S.a.s: ruolo, responsabilità, trasferimento della partecipazione, esclusione e revoca del socio accomandatario
Nella S.a.s., il socio accomandatario è amministratore e rappresentante della società. L’accomandante ha responsabilità illimitata nei confronti dei creditori sociali e dei terzi in genere – rispondendo delle obbligazioni contratte dalla società con il suo patrimonio personale – ed è responsabile nei confronti della società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. L’inadempienza del socio accomandatario può essere causa di esclusione dalla società o di revoca dal suo ruolo di amministratore.
1. Il ruolo del socio accomandatario nella S.a.s
La società in accomandita semplice (S.a.s.) è una tipologia speciale di società di persone in nome collettivo, la cui peculiarità risiede nella suddivisione delle responsabilità tra i vari soci, divisi in due categorie: gli accomandanti e gli accomandatari. Trattandosi di una forma giuridica appartenente alle società di persone, sia l’accomandatario sia l’accomandante possono essere persone fisiche o giuridiche.
Il socio accomandatario agisce in qualità di amministratore e rappresentante della società, ed ha responsabilità illimitata nei confronti dei creditori sociali e dei terzi in genere, rispondendo delle obbligazioni contratte dalla società con l’intero patrimonio personale. Tale responsabilità è però controbilanciata dall’ampia gamma di diritti nell’amministrazione dell’impresa, che spetta unicamente all’accomandatario.
Il socio accomandante, al contrario, risponde solamente con il patrimonio investito nella società. Esso svolge sostanzialmente funzione di finanziatore e in quanto tale non può ingerirsi attivamente nella gestione degli affari della società.
L’accomandante può infatti operare unicamente sotto la direzione dell’accomandatario, a patto che lo statuto societario lo preveda, e ricevere speciali deleghe per singole operazioni o affari, a discrezione dell’accomandatario.
Se l’accomandante viola il divieto d’immistione negli atti della società – ovvero pone in essere attività di amministrazione senza preventiva delega (procura speciale) da parte dei soci accomandatari – non diventa accomandatario a tutti gli effetti, ma perde il beneficio della responsabilità limitata, e pertanto acquista responsabilità illimitata verso i terzi per le obbligazioni sociali, anche per quelle sorte anteriormente al suo ingresso o al suo mutamento di ruolo nella compagine sociale. Inoltre, il suo comportamento può essere anche causa di esclusione dello stesso socio dalla società.
Ai soci accomandanti sono in ogni caso riconosciuti altri poteri di natura amministrativa:
- il diritto di concorrere (sia pure in posizione non paritetica) con i soci accomandatari alla nomina e alla revoca degli amministratori della società, qualora l’atto costitutivo della stessa preveda la loro designazione con atto separato (in tali casi, infatti, ai sensi dell’art. 2319 c.c., è necessario per la nomina degli amministratori il consenso di tutti i soci accomandatari e l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentano la maggioranza del capitale da essi sottoscritto);
- in caso di revoca di amministratori nominati nell’atto costitutivo, è necessario non solo il consenso di tutti i soci accomandatari, ma anche quello di tutti i soci accomandanti;
- se l’atto costitutivo lo consente, essi possono dare autorizzazioni e pareri in relazione a determinate operazioni, nonché compiere atti di ispezione e di controllo, sia pure nel rispetto dei limiti imposti dall’osservanza del divieto di immistione.
In ogni caso, ai sensi dell’art. 2320 c.c., i soci accomandanti hanno il diritto avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società.
2. La responsabilità del socio accomandatario nei confronti dei terzi
Ai sensi dell’art. 2313 c.c., i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
L’accomandatario è quindi responsabile degli eventuali debiti contratti dalla società, senza limiti e con il proprio patrimonio personale. Tuttavia, l’accomandatario risponde con il proprio patrimonio soltanto nel caso in cui il patrimonio aziendale non sia sufficiente a estinguere i debiti verso i creditori.
Trattandosi di responsabilità solidale, qualora vi siano più soci accomandatari, tutti i soci sono responsabile per l’intero debito verso i terzi. Qualora uno di essi estingua il debito, gli altri accomandatari sono liberati, e il socio che ha pagato ha diritto di rivalsa nei loro confronti.
Il socio accomandatario che, a seguito della modifica dei patti sociali, divenga socio accomandante, resta illimitatamente responsabile dei debiti contratti dalla società al tempo in cui egli ricopriva il ruolo di socio accomandatario. Inoltre, chi assume, nel corso della vita della società, la qualifica di socio accomandatario, diviene illimitatamente responsabile per tutti i debiti contratti dalla società, ivi inclusi quelli sorti anteriormente all’assunzione della qualità di accomandatario.
3. La responsabilità del socio accomandatario nei confronti della società e dei soci accomandanti
Come si è detto, al socio accomandatario spetta in via esclusiva l’amministrazione della società. Ai sensi dell’art. 2260 c.c., i soci accomandatari sono solidalmente responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale.
Il socio accomandatario ha l’obbligo, in generale, di amministrare la società e di compiere tutto ciò che è necessario al conseguimento dell’oggetto sociale, con la diligenza del mandatario.
Numerosi sono gli obblighi specifici che le norme societarie pongono a carico del socio accomandatario, quali, ad esempio:
- l’obbligo di tenere le scritture contabili;
- l’obbligo di eseguire gli adempimenti pubblicitari (artt. 2296 e 2301 c.c.);
- l’obbligo di redigere il rendiconto e di comunicarlo agli accomandanti (art. 2261, 2320 c.c.),
- l’obbligo di distribuire utili (art. 2262 c.c.);
- l’obbligo di non compiere atti in concorrenza con la società (art. 2301 c.c.).
Secondo la giurisprudenza prevalente, il soggetto legittimato ad agire contro gli amministratori per rivalersi del danno subito a causa del loro inadempimento ai doveri fissati dalla legge o dall’atto costitutivo è la società.
Tuttavia, anche il singolo socio accomandante può pretendere il risarcimento del danno ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o colposo dell’accomandatario, qualora il danno non sia solo il riflesso di quello arrecato eventualmente al patrimonio sociale, ma sia direttamente cagionato al socio come conseguenza immediata del comportamento dell’accomandatario.
4. Il trasferimento della partecipazione sociale e lo scioglimento della società
La quota di partecipazione del socio accomandante è liberamente trasmissibile per causa di morte , mentre per il trasferimento per atto tra vivi è necessario il consenso di tutti i soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale.
Per il socio accomandatario vale invece la disciplina prevista per la S.n.c.; pertanto, per la trasmissione della quota tra vivi è necessario il consenso di tutti i soci, sia accomandanti che accomandatari, mentre per la trasmissione mortis causa ,della quota è richiesto, oltre al consenso di tutti gli altri soci, anche quello degli eredi.
La coesistenza dei soci accomandanti e accomandatari deve permanere per tutta la durata della società, in quanto la differenza tra soci nella S.a.s. è condizione di vita stessa della società. Pertanto, oltre che per le generali cause di scioglimento ,comuni anche alle S.n.c., la S.a.s. si scioglie anche qualora rimangano solo soci accomandanti o solo accomandatari, a meno che nel termine di sei mesi non venga sostituito il socio che è venuto meno.
Nel caso in cui siano venuti meno i soci accomandanti, nei sei mesi successivi è possibile per la società proseguire l’attività della società. Diversamente, qualora siano venuti meno tutti i soci accomandatari, è necessario che i soci accomandanti nominino un amministratore provvisorio, che nel frattempo eserciti gli atti di ordinaria amministrazione.
Una volta trascorsi i sei mesi senza che sia stata ricostituita la categoria di soci mancanti, la società si trasforma in S.n.c. irregolare, sempre che siano rimasti almeno due soci; altrimenti, si dovrà dare inizio al procedimento di liquidazione della società.
5. L’esclusione del socio accomandatario
Il socio accomandatario può essere escluso, ai sensi dell’art. 2286 c.c., per le seguenti cause:
- gravi inadempienze che derivano dalla legge o dal contratto sociale;
- modificazioni dello status della persona del socio(interdizione, inabilitazione, condanna ad una pena che comporti l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici);
- sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento(sopravvenuta inidoneità del socio a svolgere l’opera conferita, perimento della cosa conferita in godimento non imputabile agli amministratori o perimento della cosa conferita in proprietà e non ancora acquistata dalla società).
Le gravi inadempienze del socio accomandatario possono riguardare qualsiasi obbligo gravante sul socio in forza del contratto sociale e per effetto di previsione normativa. Ad esempio, integrano una grave inadempienza:
- l’utilizzo da parte del socio accomandatario, senza il consenso dell’accomandante, di beni appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società;
- la distrazione di somme appartenenti alla società per fini personali;
- la sistematica mancata comunicazione del rendiconto di esercizio.
Può altresì costituire causa di esclusione del socio accomandatario la violazione dell’obbligo di collaborazione con la società e, quindi, del dovere di tenere comportamenti congruenti all’esercizio in comune dell’attività economica; in questo senso, possono rilevare quale inadempimento grave ai fini della esclusione l’allontanamento volontario ed il disinteresse del socio accomandatario per la vita della società.
Il procedimento di esclusione è disciplinato dall’articolo 2287 c.c. in base al quale l’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci (si contano le teste e non le percentuali), non computandosi nel numero di questi il socio da escludere, ed ha effetto decorsi trenta giorni dalla data della comunicazione al socio escluso. Entro questo termine il socio escluso può fare opposizione davanti al Tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione.
Se la società si compone di due soli soci, l’esclusione del socio accomandatario è pronunciata dal Tribunale, su domanda dell’accomandante, anche in via cautelare d’urgenza, ai sensi dell’art. 700 C.p.c.
Nel caso in cui sia escluso dalla società l’unico socio accomandatario, i soci accomandanti possono nominare un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione (art. 2323 secondo comma c.c.). L’amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario. Per questo motivo nel termine perentorio di sei mesi i soci accomandanti devono provvedere alla nomina di un nuovo socio accomandatario e amministratore, per evitare lo scioglimento della società (art. 2323 primo comma c.c.).
6. La revoca e responsabilità del socio accomandatario
L’inadempienza del socio accomandatario o il suo comportamento contrario ai doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o correttezza possono anche costituire giusta causa per la revoca dello stesso, ai sensi dell’art. 2259 c.c.
La revoca del socio accomandatario può essere chiesta da ciascun socio giudizialmente, eventualmente anche in via d’urgenza ex art. 700 C.p.c.
Integra giusta causa di revoca dell’accomandatario qualsiasi inadempimento degli obblighi allo stesso imposti dalla legge e dal contratto sociale, ovvero qualsiasi comportamento che renda impossibile il naturale svolgimento del rapporto di gestione o intacchi in modo significativo il rapporto fiduciario.
Costituiscono ad esempio giusta causa di revoca dell’accomandatario:
- l’utilizzo dei fondi sociali per scopi personali, in violazione del divieto di cui all’art. 2256 c.c.;
- l’ingiustificato rifiuto di partecipare a decisioni necessarie allo svolgimento della vita sociale;
- la violazione del divieto di concorrenza;
- la delega ad altri del potere di gestione;
- la redazione del rendiconto annuale senza il rispetto dei criteri di verità, precisione e chiarezza;
- la mancata comunicazione all’accomandante dei rendiconti e dei bilanci annuali;
- il consentire a un terzo di ingerirsi nella gestione.
Secondo la giurisprudenza prevalente, la revoca giudiziale unico socio accomandatario non determina l’automatico scioglimento della società; in tal caso, ai sensi dell’art. 2323, 2° comma, c.c., può essere nominato un amministratore provvisorio per il periodo di sei mesi, con il potere di compiere solo atti di ordinaria amministrazione. Decorso tale periodo senza che sia stata ristabilita la categoria dei soci accomandatari, si verifica lo scioglimento della società.
Contro i soci accomandatari può essere altresì promossa azione di responsabilità da ciascun socio e, in particolare, dall’accomandante, per ottenere il risarcimento del danno in favore del patrimonio sociale e/o del singolo socio.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Diritto Societario Consulenza Legale
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