I patti parasociali
I patti parasociali sono un accordo tra soci di una società, con il quale è possibile facilitare la governance societaria, in funzione del ciclo vitale del business e delle esigenze del mercato, e regolando i rapporti tra i soci in modo da prevenire, con opportune clausole, problemi che potrebbero in futuro intralciare operativamente l’impresa, e così preservarne la funzionalità e la continuità. Esempi dei patti parasociali sono i sindacati di blocco, di voto e di controllo, i patti che regolano la circolazione delle quote e quelli che disciplinano l’exit del socio. I patti parasociali assumono in particolare molta importanza nelle startup, dove possono essere impiegati per garantire la pacifica e proficua convivenza e il contemperamento degli interessi tra i fondatori della start up e gli investitori. Si tratta di uno strumento di grande importanza, di uso comune ma non sufficientemente utilizzato nella prassi.
1. Cosa sono i patti parasociali e a cosa servono
Come è noto, con l’ingresso nella compagine societaria, ciascun socio entra a far parte di una organizzazione le cui regole di funzionamento sono sancite da due documenti “necessari” – cioè inderogabilmente presenti sin dal momento della formale costituzione della società – e vincolanti per tutti i soci, presenti e futuri, della società: l’atto costitutivo – ovvero il “certificato di nascita della società” – e lo statuto, che ha la funzione di regolare i diritti e gli obblighi discendenti dal possesso della qualifica di socio.
I soci (o alcuni di essi) possono tuttavia convenire di integrare, modulare e/o escludere le previsioni dello statuto, introducendo una disciplina particolare, valevole nei confronti dei soli soggetti che decidono di aderirvi: il patto parasociale.
Il patto parasociale è appunto un contratto mediante il quale i soci regolano le loro posizioni personali all’interno della società, essenzialmente allo scopo di facilitare la governance societaria in funzione del ciclo vitale del loro business e delle esigenze del mercato, eventualmente anche in maniera difforme o complementare rispetto a quanto già previsto a livello statutario, limitatamente ad un determinato periodo temporale, allo scadere del quale le previsioni dello statuto riprenderanno pieno vigore.
I patti parasociali possono essere redatti anche tra soci e terzi, come gli obbligazionisti e i possessori di strumenti finanziari; terzo beneficiario di un patto parasociale può anche essere la società, come avviene nel caso dei patti parasociali di finanziamento, con i quali i soci si impegnano a reintegrare, a certe condizioni, il capitale della società o ad effettuare finanziamenti a suo favore.
L’opportunità per i soci di sottoscrivere un patto parasociale – sia al momento della costituzione della società, sia, eventualmente, in un momento successivo – si collega spesso, all’esigenza di prevenire e risolvere i dissidi e i problemi che possono intervenire tra i soci, per i più vari motivi, nel corso della vita sociale.
Ovviamente, nessuno entra in una società con l’intenzione di litigare con gli altri soci, ed anzi inizialmente le posizioni e le esigenze dei soci sono perfettamente allineati; ma accade molto spesso che la situazione cambi nel corso del tempo.
Può accadere ad esempio che uno o più soci non siano più d’accordo su decisioni importanti attinenti alla gestione aziendale; o che uno di essi intenda utilizzare le proprie conoscenze per intraprendere una nuova impresa; o che emergano divergenze tra i soci in una situazione di crisi aziendale (purtroppo frequenti in questo delicatissimo periodo), non essendo essi d’accordo circa la possibile strada da seguire; o ancora che, all’opposto, un socio sia interessato ad uscire dalla società valorizzando al massimo la propria partecipazione, in un momento di floridezza economica, etc.
In tutti questi (e in altri) casi, in assenza di regole predeterminate, può accadere (ed accade spesso) che i soci comincino a porre in essere comportamenti che ostacolano l’operatività della società, come ad esempio, rifiutarsi di approvare il bilancio, rifiutarsi di deliberare la vendita di un importante cespite, o di approvare un importante investimento della società, o un aumento di capitale, etc.
Frequenti sono poi i casi di comportamenti ostruzionistici, come la richiesta di pagamento di supposti utili non percepiti, diffide, denunce, dimissioni dalla carica amministrativa, richiesta di documenti e di ispezioni contabili, etc., che possono condurre a pericolose situazioni di stallo societario (deadlock), o nei casi più gravi, alla paralisi generale delle attività, con conseguente scioglimento della stessa e perdita del valore degli asset e/o del valore delle quote di partecipazione.
Un patto parasociale è quindi estremamente utile per consentire ai soci di operare con sicurezza e tranquillità, prevenendo, con opportune clausole, problemi che potrebbero intralciare operativamente l’impresa, preservandone la funzionalità e la continuità. Tali previsioni potrebbero anche essere inserite direttamente nello statuto; ma ciò non sempre è opportuno per ragioni di opportunità, ad esempio per esigenze di riservatezza, o quando si intenda coinvolgere soggetti terzi, oppure per consentire ai soci di adattare o modificare il patto al mutamento delle circostanze, senza ricorrere all’assemblea dei soci e all’atto pubblico.
I patti parasociali possono avere il contenuto più vario (purché non contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume); quelli più frequentemente utilizzati sono quelli che hanno lo scopo di:
- garantire il controllo dell’organo amministrativo, attraverso l’esercizio del voto in assemblea (sindacati di voto: v. par. 2);
- vincolare un gruppo di soci a permanere nella compagine sociale, attraverso l’obbligo a non cedere le partecipazioni possedute (sindacati di blocco: v. par. 3);
- gestire la governance delle società, stabilendo le regole su come esercitare una influenza dominante sulla società, al fine di condizionarne le scelte economiche e gestionali (sindacati di controllo: v. par.4);
- regolare i rapporti tra i soci e i terzi investitori nelle startup (v. par. 5).
2. I sindacati di voto
I sindacati di voto sono accordi con i quali i soci concordano preventivamente il modo in cui votare in assemblea, in modo da dare stabilità alla governance della società. Possono avere carattere occasionale o permanente e si può stabilire che le decisioni dell’azienda dovranno essere prese all’unanimità oppure, più frequentemente, a maggioranza dei soci che aderiscono al sindacato.
Quando il sindacato di voto quando viene stipulato dai soci di maggioranza, esso si presta a mantenere saldamente il controllo dell’organo assembleare; d’altra parte, lo stesso strumento può essere utilizzato dai soci di minoranza per perseguire una tutela unitaria e, quindi, più incisiva dei propri interessi.
Come si vedrà meglio più avanti (v. par. 7) , i sindacati di voto (come tutte le altre tipologie di patti parasociali) hanno efficacia meramente obbligatoria, cioè vincolano unicamente i soci contraenti; con la conseguenza che un eventuale voto manifestato in assemblea in difformità rispetto a quanto preventivamente deciso nel sindacato di voto non può inficiare in alcun modo la validità della delibera, ma assume rilevanza, quale inadempimento di quanto concordato, unicamente tra i soci paciscenti.
I sindacati di voto si distinguono dai patti di consultazione, che non vincolano i contraenti ad esercitare diritto di voto in un determinato modo, ma unicamente ad esperire una consultazione preventiva, e dai patti sulla titolarità del voto (che incidono sul principio di inscindibilità della partecipazione sociale), che sono stati ritenuti ammissibili in ad alcuni casi specifici.
I sindacati di voto più comprendono:
- i sindacati di voto relativi alla nomina e revoca degli amministratori;
- i patti con cui due o più soci si obbligano a finanziare la società (sia a titolo di prestito che di apporto di capitale o simili) per un determinato importo; in tal caso, i soci finanziatori sono soggetti alla disciplina di cui all’art. 2467 c.c. che assoggetta il rimborso alla postergazione rispetto al soddisfacimento degli altri creditori;
- gli accordi di astenersi dall’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio.
La giurisprudenza prevalente ritiene che l’impegno preventivo dei soci di non esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, ai sensi degli artt. 2392 e 2393 c.c., di votare in senso contrario alla relativa delibera o di rinunciare alla stessa se instaurata da altri organi (ad esempio, dal collegio sindacale), in quanto, operando contro l’interesse sociale, sono diretti a perseguire interessi non meritevoli di tutela, consistenti nell’elusione delle disposizioni che richiedono, al fine di rinunciare all’azione di responsabilità, l’adozione di una delibera assembleare.
Un altro patto che viene ritenuto nullo (per illiceità della causa) è quello che vincoli i soci a votare in un determinato modo in sede di delibera di approvazione del bilancio di esercizio, poiché la valenza pubblicistica informativa di tale documento non ammette alcuna influenza sulla libera determinazione dei soci in sede assembleare.
Spesso il patto parasociale di sindacato di voto prevede un’organizzazione, più o meno complessa, con organi propri (quali il Presidente ed un segretario) e di specifiche regole di funzionamento, necessitate dall’esigenza di addivenire anzi tempo, rispetto alle delibere istituzionali, alla formazione della volontà di voto da esprimere poi in assemblea.
Se siete interessati a scaricare un modello di patto parasociale di S.r.l., inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.
3. I sindacati di blocco
I sindacati di blocco sono patti parasociali finalizzati a vietare o limitare, con diversi livelli di intensità, il trasferimento a terzi delle partecipazioni detenute dai soci paciscenti in una data società; attraverso di essi i soci si impegnano a non vendere le proprie azioni o quote, oppure a venderle solo a determinate condizioni, ad esempio rispettando un diritto di prelazione in favore di uno o più soci. I sindacati di blocco sono per lo più finalizzati a stabilizzare gli assetti proprietari, cioè a lasciare inalterata una data compagine societaria, evitando l’ingresso di nuovi soci non graditi.
Anche tali accordi (diversamente dalle clausole statutarie di gradimento e prelazione) hanno unicamente efficacia obbligatoria fra le parti e sono del tutto irrilevanti nei confronti dei terzi e della società; con la conseguenza che, in caso di violazione, potranno dar luogo solo ad un obbligo di risarcimento dei danni a carico dell’inadempiente nei confronti degli altri soci aderenti, senza alcuna incidenza sulla validità della cessione delle partecipazioni, né sul diritto dell’acquirente all’iscrizione nel libro dei soci.
I sindacati di blocco sono utilizzati per lo più nei seguenti casi:
- patti di inalienabilità, con i quali i proprietari si obbligano a non trasferire a terzi le partecipazioni costituite in sindacato, compresi gli accordi che limitano la costituzione di diritti reali o di garanzia (ad es. usufrutto o pegno);
- patti di prelazione, con i quali le partecipazioni, in caso di alienazione, devono essere offerte preventivamente in prelazione ai partecipanti al patto, soci o non soci; tali patti sono finalizzati a tutelare l’interesse della società a non subire alterazioni negli equilibri esistenti con ingresso di nuovi soci o con la rimodulazione delle percentuali di partecipazione già esistenti, l’interesse del socio ad acquistare (proporzionalmente) la quota del cedente per mantenere intatti i propri diritti nei confronti degli altri soci non alienanti;
- patti di gradimento, con i quali l’alienazione di partecipazioni è subordinata all’autorizzazione dei soggetti ai quali i patti attribuiscono il potere di esprimere il gradimento; in caso di mero gradimento, il patto è valido se al socio alienante è attribuito il diritto di fare acquistare le azioni agli altri soci o di recedere dalla società in caso di rifiuto.
Rientrano in questa fattispecie i patti che pongono altre condizioni nel trasferimento delle partecipazioni. I soci possono infatti prevedere che in caso di vendita delle partecipazioni da parte del socio di maggioranza, i soci di minoranza possano vendere le proprie quote insieme a quelle di quest’ultimo (diritto di covendita, o tag along); tale accordo tutela il socio di minoranza, che altrimenti rischierebbe di restare intrappolato nella società dalla quale il socio di riferimento decide di uscire.
Viceversa, si può prevedere l’obbligo di co-vendita (drag along), ovvero il diritto del socio di maggioranza di vendere insieme alle proprie anche le quote dei soci di minoranza; questa clausola è utile soprattutto quando è formulata una proposta di acquisto della totalità delle partecipazioni societarie e vi è il rischio che il socio di minoranza metta in atto comportamenti ostruzionistici rispetto all’operazione.
E’ altresì possibile regolamentare nei patti parasociali l’exit, cioè il disinvestimento di uno o più soci della società. L’uscita del socio può essere garantita ad esempio:
- riconoscendo a quest’ultimo il diritto di vendere agli altri soci le proprie partecipazioni, entro un determinato intervallo di tempo e a un prezzo predeterminato (c.d. opzione put);
- attribuendo ad un determinato investitore la priorità rispetto ad altri soci nella restituzione del proprio investimento, al verificarsi di determinate condizioni (quali ad esempio il trasferimento di quote della società, la liquidazione, il fallimento o lo scioglimento della società: c.d. “liquidation preference”);
- prevedendo particolari ipotesi di recesso dei soci, con conseguente rimborso della partecipazione, al di là di quelle previste dal codice civile o dallo statuto (ad esempio nel caso in cui la performance economico-finanziaria della società si dimostri inferiore rispetto a quanto atteso).
4. I sindacati di controllo
I sindacati di controllo sono specifici accordi di gestione della governance delle società, attraverso cui i soci si accordano su come esercitare una influenza dominante sulla società, al fine di condizionarne le scelte economiche e gestionali.
Esempi più frequenti di sindacati di controllo sono:
- il patto relativo al finanziamento della società, che regola le modalità con le quali alcuni soci si impegnano, a fronte di documentate esigenze di finanziamento, a offrire un prestito alla società; esso può anche regolare i rapporti tra la società e finanziatori non soci, attribuendo a tali finanziatori specifici poteri di controllo sulla gestione del budget sottostante la decisione di concedere risorse alla società stessa;
- il patto modificativo del regime di responsabilità, con cui i soci si impegnano a rispondere in misura illimitata (o limitata) delle obbligazioni presenti e future della società; posto che il regime di responsabilità nei confronti dei terzi è inderogabile, tale patto è efficace nei soli rapporti interni e non può essere opposti ai creditori sociali;
- il patto relativo agli utili e alle perdite, con cui i soci stabiliscono i criteri di ripartizione degli utili e/o delle perdite della società (tale patto è valido purché non annulli la relativa partecipazione per qualcuno dei soci, in violazione del divieto di patto leonino ai sensi dell’art. 2265 c.c.);
- i patti di garanzia degli utili, con i quali si garantisce la distribuzione di un utile minimo a uno o più soci; è però nullo un eventuale patto con il quale uno o più soci vengono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
Sempre in tema di governance societaria, si può prevedere che in assemblea alcune decisioni possano essere assunte solo con il voto favorevole (o senza il voto contrario) di uno o più soci specificatamente indicati, a prescindere dall’entità delle partecipazioni che detengono.
E’ inoltre possibile regolamentare la partecipazione all’amministrazione (ad esempio determinando chi farà parte del Consiglio di amministrazione, come sarà individuato l’amministratore delegato, come saranno remunerati gli amministratori, etc.), prevedere diritti di veto su alcune delibere cruciali di competenza dell’assemblea dei soci (ad esempio aumenti di capitale, operazioni straordinarie, decisioni su asset nevralgici della società, etc.), obblighi di reportistica, obblighi di preventiva consultazione, etc.
5. I patti parasociali nelle start up
I patti parasociali assumono molta importanza nelle startup, dove possono essere impiegati per regolare i rapporti tra i soci e tra questi e i terzi (clienti, investitori, consulenti etc.), garantendo la pacifica e proficua convivenza e il contemperamento degli interessi tra i fondatori della start up e gli investitori (siano essi venture capitalists o business angels).
Nelle startup, – i patti parasociali possono essere inoltre estremamente utili per evitare che un socio abbandoni la società e utilizzi le sue conoscenze ed esperienze per mettere in atto una concorrenza sleale che potrebbe danneggiare la società, prevedendo divieti di concorrenza, patti di riservatezza, etc.
Frequenti sono poi i patti parasociali i quali prevedono la risoluzione di eventuali stalli decisionali, la gestione dei beni costituenti proprietà intellettuale (ad es., software) e/o industriale (brevetti) e doveri di correttezza e diligenza nei rapporti tra soci (ad es., impegni alla riservatezza e di non concorrenza).
Nei patti parasociali relativi a società start-up vengono spesso precisati gli obiettivi dei soci per quanto attiene alla gestione della società sotto il profilo industriale, commerciale e finanziario, e le modalità per raggiungerli, quali:
- obbiettivi di vendita di prodotti realizzati da un socio (direttamente o tramite società del gruppo);
- impegno ad utilizzare forme di finanziamento messe a disposizione da un socio;
- impegno a privilegiare i prodotti realizzati da un socio a parità di condizioni di mercato;
- impegno a far realizzare, con proprio brand, una serie di prodotti da un socio.
I soci possono inoltre prevedere verifiche periodiche della validità dell’iniziativa stabilendo varie misure da adottare, come ad esempio prevedendo che, se dopo un certo periodo di tempo la società non raggiunga i risultati previsti mel piano industriale, o si discosti per oltre una certa percentuale dalle previsioni, la società possa essere messa in liquidazione, o un socio si obblighi ad acquistare la quota dell’altro socio.
In particolare, nel caso delle start up innovative, occorre conformare le previsioni del patto parasociale alle norme contenute nella L. n. 221/2012 , nel periodo in cui la società è iscritta nella sezione speciale del Registro delle imprese.
E così, ad esempio, la liquidation preference, inserita nel patto parasociale a tutela degli investitori, sconta il limite che in una start up innovativa i dividendi non sono distribuibili fino a quando resta applicabile alla società il regime previsto dalla menzionata legge, e non può comprendere i casi di fallimento della società (non essendo sottoponibile a tale procedura una start up innovativa).
La redazione di un patto parasociale deve essere effettuata con molta attenzione, rivolgendosi ad un legale esperto in diritto societario , in modo da regolamentare in modo ottimale i rapporti tra i soci della start up, in rapporto alle specifiche esigenze e alle peculiarità della singola società.
6. Forma e durata dei patti parasociali
Diversamente dall’atto costitutivo e dallo statuto sociale (che devono essere redatti con la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata), i patti parasociali possono essere stipulati anche oralmente o per facta concludentia; tuttavia, è di gran lunga preferibile che tali patti vengano adottati in forma scritta, per ovvi motivi legati alla maggior facilità di prova.
Nella prassi, generalmente i patti parasociali vengono formalizzati mediante semplice scrittura privata che, per ragioni di costi e riservatezza, raramente viene autenticata; solitamente il patto parasociale è stipulato in un unico originale depositato presso un terzo soggetto scelto dalle parti (ad esempio, un avvocato), incaricato di rilasciarne copia su richiesta di ciascuna di esse.
Per quanto riguarda la durata, per le S.p.A. non quotate in mercati regolamentati, l’art. 2341-bis c.c. prevede che i patti parasociali non possono avere una durata superiore a 5 anni, qualora venga prevista una durata superiore, i patti si intendono stipulati comunque per questa durata, fatta salva la possibilità di rinnovo alla scadenza. Qualora invece, non sia stabilito alcun termine di durata, ciascun aderente può recedervi dando un preavviso di 180 giorni.
Decorso il termine di 5 anni il patto può essere rinnovato alla scadenza. Si ritengono lecite le clausole di rinnovo automatico o tacito.
Per tutte le altre società (società di persone, S.r.l.) non sussistono limitazioni normative di durata dei patti parasociali. Tuttavia, la durata dei patti deve essere congrua rispetto al tempo necessario e realizzare gli interessi che i soci si sono prefissati. In ogni caso, qualora il patto sociale avesse durata indeterminata, o qualora venga previsto un termine di durata molto lontano nel tempo, è consentito al socio di recedere ad nutum dal patto stesso, non essendo possibile l’assunzione di vincoli giuridici perpetui.
Si ritengono comunque ammissibili le clausole di rinnovo tacito.
Talvolta, i soci paciscenti ricollegano la durata del patto parasociale non ad un termine predeterminato, ma al verificarsi di eventi futuri ed incerti (c.d. patti parasociali a durata variabile). In particolare, due fattispecie frequenti di patti a durata variabile sono quelli nei quali il termine di durata è fissato con riferimento alla vita di uno dei paciscenti o di un terzo (persona fisica) o alla durata della società cui si riferiscono.
Nel primo caso, si ritiene che la durata del patto parasociale sia sostanzialmente indeterminata – con conseguente operatività del diritto di recesso – poiché il vincolo obbligatorio diverrebbe sostanzialmente perpetuo, in considerazione dell’assoluta imprevedibilità dell’evento morte, in consonanza con il principio dettato dall’art. 2285 c.c. relativamente al diritto di recesso in caso di società di persone contratta per tutta la vita di uno dei soci. Quando invece venga fatto riferimento alla durata della società alla quale il patto si riferisce, occorre distinguere: se il riferimento è specifico alla durata della società prevista dallo statuto al momento della stipulazione (con ciò escludendosi la rilevanza, nel computo, di possibili proroghe) il patto ha durata determinata, se invece il riferimento è generico, la durata è indeterminabile, con conseguente operatività del diritto di recesso.
7. L’efficacia dei patti parasociali
Trattandosi di veri e propri contratti di diritto privato, i patti parasociali – diversamente dallo statuto – hanno effetto soltanto tra i soci che li sottoscrivono (c.d. efficacia meramente obbligatoria); essi non sono opponibili alla società e non si trasmettono agli aventi causa.
Pertanto, qualora un socio che abbia sottoscritto un patto parasociale, trasferisca la propria partecipazione, il cessionario non è automaticamente vincolato dal patto parasociale. I diritti e gli obblighi contenuti in un patto parasociale non si trasferiscono infatti al terzo acquirente della partecipazione, in quanto non ineriscono a quest’ultima ma al socio, ed hanno carattere personale.
In caso di trasferimento della partecipazione del socio aderente al patto parasociale, il subentro nel patto del terzo avente causa si può avere solo per effetto di una espressa adesione di quest’ultimo al patto (adesione che, a sua volta, può essere favorita dall’inserimento nel patto di una clausola che condizioni la cessione della partecipazione alla sottoscrizione del patto da parte del cessionario), qualora il patto sia stato configurato come “aperto”, cioè tale da consentire direttamente l’adesione di nuovi parasoci; in assenza di tale pattuizione, sarà a tal fine necessaria un’apposita negoziazione del patto tra tutti i soci interessati, ovvero gli attuali parasoci e il nuovo soggetto subentrante.
Quindi, ad esempio, il soggetto che acquista una partecipazione di minoranza da un socio non subentra direttamente nel diritto di prelazione contenuto nel patto parasociale al quale aveva aderito il socio alienante; analogamente, la partecipazione acquisita dal socio non è soggetta alla clausola di trascinamento drag along contenuta nel patto parasociale, e pertanto il socio di maggioranza potrà dismettere al sua partecipazione senza che sussista tale diritto in capo al socio di minoranza.
Talvolta i patti parasociali contengono la clausola secondo la quale i patti obbligano non solo i soci aderenti ma anche gli aventi causa di questi ultimi; tale clausola rileva come promessa del fatto del terzo, cioè come promessa da parte del parasocio che l’acquirente della partecipazione aderirà al patto, con la conseguenza che in caso di mancata adesione del terzo, il parasocio sarà tenuto al risarcimento del danno.
Per quanto attiene al trasferimento della partecipazione del socio aderente al patto mortis causa, i patti parasociali non si trasmettono automaticamente agli eredi, in quanto aventi carattere personale, riguardanti il socio defunto, l’erede resta dunque estraneo al patto parasociale sottoscritto dal de cuius.
Tuttavia, è possibile che nel patto parasociale sia contenuta una clausola di libera trasmissibilità del patto stesso agli eredi; si ritiene che tale clausola sia valida, non ponendosi in contrasto con l’art. 458 c.c., in quanto non configura un patto successorio, ma una promessa dell’obbligo del terzo rappresentata dall’adesione all’accordo parasociale da parte di coloro che sarebbero diventati eredi. In tal caso, l’erede, con la propria manifestazione di consenso, subentrerà nel patto parasociale.
8. I rimedi esperibili in caso di violazione di un patto parasociale
Come si è visto, il patto parasociale produce effetti solo nei rapporti tra i soci aderenti; qualsiasi atto societario assunto con il voto di soci che si erano impegnati nel patto parasociale a non votare, o a votare in modo diverso da quanto previsto nel patto, rimane perfettamente valido e non impugnabile.
L’inadempimento di un socio a un patto parasociale è quindi fonte solo di un obbligo risarcitorio in favore degli altri soci.
Ad esempio, ipotizziamo che due soci, Tizio e Caio, titolari rispettivamente del 45% e del 35% del capitale sociale della società Alfa, sottoscrivano un patto parasociale nel quale è previsto anche l’impegno di votare in un determinato modo, all’assemblea dei soci convocata per la nomina di un amministratore. Al momento della votazione e, contrariamente a quanto pattuito, Caio esprime il suo voto in modo difforme da quanto pattuito e l’amministratore prescelto non viene eletto. La nomina è perfettamente valida, in quanto l’accordo parasociale non opponibile nei confronti di Alfa; Tizio non potrà impugnare la deliberazione assembleare assunta dalla maggioranza dei soci, ma potrà solo esperire un’azione di risarcimento del danno per il colpevole inadempimento di Caio.
Data la limitata efficacia vincolante dei patti parasociali, gli stessi contengono spesso clausole finalizzate ad ostacolare il più possibile la loro violazione da parte dei soci aderenti, come ad esempio:
- la clausola che impone ai soci aderenti di depositare le azioni presso una società fiduciaria, alla quale venga conferito mandato congiunto ed irrevocabile per l’esercizio del diritto di voto;
- una clausola penale (art. 1382 c.c.) in caso di mancata osservanza degli obblighi previsti dal patto;
- la clausola con la quale si stabilisca che il socio paciscente, che voti in maniera contraria rispetto a quanto stabilito nel patto parasociale, venga automaticamente escluso da quest’ultimo.
In giurisprudenza si è inoltre affermato un orientamento in base al quale è ammissibile, in un’ottica di prevenzione dell’inadempimento, il rimedio della tutela cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c., finalizzata ad ottenere una inibitoria del comportamento adottato da un socio in violazione del patto parasociale.
In particolare, il Tribunale di Milano ha recentemente accolto un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. presentato da un parasocio, il quale aveva chiesto che venisse inibito ad un altro parasocio di porre in essere iniziative in violazione di un patto parasociale avente ad oggetto l’esercizio del diritto di voto in relazione alla composizione dell’organo amministrativo della società. Nella specie, il Tribunale ha ravvisato il presupposto del fumus boni juris nel fatto che l’assemblea dei soci fosse già stata convocata e avesse ad oggetto proprio il rinnovo delle cariche dell’organo amministrativo (prevedendone la riduzione del numero dei componenti, in violazione del patto parasociale), mentre il periculum è stato ritenuto sussistere in considerazione della manifestata volontà del paciscente di non voler dar seguito alle previsioni del patto parasociale.
9. Validità dei patti parasociali
Ferma restando la legittimità in via generale dei patti parasociali, alla giurisprudenza è rimesso valutare, nel caso specifico, se il patto violi una norma imperativa o sia contrario a principi inderogabili dell’ordinamento. In particolare, il limite della liceità dei patti parasociali è stato essenzialmente individuato nell’inconciliabilità dei fini perseguiti dai soci aderenti al patto con l’utilità sociale.
In base a questo principio, sono stati ritenuti invalidi;
- i c.d. patti segreti, ossia quei patti, caratterizzati da una clausola di riservatezza, diretti ad occultare situazioni di controllo azionario, in quanto confliggenti con il principio in base al quale qualsiasi accordo che incida sugli assetti proprietari della società e sul governo della stessa deve essere trasparente.
- il patto che impegna i soci a votare, anziché per realizzare l’interesse sociale (come nel caso dell’impegno di ricapitalizzare la società), per danneggiare la società, come nel caso dell’impegno di non votare l’azione di responsabilità contro gli amministratori, anche se colpevoli d’avere arrecato danno alla società).
La giurisprudenza ha ritenuto altresì invalidi i patti parasociali che attribuiscono indirettamente efficacia esterna al vincolo di voto, come l’accordo che stabilisce, in caso di inadempimento, l’acquisto da parte del socio maggioritario, per un prezzo determinato, delle azioni del socio di minoranza. In questo caso, la volontà espressa nel patto parasociale sarebbe inevitabilmente destinata a diventare volontà della società per decisione unilaterale del socio maggioritario, cui sarebbe dato accrescere la propria quota di partecipazione, fino al raggiungimento della necessaria maggioranza assembleare, esercitando l’opzione ai sensi dell’art. 1331 c.c.
La giurisprudenza ha ritenuto inoltre invalidi:
- i patti relativi al procedimento di liquidazione, con i quali i soci convengano la spartizione dell’intero patrimonio della società, violando le norme imperative sullo scioglimento e liquidazione della stessa (come nel caso del patto con cui soci, amministratori e liquidatori di una S.r.l., si accordino per svendere i beni sociali ad un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato, in favore di terzi e addirittura di loro stessi).
- i patti relativi alla ripartizione degli utili e delle perdite nei quali sia stabilita la totale esclusione di alcuni soci dalle perdite subite dalla società, per violazione del divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.).
- i patti finalizzati a limitare la responsabilità di amministratori e sindaci, in quanto contrari alle finalità del modello legale di società, non potendo i soci, non solo esercitare, ma neanche vincolarsi negozialmente ad esercitare il diritto di voto in contrasto con l’interesse della società a perseguire i propri rappresentanti e funzionari, a nulla rilevando che il patto in questione venga siglato da tutti i soci.
La giurisprudenza si è infine più volte pronunciata in ordine alla validità dei patti di garanzia degli utili, con i quali si garantisce la distribuzione di un utile minimo ad uno o più soci. Questa tipologia di accordi incontra un importante limite nel divieto del patto leonino, ovvero il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite (art. 2265 c.c.). Alla luce di tale divieto, la giurisprudenza ha ritenuto invalido:
- il patto che prevede l’assegnazione di una quota mensile forfetaria di utili ai soci di minoranza, con esclusione della loro partecipazione alle perdite;
- il patto che esclude in maniera assoluta e costante un socio dalla ripartizione degli utili;
- il patto che attribuisce il diritto di vendere, ad un prezzo fisso, la partecipazione in precedenza acquistata (c.d. opzione put).
Se siete interessati a scaricare un modello di patto parasociale di S.r.l., inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it. Si evidenza che il modello non è gratuito. Il costo verrà indicato a seguito di ricevimento di mail all’indirizzo info@studio-pandolfini.it.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto Societario
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