Il patto di non concorrenza nel contratto di agenzia
Il patto di concorrenza post contrattuale è il contratto, in base al quale è fatto divieto all’agente di svolgere attività in concorrenza con il preponente per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia. Esso consente di tutelare l’avviamento e la clientela dell’impresa molto più efficacemente di quanto possano consentire le norme contro la concorrenza sleale. Poiché la limitazione alla concorrenza può implicare una significativa restrizione della capacità lavorativa dell’agente, l’art. 1751-bis Cod. civ pone alcuni precisi limiti di validità per tale patto.
1. La finalità del patto di non concorrenza post-contrattuale con l’agente
Durante il contratto di agenzia, una serie di norme del Codice Civile (in particolare gli artt. 1743 e 1746) impongono all’agente la massima collaborazione con la società preponente. L’agente non può infatti svolgere la propria attività per conto di altre società concorrenti (salvo deroghe espresse nel contratto) e deve quindi tutelare i soli interessi della società preponente, comportandosi con lealtà e in buona fede.
Finché è in forza il contratto di agenzia vi è dunque un’esclusiva reciproca tra preponente ed agente, in base al quale nessuno dei quali può fare concorrenza all’altro.
Una volta invece terminato il contratto, invece, l’agente non è soggetto a particolari vincoli e può quindi esercitare attività con altre società anche concorrenti con l’ex preponente, con il solo limite della concorrenza sleale.
In tal modo, tuttavia, l’agente potrebbe, una volta cessato il contratto, sfruttare i contatti con i clienti precedentemente instaurati e le conoscenze riservate acquisite nel precedente rapporto per operare con una società concorrente, in tal modo riducendo la quota di mercato della società per la quale ha precedentemente operato e danneggiando quest’ultima anche gravemente.
Se dunque il preponente vuole evitare che l’agente, una volta cessato il rapporto, inizi un’attività in concorrenza, deve stipulare con quest’ultimo un apposito accordo. Il patto di non concorrenza post contrattuale è appunto un contratto, in base al quale è fatto divieto all’agente di svolgere attività in concorrenza con il preponente per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia.
Tale contratto consente di tutelare l’avviamento e la clientela dell’impresa, molto più efficacemente di quanto possano consentire le norme contro la concorrenza sleale; queste ultime proteggono infatti le imprese solo nei confronti di atti di confusione, denigrazione, storno di clienti etc., non facili da dimostrare o comunque facilmente “camuffabili” dagli ex agenti.
2. La disciplina del patto di non concorrenza nell’agenzia
Il patto di non concorrenza nell’agenzia è disciplinato dall’art. 1751-bis Cod. civ., il quale pone tuttavia alcuni precisi limiti di validità, poiché la limitazione alla concorrenza può implicare una significativa restrizione della capacità lavorativa dell’agente.
In primo luogo, tale patto deve riguardare la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi per il quale era stato concluso il contratto di agenzia. Naturalmente è possibile che il patto abbia un oggetto più limitato rispetto al contratto di agenzia (ad esempio, l’agente operava in tutta la Lombardia, mentre il patto di non concorrenza vale solo per la provincia di Milano); se invece esso fosse più esteso della zona contrattuale, è comunque valido solo nell’ambito del contratto di agenzia (ad esempio, se l’agente operava in Lombardia, e il patto di non concorrenza viene stipulato per tutto il Nord Italia, esso sarà valido solo per la Lombardia).
In secondo luogo, il patto di concorrenza post contrattuale non può avere durata superiore a due anni successivi al termine del contratto di agenzia. È possibile prevedere una estensione temporale minore, mentre qualora si preveda un’estensione maggiore dei due anni il patto sarà comunque valido solo per due anni.
3. L’indennità per l’agente
Infine, affinché un patto di concorrenza post contrattuale sia valido, occorre che il preponente corrisponda all’agente un’indennità.
L’indennità è stabilita dai singoli accordi economici nazionali (AEC), a seconda dei vari settori nonché in considerazione del fatto che l’agente sia mono o pluri-mandatario.
In caso di disaccordo, qualora gli AEC non siano applicabili, l’indennità viene stabilita dal giudice in via equitativa, tenuto conto della media dei corrispettivi riscossi, della causa di cessazione del contratto di agenzia, dell’ampiezza della zona assegnata e dell’esistenza o meno del vincolo di esclusività per un solo preponente.
L’indennità per il divieto di concorrenza non ha natura provvigionale – e quindi non può essere utilizzata per calcolare l’ammontare dell’indennità di fine rapporto (art. 1751 cod. civ.) – e deve essere corrisposta all’agente alla cessazione del contratto.
Talvolta la casa mandante si riserva di esercitare la facoltà di esercitare il patto di non concorrenza al termine del rapporto; in tal caso il patto ha validità solo se la mandante esercita l’opzione, comunicando la sua facoltà all’agente, corrispondendo la relativa indennità. Tale previsione è ritenuta valida dalla giurisprudenza, che invece si è espressa in senso negativo qualora il preponente si riservi la possibilità di recedere da tale patto; in tal caso infatti si è ritenuto che l’agente non possa subire il recesso del datore di lavoro/preponente nel corso della vigenza del patto, e quindi perdere il diritto all’indennità
Se l’agente non viene indennizzato, l’agente non può comunque ritenersi “libero” dagli obblighi nascenti dal patto di non concorrenza, ed è quindi tenuto ad astenersi dall’effettuare attività concorrenziali con il preponente, ma ha solo diritto a ricevere l’indennizzo.
4. L’efficacia obbligatoria del vincolo derivante dal patto di non concorrenza
Qualora, a fronte di un patto di non concorrenza, l’agente non venga indennizzato, l’agente non può comunque ritenersi “libero” dalle obbligazioni oggetto del patto di non concorrenza, potendo al più vantare il diritto a ricevere il pagamento dell’indennizzo; si tratta della c.d. efficacia obbligatoria del patto di non concorrenza.
Come infatti riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza, in caso di mancato pagamento dell’indennizzo, l’agente non può rifiutarsi di adempiere all’obbligo di non concorrenza dallo stesso assunto, e ritenersi liberazione dal vincolo contrattuale; tale comportamento costituirebbe un inadempimento non proporzionato rispetto all’inadempimento del preponente. Ciò in quanto:
- Vi è una evidente disomogeneità tra l’obbligazione inadempiuta dalla preponente (pagamento dell’indennizzo) e quella rifiutata dall’agente (non esercitare attività in concorrenza);
- Non vi è contemporaneità” tra le prestazioni delle Parti: quella della preponente è dovuta alla cessazione del contratto, mentre quella dell’agente è dovuta per tutto il periodo corrispondente alla durata del vincolo di non concorrenza post-contrattuale.
Inoltre, va considerata l’imprevedibilità delle conseguenze dell’inadempimento del patto di non concorrenza, suscettibile di arrecare pregiudizi di diversa specie (patrimoniale, con aspetti di lucro cessante, all’immagine, con risvolti legati ad esempio alla possibile rivelazione di dati aziendali) ed ammontare (di fatto non esattamente preventivabile) a fronte dell’assai più circoscritto carattere delle conseguenze dell’inadempimento della preponente.
5. L’opzione nel patto di concorrenza con l’agente
Spesso, nell’ambito di un patto di non concorrenza post contrattuale, il preponente si riserva di opzionare la facoltà di attivare il patto di non concorrenza alla cessazione del rapporto, previa comunicazione da formularsi per iscritto all’agente.
In tali casi, la giurisprudenza ha ritenuto nulla la clausola con cui il proponente si fosse riservato non solo il diritto di esercitare l’opzione per l’attivazione di un patto di non concorrenza – con obbligo quindi di corrispondere la relativa indennità – ma anche la facoltà discrezionale di recedere da tale patto. Ciò infatti fa sì che l’agente si trovi non soltanto a dover subire la compressione della possibilità di esercitare aliunde altra attività, ma anche a subire il recesso del preponente nel corso della vigenza del patto e, quindi, di perdere il diritto all’indennità.
È invece ritenuta valida la clausola con cui l’agente conceda al preponente l’opzione irrevocabile in ordine al patto di non concorrenza, con la conseguenza che – in una simile fattispecie – il patto potrà perfezionarsi solo nel caso in cui il preponente eserciti l’opzione.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Contrattualistica d’Impresa
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