L’amministratore delegato nella S.p.A. e nella S.r.l.: poteri, doveri, responsabilità
Nelle società di capitali la delega di potere gestorio ha assunto nel corso del tempo un’importanza crescente. La delega del potere amministrativo introduce nella gestione collegiale un elemento di flessibilità, in considerazione delle specifiche esigenze dell’attività di impresa. La funzione principale della delega è infatti quella di semplificare l’esercizio della funzione gestoria, demandandola a singoli membri del CdA, valorizzando le specifiche competenze tecniche proprie dei soggetti delegati. La delega è strumento flessibile e adattabile, nel rispetto del minimum di poteri non delegabili per legge, alle esigenze di funzionalità e di efficienza amministrativa della realtà societaria. Cruciale è il rapporto tra il CdA nel suo plenum e gli organi delegati: la competenza concorrente e sovraordinata del CdA con quella degli amministratori delegati, il diritto di informazione dei singoli amministratori e i corrispondenti doveri degli organi delegati.
1. La delega di poteri all’interno del CdA nelle S.p.A.
L’art. 2381, secondo comma, c.c. prevede che le funzioni proprie del Consiglio di amministrazione (CdA) nelle S.p.A. possano essere delegate ad uno o più componenti dello stesso (amministratori delegati).
La delega di potere amministrativo consiste in un meccanismo di autorizzazione, da parte dell’organo collegiale investito della gestione sociale, nei confronti di uno dei soggetti che lo compongono, all’esercizio individuale di alcune facoltà, senza peraltro che il delegante ne perda la titolarità.
L’analisi di efficienza della corporate governance di un’impresa non può prescindere da una formale attribuzione delle deleghe di funzioni gestorie che siano ripartite in modo coerente con il sistema organizzativo proprio di quella specifica impresa. Un sistema delle deleghe deve soddisfare e combinare vari elementi tra loro a volte contrastanti, con soluzioni operative diverse a seconda del tipo di società, della sua compagine sociale, della funzione imprenditoriale per la quale essa opera.
Nelle società di capitali la delega di potere gestorio ha assunto nel corso del tempo un’importanza crescente. Lo strumento della delega di poteri consente al CdA di derogare al principio di collegialità e di adottare un sistema di gestione che premia la rapidità decisionale e la concentrazione del potere amministrativo in capo a soggetti che si occupano a tempo pieno di tale attività.
La delega realizza una suddivisione funzionale delle funzioni gestorie che nascono unitarie in seno al CdA, tra le decisioni di “alta amministrazione”, che non sono delegabili e che comportano una responsabilità diretta e solidale di tutti gli amministratori, e le attività di gestione esecutiva o corrente, che possono essere oggetto di delega a singoli amministratori o a un comitato esecutivo, e che comportano una responsabilità diretta in capo ai delegati.
La delega del potere amministrativo introduce nella gestione collegiale un elemento di flessibilità, in considerazione delle specifiche esigenze dell’attività di impresa. La funzione principale della delega è infatti quella di semplificare l’esercizio della funzione gestoria, demandandola a singoli membri del CdA, valorizzando le specifiche competenze tecniche proprie dei soggetti delegati.
In particolare, l’istituto della delega assolve tradizionalmente ad una duplice finalità:
- sotto il profilo oggettivo, consente di realizzare una suddivisione dei compiti all’interno dell’organo amministrativo, garantendo in tal modo una maggiore efficienza gestionale e correggendo la naturale lentezza della direzione collegiale, sia pur maggiormente ponderata;
- sotto il profilo soggettivo, permette di selezionare in seno al consiglio coloro che sono più esperti o comunque dotati di specifiche competenze e consolidate esperienze.
L’indubbia utilità della delega spiega il perché il modello della gestione delegata abbia incontrato grande diffusione nella prassi, tanto da diventare una sorte di regola di dafault del regime di amministrazione pluripersonale.
La nomina di uno o più amministratori delegati comporta un’articolazione interna del CdA, tra:
- amministratori deleganti (o senza delega), ai quali è affidata la gestione direttiva dell’impresa, cioè l’individuazione delle linee di politica generale dell’impresa;
- amministratori delegati, a cui compete la gestione operativa dell’impresa, ovvero l’attuazione degli obiettivi individuati dai deleganti, nei limiti di volta in volta previsti nell’atto di delega.
La delega dei poteri gestori si distingue dalla delega di funzioni. Nel caso della delega gestoria ai sensi dell’art. 2381 c.c. non vi è alcuna attribuzione di poteri né tanto meno di funzioni: gli amministratori delegati, infatti, sono già titolari dei poteri e delle funzioni delegate, e la delega consente loro di esercitarli singolarmente o tramite un gruppo più ristretto nel segno dell’efficienza e rapidità gestoria. Viceversa, nel caso di delega di funzioni si verifica la traslazione di alcuni poteri e doveri da un soggetto ad un altro; in particolare, in materia di sicurezza del lavoro, la delega di funzioni di cui all’art. 16 D. Lgs. n. 81/2008 è lo strumento con il quale il datore di lavoro originario trasferisce alcuni poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto, il delegato, il quale diventa garante a titolo derivativo.
In proposito, come chiarito dalla giurisprudenza (Cass. n. 8476/2023), mentre in relazione alla delega di funzioni disciplinata dall’art. 16 D.lgs n. 81/2008, il conferimento del potere di spesa è requisito essenziale e deve essere adeguato in relazione alle necessità connesse allo svolgimento delle funzioni delegate, la delega gestoria è rilasciata dal CdA ad un soggetto già investito della funzione datoriale e dei relativi poteri, ivi compreso quello di spesa. Inoltre, mentre non possono essere delegati da parte del datore di lavoro ai sensi dell’art. 16 D.lgs n. 81/2008 gli obblighi che costituiscono l’essenza della funzione datoriale e della sua preminente posizione di garante, ovvero la valutazione del rischio, preordinata alla pianificazione e predisposizione delle misure necessarie, e la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione, la delega gestoria ai sensi dell’art. 2381 c.c. permette che tali adempimenti vengano eseguiti dal delegato.
La delega si distingue altresì dalla procura; anche la procura costituisce una modalità attraverso cui è possibile trasferire determinati poteri gestori nel contesto delle singole realtà societarie, ma si differenzia dalla delega in ordine agli effetti (con la procura viene infatti trasferito il potere di rappresentare la società, diversamente dalla delega), ai soggetti cui di norma è conferita (cioè a soggetti diversi da quelli che compongono il CdA), alla differente forma che la caratterizza (per la procura è necessario l’atto notarile, non la semplice forma scritta), alla non necessità di accettazione del soggetto a cui è conferita, al regime di opponibilità a terzi.
Secondo l’opinione prevalente, la delega dà vita ad un ulteriore organo della società, legato a questa da un rapporto di natura organica e al CdA da un rapporto intraorganico. Gli organi delegati esercitano individualmente poteri che sono in realtà di competenza dell’organo amministrativo nel suo complesso; il CdA, infatti, non si spoglia delle funzioni delegate, ma ha competenza concorrente e sovraordinata rispetto alle funzioni degli organi delegati, i quali non hanno, come il CdA, poteri originari, bensì soltanto poteri derivati e delegatigli dal CdA stesso.
In questo senso, l’art. 2381 comma 3 c.c. attribuisce al CdA il potere di impartire direttive agli organi delegati, avocare a sé operazioni rientranti nella delega e revocare in qualsiasi momento la delega o le decisioni assunte dagli organi delegati o di modificarne il contenuto, fatti salvi i diritti dei terzi.
La delega di poteri può anche avvenire in favore non di distinte persone fisiche, ma di un organo collegiale (comitato esecutivo). In tal caso, i membri che i membri che fanno parte del comitato esecutivo non sono in quanto tali amministratori esecutivi, poiché non hanno poteri individuali di gestione. Nulla esclude, peraltro, che la società preveda sia il comitato esecutivo che uno o più amministratori delegati, i quali possono a loro volta fare parte del comitato esecutivo o meno.
Le regole di funzionamento del comitato esecutivo possono essere determinate dallo statuto e, in mancanza, è possibile applicare analogicamente le norme relative al CdA, tra cui quella sulle invalidità delle delibere consiliari.
2. La delega: caratteristiche, conferimento, revoca
Ai sensi dell’art. 2381, comma 2, c.c., il conferimento delle deleghe gestorie rientra nella competenza del CdA, per ciò che concerne la determinazione del suo oggetto e la definizione dei limiti e delle eventuali modalità di esercizio. La competenza a delegare spetta quindi al CdA e non all’assemblea dei soci; ciò in quanto il conferimento della delega:
- costituisce un importante atto di gestione dell’impresa che spetta per legge agli amministratori;
- muta il regime di responsabilità degli amministratori deleganti e, a seconda della maggiore o minore competenza e affidabilità dei soggetti delegati, può ridurre o accrescere tale responsabilità;
- come si è visto, ai sensi dell’art. 2381, 3° comma c.c. il CdA può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega.
Il CdA può dunque materialmente scegliere e nominare i componenti delegati tra i suoi membri – non essendo possibile attribuire poteri gestori a soggetti diversi da quelli individuati dai soci quali membri del CdA – e definire la struttura dell’organo delegato, quando questo sia pluripersonale. Tuttavia, il conferimento della delega da parte del CdA dipende da una preventiva determinazione dei soci che a ciò l’autorizzi, contenuta nello statuto o in un’apposita delibera assembleare.
Una volta autorizzato al rilascio delle deleghe, spetta al CdA organizzare l’esercizio del potere delegato, definendo il suo contenuto e le modalità di esercizio, nonché identificando eventuali limiti della delega (art. 2381 comma 3 c.c.); tale previsione è nell’interesse sia del delegato che del delegante, in quanto una precisa definizione della delega permette di stabilire i confini delle attribuzioni e del conseguente regime di responsabilità che grava sul CdA e sull’amministratore delegato.
Il CdA deve quindi stabilire se il trasferimento di funzioni abbia come destinatario un organo collegiale (comitato esecutivo) ovvero un singolo amministratore, o più di essi (amministratore/i delegato/i); chi siano gli amministratori investiti di delega, e se siano investiti di tutte le prerogative gestionali, ad eccezione di quelle non delegabili, o soltanto di alcune; se i poteri conferiti agli amministratori delegati siano da esercitare individualmente o congiuntamente; ed infine se, e quali, operazioni restino nella competenza del CdA, per la loro rilevanza e significatività.
Dal punto di vista formale, il conferimento della delega avviene tramite una normale deliberazione consiliare, da assumersi secondo l’ordinario criterio collegiale di cui all’art. 2388 c.c.: essa, pertanto, richiede l’assunzione in regolare adunanza, la verbalizzazione e la trascrizione nell’apposito libro delle adunanze e dei verbali del consiglio (art. 2421 n. 4 c.c.).
Non sono ammissibili le cd. deleghe generiche o generali, le quali sarebbero in contrasto con l’obbligo del CdA di indicare il contenuto e i limiti della delega (art.2381 comma 3 c.c.) e provocherebbero di fatto un sostanziale svuotamento del ruolo di gestione attiva che spetta al CdA, il quale finirebbe in tal modo per operare alla stregua di un mero organo di controllo sull’attività degli organi delegati.
Affinché si perfezioni la delega la nomina dell’amministratore delegato, è necessaria l’accettazione dell’amministratore delegato nominato, lla luce degli obblighi che lo stesso assume; tale accettazione può risultare anche tacitamente attraverso condotte concludenti poste in essere dal nominato stesso (si pensi alla distribuzione di biglietti da visita recanti l’indicazione della nuova carica o all’amministratore delegato che curi personalmente l’iscrizione della propria nomina nel registro delle imprese).
Non è invece previsto per legge – sebbene sia opportuno per il regime di opponibilità a terzi – la comunicazione della delibera del CdA attributiva delle delega al Registro delle imprese (diversamente dall’eventuale conferimento del potere di rappresentanza).
In definitiva, dunque, il conferimento delle deleghe gestorie è una fattispecie a formazione progressiva suddivisa in tre fasi:
- l’espressa previsione di tale facoltà nello statuto sociale o in una specifica decisione da parte dell’assemblea dei soci;
- la delibera del CdA che attribuisce i poteri delegati;
- l’accettazione della delega da parte dei delegati.
Sono ritenute legittime le clausole statutarie che stabiliscono l’obbligatorietà della delega delle funzioni gestorie da parte del CdA (senza peraltro individuare specificamente i poteri degli organi delegati) a uno o più amministratori o a un comitato esecutivo (c.d. delega obbligatoria), in quanto espressione di un legittimo potere dei soci di determinare la struttura amministrativa che ritengono più opportuna per la società cui partecipano; in tal caso, resta intatto il potere del CdA di scegliere a quali soggetti conferire tali deleghe e, eventualmente, di intervenire nella gestione con direttive, di avocare a sé operazioni rientranti nella delega e di revocare le deleghe conferite.
Controversa è, invece, la legittimità delle clausole statutarie che non solo obbligano il CdA a delegare le proprie funzioni, ma individuano anche precisamente le materie oggetto di delega obbligatoria, determinando in via preventiva il contenuto della delega e indicando quali sono i poteri delegati. Tali clausole vengono per lo più ritenute legittime a condizione che il CdA possa comunque revocare ad nutum la delega. In ogni caso, è esclusa la legittimità di clausole statutarie che indichino i soggetti cui il CdA dovrà necessariamente delegare determinati poteri, in quanto incompatibili con il disposto dell’art. 2381, 2° e 3° comma, c.c. soprattutto qualora lo scopo di tali clausole sia quello di limitare la facoltà di revoca, limitazione e indirizzo del potere delegato da parte del CdA.
La delega può essere revocata dal CdA ad nutum, senza cioè necessità di addurre alcuna motivazione giustificativa della revoca stessa. Tuttavia, ai sensi dell’art. 2383, 3° comma c.c., in mancanza di giusta causa della revoca spetta all’amministratore delegato il diritto al risarcimento del danno, costituito dal compenso connesso alla carica di consigliere delegato e che egli avrebbe interamente incamerato, qualora non fosse stato privato della delega, analogamente a quanto previsto in caso di revoca senza giusta causa dei singoli componenti il CdA, ai sensi dell’art. 2383 c.c.
La legge non prevede un termine di durata della delega, la quale dunque coincide generalmente con il tempo di permanenza nell’incarico dell’amministratore delegato. In mancanza di un termine di validità della delega, quest’ultima è efficace fino alla revoca del delegato da parte del CdA o alla scadenza del CdA stesso. Qualora invece la delibera di nomina dell’amministratore delegato preveda un termine di validità, lo scadere di tale termine determina automaticamente la cessazione della delega; in tal caso le decisioni in ordine alle attribuzioni oggetto di delega verranno assunte dall’organo plenario, non sussistendo alcuna prorogatio dell’amministratore delegato (diversamente da quanto accade per la scadenza del mandato dell’amministrazione puro e semplice, dove vi è l’esigenza di evitare soluzioni di discontinuità nell’operato dell’organo amministrativo).
Il termine di validità della delega non può comunque eccedere la durata del CdA, non potendo quest’ultimo attribuire l’esercizio dei suoi poteri all’organo delegato se non nell’ambito della durata dei poteri stessi. Inoltre, la cessazione dei poteri degli amministratori deleganti, o della maggioranza di essi (per scadenza del termine legale di validità del CdA) provoca la scadenza anche della delega stessa, qualunque sia la causa che determina l’estinzione del rapporto di amministrazione.
Quando lo statuto o l’assemblea lo consentono e nei limiti previsti, amministratore delegato e comitato esecutivo, nei limiti delle funzioni ad essi attribuite, possono sub-delegare a terzi singoli poteri di gestione e rappresentanza.
3. Le materie non delegabili
Ai sensi dell’art. 2381, 4° comma c.c., non possono essere oggetto di delega:
- la redazione del bilancio di esercizio (art. 2423 c.c.);
- gli aumenti di capitale ai sensi dell’art. 2443 c.c.;
- gli adempimenti in materia di riduzione del capitale per perdite previsti dagli artt. 2446 e 2447 c.c.;
- l’emissione di obbligazioni convertibili (art. 2420-ter c.);
- la redazione dei progetti di scissione (art. 2506-bis c.) e di fusione (art. 2501-ter c.c.).
Tali materie, in quanto riguardano importanti e cruciali momenti dell’attività sociale (riguardano la c.d. alta amministrazione), e quindi rendono opportuna una decisione ponderata e condivisa dalla maggioranza dei consiglieri, necessitano quindi, per legge, del coinvolgimento di tutti i componenti del CdA, con conseguente estensione della relativa responsabilità alla generalità degli amministratori.
Si ritiene inoltre che non possano formare oggetto di delega le attribuzioni di cui alla seconda parte del terzo comma dell’art. 2381 c.c. (le quali consentono una supervisione del CdA sui delegati), ovvero:
- la valutazione dell’adeguatezza degli assetti organizzativo, amministrativo e contabile della società;
- l’esame dei piani strategici, industriali e finanziari della società:
- la valutazione del generale andamento della gestione, sulla base della relazione degli organi delegati.
Oltre all’elenco di cui all’art. 2381 comma 4 c.c. si devono altresì ritenere indelegabili tutte quelle fattispecie in cui i membri del CdA non eseguono funzioni di gestione operativa in senso stretto ma si occupano dell’alta amministrazione e sono garanti della regolarità procedimentale della formazione e del funzionamento dell’organo titolare della funzione gestoria e, più in generale, sono chiamati a disciplinare i criteri di organizzazione della funzione stessa.
Alle materie indelegabili per legge possono infine aggiungersi quelle eventualmente riservate dallo statuto o dall’assemblea dei soci al plenum del CdA, in considerazione della rilevanza o livello di rischio per la società, che rendono opportuna una maggiore ponderazione da parte dell’organo amministrativo; si tratta, generalmente, dei poteri di rilasciare garanzie, di acquisto o vendita di immobili, di contratti di valore pari o superiore a un certo ammontare, di cessioni o acquisizioni di partecipazioni o aziende, così come di approvazione di linee strategiche e di business plans.
4. Le deleghe atipiche
Per delega atipica si intende l’attribuzione di funzioni gestorie ad alcuni degli amministratori che compongono il CdA in assenza di autorizzazione dei soci, cioè senza che questa facoltà sia prevista nello statuto o con apposita delibera assembleare, come prevede l’art. 2381 c.c. Tale fenomeno può estrinsecarsi anche in una ripartizione di fatto (quindi senza neppure formale delibera del CdA), di attribuzioni gestorie fra gli amministratori anche in considerazione di specifiche professionalità ed esperienze acquisite dai singoli consiglieri.
Il fenomeno è particolarmente frequente nelle società di notevoli dimensioni, dove la tempestività delle decisioni e la speditezza delle procedure possono suggerire una ripartizione interna delle incombenze del CdA, anche in difetto di autorizzazione da parte dei soci. che i
La legittimità delle deleghe atipiche, a lungo oggetto di discussioni in dottrina e in giurisprudenza, sembra confermata dall’art. 2392 c.c., che fa riferimento alle “funzioni in concreto attribuite ad uno più amministratori”, sebbene la norma disciplini tale fattispecie solo sotto il profilo patologico della responsabilità degli amministratori verso la società.
In proposito, secondo la tesi prevalente il legislatore ha inteso legittimare non solo i casi in cui gli amministratori procedono formalmente a una divisione, in seno al CdA, delle proprie funzioni (deleghe atipiche in senso stretto) ma anche i casi in cui l’esercizio dell’attività gestoria è ripartita di fatto e senza delibere o atti di attribuzione formali (c.d. deleghe atipiche di fatto).
Infatti, la situazione in cui gli amministratori abbiano deliberato, in seno al CdA, una determinata ripartizione di funzioni al proprio interno non si differenzia dalla situazione in cui gli amministratori abbiano convenuto o acconsentito tale suddivisione di compiti senza una delibera formale. Del resto, il caso più frequente nella prassi è proprio quello della suddivisione di fatto dei compiti fra gli amministratori senza procedere con le formalità previste dall’art. 2381 c.c., pur in presenza di una previsione statutaria in tal senso.
L’impatto maggiore della disciplina di cui all’art. 2932 c.c. si ha soprattutto sul piano della responsabilità degli amministratori deleganti; sul punto si rimanda all’apposito approfondimento.
Secondo l’opinione prevalente, le deleghe atipiche possono ricomprendere diverse competenze, con esclusione solo delle attività gestorie di carattere strategico (come ad es. le operazioni straordinarie).
5. I doveri dell’amministratore delegato
Gli amministratori delegati devono anzitutto dare concreta attuazione alla delega ricevuta ed amministrare la società attraverso lo svolgimento delle funzioni di gestione corrente che ne costituiscono di volta in volta l’oggetto, nel rispetto delle direttive che via via vengono impartite dal CdA.
La delega infatti da una parte autorizza gli amministratori delegati ad agìre nell’ambito delle materie delegate senza necessità di una preventiva decisione del CdA, creando in capo agli stessi un potere-dovere di esercizio delle funzioni delegate e attribuendo agli stessi una porzione di prerogative ed oneri di competenza del CdA; dall’altra, facoltizza il CdA ad astenersi dall’esercitare quelle funzioni, con la conseguenza che l’eventuale inerzia del CdA non può essere considerata fonte di responsabilità, finché tale organo abbia correttamente assolto ai propri doveri di controllo (si veda sul punto l’approfondimento nell’apposito articolo).
A tale primario dovere degli organi delegati si affiancano precisi ulteriori compiti, sanciti dall’art. 2381 comma 5 c.c., e valevoli per ciascuno di essi, a prescindere dal contenuto concreto della delega rilasciata.
In primo luogo, gli amministratori delegati devono curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; essi devono quindi dotare la società di un’efficiente struttura organizzativa, appropriata e congeniale alle sue specifiche esigenze e caratteristiche, in particolare, alla natura dell’attività esercitata in relazione al settore di appartenenza, ed alle dimensioni del complesso societario.
L’assetto organizzativo riguarda l’organigramma della società e ha ad oggetto la suddivisione dei compiti tra le diverse funzioni della società, ossia singoli soggetti, uffici e divisioni. Essa è regolata dai principi – sviluppati dalla dottrina aziendalista – di gerarchia e coordinamento e postula l’attivazione di direzioni strategiche come la direzione vendite, la direzione marketing, e, quando necessario, la direzione generale). Particolare importanza al riguardo ha assunto la previsione di modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire reati ai sensi del D.lgs. n. 231/2001.
L’assetto amministrativo riguarda principalmente i processi atti ad assicurare il corretto svolgimento delle singole attività aziendali; un assetto amministrativo adeguato richiede, per le imprese di maggiori dimensioni, la realizzazione o adozione di un sistema informativo tale da consentire ai singoli funzionari – e in particolare alle funzioni apicali – di ricevere tutte le informazioni necessarie al corretto adempimento delle proprie funzioni. Si tratta di uno degli aspetti di maggiore importanza nell’impresa, in quanto la creazione di un sistema amministrativo coordinato e integrato, idoneo ad assicurare una corretta informazione all’interno della società, è essenziale per il corretto funzionamento dell’organo amministrativo apicale, ossia il CdA.
L’assetto contabile riguarda le strutture di rilevazione contabile e finanziaria dell’impresa, ossia di tutte le scritture, registri e documenti richiesti dalla legge all’imprenditore societario, e generalmente si traduce nella creazione di una direzione amministrativa con funzionari ad essa preposti.
Predisporre assetti adeguati significa realizzare un sistema coordinato e integrato di regole, strutture e procedure tra di loro connesse, idoneo ad assicurare risultati di gestione soddisfacenti e a ridurre la possibilità di errore grazie alla suddivisione per fasi dei diversi processi. Si tratta, in altre parole, della cosiddetta “procedimentalizzazione” dell’organizzazione aziendale.
Alla norma di cui all’art. 2381 comma 5 c.c., dettata solo per le S.p.A., si è poi aggiunta la norma generale – applicabile a tutte le società, ivi comprese quelle di persone – di cui all’art. 2086 comma 2 c.c., introdotta dal D.lgs. n. 14/2014 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, “CCII”), che pone l’obbligo in capo agli amministratori di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
L’obbligo degli amministratori delegati è quindi duplice; essi devono infatti:
- anzitutto istituire adeguati assetti organizzativi, anche (ma non solo) in funzione della rilevazione tempestiva di eventuali sintomi di crisi e della perdita di continuità aziendale;
- in secondo luogo, e conseguentemente, attivarsi senza indugio per utilizzare gli strumenti che l’ordinamento pone a loro disposizione per superare la crisi, se questa si è manifestata, e per il recupero della continuità aziendale.
Spetta poi al CdA vigiliare sull’adeguatezza degli assetti, operando una valutazione attiva e periodica. Su questo tema si rimanda all’apposito approfondimento pubblicato in altro articolo.
In secondo luogo, gli amministratori delegati devono redigere, ogni sei mesi ovvero con la maggiore periodicità fissata nello statuto, la relazione avente ad oggetto il generale andamento della gestione, indirizzata al CdA e al collegio sindacale. In particolare, ai sensi dell’art. 2381, 5° comma, c.c., gli organi delegati devono riferire al CdA:
- sul generale andamento della gestione;
- sulla prevedibile evoluzione della gestione;
- sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.
Il reporting da parte dell’organo delegato è finalizzato a consentire al CdA, ai sensi dell’art. 2381, 3° comma c.c., di valutare il generale andamento della gestione. La delega dei poteri gestori crea, inevitabilmente, un problema di asimmetria informativa tra amministratori delegati e amministratori deleganti: come è noto, infatti, soltanto i primi gestiscono la società quotidianamente e a tempo pieno, sono a capo della struttura e sono pertanto in grado di conoscere i fatti e le criticità gestionali, mentre i secondi partecipano soltanto alle riunioni del CdA (che possono essere più o meno frequenti) e hanno necessariamente a disposizione minori informazioni sulla società. Da qui l’essenzialità di una corretta informazione endoconsiliare, ossia all’interno del CdA e tra amministratori delegati e deleganti, al fine di garantire la trasparenza e la correttezza dell’attività gestionale.
Il legislatore ha pertanto istituzionalizzato un sistema di flussi informativi tra organi delegati ed organi deleganti, che impone ai primi un obbligo di informazione, onera i secondi di un dovere di essere informati e sottopone entrambi al più generale principio secondo cui tutti gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato.
Il flusso informativo indirizzato dagli amministratori delegati al CdA deve riguardare anzitutto il generale andamento della gestione, ovvero la situazione economica complessiva dell’impresa sociale, vista nel suo profilo dinamico. Tale informativa deve fondarsi su sintetici dati contabili che possano riassumere in modo chiaro l’andamento dell’attività economica svolta dalla società nel periodo considerato.
L’obbligo informativo deve far riferimento anche alla prevedibile evoluzione della gestione; ciò implica una valutazione prognostica che l’organo delegato è tenuto a sottoporre al CdA e al collegio sindacale, cui è rimessa ogni eventuale valutazione finale, nell’ambito delle rispettive competenze e responsabilità.
La relazione dell’organo delegato – che presenta significative analogie con la relazione sulla gestione a corredo del bilancio d’esercizio, di cui all’art. 2428 c.c. – contiene quindi due parti distinte:
- una storica, attinente alla gestione pregressa;
- un’altra invece previsionale, concernente la gestione futura.
In ogni caso, la relazione deve contenere un’indicazione delle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate; tali operazioni comprendono non sono solo quelle di maggiore rilievo economico, ma quelle che, seppure economicamente non particolarmente significative, sono anomale rispetto alla normale attività sociale, o sono in potenziale conflitto con parti correlate.
L’obbligo periodico di informazione da parte degli amministratori delegati riguarda non solo le operazioni di maggior rilievo effettuate dalla società, ma anche quelle effettuate dalle società controllate. È infatti dovere degli amministratori delegati della controllante curare la trasmissione dei dati delle società eterodirette e dei flussi informativi infragruppo.
Al di là della relazione semestrale, gli amministratori delegati devono rispondere alle richieste di chiarimento su qualunque aspetto della gestione sociale, rivolti loro dagli amministratori deleganti, in adempimento del dovere di informazione e controllo ad essi spettante, riferendone in seno al CdA.
Mentre le richieste di informazione da parte degli amministratori deleganti possono essere avanzate in ogni momento – e cioè durante la seduta del Cda, prima o dopo di essa – le risposte in merito alle stesse devono invece essere rese dagli amministratori delegati soltanto nell’ambito della riunione del CdA. Tale regola mira a garantire la parità di trattamento sul piano informativo di amministratori (e sindaci), assicurando cioè a costoro la possibilità di ricevere (e apprezzare) contestualmente tutte le informazioni prescritte Le risposte fornite dai delegati a tale organo sono in grado di stimolare un dibattito e sollecitare ulteriori interrogativi o approfondimenti, che possono provenire anche da amministratori diversi rispetto a quelli che hanno posto il tema.
6. La responsabilità dell’amministratore delegato
La presenza di amministratori con funzioni delegate comporta una differenziazione dei regimi di responsabilità gestoria. La libertà riconosciuta all’organo delegante nel commisurare i termini della delega alle esigenze concrete e il conseguente ampio potere attribuibile ai delegati (fatta eccezione per le delibere di alta amministrazione) trovano un coerente contrappeso nel regime di responsabilità differenziata, diretta dell’organo delegato cui è affidata l’amministrazione e indiretta degli amministratori deleganti per i doveri di valutazione e di intervento.
Infatti, dell’atto dannoso risponde in via diretta solo l’amministratore delegato, ai sensi dell’art. 2392, 1° comma c.c. Tale norma impone, in via generale, agli amministratori di adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Sul punto si rimanda all’approfondimento sulla responsabilità degli amministratori.
I membri del CdA deleganti sono invece responsabili in solido a titolo di culpa in vigilando, ai sensi dell’art. 2392, 2° comma c.c., quando abbiano violato l’obbligo di agire in modo informato (art. 2381, 6° comma c.c.). Si veda in proposito l’approfondimento sulla responsabilità degli amministratori senza deleghe.
La diversificazione degli obblighi degli organi delegati rispetto a quelli dei consiglieri senza deleghe determina dunque una maggiore estensione della responsabilità dei primi rispetto a quella dei secondi, in conformità al loro diverso ruolo e ai loro diversi poteri.
Ai sensi dell’art. 2384 comma 2 c.c., le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito ai danni della società.
Dunque, nel caso in cui gli amministratori compiano atti eccedendo i poteri conferiti con la delega, la società deve subire le conseguenze negative dell’operato infedele degli amministratori stessi, privilegiando le esigenze di certezza del diritto, salvo che venga fornita la prova dell’intenzione dei terzi di agire ai danni della società. La società potrà però rivalersi nei confronti degli amministratori, revocando gli stessi per giusta causa, promuovendo azioni di responsabilità o denunce di gravi irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c.
7. La delega dei poteri gestori nella S.r.l.
La legge non disciplina l’istituto della delega nella S.r.l. In questo tipo societario sono adottabili diversi modelli in ordine al funzionamento dell’organo gestorio pluripersonale: l’amministrazione disgiunta, quella congiunta, il CdA (funzionante secondo le regole della collegialità o mediante le tecniche del consenso espresso per iscritto o della consultazione scritta); si veda in proposito l’approfondimento pubblicato in altro articolo. Occorre, dunque verificare se le regole dettate per la delega di potere gestorio dall’art. 2381 c.c. siano estensibili anche alla S.r.l.
Le norme in tema di S.r.l. non offrono alcuna indicazione relativamente alla possibilità di un’articolazione interna del CdA, né – di conseguenza – relativamente al regime applicabile all’amministratore delegato e al comitato esecutivo. Si ritiene che sia ammissibile la delega nella S.r.l. che abbia adottato il sistema legale di amministrazione consiliare, dato l’ampio spazio riconosciuto all’autonomia privata nell’articolazione interna delle strutture organizzative della società.
I soci possono quindi autorizzare – con espressa clausola dell’atto costitutivo o mediante apposita decisione – il CdA a prevedere al suo interno un comitato esecutivo o uno o più amministratori delegati, escludendo taluni amministratori dalla gestione attiva. Del resto, il sistema legale della S.r.l. consente, anche in caso di amministrazione pluripersonale, l’esercizio individuale della funzione gestoria mediante l’adozione del modello disgiuntivo.
Oltre che nel caso nel caso di amministrazione consiliare, la delega è pienamente ammissibile qualora i soci di S.r.l. abbiano optato per il modello di amministrazione congiunta, previa autorizzazione contenuta nell’atto costitutivo o in una decisione dei soci. Nell’amministrazione congiunta, infatti, l’esercizio della funzione gestoria è necessariamente collettivo (all’unanimità o a maggioranza), e nella stessa può dunque emergere l’utilità del ricorso alla delega da parte di tutti gli amministratori ad uno (o più) di essi, in vista delle esigenze di semplificazione e di specializzazione.
In tale modello, devono ritenersi delegabili tutte le attribuzioni dell’organo amministrativo, salve alcune limitazioni legali (in particolare, le materie riservate alla competenza dell’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 2475, 5° comma, c.c.). La rappresentanza legale della S.r.l, ai sensi dell’art. 2475-bis, 1° comma, c.c. continua a spettare, nel caso di delega, all’organo delegante (e quindi alla pluralità di amministratori in regime congiunto, ovvero al CdA, che potrà agire disgiuntamente o congiuntamente), salva la possibilità per l’atto costitutivo di riservarla in capo all’amministratore delegato.
Non è invece ammissibile la delega gestoria nella S.r.l. nell’ipotesi di amministrazione disgiunta, dove la stessa configurazione di una pluralità di soggetti per legge legittimati ad agire separatamente, rende inutile – oltre che impraticabile – il ricorso alla delega gestoria. In tal caso, la responsabilità degli amministratori è sempre solidale e diretta (artt. 2476, 1° comma e 2260, 2° comma, c.c.), nel senso che tutti gli amministratori sono corresponsabili allo stesso titolo dell’attività gestoria, salvo che non dimostrino di essere esenti da colpa (art. 2476, 1° comma c.c.).
In caso di opzione statutaria per un modello di amministrazione plurimo (collegiale o congiuntivo) articolato per deleghe gestorie, si applicano le stesse norme che, anche nel modello legale di amministrazione consiliare, individuano attribuzioni gestorie legislativamente non delegabili.
In proposito, l’art. 2475, 5° comma, c.c., elencando le materie rientranti nella competenza inderogabile dell’organo amministrativo (ovvero: progetto di bilancio, progetti di fusione e di scissione e aumenti delegati del capitale sociale), delimita altresì l’ambito dell’esercizio esclusivo dell’organo delegante. Altre materie non delegabili si ricavano, poi, da quelle norme che riservano decisioni alla deliberazione degli amministratori ovvero dell’organo amministrativo, ovvero gli artt. 2505, 2° comma, e 2505-bis, 2° comma, c.c. (decisione di procedere alle c.d. fusioni semplificate).
Occorre in ogni caso evidenziare che il D.lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi e dell’Insolvenza, CCII) ha introdotto il comma sesto dell’art. 2475 c.c., ai sensi del quale, in caso di nomina di organi delegati nella S.r.l., si applica, in quanto compatibile, l’art. 2381 c.c. Anche nella S.r.l. si applica pertanto la norma in tema di flussi informativi propria della S.p.A.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in Diritto Societario
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