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lettera intenti loi

La lettera d’intenti (LOI): cos’è, a cosa serve, come evitare rischi

29 Aprile 2021/in Diritto societario, News

La lettera d’intenti (LOI) è uno strumento molto utile e diffuso, sia in ambito nazionale che in ambito internazionale. Essa serve principalmente a regolamentare le future trattative tra le parti, in vista di un contratto che le parti hanno iniziato a negoziare, ma non hanno ancora concluso. In quanto tale, la LOI è un accordo non vincolante – se si eccettuano alcuni elementi quali obblighi di riservatezza o di esclusiva – e quindi non da’ luogo in generale al sorgere di responsabilità in capo alle parti. Ma capita abbastanza spesso che le lettere d’intenti contengano – senza che le parti ne siano pienamente consapevoli – obblighi vincolanti, che attengono al contenuto dell’affare che le parti si accingono a concludere; in tal caso, la LOI si trasforma in un vero e proprio contratto (definitivo o preliminare), con conseguenti responsabilità in caso di inadempimento.

Indice

1.Le lettere d’intenti (LOI): cosa sono e a cosa servono

La lettera d’intenti (letter of intent, LOI) è uno strumento molto utile e diffuso soprattutto nella fase delle trattative che precedono la sottoscrizione di un contratto, sia in ambito nazionale che in ambito internazionale.

Generalmente la LOI costituisce un accordo meramente preparatorio, che viene sottoscritto quando le parti hanno già avviato una trattativa volta ad un possibile contratto finale (ad esempio l’acquisizione o l’affitto di un’azienda, l’acquisto di una quota societaria, un contratto di joint venture, un accordo di licenza, etc.), ma non hanno ancora definito gli aspetti essenziali di tale contratto.

La LOI ha infatti essenzialmente le seguenti finalità:

  • fare il punto circa lo stato delle trattative (“where we are”), separando le questioni già risolte da quelle ancora aperte;
  • prefissare i termini della futura trattativa, ad esempio stabilendo se in quali termini verranno elaborati uno studio di fattibilità per una joint venture, un test o un esperimento per un contratto di licenza, una due diligence per l’acquisto di un ramo di azienda, etc.;
  • giustificare al management la prosecuzione di un negoziato costoso e impegnativo;
  • documentare a terzi (ad esempio autorità che devono concedere autorizzazioni, o banche finanziatrici) lo stato della trattativa.

2.Il contenuto di una lettera d’intenti

Il contenuto di una lettera d’intenti può essere molto vario. Si tende a ritenere che la LOI sia sempre un accordo non vincolante, che quindi non espone l’impresa a responsabilità e rischi dal punto di vista giuridico; e per tale motivo, spesso viene predisposta in modo superficiale o frettoloso. Ma in realtà, non è sempre vero che la LOI costituisce un documento non vincolante.

Quando la LOI regolamenta soltanto gli aspetti sopra indicati, effettivamente non ha carattere vincolante, cioè non implica l’assunzione di obblighi contrattuali. Anche in questo caso, tuttavia, nel caso in cui una delle parti non si attenesse a quanto stabilito nella LOI (e quindi ad esempio non effettuasse una due diligence nei tempi stabiliti, o si rifiutasse improvvisamente di proseguire le trattative), potrebbe incorrere in responsabilità pre-contrattuale nei confronti dell’altra parte, e quindi potrebbe essere tenuta a risarcire all’altra parte i costi delle trattative e la perdita di favorevoli occasioni contrattuali.

Ma spesso le lettere d’intenti contengono, oltre a quanto sopra descritto, anche altri accordi, quali ad esempio:

  • accordi di riservatetezza (confidentiality agreements), che prevedono l’obbligo di non divulgare a terzi le informazioni riservate scambiate tra le parti in sede di trattative;
  • accordi di esclusiva, che obbligano le parti a non intrattenere contemporaneamente altre negoziazioni con terzi per la stessa operazione.

Tali accordi, a differenza dei precedenti, sono vincolanti tra le parti, e quindi il loro inadempimento è fonte di responsabilità contrattuale, con il conseguente obbligo della parte inadempiente di risarcire il danno (in questo caso in misura piena, ovvero pari al danno emergente e al lucro cessante).

3.Le “false” lettere d’intenti e le loro possibili conseguenze

Inoltre, capita abbastanza spesso che le lettere d’intenti contengano anche altri obblighi vincolanti, che attengono al contenuto dell’affare che le parti si accingono a concludere. In tal caso, a dispetto del nome, non ci troviamo di fronte ad una semplice LOI, ma a un vero e proprio accordo vincolante.

Ad esempio, se in una “LOI” finalizzata all’acquisizione di un ramo di azienda le parti, oltre a disciplinare l’obbligo di segretezza, lo svolgimento di una successiva due diligence etc., stabiliscono già anche il prezzo dell’azienda e altri elementi fondamentali dell’affare, pur rinviando ad una successiva definizione di una serie di punti accessori, ci troviamo di fronte non già ad un semplice accordo preparatorio concluso durante le trattative – cioè una vera e propria lettera d’intenti – ma ad un vero e proprio contratto definitivo di acquisto di ramo d’azienda, o eventualmente un contratto preliminare, con tutte le conseguenze sul piano delle responsabilità.

Facciamo un altro esempio. Ipotizziamo che Tizio e Caio sottoscrivono una “LOI” nella quale Tizio si accorda per cedere a Caio un immobile a fronte del pagamento del corrispettivo di Euro 100, lasciando ad una seconda fase la determinazione delle eventuali garanzie accessorie e dei termini di pagamento. Ipotizziamo poi che, nella prosecuzione delle trattative, Caio, rimetta in discussione l’accordo e proponga di perfezionare la compravendita con il pagamento, a titolo di corrispettivo, di Euro 50. A questo punto, Tizio, saltata la trattativa, può chiedere in giudizio non soltanto il rimborso  delle spese sostenute per le negoziazioni e l’eventuale danno conseguente ad altre occasioni perse, ma anche il risarcimento del danno dato dalla differenza tra il prezzo pattuito nella “LOI” e quello di mercato dell’immobile, trattandosi di un vero e proprio inadempimento contrattuale da parte di Caio.

E’ chiaro che questo tipo di obblighi – che spesso le parti introducono in una lettera d’intenti senza esserne del tutto consapevoli – non dovrebbero essere contenuti in una (vera) LOI, ma dovrebbero essere rimandati al futuro eventuale accordo definitivo. Anche perché spesso, proprio perché contenuti in una LOI – che le parti credono essere non vincolante – tali obblighi sono spesso descritti in modo approssimativo e impreciso, e quindi possono dare poi luogo a controversie di difficile soluzione.

Una lettera d’intenti dovrebbe, invece, limitarsi a regolamentare le future trattative e a contenere, al più, solo obblighi di riservatezza o di esclusiva; e quindi dovrebbe essere un documento tendenzialmente breve e conciso. Non dovrebbe, invece, altri elementi dai quali possa desumersi che le parti abbiano in realtà già concluso un accordo definitivo e vincolante. Evitando, in tal modo, la situazione – che invece si verifica abbastanza frequentemente – che le parti sottoscrivano un accordo, impropriamente denominato “Lettera d’intenti”, che in realtà contiene, oltre agli elementi tipici della fase delle trattative, anche gli elementi fondamentali dell’accordo finale.

E’ pertanto di fondamentale, quando un’impresa intenda sottoscrivere una LOI, rivolgersi ad un legale esperto che rediga tale accordo precisando chiarezza quali aspetti sono già vincolanti per le parti, separandoli da quelli non vincolanti, onde evitare spiacevoli conseguenze non volute.

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato Diritto Societario Consulenza Legale

 

Per altri articoli  di approfondimento su tematiche attinenti il diritto d’impresa: visitate il nostro blog.


Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate  non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in  alcun modo considerarsi come sostitutivo  di una consulenza legale specifica.

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