Le condizioni di pagamento di un’operazione export: l’assegno bancario internazionale
L’assegno bancario internazionale (chèque o check) si sostanzia in un ordine di pagamento a favore del beneficiario italiano, rivolto dal cliente estero (traente) alla banca presso cui ha costituito una provvista di fondi.
L’assegno bancario può essere presentato alla banca italiana con la richiesta di “negoziarlo” salvo buon fine (Sbf), oppure di inviarlo al “dopo incasso”.
Nel primo caso, l’assegno bancario internazionale, ricevuto o ritirato dal beneficiario italiano, viene consegnato ad una banca che, dopo aver controllato la regolarità formale dello stesso e averlo inviato ad una corrispondente estera (che le gestisce il servizio di “Cash Letter”) insieme a tutti gli assegni negoziati in tale data, provvede ad accreditare il conto corrente del presentatore dell’assegno per l’importo relativo con una valuta di accredito di alcuni giorni dalla data della negoziazione.
Può quindi accadere che, anche dopo alcuni mesi dalla negoziazione e quindi dall’accredito, l’assegno bancario internazionale può ritornare non pagato. La banca negoziatrice sarebbe così costretta a riaddebitare l’importo, precedentemente accreditato, aumentato delle spese e delle commissioni d’insoluto.
Con il “dopo incasso”, invece, la banca che riceve l’assegno estero lo invia per corriere direttamente alla banca estera trattaria con le istruzioni di curare l’incasso del medesimo e, ad avvenuto incasso, ad eseguire l’accredito via Swift. L’accredito a favore del presentatore avverrà, pertanto, soltanto dopo che la banca trasmittente l’assegno avrà ricevuto l’incasso dell’importo.
Il pagamento mediante assegno bancario comporta per il venditore italiano due principali rischi.
In primo luogo, il rischio valutario, in quanto non tutti gli Stati consentono, nei rispettivi regimi valutari, l’utilizzo di assegni per i pagamenti internazionali. Inoltre, manca a tutt’oggi una disciplina uniforme dell’assegno condivisa a livello internazionale.
L’Italia ha aderito, assieme ad oltre una ventina di altri Stati, alla Convenzione di Ginevra del 1931, che considera l’assegno un titolo di credito conferendogli, entro certi limiti, efficacia di titolo esecutivo e dunque attribuendo al creditore il diritto di procedere all’esecuzione forzata.
Altri Paesi, tra cui in particolare quelli di “common law” (come USA e UK), non hanno invece aderito a tale Convenzione e non sono tenuti, pertanto, a riconoscere gli assegni come titoli di credito; quindi ad esempio in tali Paesi se chi ha emesso un assegno a fronte di una fornitura ritiene che la merce ricevuta presenti difetti, può essere ritenuto legittimato a bloccare il pagamento dell’assegno o addirittura a ottenere lo storno dell’addebito relativo.
Il secondo rischio è quello della mancata o inadeguata provvista.
L’assegno bancario infatti differisce dall’assegno circolare con cui una banca si obbliga incondizionatamente a pagare a vista l’importo indicato; l’assegno circolare è emesso dalla banca su richiesta di un cliente una volta che lo stesso abbia già provveduto a versare alla banca la provvista necessaria.
A differenza dell’assegno bancario, dunque, l’assegno circolare è emesso da banche su provvista disponibile; ciò elimina il rischio di insoluto. Infine, occorre considerare che l’assegno può essere contraffatto o falsificato da parte di truffatori ben organizzati, in grado di usare tecniche avanzate per manomettere i formulari di assegni e per riprodurli.
In definitiva, dunque, è opportuno che l’esportatore italiano accetti pagamenti a mezzo assegni bancari solo se non si vi sono altre possibilità e, comunque, mai da operatori provenienti da Paesi non occidentali.
In ogni caso, dovrà essere valutata attentamente l’affidabilità e la solvibilità della controparte estera, e, se del caso, procurarsi una idonea copertura assicurativa.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in Import-Export
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