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La distribuzione selettiva dei prodotti e le vendite on line

La distribuzione selettiva dei prodotti e le vendite on line

25 Marzo 2022/in E-commerce, News

Lo strumento più utilizzato dalle aziende titolari di marchi prestigiosi, e non solo, per esercitare il controllo della rete distributiva e degli standard di qualità della rivendita dei prodotti è rappresentato dalla distribuzione selettiva, ovvero un sistema di commercializzazione attraverso cui i distributori ammessi alla rete si impegnano a promuovere la vendita dei beni oggetto del contratto e a venderli solo a consumatori finali facenti parte della rete. Le aziende, infatti, hanno interesse ad esercitare uno stretto controllo sulla distribuzione dei propri prodotti, in quanto il valore dei loro marchi deriva non solo dalle loro caratteristiche materiali, ma anche dallo stile e dall’immagine di prestigio e questo dona loro un’aura di lusso, ovvero l’elemento essenziale affinché i consumatori li distinguano da altri prodotti simili. Lo stile e l’immagine di prestigio dipendono tra l’altro anche dalle modalità di commercializzazione, dai servizi di pre e post-vendita, dall’allestimento, dalla localizzazione e dalla selezione dei punti vendita.

Indice

1. Cos’è la distribuzione selettiva e a cosa serve

Le aziende titolari di marchi prestigiosi hanno interesse a esercitare uno stretto controllo sulla distribuzione dei propri prodotti. Infatti, il valore dei loro marchi non deriva solo dalle loro caratteristiche materiali, ma anche dallo stile e dall’immagine di prestigio che conferisce loro un’aura di lusso che è un elemento essenziale affinché i consumatori li distinguano da altri prodotti simili.

Lo stile e l’immagine di prestigio dipendono tra l’altro anche dalle modalità di commercializzazione, dai servizi di pre e post-vendita, dall’allestimento, dalla localizzazione e dalla selezione dei punti vendita.

Lo strumento più utilizzato per esercitare il controllo della rete distributiva e degli standard di qualità della rivendita dei prodotti è la distribuzione selettiva.

La distribuzione selettiva è un sistema di commercializzazione in cui i distributori ammessi alla rete vengono scelti con una selezione operata sulla base di criteri qualitativi e/o quantitativi; i distributori si impegnano a promuovere la vendita dei beni oggetto del contratto e a venderli solo a consumatori finali o ad altri commercianti facenti parte della rete.  Si creano in tal modo network distributivi “chiusi”, ai quali possono accedere solo rivenditori selezionati che rispettano specifici criteri di rivendita.

Questa tecnica viene utilizzata di norma per la distribuzione di prodotti ad elevato contenuto tecnologico e di particolare qualità, rispetto ai quali è più forte l’esigenza di garantire, oltre alla vendita del prodotto, determinati servizi accessori di assistenza, sia prima che dopo la conclusione del contratto di vendita del prodotto, e il mantenimento dell’immagine che i marchi relativi a tali prodotti hanno sul mercato.

Il concedente fornisce i prodotti esclusivamente ad una serie di rivenditori, selezionati in base a determinati standard qualitativi o di competenza professionale, considerati indispensabili per la corretta commercializzazione dei beni. Il concedente forma, in questo modo, una rete “chiusa” di distribuzione, caratterizzata dal fatto che i prodotti sono forniti solo ad un numero ristretto di rivenditori, i quali sono obbligati a non vendere i prodotti o servizi a rivenditori non autorizzati.

Le esigenze che portano ad utilizzare questo particolare strumento, piuttosto che un ordinario contratto di distribuzione, generalmente sono date dalla necessità di vendere:

  • prodotti di particolare pregio o di lusso, per i quali è necessaria la commercializzazione tramite un punto vendita che garantisca il rispetto dell’immagine commerciale del concedente, alti standard di qualità delle strutture e dei servizi (show-room, assistenza nell’acquisto, offerta di gamma completa di prodotto, personale specializzato, etc.);
  • prodotti che richiedono un alto grado di formazione professionale ed esperienza in settori specifici (informatica, tecnologia, assistenza per autovetture) al fine di garantire la prestazione dei servizi di consulenza, garanzia e manutenzione post-vendita ai clienti.

2. Distribuzione selettiva e principi antitrust

La distribuzione selettiva è oggetto di regolamentazione in ambito antitrust, dati i suoi effetti di restrizione della concorrenza.

Come si è visto, la distribuzione selettiva è un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati, sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema.

Tale sistema di distribuzione, è generalmente vietato dall’art. 101 comma 1 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), il quale stabilisce che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno, ed in particolare quelli consistenti nel:

  • fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
  • limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
  • ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
  • applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
  • subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.

Ai sensi del Regolamento UE 330 del 2010, la distribuzione selettiva gode tuttavia dell’esenzione dal divieto di cui all’art. 101 del TFUE, a prescindere dalla natura del prodotto in questione e del criterio di selezione, sempre che la quota di mercato del fornitore e dell’acquirente non superi il 30%.

3. Distribuzione selettiva e commercio on line

Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento dell’utilizzo dei sistemi di distribuzione selettiva, in reazione alla crescente diffusione dell’e-commerce.

In tale contesto, Corte di Giustizia nel 2011 ha ritenuto che il produttore non possa vietare in assoluto al rivenditore autorizzato di utilizzare il canale online (Corte di Giustizia, 13 ottobre 2011, caso C-439/09 – Pierre Fabre Dermo-Cosmétique). Il produttore può richiedere ai propri distributori autorizzati soltanto il rispetto di determinati criteri qualitativi, che secondo la Commissione debbono essere “nel complesso equivalenti a quelli imposti presso un punto di vendita non virtuale, ovvero perseguire gli stessi obiettivi ed ottenere risultati comparabili, e la differenza tra i criteri deve essere giustificata dalla natura diversa dei due modi di distribuzione”.

Più recentemente si è dibattuto se sia lecito consentire ai rivenditori autorizzati di effettuare le vendite online attraverso il proprio sito internet che soddisfi i criteri qualitativi fissati dal produttore, contemporaneamente vietando l’utilizzo delle piattaforme dei terzi (c.d. marketplace). Sulla questione si è pronunciata la Corte di Giustizia nel 2017 (Corte di Giustizia, 6 dicembre 2017, causa C-230/16, Coty Germany GmbH v Parfümerie Akzente GmbH).

In tale sentenza, la Corte ha affermato che la predisposizione di una clausola contrattuale che vieti ai distributori autorizzati di un sistema di distribuzione selettiva di prodotti di elevato livello tecnico, per i quali l’acquirente necessita di una specifica assistenza, oppure di lusso e/o di prestigio, di servirsi in maniera riconoscibile di piattaforme terze per la vendita a mezzo Internet dei prodotti oggetto del contratto, non è di per sé incompatibile con il divieto di accordi restrittivi della concorrenza, qualora ricorrano determinate condizioni, ovvero se tale clausola:

  • è diretta a salvaguardare l’immagine di lusso di detti prodotti;
  • è stabilita indistintamente e applicata in modo non discriminatorio a tutti i rivenditori;
  • è proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, in base a criteri oggettivi di tipo qualitativo.

4. Distribuzione selettiva e principio di esaurimento del marchio

La creazione di un sistema di distribuzione selettiva si realizza attraverso la previsione, nei contratti di fornitura, di clausole che vietano al rivenditore la vendita del prodotto ad altri rivenditori che non facciano parte del network distributivo.

In linea teorica, quindi, i rivenditori non autorizzati non dovrebbero entrare in possesso dei prodotti oggetto della distribuzione selettiva. Tuttavia, può accadere che alcuni distributori appartenenti alla rete, contravvenendo alle regole contrattuali, vendano i prodotti a rivenditori non autorizzati. In questo modo si creano forme di commercio parallelo, che si realizzano attraverso canali fuori del controllo del titolare e spesso con modalità non rispettose dell’immagine ricercata dei prodotti di lusso, che possono quindi risultare gravemente pregiudizievoli alla rinomanza dei relativi marchi.

I produttori possono senz’altro agire nei confronti dei rivenditori “infedeli” per l’inadempimento del contratto e interrompere le forniture. Tuttavia, spesso tale tipo di protezione si rivela insufficiente, in quanto:

  • vi è una difficoltà pratica di individuare il rivenditore infedele; anche qualora vengano adottati dei sistemi di tracciatura (codici anti-diversion), gli stessi possono essere rimossi dal rivenditore “infedele”, per impedire che si possa risalire a lui;
  • una volta che i prodotti sono stati consegnati al commerciante estraneo alla rete, non è più possibile bloccarne l’ulteriore offerta in vendita con una azione contrattuale.

Di qui l’interesse dei titolari dei marchi a potersi tutelare anche al di fuori dell’ambito contrattuale, facendo valere direttamente nei confronti dei terzi rivenditori non autorizzati i diritti sul marchio, attraverso un’azione di contraffazione.

In via di principio, tuttavia, il titolare del marchio non può esercitare le prerogative derivanti dal marchio per controllare o condizionare l’ulteriore distribuzione dei prodotti che egli stesso (o altri con il suo consenso) abbia immesso sul mercato nel territorio UE (c.d. esaurimento comunitario del marchio).

Secondo il principio dell’esaurimento del marchio, di cui all’ art. 5 del Codice della proprietà industriale (D.lgs. n. 30/2005), il titolare del marchio, dopo aver apposto il segno sul prodotto ed aver messo in commercio il prodotto medesimo o avendo consentito (attraverso un contratto di licenza) che altri soggetti utilizzino il proprio marchio e commercializzino il prodotto, non può opporsi all’ulteriore circolazione del prodotto stesso.

L’art. 5, secondo comma del Codice della proprietà industriale esclude l’applicazione del principio dell’esaurimento comunitario del marchio qualora sussistano motivi legittimi che giustifichino l’opposizione del titolare del marchio all’ulteriore commercializzazione dei prodotti.

La giurisprudenza comunitaria ha affermato che, sebbene i rapporti contrattuali alla base del sistema di distribuzione selettiva non siano opponibili al rivenditore non autorizzato, in quanto terzo ed estraneo rispetto allo stesso, l’esistenza di una rete di distribuzione selettiva può essere ricompresa tra i “motivi legittimi” ostativi all’applicazione del principio di esaurimento del marchio, a condizione che:

  • il prodotto commercializzato sia un articolo di lusso o di prestigio che legittimi la scelta di adottare un sistema di distribuzione selettiva;
  • sussista un pregiudizio effettivo all’immagine di lusso o prestigio del marchio per effetto della commercializzazione effettuata da terzi estranei alla rete di distribuzione selettiva.

Si è in questo senso ritenuto che per i prodotti di lusso, l’aura di lusso che li circonda è un elemento essenziale affinché i consumatori li distinguano da altri prodotti simili; pertanto, un danno a tale aura di lusso può compromettere la qualità stessa di tali prodotti. Le caratteristiche essenziali di questi prodotti non sono infatti limitate agli elementi materiali, ma si estendono a tutti gli altri aspetti dai quali dipende la conservazione della loro immagine di prestigio.

Di conseguenza. anche una modifica dello stato immateriale dei prodotti, che possa pregiudicare la loro immagine di prestigio e di lusso, costituisce un “motivo legittimo”, che impedisce l’esaurimento. Tale modifica può provenire, in certi casi, anche da forme di commercializzazione non autorizzate con modalità non appropriate atte a incidere negativamente sulla immagine del marchio. In presenza di tali condizioni, il titolare del marchio può esperire un’azione di contraffazione per opporsi alla rivendita dei propri prodotti da parte di soggetti esterni alla propria rete di distribuzione, anche quando abbiano acquistato i prodotti da licenziatari o rivenditori autorizzati.

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto di distribuzione selettiva, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

5. La tutela delle aziende nei confronti del commercio parallelo

Come si è visto, secondo la giurisprudenza non può escludersi che la vendita di prodotti di prestigio a terzi che non fanno parte della rete di distribuzione selettiva possa compromettere la qualità stessa di tali prodotti.

A tal fine, deve essere effettuata una verifica caso per caso, tenendo conto che l’interesse del titolare del marchio a essere tutelato rispetto alla rivendita del prodotto fuori dalla rete selettiva deve essere contemperato con l’interesse del rivenditore indipendente a commercializzare i prodotti avvalendosi delle modalità correnti nel suo sistema di attività.

Tra gli elementi da prendere in considerazione a tal fine vi sono da un lato la natura di prestigio dei prodotti, e dall’altro il carattere saltuario o sistematico delle vendite ai rivenditori estranei al sistema selettivo, la natura dei prodotti commercializzati abitualmente da tali rivenditori e le modalità di vendita da essi utilizzate.

I giudici italiani hanno riscontrato tale pregiudizio ad esempio nei casi di rivendita online con una presentazione dalla grafica inadeguata, su siti classificati come outlet dai motori di ricerca, privi di assistenza ai clienti, oppure che presentavano i prodotti assimilandoli a tutti gli altri del medesimo settore merceologico anche di minore qualità, senza offrire alcuna specifica professionalità per consigliare i clienti sull’utilizzo; oppure nella rivendita in outlet con forti sconti non in linea con quelli praticati dai rivenditori autorizzati, oppure ancora in casi di rivendita in locali poco curati, con un’apparenza assimilabile a un discount, senza garanzie di assortimento adeguato, senza idonea comunicazione pubblicitaria, in assenza di adeguati stand espositivi.

Al contrario, la rivendita dei prodotti fuori dalla rete, anche se effettuata a prezzi più bassi, non è di per sé stata ritenuta lesiva, in quanto effettuata tramite siti internet dotati di presentazione grafica giudicata adeguata, con una sezione dedicata che valorizzava i prodotti, su siti specializzati che accostavano tra loro prodotti dello stesso settore merceologico.

Possono infine venire in considerazione alterazioni dello stato materiale dei prodotti, spesso collegate al loro commercio parallelo, come la rimozione dei codici utilizzati per la tracciabilità, che da un lato pregiudicano l’integrità delle confezioni (anch’esse elemento integrante dei prodotti) e dall’altro rendono più difficoltoso per il titolare controllarne la circolazione.

Il titolare del marchio può poi avvalersi anche della tutela contro gli atti di concorrenza sleale, nel caso in cui il rivenditore fuori rete sia a conoscenza della (o non possa ragionevolmente ignorare la) esistenza del sistema di distribuzione selettiva, ad esempio ove prosegua la distribuzione non autorizzata anche dopo aver ricevuto una diffida che, oppure quando il rivenditore sia un ex membro della rete selettiva e la prosecuzione della sua attività avvenga con modalità idonee a generare inganno sul perdurare della sua appartenenza alla rete dei distributori autorizzati.

6. La sentenza del Tribunale di Milano del 2019 sul caso Sisley

Sulla questione è tornato ad occuparsi recentemente il Tribunale di Milano, con l’ordinanza in data 3 luglio 2019 che ha inibito, in via cautelare, ad Amazon la commercializzazione di cosmetici di alta gamma a marchio Sisley, in quanto ritenuta lesiva del prestigio e dell’immagine del marchio Sisley.

Sisley vende prodotti cosmetici di lusso, che commercializza attraverso una rete di distribuzione selettiva composta da distributori autorizzati i cui punti vendita devono rispettare una serie di requisiti atti a preservare l’immagine di lusso associata ai prodotti. I contratti con i distributori autorizzati prevedono l’obbligo per il rivenditore autorizzato di vendere i prodotti Sisley solo nei punti di vendita autorizzati dal fornitore e il divieto di vendita a rivenditori non autorizzati dal fornitore, consentendo la rivendita dei prodotti solo ad operatori commerciali facenti parte del sistema di distribuzione selettiva Sisley.

Sisley lamentava la commercializzazione dei propri prodotti da parte di Amazon, soggetto esterno alla propria rete di distribuzione selettiva, commercializzazione che, secondo Sisley, avveniva con modalità tali da arrecare un pregiudizio all’immagine di lusso e di prestigio dei propri prodotti e del proprio marchio.

Il Tribunale, applicando i principi affermati dalla Corte di Giustizia nel caso Coty (v. par. 3 [link], ha ritenuto che le condizioni commerciali applicate da Sisley ai propri rivenditori non ricadessero nel divieto di cui all’art. 101 TFUE, stante la natura oggettiva, qualitativa e non discriminatoria dei criteri e della loro congruità e proporzionalità rispetto agli obiettivi di tutela dell’immagine commerciale e dell’aura di lusso del marchio.

Accertata quindi la liceità, in via generale, del sistema di distribuzione selettiva adottato da Sisley, il Tribunale ha quindi valutato – facendo applicazione dell’art. art. 5, secondo comma del Codice Proprietà Industriale – se la natura dei prodotti in questione legittimasse o meno la scelta di adottare un sistema di distribuzione selettiva nonché la sussistenza dei profili di svilimento del marchio invocati da Sisley ed in particolare la sussistenza di un effettivo pregiudizio all’immagine di lusso o di prestigio del marchio per effetto della commercializzazione effettuata da terzi estranei alla rete di distribuzione selettiva.

A tal proposito, il Tribunale ha accertato che la commercializzazione, offerta in vendita, promozione e pubblicizzazione dei prodotti Sisley sulla piattaforma Amazon, non appartenente al sistema di distribuzione selettiva Sisley, fosse lesiva del prestigio e dell’immagine del marchio,  in quanto i prodotti venivano mostrati e offerti sul sito Amazon mescolati ad altri prodotti, anche di basso profilo e di scarso valore economico o comunque di qualità, reputazione e prezzo molto inferiori e di gran lunga meno prestigiosi.

Conseguentemente il Tribunale ha inibito ad Amazon di commercializzare, offrire in vendita, promuovere o pubblicizzare sul territorio italiano i prodotti recanti i marchi Sisley con modalità lesive del prestigio e dell’immagine del marchio Sisley.

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto di distribuzione selettiva, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato specializzato in E-commerce

 

Per altri articoli di approfondimento su tematiche attinenti il diritto d’impresa: visitate il nostro blog.

 


Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni riportate nell’articolo non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un (né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.

 

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