Il contratto di sponsorizzazione
La sponsorizzazione è un contratto in base al quale un soggetto (sponsee) si obbliga ad associare alla propria attività il nome o il segno distintivo di un altro soggetto (sponsor), contro corrispettivo, divulgandone così l’immagine o il marchio presso il pubblico e amplificandone, in maniera indiretta, le vendite dei prodotti. La sponsorizzazione è riconducibile alla categoria dei contratti di pubblicità, dato che lo sponsor effettua una tipica forma di comunicazione d’impresa attraverso l’abbinamento dei propri marchi o di altri propri segni distintivi all’attività dello sponsee.
1. Caratteristiche della sponsorizzazione
La sponsorizzazione è un contratto in base al quale un soggetto (sponsee) si obbliga ad associare alla propria attività il nome o il segno distintivo di un altro soggetto (sponsor), contro corrispettivo, divulgandone così l’immagine o il marchio presso il pubblico e amplificandone, in maniera indiretta, le vendite dei prodotti.
Il contratto di sponsorizzazione è riconducibile alla vasta categoria dei contratti di pubblicità, dato che lo sponsor effettua, attraverso questo rapporto, una tipica forma di comunicazione d’impresa attraverso l’abbinamento dei propri marchi o di altri propri segni distintivi all’attività dello sponsee.
La sponsorizzazione costituisce infatti parte integrante della strategia di marketing dell’impresa (marketing mix). Rientra tra le forme di pubblicità c.d. indiretta, in quanto il pubblico è attirato dall’attività o immagine dello sponsee e solo tramite questi percepisce l’abbinamento creato con lo sponsor. In particolare, la sponsorizzazione rientra nella categoria della pubblicità c.d. istituzionale che, a differenza della pubblicità commerciale, non mira direttamente alla promozione del prodotto bensì alla valorizzazione dell’immagine aziendale.
Di qui l’applicazione ai contratti di sponsorizzazione della normativa in tema di pubblicità, e in particolare della disciplina sulla pubblicità ingannevole (D.lgs. n. 145/2007) e sulle pratiche commerciali scorrette verso i consumatori o le micro-imprese (artt. 20 ss. del Codice del consumo).
Allo stesso tempo, tuttavia, la sponsorizzazione si differenzia dai contratti di pubblicità in senso stretto, in quanto:
- nei contratti pubblicitari l’attività promozionale non è occasionale bensì stabile (si pensi ad esempio ai cartelloni, ai manifesti, agli striscioni pubblicitari relativi ad un prodotto collocati stabilmente – e non in occasione di un particolare evento sportivo – a bordo campo o alle pareti di un centro sportivo);
- nei contratti pubblicitari il messaggio pubblicitario è diretto, riconoscibile, esplicito ed immediato, finalizzato a favorire la vendita di un determinato bene o servizio, mentre nella sponsorizzazione il messaggio è indiretto e non si fonda sulla esaltazione delle qualità del prodotto o del servizio di un’azienda, bensì sulla divulgazione del segno distintivo dello sponsor.
La dinamica della diffusione del messaggio di sponsorizzazione e l’effetto sull’audience dei consumatori sono quindi sensibilmente diversi rispetto a quelli tipici dell’azione pubblicitaria tradizionale, quanto meno per la circostanza che la durata e frequenza del messaggio dipendono dall’evento cui è collegato (sportivo, culturale, ecc.) e non dall’impresa sponsor.
La sponsorizzazione si limita ad abbinare il segno distintivo dell’impresa e (denominazione, immagine, simbolo, ecc.), alla distinta attività di un terzo, distinguendosi così dal contratto di merchandising, nel quale è il terzo produttore o distributore dei beni o servizi, contraddistinti dal marchio dell’impresa, a versare un corrispettivo in denaro per l’apposizione del segno dell’impresa stessa (royalty o fee, conformemente allo schema di un contratto di licenza).
La sponsorizzazione è un contratto oneroso a prestazioni corrispettive; la causa del contratto di sponsorizzazione consiste nell’utilizzazione a fini direttamente o indirettamente pubblicitari, dell’attività, del nome o dell’immagine altrui, in cambio di un corrispettivo che può consistere in un finanziamento in denaro o nella fornitura di materiale o di altri beni.
Questo elemento la distingue rispetto alle ipotesi di erogazioni liberali (donazione, mecenatismo, patrocinio, patronage), nelle quali non vi è a carico dello sponsee alcun obbligo di promozione del nome o del marchio dello sponsor. Pertanto, se la promozione del nome, dell’immagine o dei prodotti e/o servizi dello sponsor è oggetto di preciso obbligo giuridico a carico dello sponsee, si rientra nella sponsorizzazione; se invece l’erogazione è sorretta da spirito di liberalità e non è accompagnata da alcun obbligo a carico dello sponsee, si ha mecenatismo, anche se il finanziatore beneficia comunque di un ritorno di immagine.
La sponsorizzazione è un contratto atipico, ovvero privo di disciplina specifica. Ad esso si applica quindi la disciplina generale del c.c. sul contratto e, per analogia, quella del contratto tipico di volta in volta più affine, in considerazione dello scopo specifico perseguito dalle parti (appalto di servizi, vendita, locazione, mandato, contratto associativo). In quanto atipico, la legittimità del contratto dipende, ai sensi dell’art. 1322 c.c., co. 2, dalla valutazione della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti.
2. Gli obblighi delle parti del contratto di sponsorizzazione e le clausole tipiche
Con riferimento allo sponsor, l’obbligo principale è costituito dal pagamento di una somma di denaro e/o dal trasferimento allo sponsee in proprietà o in godimento temporaneo di altri beni (ad es. attrezzature sportive, generi di abbigliamento, ecc.) o fornitura di specifici servizi (ad es. trasporto, segreteria, ecc.) con applicazione delle relative discipline (ad es. vendita, locazione, comodato).
Il corrispettivo in favore delle sponsee può consistere, oltre all’importo fisso stabilito nel contratto, anche in una serie di bonus legati a risultati e/o a prestazioni individuali (ad esempio il numero di gol, i miglioramenti cronometrici, di misura e di distanza, etc.). Spesso, nei contratti di sponsorizzazione di durata pluriennale, si prevede un incremento dell’importo fisso sulla base dei risultati ottenuti dallo sponsee, o, viceversa, in caso contrario, un abbassamento dell’importo stesso. Inoltre, lo sponsor può obbligarsi anche a fornire determinati prodotti allo sponsee, con obbligo di utilizzo degli stessi in vari contesti (gare, eventi, etc.).
Le obbligazioni principali dello sponsee sono:
- acconsentire all’utilizzo e/o allo sfruttamento commerciale del proprio nome, della propria immagine e di tutti i propri segni distintivi abbinati al brand dello sponsor;
- la prestazione richiesta di volta in volta dal contratto, in base allo specifico ambito di attività (ad esempio la partecipazione di un atleta ad un meeting o ad un match, o l’apparizione ad un evento di natura commerciale organizzato dallo sponsor – quale un’inaugurazione, una convention, una fiera etc. nell’indossare un determinato abbigliamento sportivo, etc).
L’obbligazione dello sponsee è di mezzi e non di risultato: lo sponsee è infatti tenuto a svolgere solo le attività previste dal contratto (visibilità concordata), non a garantire un ritorno pubblicitario allo sponsor (in termini di volumi di vendite, incrementi di fatturato). In caso di mancata realizzazione delle aspettative dello sponsor, quest’ultimo non può quindi chiedere la risoluzione del contratto né il risarcimento dei danni allo sponsee, in quanto il rischio del mancato o ridotto ritorno pubblicitario è in capo allo sponsor.
Il contratto di sponsorizzazione è quindi caratterizzato da una notevole aleatorietà per lo sponsor, il quale non può sapere se a seguito della manifestazione deriverà o meno un vantaggio proporzionato al sacrificio economico sostenuto. Per diminuire l’alea in capo allo sponsor, nella prassi si ricorre a clausole di valorizzazione del corrispettivo in funzione dei risultati raggiunti dallo sponsee e a forme di copertura assicurativa.
Lo sponsee è tuttavia tenuto è tenuto ad osservare la diligenza normalmente necessaria per tutelare l’interesse dello sponsor ed evitare ogni pregiudizio a quest’ultimo, in base ai principi di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e dell’esecuzione del contratto (artt. 1175 e 1375 c.c.). Infatti, la causa del contratto è il ritorno pubblicitario per lo sponsor, la divulgazione dei suoi segni distintivi, anche se non è oggetto delle obbligazioni dello sponsee.
Lo sponsee deve quindi agire in modo da consentire la realizzazione dell’interesse primario dello sponsor (il potenziamento della sua immagine) ed evitare qualsiasi comportamento pregiudizievole al soddisfacimento di tale interesse, anche in assenza di specifiche previsioni contrattuali. In caso di inadempimento agli obblighi di diligenza dello sponsee, lo sponsor è legittimato alla risoluzione del contratto, con eventuale risarcimento del danno, e/o a recedere dal contratto.
Altro elemento che caratterizza il contratto di sponsorizzazione è la piena autonomia dello sponsee nello svolgimento della propria attività. Infatti, è quasi sempre escluso che lo sponsor abbia un potere decisionale nella direzione degli eventi o dell’attività organizzata dallo sponsee. Per contro, lo sponsor non ha nessuna responsabilità riguardante il profilo organizzativo degli eventi o dell’attività.
L’esclusiva è una delle clausole contrattuali più frequenti nei contratti di sponsorizzazione. L’esclusiva può essere legata all’unicità dello sponsor (c.d. ‘sponsorizzazione unica’) o ad un determinato settore merceologico (c.d. ‘esclusiva merceologica’). L’esclusiva obbliga lo sponsee a non effettuare le prestazioni richieste dallo sponsor nei confronti di altri brand che siano direttamente o indirettamente concorrenziali; a tal fine, onde evitare spiacevoli incidenti nella fase esecutiva del contratto, spesso si allega al contratto un elenco di aziende considerate concorrenziali allo sponsor.
L’estensione dell’esclusiva viene generalmente regolamentata dal punto di vista sia temporale che territoriale. Sotto il primo profilo, lo sponsor tende per lo più ad assicurarsi l’esclusiva per un periodo sufficiente affinché la campagna di comunicazione generi nel pubblico il collegamento tra l’immagine dello sponsor e dello sponsee garantendo in tal modo un ritorno pubblicitario adeguato.
Allo stesso modo, lo sponsor tende ad ottenere l’esclusiva per i diversi territori o le diverse aree geografiche in cui opera, in modo da evitare che, con l’incremento della comunicazione tramite internet o i social media, lo sconfinamento in aree geografiche non previste dall’autorizzazione possa generare richieste di risarcimento del danno da parte dello sponsee. Viceversa, lo sponsee soprattutto qualora goda di grande fama, è interessato a circoscrivere quanto più possibile l’estensione dell’esclusiva, in modo da non precludersi la possibilità della stipula di nuovi contratti di sponsorizzazione (ad esempio, per quanto riguarda determinati settori, come la telefonia mobile, può essere interessato ad avere diversi sponsor per le varie aree geografiche).
Pertanto, è nell’interesse delle parti regolamentare dettagliatamente il contenuto del contratto di sponsorizzazione anche sotto tale profilo, al fine di evitare l’insorgere di problematiche che possano portare ad un contenzioso, con effetti negativi per entrambe.
Un’altra clausola molto frequente nei contratti di sponsorizzazione è la prelazione, in base alla quale, qualora lo sponsee dovesse ricevere, nel corso del contratto, una proposta da parte di un soggetto in concorrenza con lo sponsor, lo stesso sponsee è obbligato di trasmettere tale offerta, in originale o in copia, allo sponsor, di modo che, entro un successivo arco temporale, questi abbia la possibilità prevalere rispetto al brand concorrenziale.
Altra clausola molto importante è quella relativa al consenso allo sfruttamento commerciale dell’immagine dello sponsee e ai limiti della sua revocabilità.
Per quanto riguarda la durata del contratto, qualora la sponsorizzazione riguardi un evento singolo o isolato, in mancanza di una durata predeterminata dal contratto, questa deve di norma presumersi limitata a tale evento (compresi eventi in ipotesi complessi, come un intero torneo o un campionato). Qualora invece la sponsorizzazione riguardi un’attività continuativa senza un particolare termine determinabile dalla natura dell’attività stessa (come, per esempio, la sponsorizzazione di un museo o di un sito archeologico), in assenza di pattuizione specifica si potrà ritenere il rapporto a tempo indeterminato, salvo recesso per giusta causa o, in ogni caso, a seguito di un ragionevole preavviso ai sensi dell’art. 1569 c.c. (tenendosi conto, in quest’ultima ipotesi, tanto delle legittime aspettative del soggetto sponsorizzato, quanto dell’interesse anche patrimoniale dello sponsor, per valutare la congruità del relativo termine).
È possibile scaricare un modello di contratto di sponsorizzazione cliccando qui ,con l’avvertenza che è necessario procedere alle opportune modifiche in rapporto alle specificità del singolo caso.
3. La sponsorizzazione cinematografica, audiovisiva, sportiva, culturale
L’abbinamento fra i segni distintivi dello sponsor e l’attività o singoli eventi dello sponsee, che costituisce la causa caratterizzante dei contratti di sponsorizzazione, può verificarsi in diversi settori.
Una delle prime prima forme di sponsorizzazione si ha in relazione alle opere cinematografiche ed audiovisive, sia attraverso l’abbinamento dei segni distintivi dello sponsor alla realizzazione esterna dell’opera, sia mediante l’inclusione di prodotti o servizi con il relativo marchio all’interno dell’opera medesima (c.d. product placement).
La fornitura di questi prodotti o servizi da parte dello sponsor all’interno dell’opera cinematografica od audiovisiva rappresenta un elemento imprescindibile per ricoprire un’ampia quota dei costi di produzione, con il rischio che la visibile e persistente inclusione dei beni di marca all’interno dell’opera interferisca con il normale svolgimento della relativa trama fino a ledere l’autonomia artistica del regista e degli ulteriori collaboratori creativi. Di qui la specifica disciplina di cui all’art. 40-bis D.lgs. n. 177/2005, che prevede alcuni limiti per evitare o quanto meno limitare tali inconvenienti.
Altrettanto frequenti sono divenute, inoltre, le sponsorizzazioni in ambito sportivo, le quali evidenziano, da un lato, l’interesse dello sponsor a rendere visibili i propri marchi o i propri nomi commerciali grazie alla sempre maggiore diffusione mediatica di questi eventi e, dall’altro, l’interesse della squadra sponsorizzata a coprire parzialmente (come per la produzione cinematografica) i sempre più alti costi di organizzazione e d’ingaggio.
In tali ambiti, lo sponsor eroga un corrispettivo in denaro, ovvero beni o servizi, ad un ente culturale pure non caratterizzato da attività commerciale, usufruendo di maggiore visibilità e della collegata valorizzazione dei propri segni distintivi o del proprio avviamento.
Nel settore culturale il rapporto di sponsorizzazione si può, peraltro, invertire, quando è l’ente culturale ad assumere la veste di sponsor attraverso l’abbinamento dei propri simboli o delle proprie denominazioni ad eventi che possono essere, a loro volta, di natura culturale o commerciale. Una fattispecie frequente è il c.d. “patrocinio” di un soggetto pubblico o di un’associazione culturale non avente natura d’impresa, normalmente effettuato a titolo gratuito per veicolare l’immagine dell’ente o dell’associazione attraverso l’evento del terzo, aumentandosi così il prestigio, quanto prevalentemente morale, di entrambe le parti.
La sponsorizzazione da parte di un ente culturale, pubblico o privato, deve essere compatibile con le finalità statutarie ed i limiti legali dell’ente stesso: in particolare, per gli enti pubblici, un limite finanziario alla stipulazione di sponsorizzazioni è stato imposto dall’art. 6, 9° comma, del D.L. n. 78/2010, convertito nella L. n. 122/2010.
4. I contratti di sponsorizzazione nella P.A.
Il ruolo di sponsor può essere rivestito non soltanto da un soggetto privato (imprese commerciali, consorzi d’imprese, istituti bancari e assicurativi, etc.), ma anche da un soggetto pubblico. In base al ruolo rivestito dalla P.A., la sponsorizzazione può essere distinta in due tipologie:
- sponsorizzazione attiva, nella quale la A. assume la veste di sponsor, finanziando e pubblicizzando l’attività di un soggetto terzo;
- sponsorizzazione passiva, nella quale la A. assume la veste di soggetto sponsorizzato (sponsee), destinatario di un finanziamento (privato) indiretto.
In entrambi casi, la P.A. persegue interessi funzionali alla realizzazione del fine pubblico. Da un lato, infatti, le sponsorizzazioni attive costituiscono per la P.A. un modo indiretto per svolgere attività e iniziative pubbliche attraverso soggetti terzi; dall’altro lato, le sponsorizzazioni passive rappresentano per la medesima P.A. una importante forma di recupero di risorse finanziarie.
Per quanto riguarda le sponsorizzazioni attive, la P.A. non può violare il limite del rispetto del perseguimento delle finalità istituzionali proprie dell’amministrazione (c.d. vincolo di scopo). In particolare, la P.A. può assumere il ruolo di sponsor solo qualora non alteri l’immagine di neutralità dell’amministrazione.
Negli ultimi anni, tuttavia, la scarsità di risorse pubbliche e i vincoli ai bilanci degli enti pubblici hanno fatto registrare una brusca frenata del fenomeno della sponsorizzazione attiva. Infatti, dapprima la L. n. 133/2008 ha introdotto, per le amministrazioni pubbliche inserite nell’elenco Istat, un divieto di sponsorizzazione per un ammontare superiore al 30% della spesa sostenuta nell’anno 2007 per le medesime finalità; successivamente, la L. n. 122/2010 (convertendo il DL n. 78/2010) ha posto a decorrere dall’anno 2011 il divieto di spese per sponsorizzazioni a fini di contenimento della spesa pubblica.
Come chiarito dalla Corte dei Conti, per qualificare una contribuzione pubblica quale spesa di sponsorizzazione attiva, a prescindere dalla sua forma, rileva la sua funzione. Pertanto, il divieto di spese per sponsorizzazioni ai sensi della L. n. 122/2010 presuppone un vaglio di natura “teleologica”: solo le spese che mirano ad una mera promozione dell’immagine dell’Ente incappano nel divieto, mentre continuano ad essere legittimi quei contributi (ad esempio di patrocinio), resi in favore di soggetti che svolgono attività e iniziative che potrebbero competere all’ente pubblico.
Sono quindi ammissibili le contribuzioni della P.A. a soggetti terzi per iniziative, anche culturali, di diretto sostegno a finalità sociali o comunque istituzionali e che rappresentano, in via sussidiaria, una modalità alternativa alla realizzazione di fini pubblici rispetto alla diretta erogazione dei servizi da parte dell’amministrazione. In tal caso, la P.A., in aderenza alle regole generali (art. 3, L. n. 241/1990), è tenuta ad evidenziare i presupposti di fatto e il percorso logico alla base dell’erogazione di denaro, nonché il rispetto dei criteri di imparzialità e predeterminazione dei criteri per l’attribuzione di contributi (art. 12 legge n. 241/1990). L’eventuale attribuzione deve risultare conforme al principio di congruità della spesa, che a sua volta presuppone una valutazione comparativa degli interessi complessivi della P.A.
In sintesi, onde evitare comportamenti elusivi del divieto di spese per sponsorizzazioni, la P.A. nel provvedimento di concessione di contributi deve motivare in modo inequivoco la funzione ausiliaria del privato verso il pubblico.
In ogni caso, nelle sponsorizzazioni attive possa non può imporsi alla P.A. il ricorso a procedure concorsuali. La sponsorizzazione attiva è infatti il frutto di una decisione strettamente connessa alle caratteristiche dell’attività o della persona fisica da sponsorizzare, tali da far presumere un importante ritorno di immagine per la P.A.
Per quanto riguarda invece le sponsorizzazioni passive – in cui la P.A. assume la veste di soggetto sponsorizzato e lo sponsor privato paga un corrispettivo – il corrispettivo pagato dallo sponsor privato può consistere in danaro ma anche direttamente nella realizzazione di lavori pubblici, servizi o forniture.
Le sponsorizzazioni passive non gravano sulla spesa pubblica, traducendosi in un ricavo, in caso di corrispettivo in denaro, ovvero in un risparmio di spesa, in caso di corrispettivo pagato in lavori, beni o servizi; pertanto, non sono assoggettate alla disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici. Rientrano, invece, nella categoria dei “contratti esclusi”, pur dovendo rispettare i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, ai sensi dell’art. 4, D.lgs. n. 50/2016.
Ai sensi del D.L. n. 5/2012, vi sono tre diverse tipologie di sponsorizzazioni passive:
- sponsorizzazioni “pure” o di “puro finanziamento”, in cui la parte privata che opera come sponsor si obbliga a corrispondere alla P.A. unicamente un finanziamento in denaro o ad accollarsi le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi di un appalto dovuti dalla P.A.;
- sponsorizzazioni “tecniche”, in cui il privato sponsor si impegna a progettare e realizzare, in tutto o in parte, le prestazioni richieste dalla P.A. interamente a sua cura e a sue spese; lo sponsor non conferisce alla P.A. un finanziamento in denaro, ma si obbliga ad effettuare in favore della stessa determinate prestazioni, che possono consistere nell’esecuzioni di lavori o nella fornitura di beni e servizi strumentali, ponendo le necessarie spese a proprio carico e curando direttamente le fasi di progettazione ed esecuzione;
- sponsorizzazioni “miste”, risultanti dalla combinazione di una sponsorizzazione pura e tecnica (ad esempio lo sponsor si obbliga a curare solo la parte della progettazione ed erogare i fondi per la realizzazione dei lavori previsti).
Il D.lgs. n. 50/2016 ha apportato importanti novità in materia – pur collocando in ogni caso il contratto di sponsorizzazione passiva tra i contratti esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici – introducendo una disciplina semplificata ed unica sia per i contratti di sponsorizzazione passiva dei beni culturali sia per i contratti di sponsorizzazione passiva “ordinaria” riguardanti gli altri settori.
L’art. 19 del D.lgs. n. 50/2016 prevede, infatti, che l’affidamento di contratti di sponsorizzazione “ordinaria” di lavori, servizi o forniture per importi superiori a 40.000 euro è oggetto esclusivamente alla previa pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante, per almeno 30 giorni, di apposito avviso, con il quale si renda nota la ricerca di sponsor per specifici interventi, ovvero si comunichi l’avvenuto ricevimento di una proposta di sponsorizzazione, indicando sinteticamente il contenuto del contratto proposto. Trascorso il periodo di pubblicazione dell’avviso, il contratto può essere liberamente negoziato purché nel rispetto dei principi di imparzialità e di parità di trattamento fra gli operatori che abbiano manifestato interesse, fermo restando l’inesistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 D.lgs. n.50/2016.
Per i contratti di valore inferiore alla soglia di quaranta mila euro, in assenza di specifica disposizione trova applicazione la regola generale, in base alla quale è possibile procedere attraverso affidamento diretto di cui all’art. 36, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 50/2016.
Dunque, è possibile procedere tramite determinazione a contrarre semplificata, nella quale si devono specificare l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso dei requisiti di carattere generale e, ove richiesti, dei requisiti di carattere speciali e la forma del contratto. In questo caso l’Ente deve fornire una motivazione circa:
- la scelta del fornitore;
- la rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che l’Ente deve soddisfare;
- eventuali caratteristiche migliorative apportate dall’affidatario;
- la congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione (principio di economicità);
- il rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti (finalizzato ad assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese e delle PMI).
Ai sensi dell’art. 151 D.lgs. n. 50/2016, la sponsorizzazione passiva nel settore culturale non conosce limiti quantitativi e si applica anche ai contratti il cui valore non superi i 40.000 euro.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in E-commerce
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