La liquidazione delle società
La liquidazione è la fase conclusiva della vita della società, durante la quale l’attività di quest’ultima è limitata al realizzo delle attività ed il pagamento delle passività. L’eventuale attivo che residua, dopo il compimento di queste operazioni, viene rimborsato ai soci, proporzionalmente al capitale a suo tempo conferito da ciascuno. La realizzazione dell’attivo, l’estinzione delle passività e l’eventuale ripartizione del residuo attivo tra i soci è compito dei liquidatori, che sono nominati nel momento in cui la società viene messa in liquidazione. Il liquidatore deve convertire il residuo patrimoniale attivo della società in denaro per il soddisfacimento, in via primaria, dei creditori e in via secondaria dei diritti dei soci (rimborso della propria quota ed eventuale ripartizione dell’attivo residuo). I liquidatori devono esercitare le proprie funzioni con diligenza qualificata e sono responsabili per i danni eventualmente cagionati ai soci, alla società, ai creditori, qualora siano inadempienti rispetto agli obblighi previsti dall’art. 2491 c.c. La fase di liquidazione della società è caratterizzata dalla redazione di specifici bilanci, che devono essere predisposti dai liquidatori nei termini e secondo le modalità previste dalla legge. Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, e la società, a questo punto, è estinta.
1. Quando una società entra in liquidazione
La liquidazione si configura come la fase della vita sociale che inizia dopo la verificazione e l’accertamento di una causa di scioglimento e che, gradualmente, conduce la persona giuridica alla sua estinzione passando attraverso una serie di adempimenti intermedi, che competono ai liquidatori.
La società entra quindi in liquidazione contestualmente ai verificarsi di una causa di scioglimento ovvero, quando:
- gli amministratori hanno dichiarato una causa di scioglimento della società e ne hanno provveduto all’iscrizione presso il registro delle imprese (art. 2484 terzo comma c.c.);
- l’assemblea dei soci, riunitasi per deliberare lo scioglimento della società, delibera anche in ordine allo stato di liquidazione.
Con la liquidazione si entra nella fase conclusiva della vita della società, durante la quale l’attività di quest’ultima è limitata al realizzo delle attività ed il pagamento della passività. L’eventuale attivo che residua, dopo il compimento di queste operazioni, viene rimborsato ai soci, proporzionalmente al capitale a suo tempo conferito da ciascuno. Terminato il periodo di liquidazione, la società si estingue e viene cancellata dal registro delle imprese.
La realizzazione dell’attivo, l’estinzione delle passività e l’eventuale ripartizione del residuo attivo tra i soci è compito dei liquidatori, che sono nominati nel momento in cui la società viene messa in liquidazione.
La fase di liquidazione è necessaria per le società di capitali e facoltativa per le società di persone. Relativamente a queste ultime, i soci possono decidere, in luogo dell’avvio della normale procedura di liquidazione, di alienare durante l’esercizio dell’attività ordinaria della società l’intero patrimonio sociale e soddisfare i creditori, ovvero che uno di essi o un terzo acquisti l’attivo e si accolli il passivo, a condizione che i creditori sociali consentano alla liberazione della società e dei soci personalmente responsabili.
2. L’inizio della liquidazione e la nomina dei liquidatori
2.1 Le società di persone
Per quanto riguarda le società di persone, le disposizioni del Codice civile relative alla liquidazione sono contenute negli articoli da 2272 a 2283, che disciplinano la fattispecie della società semplice, esplicitamente richiamate e, pertanto, applicabili anche alle altre società di persone (ovvero società in nome collettivo e società in accomandita semplice).
I soci possono in ogni momento deliberare lo scioglimento della società. A tal fine è necessaria la volontà unanime dei soci, salvo che il contratto sociale non disponga diversamente (art. 2252 c.c.). Nelle società di persone la fase di liquidazione può essere gestita, oltre che da liquidatori appositamente nominati, anche dagli amministratori secondo le modalità previste dal contratto sociale (art. 2275 c.c.).
Inoltre, la fase di liquidazione può avere caratteristiche meramente facoltativo, in quanto ai soci è data la facoltà di evitarla. Il combinato disposto dagli degli artt. 2252 e 2275 c.c., infatti, secondo i principi generali in materia di società di persone, i soci possono determinare liberamente le modalità di liquidazione della società, sia in via preventiva, nell’ambito delle pattuizioni costituenti l’oggetto del contratto sociale, sia in via successiva, mediante accordo fra i soci. In particolare, i soci possono pervenire all’estinzione della società, in luogo di un procedimento formalizzato che potrebbe risultare incongruo rispetto alle esigenze ed alle dimensioni delle società a base personale, nelle quali le ragioni dei creditori della società sono già garantite dal regime di responsabilità illimitata dei medesimi, mediante:
- liquidazione consensuale (ad esempio senza nomina di un liquidatore), una volta definiti tutti i rapporti con i terzi;
- chiedendo al giudice di definire i rispettivi rapporti di dare-avere.
Il ricorso al procedimento formale sarà possibile solo ove manchi l’accordo dei soci ( in assenza di apposite clausole statutarie) ovvero nel caso gli stessi preferiscano avvalersene.
Dal momento in cui si verifica la causa di scioglimento, non è più consentito né agli amministratori (per il periodo in cui rimangono ancora in carica) né ai liquidatori, compiere nuove operazioni (artt. 2274 e 2279 c.c.). Nel corso del periodo che intercorre tra la data della messa in liquidazione della società e la data della nomina dei liquidatori permane in capo agli amministratori la responsabilità di conservare il patrimonio sociale. Tuttavia, tra gli atti che gli amministratori di società di persone possono compiere in questo lasso temporale, rientrano anche la conduzione di affari urgenti e il compimento di azioni necessarie per portare a termine gli impegni assunti precedentemente (art. 2274 c.c.).
Contravvenendo a questo divieto gli amministratori si espongono a possibili azioni di responsabilità da parte dei creditori sociali. Al contrario, per le nuove operazioni compiute senza l’osservanza del divieto disposto dall’art. 2279 c.c., sono, invece, responsabili unicamente ed illimitatamente i liquidatori, sia nei confronti dei terzi sia nei confronti della società.
Ai sensi dell’art. 2277 c.c., gli amministratori hanno l’obbligo di:
- conservare i beni sociali fino alla loro consegna, unitamente ai libri sociali, ai liquidatori;
- presentare il conto della gestione per il periodo compreso tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di messa in liquidazione della società;
- redigere e sottoscrivere assieme ai liquidatori l’inventario dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale.
In seguito alla messa in liquidazione della società, la gestione ordinaria della società passa dall’organo amministrativo ai liquidatori (salvo che la liquidazione della società di persone non venga gestita dagli amministratori stessi). I liquidatori possono essere anche più d’uno; pertanto, nel caso sia nominato un collegio di liquidatori, questo collegio delibera a maggioranza. Per le società di persone, la nomina dei liquidatori deve essere fatta con il consenso di tutti i soci o, in caso di disaccordo, dal presidente del Tribunale (art. 2275 c.c.).
2.2 Le società di capitali
Per quanto riguarda invece le società di capitali, ai sensi dell’art. 2487 c.c., gli amministratori, se l’assemblea non ha già deliberato in ordine alla proceduta di liquidazione contestuale allo scioglimento, devono convocare l’assemblea dei soci per decidere su:
- il numero dei liquidatori e le regole di funzionamento del collegio in caso di pluralità di liquidatori;
- la nomina dei liquidatori, con indicazione di quelli cui spetta la rappresentanza della società;
- i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione; i poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione dell’azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi; gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del migliore realizzo.
Tali elementi possono tuttavia già essere stati stabiliti nell’atto costitutivo o nello statuto oppure essere stati decisi durante l’assemblea che ha deliberato sullo scioglimento e sullo stato di liquidazione.
La nomina dei liquidatori può avvenire in diversi modi:
- da parte dell’assemblea dei soci in sede d’accertamento delle cause di scioglimento;
- da parte dell’assemblea convocata espressamente dagli amministratori;
- da parte del Presidente del Tribunale a seguito dell’inerzia deliberativa assembleare;
Per quanto riguarda la prima modalità di nomina, l’assemblea dei soci provvede ad accertare lo stato di liquidazione della società ed a nominare i liquidatori nei seguenti casi:
- conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguimento (art. 2484 n. 2 c.c.);
- riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale (art. 2484 n.4 c.c.);
- delibera di scioglimento anticipato della società (art. 2484 n. 6 c.c.).
L’assemblea dei soci deve deliberare sul numero dei liquidatori e le regole di funzionamento del collegio in caso di pluralità di liquidatori ( art. 2487 lett. a c.c.). Può essere nominato un solo liquidatore o più liquidatori. In quest’ultimo caso, qualora l’assemblea, per volontà o per dimenticanza, non provveda a stabilire le modalità e le regole di funzionamento di tale organo, si applicato le norme dettate in merito agli amministratori ed in particolare all’esercizio dei loro poteri secondo il metodo collegiale.
Una volta che i liquidatori hanno accettato il provvedimento della loro nomina devono procedere all’iscrizione nel registro delle imprese del provvedimento entro il termine di trenta giorni dall’accettazione della carica.
Qualora l’assemblea non provveda alla nomina dei liquidatori nei casi ora menzionati, essa deve essere convocata dagli amministratori affinché deliberi, con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto, la nomina dei liquidatori (art. 2487 comma 1 c.c.).
La delibera in questione ha natura straordinaria e ai sensi dell’art. 2375 comma 2 c.c. il verbale assembleare deve essere redatto da un notaio.
Se infine gli amministratori omettono la convocazione di cui al comma precedente, il Tribunale vi provvede su istanza di singoli soci o amministratori, ovvero dei sindaci e, nel caso in cui l’assemblea non si costituisca non deliberi, adotta con decreto le decisioni ivi previste ( art.2487 comma 2 c.c.).
La nomina dei liquidatori da parte del Tribunale ha quindi luogo quando gli amministratori non hanno adempiuto correttamente all’obbligo di convocazione assembleare per dare inizio all’avvio della procedura di liquidazione- in quel caso il Magistrato dovrà convocare l’assemblea e qualora questa rimanga ancora una volta inerte, procedere direttamente a nominare i liquidatori- oppure quando l’assemblea, seppur correttamente convocata, non si sia correttamente riunita oppure non sia stata in grado di maturare una decisione- nel qual caso il giudice, senza nessuna convocazione assembleare, provvede direttamente a nominare il liquidatore.
3.Il passaggio delle consegne dagli amministratori ai liquidatori
I liquidatori, una volta nominati, devono provvedere a iscrivere l’avvenuta nomina, con specificazione dei poteri loro attribuiti, nel Registro delle Imprese e devono anche curare di aggiornare tale iscrizione con le eventuali successive modifiche. L’obbligo di iscrizione sussiste anche nel caso in cui siano nominati quali liquidatori coloro che ricoprivano in precedenza la carica di amministratori.
Dal momento della nomina dei liquidatori, la denominazione della società deve essere modificata con l’aggiunta della locuzione “in liquidazione” e la società è rappresentata dai liquidatori (da tutti o da alcuni a seconda dei poteri loro conferiti) e non più dagli amministratori, sia per quanto concerne i rapporti sostanziali che quelli processuali.
Infatti, gli amministratori cessano dalla loro carica, con risoluzione del rapporto di amministrazione che li legava alla società, al momento dell’iscrizione della nomina dei liquidatori nel Registro delle Imprese e devono consegnare a questi ultimi:
- i libri sociali (libri a scritture contabili);
- la situazione dei conti alla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della dichiarazione con la quale gli amministratori hanno accertato il verificarsi della causa medesima( nell’ipotesi di cui al n.6 dell’art. 2484 c.c. alla data dell’iscrizione della delibera assembleare);
- un rendiconto sulla loro gestione relativo al periodo successivo all’approvazione dell’ultimo bilancio.
La “situazione dei conti” costituisce una sorta di inventario che indica la consistenza economica della società e deve contenere una rappresentazione delle attività e delle passività della società al momento di efficacia dello scioglimento. Il rendiconto sulla gestione deve essere redatto dal Consiglio di Amministrazione e indicare le operazioni che gli amministratori hanno posto in essere a seguito dell’approvazione dell’ultimo bilancio d’esercizio sino alla cessazione della carica.
Il ” rendiconto sulla gestione” è un vero e proprio bilancio ” infrannuale”- che deve quindi essere redatto con i criteri del bilancio d’esercizio, previsti dagli artt. 2423 e ss.. c.c.- riguardante la frazione di esercizio sociale intercorrente tra la chiusura dell’esercizio ( anteriore alla data di scioglimento) a cui si riferisce l’ultimo bilancio approvato e la data di pubblicazione della nomina dei liquidatori.
Il passaggio delle consegne dagli amministratori ai liquidatori deve essere formalizzato tramite apposito verbale( art. 2487-bis ult. co c.c.). In caso di comportamenti omissivi od ostruzionistici da parte degli amministratori, essendo i liquidatori investiti dell’obbligo di conservare l’integrità del patrimonio sociale sin dal momento dell’accettazione della nomina, sarà loro interesse agire tempestivamente- se del caso anche in via cautelare- per non essere eventualmente ritenuti corresponsabili di possibili danni cagionati alla società dalla ritardata/ omessa consegna dei libri sociali, della situazione dei conti e del rendiconto sulla loro gestione.
4. La revoca dello stato di liquidazione
La liquidazione può essere revocata mediante delibera in ogni momento. La delibera di revoca dello stato di liquidazione può essere tuttavia adottata soltanto a seguito dell’eliminazione della causa di scioglimento precedentemente accertata dagli amministratori.
Per tale motivo, i liquidatori devono redigere un apposito bilancio, prima della convocazione dell’Assemblea chiamata a deliberare la revoca dello stato di liquidazione, da sottoporre ai soci, in modo da metterli in grado di valutare sia le prospettive concrete di ripresa dell’attività sociale che il tipo di delibera da adottare per eliminare la specifica causa di scioglimento precedentemente accertata.
Una volta adottata la delibera di revoca, con le maggioranze necessarie per le modificazioni dello statuto o dell’atto costitutivo, la stessa deve essere sottoposta a specifici adempimenti pubblicitari. La revoca diviene infatti efficace trascorsi 60 giorni dall’iscrizione della relativa delibera nel Registro delle Imprese, a meno che i creditori sociali non abbiano già prestato il loro consenso alla revoca della liquidazione oppure i creditori dissenzienti siano già stati pagati.
Nel termine dei 60 giorni dall’iscrizione della relativa delibera nel Registro delle Imprese, i creditori sociali anteriori alla liquidazione possono fare opposizione alla revoca della medesima. In questo caso, il Tribunale può disporre comunque la revoca dello stato di liquidazione qualora:
- ritenga infondato il pericolo di pregiudizio rappresentato dai creditori oppostisi alla revoca, oppure,
- la società abbia prestato idonea garanzia per l’eventuale pregiudizio subendo da parte dei creditori sociali.
Una volta revocato lo stato di liquidazione, gli amministratori precedentemente in carica non riacquistano automaticamente le proprie funzioni, l’organo amministrativo deve essere ricostituito ex novo.
Per quanto riguarda gli effetti della revoca dello stato di liquidazione sulla compagine sociale, nelle S.p.A., l’art. 2437 c.c. alla lettera d) attribuisce al socio dissenziente la facoltà di recedere dal rapporto sociale. mentre nelle S.r.l. è l’art. 2473 c.c. ad attribuire il medesimo diritto al socio dissenziente.
5. I poteri degli organi sociali nella fase di liquidazione
L’art.2488c.c. prevede che la disciplina di funzionamento degli organi sociali, amministrativi e di controllo, si applica anche in fase liquidatoria, in quanto compatibile con lo stato di liquidazione.
L’assemblea dei soci non perde la sua funzione di indirizzo ed anzi mantiene un ruolo primario anche in fase di liquidazione, avendo il compito di delimitare e guidare l’opera dei liquidatori nell’esercizio delle loro funzioni. Essa ha la facoltà, in base all’art.2487 comma 1 lett. c) c.c., di deliberare su:
- i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione;
- i poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione dell’azienda sociale, di rami di essa, o anche singoli beni o diritti;
- gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, in funzione del migliore realizzo.
I soci pertanto possono dettare i principi fondamentali ai quali devono attenersi i liquidatori; ad esempio possono:
- stabilire i criteri medianti i quali è possibile determinare i valori dei beni sociali;
- stabilire le caratteristiche soggettive che devono avere i potenziali acquirenti, oppure addirittura l’espressa identità;
- stabilire i tempi della cessione d’azienda oppure le relative modalità d’esecuzione;
- esprimere la possibile volontà di mantenere l’unitarietà e l’integrità dell’azienda sociale.
L’assemblea può altresì modificare le delibere in precedenza assunte circa la liquidazione, con le maggioranze necessarie per la modificazione dello statuto o dell’atto costitutivo( per le S.r.l. quelle indicate nell’art. 2479-bis terzo comma c.c. e per le S.p.A. quelle di cui all’art.2368 secondo comma c.c.). Ad esempio, l’assemblea può deliberare il passaggio da un liquidatore solo ad una pluralità di liquidatori o viceversa, la sostituzione di uno o più liquidatori cessati con altri, l’ampliamento o la riduzione dei poteri dei liquidatori, le modifiche all’attribuzione del potere di rappresentanza della società tra i liquidatori, etc..
La giurisprudenza ritiene che possono essere adottate durante la liquidazione le delibere che sono strumentali all’esercizio del potere/dovere di gestire e governare la società anche nella fase di liquidazione, come ad esempio quelle che stabiliscono il trasferimento della sede sociale, il cambiamento della denominazione sociale, l’istituzione o la soppressione di sedi secondarie. Non è, invece, compatibile con lo stato di liquidazione una delibera che, ad esempio, disponga un aumento di capitale a titolo gratuito, poiché, in questo caso, con il passaggio delle riserve a capitale, si avrebbe un rafforzamento delle capacità patrimoniali della società in chiaro contrasto con le finalità liquidatorie.
In fase di liquidazione non vengano meno neanche le disposizioni relative ai diritti dei soci (ad es. per quanto riguarda il trasferimento e la circolazione delle partecipazioni, il diritto di informazione, controllo, ispezione) e dei creditori particolari del socio (ad es. per quanto riguarda il divieto di soddisfarsi aggredendo il bene conferito alla società dal socio debitore).
6. I poteri dei liquidatori
6.1 I poteri dei liquidatori nelle società di persone
La fase di liquidazione vera e propria inizia con la redazione da parte degli amministratori del conto della gestione, la consegna ai liquidatori dei beni e dei documenti sociali e la redazione dell’inventario iniziale di liquidazione, che deve essere sottoscritto sia dagli amministratori sia dai liquidatori (art. 2277 c.c.).
L’inventario (o la situazione dei conti integrata) viene utilizzato dai liquidatori come indirizzo per le operazioni di liquidazione, che constano nella realizzazione di tutte le attività in esso riportate e quindi nell’estinzione delle passività esistenti. In quest’ultimo caso, i liquidatori sono tenuti a verificare previamente l’esistenza e l’ammontare dei debiti iscritti nella contabilità sociale, con riferimento alla loro esigibilità, tenendo conto anche del grado di privilegio dei creditori. La liquidazione dell’attivo si rende opportuna per costituire le disponibilità necessarie a far fronte al pagamento dei creditori sociali e a facilitare comunque il riparto finale.
Per quanto riguarda le modalità di realizzazione, spetta ai liquidatori valutare la convenienza a realizzare i singoli cespiti oppure il complesso aziendale o un ramo dello stesso, a meno che i soci non abbiano disposto diversamente. Le operazioni di realizzo delle attività e di estinzione delle passività possono intrecciarsi tra loro senza attendere il preventivo realizzo di tutte le attività prima di procedere al pagamento dei debiti. Nel pagamento dei debiti i liquidatori devono, inoltre, valutare l’opportunità di estinguere anticipatamente taluni debiti in relazione, ad esempio, all’opportunità di beneficiare di sconti commerciali o altro.
L’assolvimento dei debiti ed il soddisfacimento dei creditori sociali non costituiscono lo scopo principale della liquidazione, ma soltanto un mezzo tramite il quale viene resa possibile la ripartizione tra i soci dell’eventuale residuo attivo. Secondo la giurisprudenza prevalente, il mancato soddisfacimento dei debiti da parte del liquidatore a causa della mancata realizzazione dell’attivo, e il conseguente deposito di un bilancio finale di liquidazione in cui viene documentata l’esistenza di poste debitorie e creditorie oppure di beni mobili o immobili non liquidati (e non utilizzati quali forma ‘diretta’ di pagamento dei creditori sociali) non consente di ritenere conclusa la fase di liquidazione e quindi di cancellare la società. L’attività del liquidatore non si deve limitare a dare mandato ai soci al fine di proseguire nell’incasso dei crediti e nella dismissione dei cespiti di proprietà sociale, essendo tali attività demandate dal legislatore al liquidatore.
Per quanto concerne le ripartizioni (anche parziali) ai soci prima che tutti i debiti siano estinti, l’art. 2280 c.c. dispone che siano state accantonate le somme necessarie per l’estinzione delle passività residue. I soci, in ogni caso, hanno diritto alla restituzione dei beni conferiti in godimento, secondo quanto stabilito dall’art. 2281 c.c. Qualora l’attivo disponibile non sia sufficiente a far fronte al pagamento dei debiti iscritti nella contabilità sociale, i liquidatori hanno il potere-dovere di chiedere ai soci illimitatamente responsabili ulteriori versamenti e, comunque, i versamenti ancora dovuti ai soci limitatamente responsabili. Qualora in seguito al soddisfacimento dei creditori sociali residui attivo, i liquidatori dovranno comunicare ai soci le modalità con cui intendono ripartirlo.
A tal riguardo, i soci una volta ricevuto per raccomandata il bilancio finale di liquidazione e il piano di riparto, hanno due mesi di tempo (ai sensi dell’art. 2311 c.c.) per fare le proprie osservazioni. In mancanza, la ripartizione avverrà nel seguente modo:
- rimborso dei conferimenti eseguiti dai soci;
- ripartizione “in proporzione della parte di ciascuno ai guadagni” dell’eventuale eccedenza (art. 2282 c.c.).
6.2 I poteri dei liquidatori nelle società di capitali
L’art. 2489 c.c. attribuisce ai liquidatori la facoltà di compiere “tutti gli atti utili” per la liquidazione della società. I liquidatori possono ( e devono) quindi attivarsi per effettuare ogni operazione che, direttamente o indirettamente, sia utile ad una liquidazione fruttuosa, nell’interesse dei soci e dei creditori sociali. I liquidatori hanno quindi ampia libertà d’intervento, al fine di poter monetizzare i beni sociali e procedere all’eventuale distribuzione dell’attivo residuo.
Tuttavia, a differenza di quanto accade per l’operato gestorio degli amministratori, l’assemblea dei soci può limitare i poteri dei liquidatori, dando precise indicazioni sull’attività di liquidazione, alle quali i liquidatori devono puntualmente conformarsi, salvo il caso in cui tali indicazioni siano in contrasto con il dovere di conservazione dell’integrità patrimoniale.
La finalità dell’attività del liquidatore deve essere la massimizzazione della realizzazione del patrimonio sociale, per riuscire a pagare i creditori e a distribuire l’eventuale surplus tra i soci. Il liquidatore deve, quindi, procedere all’attività di liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare della società mediante la conversione in denaro dei beni; alla riscossione dei crediti e alla definizione dei rapporti pendenti; all’eliminazione del passivo mediante la puntuale ricognizione dei debiti ed il loro pagamento con il ricavato del realizzo dell’attivo.
Ai liquidatori è consentita anche la continuazione dell’attività d’impresa, al fine di evitare i danni che una repentina cessazione potrebbe apportare al suo valore, qualora siano stati a ciò autorizzati dall’assemblea dei soci, ai sensi dell’art. 2487 comma 1 c.c.; fermo restando che, in ogni caso, l’attività dei liquidatori deve essere improntata allo scopo di massimizzare l’utilità derivante dalla liquidazione, nell’interesse dei creditori sociali e dei soci.
I liquidatori possono altresì compiere “nuove operazioni” qualora esse siano comunque vincolate alla prospettiva estintiva della società. Eventuali divieti al compimento di particolari operazioni possono essere imposti al liquidatore solo per disposizione statutaria oppure nella delibera assembleare di nomina, qualora esse disciplinino anche i poteri dei liquidatori. Ad esempio, la delibera assembleare di nomina potrà attribuire il potere di rappresentanza processuale e sostanziale della società a tutti oppure soltanto a uno o alcuni dei liquidatori, in via congiuntiva o disgiuntiva tra loro.
I liquidatori hanno il potere di distribuire ai soci acconti sul risultato della liquidazione. Tale facoltà è subordinata alla sussistenza nel patrimonio sociale delle somme necessarie a soddisfare tutti i creditori sociali (art. 2491, comma 2, c.c.). Tali liquidatori devono riferirsi al bilancio per valutare la sussistenza nel caso specifico di tale condizione: oltre allo stato patrimoniale, dovrà essere adeguatamente esaminata la relazione sulla gestione, che ha la funzione specifica di illustrare l’andamento e le prospettive, anche temporali, della liquidazione.
Il liquidatore che distribuisca incautamente acconti ai soci in violazione di questa disposizione si rende responsabile nei confronti dei creditori, in particolare quando non abbia chiesto adeguate garanzie.
L’art.2491 c.c. prevede altresì che i liquidatori possano chiedere ai soci, proporzionalmente, i versamenti ancora dovuti nel caso in cui i fondi non consentano di soddisfare i creditori.
I liquidatori, nel loro operato, devono osservare il principio della “concorsualità liquidatoria”, rispettando la c.d. par condicio creditorum anche in fase di liquidazione volontaria, secondo la graduatoria dei crediti in base ai rispettivi privilegi. Ciò in quanto nell’espletamento del loro incarico i liquidatori sono mandatari, oltre che della società, anche e soprattutto mandatari dei creditori sociali.
Una volta constatata l’incapienza del patrimonio sociale per l’integrale pagamento dei creditori man mano che i rispettivi crediti giungono a scadenza, il liquidatore deve prendere atto dell’impossibilità di eseguire correttamente e compiutamente l’incarico e – anziché provvedere a pagare ugualmente, in tutto o in parte, i creditori man mano che si presentano- promuovere senza indugio una procedura concorsuale per il soddisfacimento paritetico di tutti i creditori; sempre che non riesca a raggiungere lo stesso risultato con un regolamento convenzionale cui abbiano consentito tutti i creditori.
Il liquidatore che operi pagamenti preferenziali di alcuni creditori a discapito di altri a fronte dell’incapienza della società dovrà, pertanto, rispondere del danno da questi ultimi subito ai sensi dell’art. 2489, comma 2, c.c.
7. Gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori
7.1 Obblighi e responsabilità dei liquidatori nelle società di persone
In seguito all’accettazione della loro nomina, i liquidatori:
- sono investiti del potere di compiere gli atti necessari per la liquidazione del patrimonio sociale; in particolare, è espressamente previsto il divieto di compiere nuove operazioni (art. 2279 c.c.) e, inoltre, l’obbligo di rappresentare la società anche in giudizio (art. 2278 c.c.);
- hanno il potere-dovere di richiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e , se occorre, le somme necessarie per far fronte alle obbligazioni sociali, nei limiti della rispettiva responsabilità ed in proporzione alla parte di ciascuno nelle perdite (art. 2280, comma 2, c.c.);
- sono gravati degli obblighi e delle responsabilità stabilite per gli amministratori (art. 2276 c.c.), salvo che non sia diversamente stabilito da altre norme specifiche o dal contratto sociale ed, in particolare, hanno il dovere dell’ordinata tenuta della contabilità e dell’indicazione negli atti societari dello stato di liquidazione della società.
I liquidatori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali e ai terzi qualora essi dovessero:
- contravvenire al divieto di compiere nuove operazioni;
- agire a vantaggio dei soci, in pregiudizio dei creditori, in base al disposto dell’art. 2633 c.c.;
- contravvenire alla regola di ripartire tra i soci l’eventuale residuo attivo con criterio proporzionale.
7.2 Obblighi e responsabilità dei liquidatori nelle società di capitali
Ai sensi dell’art. 2489 secondo comma c.c., i liquidatori hanno l’obbligo di agire professionalmente e diligentemente nell’adempimento delle proprie funzioni, e sono responsabili (analogamente agli amministratori) per i danni eventualmente cagionati a causa della violazione di tali obblighi.
La diligenza dovuta dal liquidatore è qualificata, adeguata al ruolo ricoperto, caratterizzata da una preventiva informazione del liquidatore circa tutti gli elementi utili a ricostruire il quadro societario al momento del suo subentro in carica, che gli consenta di meditare sulle operazioni più utili alla liquidazione e di intraprendere le azioni opportune senza mettere a rischio il patrimonio sociale esistente per propria negligenza, imperizia, ignoranza.
La diligenza e la professionalità del liquidatore si estrinsecano pertanto nell’accertare la reale situazione patrimoniale della società dopo aver analizzato le effettive attività e passività sociali, approfondendo in maniera critica le risultanze dei libri sociali e dei registri contabili loro consegnati dagli amministratori.
Tuttavia, è preclusa la valutazione del merito delle scelte gestionali de liquidatore, allo stesso modo di quanto avviene per il giudizio sulla responsabilità degli amministratori (c.d. business judgment rule).
La responsabilità dei liquidatori verso la società, i soci, i creditori sociali, per inadempimenti dolosi o colposi connessi alla carica ricoperta è di natura extracontrattuale, in quanto parificabile alla responsabilità degli amministratori verso i terzi o i soci ai sensi dell’art. 2395 c.c.
Pertanto, qualora il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, grava sul creditore rimasto insoddisfatto l’onere di dimostrare che il pagamento dei debiti sociali da parte del liquidatore non è stato effettuato nel rispetto del principio della par condicio creditorum, nel rispetto delle cause legittime di prelazione di cui all’art. 2741, secondo comma, c.c., mentre il liquidatore, per andare esente da responsabilità, ha l’onere di dimostrare che l’intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori.
I liquidatori sono responsabili personalmente e solidalmente per eventuali danni cagionati ai creditori sociali esercitando i poteri di cui sopra in mancanza delle condizioni specifiche il cui esercizio è subordinato (art. 2491 ult. co. c.c.). Tale illegittimo comportamento dei liquidatori, oltre a esporli a una responsabilità civile verso i creditori sociali danneggiati, comporta anche una loro responsabilità penale ai sensi dell’art. 2633 c.c. (“Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori”).
I liquidatori possono essere in ogni momento revocati dall’assemblea; qualora questa non provveda, ma sussiste una “giusta causa” di revoca, i soci, i sindaci o anche il pubblico ministero possono depositare istanza di revoca dei liquidatori al Tribunale, ai sensi dell’art. 2487 c.c.. Per “giusta causa” si intende la violazione (grave) dei doveri imposti ai liquidatori della legge e/o dall’atto costitutivo. In particolare, secondo la giurisprudenza, la giusta causa di revoca del liquidatore sussiste quando quest’ultimo eserciti poteri non attribuitigli dall’assemblea in occasione della nomina, in tal modo facendo venir meno il rapporto fiduciario che lo lega alla società e ai soci.
Si applica inoltre anche ai liquidatori la norma di cui all’art. 2409 c.c.; pertanto, i soci possono esperire la relativa azione giudiziale contro i liquidatori nel caso in cui questi abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione della società, ovvero abbiano violato norme di legge, procurando un danno (anche solo potenziale) al patrimonio sociale o un grave turbamento all’attività sociale.
A differenza del procedimento eventualmente istaurato contro i liquidatori ex art. 2487 ult. co. c.c., il giudizio di cui all’art. 2409 c.c. non necessariamente si conclude con la revoca del liquidatore, anche qualora vengano accertate le gravi irregolarità commesse, potendosi anche definire con l’adozione di provvedimenti diversi, diretti alla sola eliminazione delle irregolarità accertate.
Ai sensi dell’art. 2495 c.c. il liquidatore di una società cancellata dal registro delle imprese può essere chiamato a rispondere nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, qualora il loro mancato pagamento sia imputabile a una sua condotta colposa. Il liquidatore, infatti, non può compiere riparti di attivo senza aver necessariamente soddisfatto prima i creditori sociali.
La giurisprudenza ha a tal proposito ritenuto sanzionabile:
- la mancata indicazione del credito oggetto di accertamento nel giudizio di secondo grado tra i debiti sociali;
- il mancato accantonamento delle risorse finanziarie necessarie per adempiere le obbligazioni relative al giudizio di secondo grado;
- la predisposizione di bilanci falsi;
- la cessione di assets aziendali con gli stessi segni distintivi ad altra società con la stessa ragione sociale e il medesimo oggetto e la mancata predisposizione di procedure concorsuali.
Trattandosi di responsabilità extracontrattuali, il creditore insoddisfatto deve dimostrare l’esistenza nel patrimonio della società delle risorse in grado di soddisfare, anche solo parzialmente, la propria pretesa, l’esistenza del credito e la conoscenza dello stesso in capo al liquidatore. I creditori dovranno quindi dimostrare l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di una massa attiva che sia stata distribuita ai soci, invece che ai creditori, oppure che la mancanza di tale massa attiva sia imputabile alla mancanza di attività professionale e diligente dei liquidatori.
Parallelamente all’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore della società, i creditori rimasti insoddisfatti possono far valere le loro pretese anche nei confronti dei soci, nei limiti delle somme da questi riscosse in base al bilancio di liquidazione. Anche in tal caso l’onere della prova grava sul creditore il quale deve dimostrare, in base al bilancio finale di liquidazione, che vi sia stata la distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio medesimo e che una quota di tale attivo sia stata riscossa dal socio.
Infine, il liquidatore è responsabile per il mancato pagamento delle imposte, ai sensi dell’art. 36 comma 1 del DPR 602/73, secondo cui “i liquidatori dei soggetto all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”.
8. I bilancio nella liquidazione
La fase di liquidazione della società è caratterizzata dalla redazione di specifici bilanci, che devono essere predisposti dai liquidatori nei termini e secondo le modalità previste dalla legge:
- i bilanci “in fase di liquidazione” ( 2490 c.c.);
- il bilancio “finale di liquidazione” ( 2492 c.c.).
I bilanci durante la liquidazione della società consentono ai soci di avere un’adeguata informazione circa la situazione patrimoniale della società e di controllare l’operato dei liquidatori, anche eventualmente al fine di chiederne la revoca.
Anche i bilanci redatti durante la liquidazione devono rispettare i principi di verità, chiarezza e correttezza.
Il principio di prudenza, al quale i liquidatori devono improntare in generale il proprio operato, è rispettato qualora nei bilanci infra liquidazione siano iscritti gli utili solo se realmente conseguiti e nelle poste passive siano annotate le perdite, anche se potenziali, riferite a situazioni in atto pendenti non ancora definite al momento della redazione del bilancio.
Nel conto economico, in ossequio al principio del “ true and fair value” devono essere indicati esclusivamente gli utili sussistenti alla data di chiusura dell’esercizio mentre devono essere omessi i valori non ancora realizzati; inoltre, l’applicazione del criterio del presumibile realizzo impone di iscrivere tra le attività solo i beni ( materiali e immateriali) e le attività finanziarie suscettibili di essere cedute sul mercato, nonché i crediti che possono essere incassati. Dovranno, invece, essere eliminate dall’attivo le voci relative ai sosti pluriennali che in precedenza venivano ammortizzati gradualmente( fondo ammortamento e fondo rischi ordinari, costi di ricerca e sviluppo) e i costi non possono essere più capitalizzati, essendo tale operazione giustificata solo dalla previsione di utilizzo del bene o del servizio in plurimi esercizi futuri, in contrasto, quindi, con il fine liquidatorio.
Per quanto riguarda i criteri di valutazione del patrimonio sociale, l’art. 2490 c.c. specifica che i liquidatori, nel primo bilancio successivo alla loro nomina, debbano indicare “le variazioni dei criteri di valutazione adottati rispetto all’ultimo bilancio approvato, le ragioni e le conseguenze di tali variazioni”.
Tale previsione si spiega in quanto nei bilanci annuali di liquidazione, a differenza dei bilanci redatti durante il normale funzionamento della società, è inapplicabile il principio della “continuità”; i beni sociali non possono quindi essere iscritti dai liquidatori in bilancio al loro costo storico d’acquisto, bensì secondo il valore presunto a seguito della loro cessione. Il criterio del “presumibile realizzo” si sostituisce dunque a quello del “costo”.
Il comma 5 dell’art. 2490 c.c. prevede altresì la possibilità di continuare l’attività d’impresa anche in fase di liquidazione, qualora utile ad una più proficua liquidazione. Si ritiene possibile, ad esempio, deliberare sulla fusione o scissione della società, o su una trasformazione o su aumenti o riduzioni di capitale anche in pendenza della liquidazione. Tali deliberazioni tuttavia devono precedere l’inizio della distribuzione dell’attivo.
In questo caso, i liquidatori, nella redazione dei bilanci, devono tenere separate, indicandole all’interno di un’apposita sezione, le poste di bilancio riferite al ramo d’impresa che prosegue la propria attività. In riferimento a tali poste, i criteri di valutazione adottatati sono quelli ordinari per il bilancio d’esercizio, ovvero lo sfruttamento dei beni nell’attività d’impresa e non la loro prevedibile dismissione.
Una volta compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell’attivo (se sussistente), così previsto dall’art. 2492 c.c. La funzione del bilancio finale di liquidazione è la medesima dei bilanci infra liquidazione, e cioè quella di informare i soci, ai quali devono essere rese note le modalità con le quali si sono svolte le attività della liquidazione e sono stati dismessi i beni costituenti il patrimonio sociale. A tal fine, assume grande importanza nella redazione del bilancio finale di liquidazione il principio di chiarezza .
All’interno dello stato patrimoniale deve figurare quindi, all’attivo, la voce “importo attivo realizzato”, che indica solo le disponibilità liquide realizzate, contrapposta alla voce, al passivo, ”importo da distribuire ai soci o a ciascuna azione”. Nel conto economico devono invece comparire i costi sostenuti e i ricavi realizzati nell’arco di tempo intercorso tra la chiusura dell’ultimo bilancio di esercizio approvato e il momento nel quale risultano esaurite le operazioni di liquidazione; dal conto economico deve quindi emergere il risultato complessivo della gestione svolta dai liquidatori.
Nel bilancio finale di liquidazione, all’interno del conto economico, si trovano dunque i valori concretamente esistenti nel patrimonio sociale e non, come avviene nei bilanci infra liquidazione, le valutazioni dei liquidatori di tali valori. Nel silenzio della legge, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere opportuna la redazione anche della nota integrativa.
I liquidatori devono altresì redigere il piano di riparto dell’attivo risultante a fine liquidazione, che mette in luce le quote spettanti a ciascun socio o a ciascuna azione a seconda del tipo di società di capitali. L’art. 2492 c.c. stabilisce che il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, deve essere corredato della relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, prima di essere depositato presso l’Ufficio del Registro delle Imprese.
Contro il bilancio finale di liquidazione, ogni socio (non i creditori sociali) può fare reclamo all’Autorità Giudiziaria, entro tre mesi dal suo deposito. Qualora tuttavia i soci non abbiano impugnato i bilanci infra liquidazione, il bilancio finale potrà essere reclamato soltanto per quanto concerne i valori realizzati dai liquidatori successivamente all’approvazione dell’ultimo bilancio e/o con riguardo al valore delle singole quote così come proposto dal liquidatore nel piano di riparto dell’attivo residuo.
Qualora, invece, entro tre mesi dal deposito del bilancio finale di liquidazione, nessun socio proponga reclamo avverso il medesimo, quest’ultimo si intende approvato (art. 2493 c.c.). L’approvazione tacita del bilancio si estende anche al piano di riparto al medesimo collegato.
A seguito dell’approvazione tacita del bilancio finale e del piano di riparto, i liquidatori “sono liberati di fronte ai soci”; essi non possono quindi più essere ritenuti responsabili di fronte ai soci per operazioni attinenti alla gestione sociale compiute durante la liquidazione.
Il bilancio finale di liquidazione si intende altresì approvato qualora, indipendentemente dal fatto che siano decorsi 90 giorni dal deposito del bilancio finale di liquidazione, l’attivo sia stato ripartito tra tutti i soci e questi abbiano rilasciato al liquidatore quietanza di pagamento per le rispettive quote (art. 2493 secondo comma c.c.).
Ai sensi dell’art. 2490 ult. co, c.c., qualora la società in liquidazione non depositi i bilanci per tre anni consecutivi, la società viene cancellata d’ufficio dal Registro delle Imprese, fatto salvo il diritto della società, in persona del suo liquidatore, di fornire elementi probatori indicativi della necessità di proseguire la fase liquidatoria pur in mancanza del deposito dei bilanci per un triennio (come ad esempio nell’ipotesi in cui tale omissione sia dipesa dalla mancata approvazione dei bilanci da parte dei soci e non, piuttosto, dalla mancata redazione degli stessi).
Ai sensi dell’art. 2494 c.c., nel caso in cui i soci non riscuotano – entro 90 giorni dall’iscrizione dell’avvenuto deposito del bilancio finale di liquidazione – le somme di propria spettanza a seguito del riparto effettuato dai liquidatori, i liquidatori devono depositare tali somme presso una banca, indicando i riferimenti le generalità del socio non riscuotente oppure il numero delle azioni al portatore.
La ratio della norma è quella di contemperare il diritto di ciascun socio a percepire la propria quota di liquidazione con l’esigenza che la cancellazione della società non sia procrastinata a causa della mancata riscossione delle somme di spettanza da parte dei soci.
9.La cancellazione e l’estinzione della società
Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono proporre istanza di cancellazione della società al Registro delle Imprese (art. 2495 c.c.). La norma non specifica il termine entro il quale i liquidatori debbano compiere tale adempimento; tuttavia, dato che sui liquidatori incombe un dovere di diligenza e professionalità (qualificata), si ritiene che i liquidatori debbano presentare la domanda di cancellazione entro il tempo strettamente necessario alla predisposizione di tale istanza.
Ai sensi dell’art. 2495 secondo comma c.c., la cancellazione ha efficacia costitutiva. Pertanto, la cancellazione della società è condizione necessaria e sufficiente per la sua estinzione, indipendentemente dal fatto che non siano stati definiti tutti i rapporti pendenti che coinvolgevano la società medesima, fatta salva:
- la possibilità che la società venga dichiarata fallita entro un anno dalla cancellazione (art. 10 L.Fall);
- la possibilità di contestare alla società debiti di natura tributaria entro 5 anni dalla cancellazione, ai sensi dell’art. 28, 4° comma, D.lgs. n. 175/2014.
Si tratta di due ipotesi nelle quali il legislatore, operando una fictio iuris, considera la società come ancora esistente, al solo scopo di evitare la disgregazione del patrimonio a garanzia dei creditori concorsuali e del fisco.
In conseguenza della cancellazione della società, i creditori sociali insoddisfatti possono agire soltanto contro i soci, sino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione approvato, oppure nei confronti dei liquidatori qualora il mancato pagamento dei crediti sia dovuto a loro colpa o dolo (e non più nei confronti della società cancellata, che è comunque estinta in seguito alla cancellazione).
Per i profili inerenti la cancellazione della società, si veda l’articolo “Lo scioglimento delle società: presupposti e disciplina”.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto d’Impresa
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