoranza.
In sintesi quindi il bilancio ha una duplice funzione:
- nell’ottica dei soci, il bilancio serve ad avere una corretta rappresentazione della situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società, al fine di comprendere quali siano i risultati dell’esercizio (e se vi siano utili e la possibile distribuzione di un dividendo) e come pianificare la futura attività;
- nella prospettiva dei terzi, la correttezza dei bilanci è fondamentale allo scopo di valutare se contrarre-e a quali condizioni-con la società, alla luce della maggiore o minore affidabilità economica, finanziaria e patrimoniale della stessa.
Poiché le informazioni contenute nel bilancio sono destinate anche ai terzi, le norme che ne disciplinano la redazione sono finalizzate alla tutela di interessi generali ed hanno quindi natura imperativa. Il bilancio si pone infatti come fondamentale strumento di consultazione per soci e terzi che consente di valutare la convenienza a mantenere il legame con l’impresa.
Coerentemente a questa finalità, l’art. 2423 comma 3 c.c. prevede che il bilancio deve fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria della società, ammettendo la possibilità di introdurre tutte le informazioni complementari necessarie al fine anzidetto e delle deroghe alla disciplina legale, qualora l’applicazione di una norma fosse incompatibile con lo scopo.
Gli obblighi dei redattori del bilancio non si esauriscono quindi nell’esecuzione materiale di quanto disposto dalla legge, ma impongono un confronto tra i risultati di quest’ultima ed i principi generali, prescrivendo, inoltre, ove detti principi non siano soddisfatti, di fornire le necessarie informazioni complementari.
In quest’ottica, il bilancio costituisce prima di tutto l’auto-rendiconto dell’imprenditore, lo strumento oggettivo di accertamento dei risultati conseguiti che si concretizza nella determinazione dell’utile distribuibile e rappresenta un efficace strumento di controllo sulla gestione.
Il criterio dell’oggettività mira ad impedire che un elemento fondamentale dell’attività d’impresa, al contempo essenziale per l’intero equilibrio del diritto societario, venga redatto secondo criteri precari ed influenzato da esigenze gestionali dell’imprenditore. Ne è prova l’art. 2435 c.c., secondo cui entro i 30 giorni successivi all’approvazione gli amministratori sono tenuti a depositare una copia del bilancio presso il Registro delle imprese e menzionare l’avvenuto deposito nel Bollettino delle S.r.l. e S.p.A..
Ai sensi dell’art. 2423, comma 1, il bilancio d’esercizio è costituito da:
- lo Stato Patrimoniale, che individua la consistenza del patrimonio della società in un determinato momento e segnala distintamente i valori attribuiti ai beni che compongono la parte attiva del patrimonio e quelli che ne costituiscono parte passiva, vale a dire i debiti sociali;
- il Conto Economico, che indica il risultato economico di competenza dell’esercizio(utile o perdita), che corrisponde alla differenza tra ricavi e costi dell’attività produttiva e tra proventi ed oneri di natura finanziaria, misurando, in questo modo, l’incremento o il decremento che il capitale netto dell’impresa ha subito per effetto della gestione;
- la Nota Integrativa, che integra in modo analitico i dati dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, illustrando le decisioni prese dagli amministratori dell’impresa nel redigere il bilancio in modo tale da favorirne l’intelligibilità.
L’art. 2428 c.c. prevede inoltre che il bilancio deve essere completato da una relazione sulla gestione, redatta degli amministratori, sulla situazione e sull’andamento generale della società e nei vari settori in cui ha operato (anche attraverso imprese controllate), con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti.
La relazione descrive la situazione complessiva dell’impresa, contestualizzandone l’attività nello scenario economico, competitivo e ambientale in cui opera e valutando la compatibilità e la coerenza dei programmi di gestione con il contesto esterno; essa illustra inoltre l’andamento della redditività, gli aspetti finanziari e la loro influenza sulla formazione del risultato economico dell’impresa, con riferimento sia alle situazioni patrimoniali e finanziarie già determinatesi che alle previsioni circa l’evolversi della gestione.
È compito degli amministratori, infatti, delineare le prospettive di sviluppo dell’attività d’impresa, sulla base dei valori di bilancio ed attraverso piani e programmi di medio-lungo e breve periodo.
2. I criteri di redazione del bilancio
L’art. 2423 c.c. stabilisce i principi generali di redazione del bilancio – ponendosi come clausola generale sovraordinata rispetto alla restante disciplina del bilancio d’esercizio, contenuta nel codice civile – prevedendo che il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, illustrando al contempo il risultato economico dell’esercizio.
La violazione dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza, come si vedrà meglio in seguito al par. 5, è causa di nullità della deliberazione con la quale la società abbia approvato il bilancio (art. 2379 c.c.).
Il principio di chiarezza implica che le voci dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, descritte in modo analitico agli artt. 2424 e 2425, devono essere indicate separatamente e nell’ordine prescritto, benché sia possibile, nel caso in cui ciò favorisca la chiarezza del bilancio, operare ulteriori suddivisioni o raggruppamenti, riservando alla Nota Integrativa il compito di sviluppare la descrizione delle singole voci.
I criteri della correttezza e della veridicità sono soddisfatti nel momento in cui i valori contabili attribuiti ai beni compresi nelle diverse poste siano determinati in modo da esprimere un quadro fedele della situazione e da non alterare la misura degli utili conseguiti e delle perdite sofferte.
A tale criterio è strettamente legato il cosiddetto principio di prevalenza della sostanza sulla forma, che discende direttamente dalla clausola della rappresentazione veritiera e corretta del bilancio.
L’art. 2423-bis c.c. enuncia i principi generali di redazione del bilancio, riferiti sia allo Stato Patrimoniale che al Conto Economico, ovvero:
- il principio di prudenza nella valutazione;
- il principio di continuità;
- il principio di competenza.
Quando una voce appare suscettibile di valutazioni diverse, il primo di tali principi impone, se si tratta di voci dell’attivo, di iscriverle per la valutazione più bassa o, se si tratta di voci del passivo, per la valutazione più alta.
La valutazione prudenziale deve, inoltre, tener conto della “prospettiva della continuazione dell’attività”, si devono cioè rappresentare i fattori negativi cui le poste del bilancio sono esposte per il fatto di essere destinate non all’immediato realizzo, ma allo svolgimento dell’attività imprenditoriale che forma oggetto della società.
Si deve anche tener conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato; se una posta è suscettibile di diverse qualificazioni giuridiche, deve essere preferita quella che mette in più chiara evidenza la sua funzione economica.
Quanto infine al principio della competenza, il bilancio deve rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria ed il risultato economico della società, così come emergono alla data di chiusura del bilancio, e ciò benché il bilancio venga redatto in un momento successivo, quando le poste di bilancio possono avere subito variazioni, tant’è che non può tenersi conto degli utili realizzati dopo la data di chiusura dell’esercizio cui attiene il bilancio.
3. Il procedimento di formazione del bilancio di esercizio
Il bilancio d’esercizio acquista efficacia giuridica solo dopo un procedimento, cioè una serie complessa e concatenata di atti, ognuno dei quali è conseguenza di quello che lo precede e presupposto di quello che segue.
La procedura ha inizio con la redazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori entro 90 giorni dalla conclusione dell’esercizio sociale, e termina con la pubblicazione dello stesso presso il registro delle imprese; l’intervento dei diversi operatori viene coordinato sulla base di modalità e termini rigorosi imposti dalla legge.
Le fasi specifiche dell’approvazione sono:
- redazione ed approvazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori;
- controllo di detto progetto e stesura della relativa relazione da parte del collegio sindacale;
- deposito del progetto e dei relativi allegati nella sede sociale 15 giorni prima dell’assemblea;
- esame da parte dell’assemblea dei soci;
- approvazione (o non approvazione) del bilancio.
La redazione del bilancio è posta congiuntamente a carico di tutti gli amministratori collegialmente, sulla base al principio maggioritario. Tale compito non è delegabile, posto che, ai sensi dell’art. 2381 c.c., il potere-dovere di redigere il bilancio non è delegabile dal CdA ad un comitato esecutivo, ad uno o più consiglieri o a terzi, rappresentando simile determinazione una condotta sanzionata con la revoca ovvero con l’adozione di un provvedimento giudiziale ai sensi dell’art. 2409 c.c.
La non delegabilità della redazione del bilancio non implica che tutti gli amministratori debbano procedere alla materiale stesura dei documenti contabili – tant’è che nella prassi i documenti sono redatti da collaboratori o professionisti esterni – quanto piuttosto che al CdA compete una deliberazione collegiale sul bilancio, in modo da far proprio un progetto solitamente già impostato da soggetti ed amministratori particolarmente qualificati.
Ogni amministratore deve essere adeguatamente informato sui dati espressi in bilancio. In questo senso, l’art. 2381 c.c. obbliga gli amministratori ad agire in modo informato ed impone al Presidente del CdA di fornire agli amministratori, a richiesta dei medesimi, adeguate informazioni in sede di valutazione.
Stante il carattere collegiale dell’organo, operante in base al principio maggioritario, nel caso in cui il singolo amministratore esprima dissenso questi potrà o, laddove ciò sia statutariamente previsto, dovrà presentare un’autonoma relazione di minoranza durante la discussione in assemblea.
L’art. 2429 c.c. prevede che, ultimata la redazione del progetto di bilancio e la relazione sulla gestione, gli amministratori devono trasmettere la relativa documentazione al Collegio sindacale, almeno 30 giorni prima di quello fissato per l’assemblea di approvazione, in modo che l’organo di controllo possa esaminarla e redigere la propria relazione.
La presentazione della relazione dei sindaci, in virtù delle funzioni che assolve, rappresenta un momento fondamentale della formazione del bilancio, in quanto finalizzata a garantire il diritto dei soci ad una informazione preventiva ed oggettiva sul bilancio che sono chiamati ad approvare.
Il Collegio sindacale ha il compito di verificare la correttezza del bilancio sotto il profilo della conformità alle norme di legge, alle scritture contabili (che a loro volta devono essere conformi alla documentazione dei fatti di gestione) e della sua rispondenza alle risultanze degli accertamenti effettuati, tanto in sede di verifica, quanto nel corso dell’esercizio sociale.
Il risultato delle verifiche viene riassunto nella relazione del Collegio sindacale, sottoposta all’attenzione dell’assemblea al fine di permettere ai soci di valutare la veridicità del progetto di bilancio redatto dagli amministratori e giudicare l’operato di questi ultimi.
Il progetto di bilancio, unitamente alle relazioni degli amministratori e dei sindaci, deve essere messo a disposizione dei soci mediante deposito presso la sede legale della società almeno 15 giorni prima dell’assemblea, in modo da rendere nota ai soci la situazione patrimoniale della società prima dell’assemblea. Il computo a ritroso del termine per verificare la tempestività del deposito, peraltro, deve partire, non dalla data originariamente fissata per la convocazione dell’assemblea, bensì da quella in cui si è effettivamente tenuta la riunione.
Anche in seguito al deposito è possibile modificare il progetto di bilancio, purché il giorno fissato per l’assemblea venga posticipato in modo tale da garantire l’intervallo legale di 15 giorni antecedenti la riunione, in modo da consentire ai soci di valutare adeguatamente la documentazione finale.
Prima dell’assemblea i soci hanno il diritto di prendere visione:
- del bilancio;
- della relazione sulla gestione;
- della relazione del collegio sindacale;
- delle copie integrali dell’ultimo bilancio delle società controllate e del prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate.
I soci hanno inoltre diritto di ottenere tutte le informazioni per migliorare l’intelligibilità dei dati del bilancio e a comprendere i criteri di valutazione utilizzati dagli amministratori, le motivazioni e le giustificazioni di essi, in modo da consentire un cosciente esercizio del diritto di voto in ordine all’approvazione o meno della bozza.
È controverso invece se i soci abbiano il diritto di estrarre copia dei documenti inerenti il bilancio, in quanto è opinione condivisa che l’esercizio incondizionato da parte dei soci del diritto di ottenere copia dei documenti depositati si scontri con imprescindibili interessi sociali, quali anzitutto quello di mantenere la necessaria riservatezza intorno a dati non necessariamente destinati ad essere inseriti nel testo da approvare.
L’adempimento dell’obbligo di deposito esaurisce il dovere di pubblicità e di informazione degli amministratori; il mancato esercizio, da parte dei soci, del diritto di prendere visione dei documenti depositati non fa sorgere ulteriori doveri a carico del C.d.A. o del presidente dell’assemblea, che conseguentemente non sono tenuti a dare lettura in assemblea di atti e relazioni.
Come si dirà meglio in seguito, il mancato rispetto del diritto del socio di prendere visione del bilancio ai sensi dell’art. 2429, comma 3, c.c. costituisce causa di annullabilità della delibera di approvazione, come si vedrà al par. 4.
L’approvazione del bilancio rientra nelle competenze dell’assemblea dei soci di S.p.A, (art. 2364 c.c.). Similmente, nella S.r.l., l’art. 2479, comma 2, c.c. stabilisce che sono riservate alla competenza dei soci, fra le diverse materie, anche l’approvazione del bilancio.
L’approvazione è una dichiarazione di volontà che si inserisce nel procedimento di formazione del bilancio ed ha lo scopo di trasformare il progetto già redatto e depositato in bilancio della società. Si tratta quindi dell’atto conclusivo del procedimento, necessario affinché il documento di bilancio acquisisca efficacia verso l’esterno, diventando atto imputabile alla società.
In sede di approvazione si ritiene possibile che l’assemblea dia delle indicazioni agli amministratori o proceda direttamente a una modifica del progetto di bilancio; in tal caso tuttavia il documento dovrà essere rinviato al CdA per la correzione.
Ai sensi dell’art. 2364, comma 2, c.c., l’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo Statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, salvo l’eventuale maggior termine, comunque non superiore a 180 giorni, previsto nello statuto, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società; in questi ultimi casi, gli amministratori devono segnalare, nella relazione prevista dall’art. 2428 c.c., le ragioni della dilazione.
4. I vizi del procedimento di approvazione del bilancio
La delibera di approvazione del bilancio è l’atto sul quale influiscono le irregolarità del procedimento che essa conclude; qualora essa che violi le regole di redazione previste dal Codice civile può essere oggetto di azione di nullità (previste all’art. 2379 c.c.) e di annullamento (previste all’art. 2377 c.c.).
In effetti, le società di capitali italiane, e in particolare le S.r.l., sono caratterizzate da una compagine sociale per lo più ristretta, consistente di pochi soci, spesso legati tra loro da vincoli familiari; i conflitti fra soci sono frequenti nella prassi e trovano appunto spesso espressione nell’impugnazione delle delibere assembleari di approvazione del bilancio, da parte del socio di minoranza.
In proposito, occorre evidenziare che nelle S.r.l. qualunque socio (purché assente o dissenziente) è legittimato ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio, indipendentemente dalla quota di capitale detenuta nelle società°; nelle S.p.a., invece, sono legittimati all’impugnativa i soci che detengono almeno il 5% del capitale sociale (l’1 per mille nel caso di società quotate).
- violazione delle regole procedurali per la formazione del bilancio;
- violazione delle regole di redazione del bilancio (vizi di contenuto del bilancio);
In questo contributo ci occuperemo specificamente dell’impugnazione delle delibere di approvazione del bilancio per motivi attinenti alla violazioni di tali regole, sul bilancio, rimandando ad un altro contributo per gli altri motivi generali di impugnazione delle delibere assembleari.
Ai c.d. vizi procedimentali del bilancio si applica l’art. 2377 c.c., secondo cui sono annullabili le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto.
I vizi procedimentali sono dunque sanzionati con la meno grave delle invalidità, ovvero l’annullabilità, in quanto non può considerarsi di rilievo generale l’interesse tutelato dalle norme sull’iter di formazione del bilancio, che sono volte a garantire al socio un’adeguata informazione preventiva.
In tal caso (cioè per vizi che comportano l’annullamento), la delibera di approvazione del bilancio può essere impugnata entro il termine di 90 giorni dalla data della delibera stessa (art. 2377, comma 6 c.c.).
Qualora tuttavia tali vizi abbiano concorso a causare l’illegalità del contenuto del bilancio stesso, allora la delibera di approvazione del bilancio è nulla per illiceità dell’oggetto, come si vedrà nel par.seguente. In caso di vizi che comportano la nullità della delibera di approvazione del bilancio, il termine per l’impugnazione è molto più lungo: 3 anni dalla data dell’iscrizione o deposito della delibera nel Registro delle imprese (art. 2379 comma 1 c.c.).
In ogni caso, ai sensi dell’art. 2377 comma 8 c.c. (norma che trova applicazione anche per le S.r.l., in virtù del richiamo espresso operato dall’art. 2479-ter comma 4 c.c.), la società può evitare la declaratoria di annullamento/nullità sostituendo la delibera viziata con altra non viziata.
Inoltre, ai sensi dell’art. 2434-bis comma 1 c.c. (norma che trova anch’essa applicazione alle S.r.l. in virtù del richiamo espresso operato dall’art. 2479-ter comma 4 c.c.), non può essere impugnata la delibera di approvazione di un bilancio dopo che è stato approvato il bilancio dell’anno successivo.
Sono ritenute cause di annullamento della delibera le violazioni delle disposizioni statutarie o legali che regolano:
- gli atti intermedi prodromici alla formazione del bilancio;
- il tardivo o omesso deposito del bilancio nella sede sociale nei 15 giorni precedenti l’assemblea;
- il procedimento di convocazione dell’assemblea ordinaria dei soci per l’approvazione del bilancio;
- l’espressione del voto;
- la verbalizzazione.
I vizi degli atti intermedi prodromici alla formazione di bilancio consistono in:
- vizi relativi alla redazione del progetto di bilancio, qualora la redazione avvenga da parte di uno o più consiglieri invece che dell’intero CdA (come prevede l’art. 2324 c.c.), quando la redazione venga realizzata da terzi, dipendenti o estranei alla società, ovvero quando sia effettuata su delega illegittima del CdA o di uno o più consiglieri;
- vizi relativi all’approvazione del progetto di bilancio, qualora l’approvazione avvenga da parte della maggioranza dei consiglieri ma senza tener conto delle richieste di informazione e dei rilievi della minoranza, ovvero senza che il CdA abbia preventivamente concordato con il collegio sindacale i criteri di iscrizione in bilancio dei costi di impianto e di ampliamento, dei costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennali, ovvero senza che il CdA abbia ricevuto dal collegio sindacale il consenso all’iscrizione all’attivo dell’avviamento acquisito a titolo oneroso.
Per ciò che attiene invece ai vizi relativi all’esame ed alla discussione del progetto di bilancio, è considerata annullabile dalla giurisprudenza la deliberazione assunta al termine di un’assemblea nel corso della quale sia stato impedito, ad un socio legittimato all’intervento, il libero esercizio della facoltà di discutere sugli argomenti all’ordine del giorno e di esprimere il suo voto.
Per quanto concerne i vizi attinenti alla convocazione dell’assemblea, la giurisprudenza prevalente ritiene che l’iter legale, necessario alla formazione di una delibera assembleare, ha inizio non con la costituzione dell’organo gestorio che delibera la convocazione dell’assemblea, bensì con la pubblicazione dell’avviso di convocazione, momento dal quale si esaurisce il potere degli amministratori. Il provvedimento dell’organo consiliare non regolarmente costituito determina infatti una situazione analoga a quella che si avrebbe nell’ipotesi di atto compiuto dal rappresentante senza potere, da cui consegue la non riferibilità dell’atto alla società.
È causa di annullabilità l’inosservanza del termine di 15 giorni tra la pubblicazione dell’avviso e la convocazione dell’assemblea, previsto dall’art. 2366 c.c. .
Tra le formalità della convocazione vi è, oltre all’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo, anche quella dell’ordine del giorno, che può essere anche sintetica, purché sia chiara e non ambigua, in modo da non sorprendere la buona fede degli intervenuti. La disciplina dell’espressione del voto, è contenuta negli artt. 2351 e ss. c.c. È annullabile la delibera priva del quorum minimo. E’ inoltre annullabile la delibera di approvazione del bilancio in cui la votazione non sia stata preceduta da una discussione aperta, in cui tutti i soci possano esprimere e difendere in contraddittorio il proprio punto di vista.
Il vizio attinente al voto può tuttavia venir in rilievo, quale causa di annullamento della deliberazione assembleare, solo quando sia superata la prova di resistenza stabilita dall’art. 2377, comma 5, n. 2, c.c., ossia quando il singolo voto invalido o l’errore di conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta; in caso contrario la delibera non è annullabile, in quanto gli interessi perseguiti dalla norma violata si sono già ugualmente realizzati.
Il verbale deve indicare la data dell’assemblea, l’identità dei partecipanti e la quota di capitale sociale rappresentata da ciascuno. Deve inoltre illustrare le modalità e il risultato delle votazioni, consentendo l’identificazione dei soci favorevoli, di quelli astenuti o dissenzienti, con inserimento riassuntivo delle dichiarazioni dei soci pertinenti all’ordine del giorno.
5. I vizi di contenuto del bilancio
L’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio ai sensi dell’art. 2377 c.c. è prevista non solo per violazioni formali ma anche per vizi di legittimità sostanziale.
Come si è visto nell’articolo sull’impugnazione delle delibere assembleari, ai sensi dell’art.2379 c.c. una delibera assembleare è nulla qualora il suo oggetto sia impossibile o illecito. A tal proposito vengono in rilievo le prescrizioni dell’art. 2423 c.c., le quali sono dettate a tutela di un interesse generale, trascendente quello del singolo Socio.
Come si è accennato, l’art. 2423 c.c. stabilisce i principi generali di redazione del bilancio. L’invalidità della delibera di approvazione del bilancio presuppone che il vizio incida in modo non trascurabile sul bilancio, traducendosi in oscurità del medesimo e rendendo la realtà patrimoniale e finanziaria da rappresentare incomprensibile.
Di conseguenza, una deliberazione di approvazione di un bilancio non conforme ai principi di precisione, veridicità e chiarezza è nulla, ogni qualvolta l’inosservanza di tali principi sia idonea ad ingenerare una situazione di incertezza o, peggio ancora, a diffondere un erroneo convincimento circa la reale situazione economico-patrimoniale della società, con inevitabili ripercussioni per tutti coloro che intrattengono rapporti giuridici e commerciali con questa.
In questo senso, la giurisprudenza ritiene che sia nulla la delibera di approvazione del bilancio qualora questo sia viziato da una falsa rappresentazione delle poste attive e passive, in virtù del collegamento tra diritto generale all’informazione e principio di chiarezza.
Si ritiene che il principio di chiarezza e precisione sia strumentale a quello di verità; di conseguenza si è esclusa la nullità della deliberazione di approvazione del bilancio ogni qual volta l’esigenza di verità risulti soddisfatta, malgrado l’inosservanza delle regole enunciate nel secondo comma dell’art. 2423 c.c. e la natura di norme imperative riconosciuta a queste ultime.
In particolare, la chiarezza riguarda le modalità di redazione e l’intelligibilità del bilancio, ossia l’idoneità del bilancio ad essere compreso dai suoi destinatari di media cultura contabile. Affinché la deliberazione non incorra in illiceità, le informazioni devono essere fornite in modo da assicurare in modo sufficiente la comprensibilità di tutti i dati di bilancio.
A tal fine occorre pertanto esaminare le singole poste dello stato patrimoniale e del conto economico, alla luce delle informazioni, dei chiarimenti e delle specificazioni contenute nella relazione dell’organo amministrativo, valutando l’idoneità del bilancio nel suo complesso a fornire o meno ai soci ed ai terzi un’informazione chiara ed adeguata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società.
Importanti ai fini del rispetto del principio di chiarezza di bilancio sono le seguenti norme:
- l’ art. 2423-ter c.c., che, in tema di stato patrimoniale e del conto economico, prescrive le modalità da seguire nell’iscrizione delle poste in bilancio ed obbliga l’estensore a rispettare l’ordine di raggruppamento delle voci da inserire in tali documenti, che non possono rimanere distinte a meno che l’accorpamento delle voci precedute da numeri arabi sia irrilevante a causa del loro esiguo importo o comunque non pregiudichi la chiarezza del bilancio e della rappresentazione veritiera e corretta di quanto in esso riportato;
- l’art. 2423 terzo comma c.c., secondo cui devono essere fornite tutte le informazioni supplementari a quelle richieste dalle norme di legge, laddove queste ultime si rivelino insufficienti allo scopo.
Per ciò che riguarda il principio della correttezza, i criteri di valutazione adottati devono rappresentare la concretizzazione del principio posto dall’articolo 2423-bis c.c., il quale elenca criteri generali di redazione ed al quale gli amministratori debbono obbligatoriamente attenersi.
Da evidenziare che il legislatore non richiede che il bilancio sia vero, bensì che la situazione patrimoniale e finanziaria sia rappresentata in modo veritiero, ovvero che i cespiti patrimoniali siano valutati in buona fede e secondo criteri di ragionevolezza.
La prima condizione di veridicità del bilancio è la sua completezza; esso dunque deve registrare tutti i cespiti che compongono il patrimonio sociale, senza alcuna omissione di attività o passività reali e senza l’inserimento di attività o passività fittizie. In particolare, i valori stimati devono essere determinati applicando gli specifici criteri fissati dal legislatore per ciascun cespite o, nel caso in cui la legge gli attribuisca il potere discrezionale di scegliere tra diversi criteri, utilizzando quello ragionevolmente più coerente alla posta in esame.
In base ai principi generali di ripartizione dell’onere della prova sancita di cui all’art. 2967 c.c., spetta all’attore provare la fondatezza delle censure sulle quali poggia l’azione di invalidità. Poiché la causa spesso è promossa proprio per mancanza o per imprecisione di informazioni contabili, è evidente che vi è un elevato rischio che l’impugnazione sia rigettata per mancanza di adeguata prova delle doglianze.
Sotto questo profilo, appare privilegiato il socio di S.r.l., il quale, in forza dei poteri riconosciutigli dall’art. 2476, comma 2, ha maggiore possibilità di controllo dei dati contabili, con conseguente maggiore facilità di individuare e provare vizi sostanziali del bilancio.
Date le difficoltà oggettivamente riscontrabili nei giudizi in questione, si ritiene che l’attore possa limitarsi a portare in giudizio argomenti logicamente convincenti, da cui sia possibile desumere l’esistenza del vizio, ad esempio attraverso il confronto con bilanci precedenti o con documenti amministrativi noti o esibiti su sua richiesta.
La giurisprudenza è però rigorosa nel non ammettere istanze probatorie di natura sostanzialmente esplorativa volte ad ottenere, oltre all’ammissione di una consulenza tecnica, anche diversi provvedimenti di ispezione ed esibizione la cui concessione comporterebbe un’inammissibile inversione dell’onere della prova.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in Diritto Societario
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