E-commerce: attenzione alle normative estere
Come è (o dovrebbe essere) noto, in Italia il commercio elettronico è regolamentato da una dettagliata normativa – contenuta principalmente nel D.lgs. n. 70/2003 e nel Codice del Consumo – allo scopo di assicurare trasparenza ed informazione all’acquirente – che a causa delle peculiarità dell’e-commerce non può avere una conoscenza diretta né un contatto immediato con il venditore – e di rendere affidabili e sicure le transazioni on line. A tale normativa devono conformarsi tutte le imprese che operano nell’e-commerce, le quali in difetto rischiano sanzioni anche pesanti, irrogate dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM).
Ciò che è meno noto, o comunque spesso sottovalutato dagli operatori, è che, se l’impresa opera on line non solo entro i confini italiani, ma anche all’estero, cioè si rivolge ad una clientela residente in altri paesi diversi dall’Italia, deve conformarsi anche alle normative vigenti in tutti i paesi in cui opera.
In altri termini, se ad esempio un’impresa italiana vende vino tramite il proprio sito di e-commerce in altri paesi europei, o extraeuropei, la stessa deve attenersi alle prescrizioni dei paesi esteri in cui hanno residenza o domicilio gli acquirenti. Ciò in quanto, soprattutto se si tratta di B2C (cioè di contratti con i consumatori), ogni paese ha una propria distinta regolamentazione degli acquisti online, posta a tutela dei (propri) consumatori.
Infatti, in caso di commercio on line, e in particolare nelle transazioni B2C, si applica sempre la normativa del paese nel quale risiedono gli acquirenti (consumatori), poste a tutela di questi ultimi. Pertanto, anche qualora nelle condizioni generali adottate dall’impresa italiana nel proprio sito web venga designata quale legge applicabile la legge italiana, sarà comunque la normativa del paese in cui opera ad applicarsi (che potrà essere anche divergente rispetto a quella italiana). Così ad esempio, se l’impresa italiana Alfa vende on line i propri prodotti in Francia, anche se nelle condizioni riportate sul proprio sito ha indicato la legge italiana come legge applicabile, si applicherà comunque la legge francese a tutela dei consumatori.
Le normative estere in tema di e-commerce possono essere diverse, anche in modo notevole, da quella italiana. Le differenze in ambito europeo sono nel complesso abbastanza limitate, dato che le normative sul commercio elettronico adottate dai paesi UE sono tutte essenzialmente di derivazione comunitaria (cioè derivano da direttive UE), e quindi sono abbastanza simili (ma non identiche).
La normativa e-commerce principale che regolamenta le transazioni on line a livello europeo è la direttiva UE 2000/31, che è stata adottata da tutti i paesi europei (compresa l’Italia), e che prevede una serie di adempimenti a carico degli operatori (sanzionati dalle diverse authorities nazionali), quali in particolare:
- riportare nelle condizioni generali le informazioni finalizzate alla conclusione del contratto on line, inclusa l’indicazione delle fasi tecniche da seguire e le modalità di archiviazione del contratto;
- indicare le condizioni contrattuali sul sito web in modo chiaro e visibile;
- fornire indicazioni chiare circa il prezzo dei prodotti, eventuali oneri fiscali e costi;
- dare pronto riscontro agli ordini ricevuti attraverso un riepilogo delle condizioni generali applicabili al contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o servizio e l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e degli oneri fiscali.
Vi sono poi le indicazioni da seguire con riferimento alla privacy, anch’esse armonizzate in tutti i paesi UE dal GDPR (e anch’esse sanzionate).
Tuttavia, nonostante la presenza di un quadro uniforme di regole in ambito europeo, ogni paese può regolamentare la materia con disposizioni particolari; per cui occorre esaminare attentamente la legislazione di ogni paese nel quale l’impresa decide di operare con il proprio e-commerce, in quanto possono sussistere norme diverse da paese a paese.
Ad esempio, in Francia la normativa e-commerce prevede che la descrizione di un prodotto in una pagina del sito web è considerata come un’offerta contrattuale vincolante; prevede che l’operatore nel proprio store on line debba spiegare agli utenti nel dettaglio termini e condizioni in materia di garanzia; regolamenta in modo molto dettagliato e rigido gli sconti; regolamenta l’onere della prova in caso di difetti della merce in modo diverso dalla direttiva UE; e così via.
In Germania, il commercio on line è regolamentato dettagliatamente da numerose norme – in particolare in materia di condizioni generali di vendita (AGB) e di informazioni dell’operatore di e-commerce (Impressum), di pulsanti di acquisto on line (Kauf buttons), etc. – che prevedono una serie di sanzioni anche pesanti in caso di inosservanza.
In Spagna, nelle transazioni che coinvolgono un consumatore (B2C), gli operatori on line sono tenuti a fornire, insieme al prodotto ordinato, una copia cartacea delle condizioni di vendita del prodotto e delle specifiche policy sul recesso, ameno che il consumatore rinunzi espressamente a tale diritto.
Le differenze (e quindi le difficoltà per gli operatori on line) aumentano quando si tratta di operare in paesi extra UE, che non hanno una legislazione armonizzata e quindi regolamentano la materia in modo totalmente differente tra paese e paese (con diverse normative e commerce).
In USA, ad esempio, il quadro è particolarmente complesso in quanto, oltre alla normativa federale che regolamenta l’e-commerce, sotto l’egida della Federal Trade Commission (FTC) – a sua volta in modo differenziato a seconda della tipologia dei prodotti – occorre tenere in considerazione le singole normative degli stati, che differiscono notevolmente tra loro. E quindi, per esempio, in caso di vendita online di prodotti food o liquori, ogni stato detta regole diverse in ordine alle licenze, all’etichettatura (labelling), al packaging, etc. Lo stesso dicasi per le norme in materia di privacy.
In Cina vigono norme molto dettagliate in tema di e-commerce, in particolare per quanto concerne la sicurezza e l’igiene di alimenti e di informazioni ai consumatori. Vi sono inoltre precisi e rigidi meccanismi di approvazione obbligatori per l’ingresso di determinati prodotti (ad esempio alimentari, medicinali, alcolici etc.).
Alla luce di quanto sopra, è opportuno che un’impresa di e-commerce che operi in diversi paesi (oltre all’Italia):
- •effettui in via preventiva un’analisi approfondita della legislazione sul commercio elettronico (normativa e-commerce) vigente in ogni singolo paese in cui ha intenzione di operare;
- selezioni accuratamente, alla luce di tale analisi, i paesi in cui decide di operare, operando delle scelte mirate;
- predisponga per ogni singolo paese in cui ha deciso di operare condizioni contrattuali ad hoc, adottando la lingua di ogni singolo paese (quindi non solo l’inglese) ed eventualmente siti web dedicati.
Altrimenti, le imprese che operano on line rischiano di andare incontro a spiacevoli conseguenze; ciò soprattutto quando decidano di operare attraverso il proprio sito di e-commerce (anziché attraverso retailer online o marketplace), accollandosi così direttamente gli oneri e le conseguenze del proprio operato.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Consulenza Legale E-commerce
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