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i contratti di cessione di prodotti alimentari

I contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari: le novità del D.lgs.198/2021

23 Dicembre 2021/in Contratti commerciali, News

Il D.lgs.n.198/2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021 in attuazione della direttiva UE 2019/633, contiene norme dirette a contrastare pratiche commerciali sleali tra le imprese della filiera agroalimentare, per tutelare maggiormente i fornitori e gli operatori della filiera. Il Decreto ha ad oggetto le cessioni di prodotti agricoli e alimentari effettuate da parte di fornitori, produttori agricoli o persone fisiche o giuridiche che vendono tali prodotti, stabiliti nel territorio nazionale. I contratti di cessione devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni. Sono disciplinate una serie di pratiche commerciali sleali, alcune sempre vietate  ed altre che si presumono vietate salvo diverso accordo tra le parti. È necessaria la forma scritta e la durata del contratto non può essere inferiore a 12 mesi, fatti salvi i casi indicati dalla legge. Le imprese del settore sono quindi chiamate a controllare le loro previsioni contrattuali, sostituendo le previsioni contrastanti con la nuova normativa con clausole conformi alla stessa, per evitare di incorrere in sanzioni, che possono arrivare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento.

Indice

1. Il D.lgs.n.198/2021 e il suo ambito di applicazione

È entrato in vigore il 15 dicembre 2021 il D.lgs.n.198/2021 (di seguito il “Decreto”), emanato in attuazione della direttiva UE 2019/633 (Unfair Trading Practices, UTP), in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.

La direttiva UTP è stata emanata per contrastare le condotte che si discostano dalle buone pratiche commerciali, sono contrarie ai principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte. La disciplina  trova applicazione su entrambi i lati del rapporto tra imprese e in ogni fase della catena di fornitura, con esclusione delle cessioni concluse direttamente tra fornitori e consumatori finali.

Il Decreto introduce norme finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, per perseguire un maggior equilibrio tra fornitore e acquirente operanti nell’ambito della filiera.

Il nuovo intervento si propone di razionalizzare e rafforzare l’attuale quadro giuridico, in modo da tutelare maggiormente i fornitori e gli operatori della filiera agricola e alimentare, i quali si trovano in una condizione di debolezza nei rapporti con gli altri attori della filiera a causa della deperibilità e della stagionalità delle produzioni.

Le disposizioni del Decreto si applicano alle cessioni di prodotti agricoli ed alimentari da parte di soggetti che siano stabiliti nel territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti; sono invece esclusi i contratti con i consumatori (B2C).

Le norme contenute nel Decreto si applicano ai contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari conclusi a decorrere dal 15 dicembre 2021, e ad esse dovranno conformarsi anche i contratti in corso di esecuzione, entro 6 mesi da tale data.

La normativa ha una portata molto ampia; essa si applica infatti ai seguenti prodotti agricoli e alimentari:

  • prodotti preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a 60 giorni;
  • prodotti sfusi, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni;
  • prodotti a base di carne che presentino una tra le seguenti caratteristiche fisico chimiche: aW superiori a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure a W superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5;
  • tutti i tipi di latte. 

Il Decreto contiene previsioni imperative applicabili qualunque sia la legge a cui è soggetto il contratto, tutte le volte che il fornitore è stabilito nel territorio nazionale, anche se l’acquirente è un soggetto straniero.

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto quadro di fornitura di prodotti agricoli, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

Si evidenzia che il modello non è gratuito. Per informazioni sul costo, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it

2. I principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione di prodotti agricoli ed alimentari

L’art. 3 del Decreto contiene i principi e gli elementi essenziali dei contratti di cessione di prodotti agricoli ed alimentari. Tale norma è espressamente qualificata come imperativa, e dunque prevale su eventuali discipline di settore contrastanti.

La norma prevede che i contratti di cessione di prodotti agricoli ed alimentari, con riferimento ai beni forniti, devono essere informati ai seguenti principi(da rispettare prima, durante e dopo l’istaurazione della relazione commerciale):

  • trasparenza;
  • correttezza;
  • proporzionalità;
  • reciproca corrispettività delle prestazioni.

I contratti di cessione di prodotti agro alimentari devono essere stipulati in forma scritta e prima della consegna della merce. La normativa contempla la possibilità di sottoscrivere accordi scritti singoli per ciascuna fornitura, sempre nel rispetto del requisito della forma scritta  purché siano conclusi in ogni caso prima della consegna.

Sono considerate equivalenti alla forma scritta, come già previsto dall’art. 62 del D.L. 1/2012:

  • i documenti di trasporto o di consegna;
  • le fatture;
  • gli ordini di acquisto con i quali l’acquirente commissiona la consegna dei prodotti.

Tuttavia, in tal caso occorre che venga stipulato un accordo quadro, con cui le parti disciplinano più cessioni di prodotti e regolamentano le condizioni di compravendita, le caratteristiche dei prodotti, il listino prezzi, le prestazioni di servizi e le loro eventuali determinazioni, etc. Quindi le singole forniture possono essere regolate da documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto con i quali l’acquirente commissiona la consegna dei prodotti, e che fanno riferimento al contratto quadro già sottoscritto. Qualora invece non vi sia un accordo quadro a monte, l’inserimento in fattura o nel DDT degli elementi essenziali elencati non assolve l’obbligo di forma scritta.

Gli elementi essenziali del contratto sono:

  • la durata;
  • le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto;
  • il prezzo (in misura fissa o determinabile sulla base di criteri stabiliti nel contratto);
  • le modalità di consegna e di pagamento.

La durata del contratto non può essere inferiore a 12 mesi. Le parti (eventualmente con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali di categoria) possono comunque concordate una durata minore, sempre che tale deroga sia adeguatamente motivata (ad esempio a causa della stagionalità dei prodotti). Nel caso in cui la minore durata non sia giustificata, il contratto si considera con durata di 12 mesi.

La previsione di una durata minima non si applica alle cessioni di prodotti a soggetti che esercitano attività di somministrazione di alimenti e bevande in un pubblico esercizio (ad es. bar e ristoranti); tali contratti hanno quindi avere durata libera.

Per quanto riguarda i termini di pagamento, come già previsto dall’art. 62 del DL n. 1/2012, essi sono di 30 o 60 giorni, a seconda che i prodotti venduti siano o meno deperibili. I beni deperibili ricomprendono:

  • i prodotti preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a 60 giorni;
  • i prodotti sfusi, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore  60 giorni;
  • i salumi;
  • tutti i tipi di latte.

Per quanto riguarda la decorrenza del termine di pagamento, il Decreto distingue i contratti di cessione di prodotti agricoli o alimentari a seconda che la consegna dei prodotti sia pattuita su base periodica o non periodica.

I contratti con consegna su base periodica sono caratterizzati da più prestazioni effettuate in momenti diversi (ad es. la vendita di un prodotto complessivamente quantificato, in cui la consegna avviene in più tempi), o da un’unica prestazione, la cui erogazione avviene senza soluzione di continuità entro un determinato intervallo temporale (ad es. la vendita di un prodotto complessivamente quantificato, in cui la consegna avviene entro un determinato periodo). In tal caso, il termine di pagamento (di 30 o 60 giorni) decorre dal termine del periodo di consegna (che, a tutela dei fornitori, non possono essere superiore ad 1 mese) o dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere (ovvero, presumibilmente, la data in cui il compratore riceve la fattura), a seconda di quale delle due date sia successiva.

Per le consegne non periodiche invece il termine di pagamento (di 30 o 0 giorni) decorre dalla data di consegna della merce o, alternativamente, dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere, a seconda di quale delle due rate sia successiva.

In ogni caso, il termine di pagamento non può decorrere dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura, come era invece previsto dall’art. 62 DL 1/2012.

3. Le pratiche commerciali sleali vietate

Il Decreto vieta, in generale, le pratiche commerciali:

  • contrarie ai principi di buona fede e correttezza,
  • imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte.

L’art. 4 del Decreto – norma qualificata come imperativa – elenca le pratiche commerciali vietate, in quanto ritenute sleali. Le clausole o pattuizioni contrarie sono nulle, senza che ciò provochi la nullità dell’intero contratto.

La disposizione contiene anzitutto una lista nera (black list) di condotte sempre vietate (art. 4 comma 1 del Decreto).

Tra le condotte inserite nella lista nera si annovera, in particolare, il ritardato versamento del corrispettivo (art. 4 c. 1 lett. a):

  • per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, il termine di pagamento non può superare i 30 giorni dal termine del periodo di consegna;
  • per i prodotti non deperibili, il termine non può eccedere i 60 giorni dal termine della consegna.

Sono previste esenzioni per la distribuzione di prodotti ortofrutticoli e di latte destinati alle scuole, per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria, nell’ambito di contratti di cessione tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti (art. 4 c. 3, d.lgs. 198/2021).

Rientra tra le pratiche sleali sempre vietate l’annullamento, da parte dell’acquirente, di ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni, salvo eccezioni da indicare con un successivo regolamento (art. 4 c. 1 lett. c).

Sono parimenti sempre scorrette le pratiche che prevedano:

  • la modifica unilaterale, da parte dell’acquirente o del fornitore, delle condizioni di un contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari (art. 4 c. 1 lett. d)
  • l’inserimento, da parte dell’acquirente, di clausole contrattuali che obbligano il fornitore a farsi carico dei costi per il deterioramento o la perdita di prodotti agricoli e alimentari che si verifichino presso i locali dell’acquirente o comunque dopo che tali prodotti siano stati consegnati (art. 4 c. 1 lett. f);
  • l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore (art. 4 c. 1 lett. h).

È inoltre prevista una lista grigia (grey list) di condotte che si presumono vietate salvo che siano state precedentemente concordate dal fornitore e dall’acquirente nel contratto di cessione, nell’accordo quadro oppure in un altro accordo successivo, purché in termini chiari ed univoci (art. 4 comma 4 del Decreto).

Si presumono vietate le clausole contrattuali che pongono a carico del fornitore i rischi propri del venditore, quali:

  • la restituzione di prodotti rimasti invenduti,
  • i costi per l’immagazzinamento, l’esposizione, e la messa in commercio dei prodotti del fornitore, oppure per gli sconti sui prodotti venduti come parte di una promozione,
  • i costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.

L’art. 5 del Decreto, norma anch’essa imperativa, elenca ulteriori condotte scorrette. Alcune di esse erano già contenute nella disciplina previgente, mentre altre sono nuove. Tra queste ultime, si evidenziano:

  • l’acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso (art. 5 c. 1 lett. a),
  • l’imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, ivi compresa quella di vendere prodotti agricoli e alimentari a prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione (art. 5 c. 1 lett. b),
  • l’esclusione dell’applicazione di interessi di mora a danno del creditore o delle spese di recupero dei crediti (art. 5 c. 1 lett. j),
  • l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, di prodotti con date di scadenza troppo brevi rispetto alla vita residua del prodotto stesso, stabilita contrattualmente (art. 5 c. 1 lett. m).
1.     Pratiche commerciali sleali (black list)
Ritardi nei pagamenti a. accordo di fornitura su base regolare dei prodotti: per i prodotti deperibili il pagamento deve essere corrisposto in un periodo non superiore a 30 giorni dal termine del periodo di consegna o dalla data in cui è stato stabilito l’importo. Nel caso di prodotti non deperibili il pagamento deve essere corrisposto entro 60 giorni dal termine del periodo di consegna o dalla data in cui si è stabilito l’importo. Il periodo di pagamento decorre a partire dal termine del periodo di consegna convenuto, il giorno seguente il fornitore sono dovuti al creditore gli interessi di mora (D.L. 9 ottobre 2002, n.231).
b. accordo di fornitura non su base regolare dei prodotti: per i prodotti deperibili il pagamento deve essere corrisposto in un periodo non superiore a 30 giorni dal termine del periodo di consegna o dalla data in cui è stato stabilito l’importo. Nel caso di prodotti non deperibili il pagamento deve essere corrisposto entro 60 giorni dal termine del periodo di consegna o dalla data in cui si è stabilito l’importo. Il periodo di pagamento decorre a partire dalla data di consegna, il giorno seguente il fornitore sono dovuti al creditore gli interessi di mora (D.L. 9 ottobre 2002, n.231).
Il divieto non si applica ai pagamenti effettuati nel quadro di programma delle scuole, agli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e nell’ambito di contratti di fornitura, tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti.
Annullamento degli ordini dei prodotti deperibili Gli acquirenti non possono annullare gli ordini di prodotti deperibili con un preavviso inferiore ai 30 giorni (fatta eccezione per alcuni settori stabiliti a livello nazionale ).
Modifiche unilaterali e retroattive dei contratti di fornitura non possono essere attuate, dagli acquirenti, modifiche unilaterali degli accordi di fornitura riguardo: luogo, tempi, volume fornitura, volume della consegna, norme di qualità, termini di pagamento e prestazioni di servizi.
Pagamenti non connessi alla vendita L’acquirente non può richiedere al fornitore pagamenti non connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari
Pagamenti per il deterioramento e la perdita di prodotti dopo la vendita L’acquirente non può esigere pagamenti per la perdita od il deterioramento delle forniture dei prodotti agricoli e alimentari, avvenute dopo la vendita, non causate da negligenza del fornitore.
Rifiuto di concedere un contratto scritto L’acquirente non può rifiutarsi di confermare per iscritto le condizioni di accordo di una fornitura, a meno che non si tratti di una fornitura tra un socio ed un’organizzazione produttori il cui statuto non preveda effetti analoghi alle disposizioni dell’accordo di fornitura.
Abuso di informazioni confidenziali L’acquirente non può acquisire, utilizzare o divulgare illecitamente segreti commerciali del fornitore (direttiva UE 2016/943).
Ritorsioni commerciali L’acquirente non può mettere in atto o minacciare ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore
Risarcimento costo esaminazione reclami L’acquirente non può richiedere risarcimenti legati al costo sostenuto per l’esaminazione dei reclami dei clienti relativi alla vendita dei prodotti, a meno che non risultino negligenze o colpe da parte del fornitore.

 

 

2.     Pratiche commerciali sleali (grey list)

Restituzione della produzione invenduta L’acquirente non può restituire prodotti agricoli invenduti senza corrispondere alcun pagamento o senza corrispondere alcun pagamentoper lo smaltimento a meno che tale pratica non sia stata precedentemente concordata in modo chiaro ed univoco nell’accordo di fornitura o in accordi successivi.
Imposizione pagamenti per servizi non correlati alla vendita L’acquirente, a meno che non sia stato precedentemente accordato, non può richiedere al fornitore di farsi carico delle spese per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino dei suoi prodotti agricoli e alimentari e per la messa a disposizione sul mercato.
Attribuzione degli sconti L’acquirente non può richiedere al fornitore di farsi carico degli sconti sui prodotti agricoli venduti dall’acquirente come parte di una promozione, a meno che non sia stato preventivamente ed univocamente accordato da entrambe le parti.
Attribuzione costi pubblicitari L’acquirente non può chiedere al fornitore di farsi carico dei costi della pubblicità, effettuata dall’acquirente, dei prodotti venduti.
Attribuzione costi del marketing L’acquirente non può chiedere al fornitore di farsi carico dei costi del marketing, effettuato dall’acquirente, dei prodotti venduti.
Pagamento del personale incaricato l’acquirente non può richiedere al fornitore di pagare i costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore meno che non sia stato preventivamente ed univocamente stabilito negli accordi.

 

3. Altre pratiche commerciali sleali
Pratica commerciale vietata Descrizione
Acquisto tramite gare e aste a doppio ribasso Non si può procedere all’acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso gare e aste elettroniche a doppio ribasso.
Condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore Non possono essere imposte condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, compresa quella di vendere prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione.
L’omissione delle condizioni richieste nelle relazioni contrattuali È vietata l’omissione, nella stipula di un contratto che abbia ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari, di anche una delle condizioni richieste nelle Relazioni Contrattuali riportate dall’articolo 168, paragrafo 4 del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.
L’imposizione di condizioni contrattuali gravose Non possono essere imposte, né in modo diretto né indiretto, condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
Condizioni diverse per stesse prestazioni È considerata sleale e vietata l’applicazione di condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti
Subordinare le relazioni commerciali a contraenti non coinvolti con l’oggetto Non può essere subordinata la conclusione, l’esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che non abbiano alcuna connessione con l’oggetto degli uni e delle altre.
II conseguimento di indebite prestazioni unilaterali È vietato il conseguimento di indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali.
L’adozione di ogni ulteriore condotta commerciale sleale Non è ammessa l’adozione di ogni ulteriore condotta commerciale che risulti sleale, anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento.
L’imposizione di servizi e prestazioni accessorie Non è possibile l’imposizione, a carico di una parte, di servizi e prestazioni accessorie rispetto all’oggetto principale della fornitura, anche qualora questi siano forniti da soggetti terzi, senza alcuna connessione oggettiva, diretta e logica con la cessione del prodotto oggetto del contratto.
L’applicazione di mora al creditore Non è considerata leale l’applicazione di interessi di mora a danno del creditore o delle spese di recupero dei crediti.
Clausola che imponga al fornitore un termine minimo prima di poter emettere la fattura Non possono essere previste nel contratto clausole che obbligatoriamente impongano al fornitore, successivamente alla consegna dei prodotti, un termine minimo prima di poter emettere la fattura. Ad esclusine del caso di consegna dei prodotti in più quote nello stesso mese, in qual caso la fattura potrà essere emessa solo successivamente all’ultima consegna del mese.
Trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico È vietata l’imposizione di un trasferimento ingiustificato e sproporzionato del rischio economico da una parte alla sua controparte.
L’imposizione del fornitore all’acquirente a. di prodotti con date di scadenza troppo brevi rispetto alla vita residua del prodotto stesso, stabilita contrattualmente;
b. di vincoli contrattuali per il mantenimento di un determinato assortimento, inteso come l’insieme dei beni che vengono posti in vendita da un operatore commerciale per soddisfare le esigenze dei suoi clienti;
c. dell’inserimento di prodotti nuovi nell’assortimento;
d. di posizioni privilegiate di determinati prodotti nello scaffale o nell’esercizio commerciale.

4. Buone pratiche commerciali e vendite sottocosto

L’art. 6 del Decreto considera espressione di buone pratiche commerciali:

  • gli accordi e i contratti di filiera che abbiano durata di almeno tre anni;
  • i contratti conformi alle condizioni contrattuali definite nell’ambito degli accordi quadro;
  • oppure i contratti conclusi con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative.

Per la vendita dei prodotti agricoli e alimentari oggetto di contratti in cui siano state attuate tali pratiche commerciali, è consentito alle imprese utilizzare la dicitura: “Prodotto conforme alle buone pratiche commerciali nella filiera agricola e alimentare”.

Si prevede altresì che i contratti di cessione sono conformi ai principi di buona fede, correttezza e trasparenza quando sia nella fase di negoziazione che di esecuzione sono retti dai seguenti criteri:

  • conformità dell’esecuzione a quanto concordato;
  • correttezza e trasparenza delle informazioni fornite in sede precontrattuale;
  • assunzione ad opera di tutte le parti della filiera dei propri rischi imprenditoriali;
  • giustificabilità delle richieste.

L’art. 7 del Decreto, norma imperativa, dispone che la vendita sottocosto dei prodotti agricoli e alimentari freschi e deperibili è consentita solo nel caso di:

  • prodotto invenduto a rischio di deperibilità,
  • oppure nel caso di operazioni commerciali programmate e concordate con il fornitore in forma scritta.

In caso di violazione di quanto sopra, il prezzo stabilito dalle parti viene sostituito di diritto, ai sensi dell’art. 1339 c.c., con il prezzo risultante

  • dalle fatture d’acquisto;
  • in difetto, dal prezzo calcolato sulla base dei costi medi di produzione rilevati da ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo alimentare);
  • in difetto, dal prezzo medio praticato per prodotti simili nel mercato di riferimento.

5. Gli interessi moratori

L’art. 4 comma 2 del Decreto prevede – conformemente a quanto già previsto dall’art. 62 DL n. 1/2012, abrogato dalla nuova normativa – che, in caso di mancato rispetto dei termini di pagamento, sono dovuti al creditore gli interessi legali di mora, che decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. Il saggio degli interessi è maggiorato di 4 punti percentuali ed è inderogabile.

Pertanto, il tasso di interesse è pari al 12%, vale a dire 8% di interesse legale di mora a cui va aggiunta la maggiorazione del 4%.

La norma precisa, al comma 4, che quando il debitore è una P.A. del settore scolastico e sanitario, è fatta salva la possibilità di pattuire termini di pagamento superiori a quelli stabiliti dalla legge purché siano giustificati dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche.

6. Controlli e sanzioni

Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1 del Decreto, ogni pattuizione o clausola negoziale in contrasto con le norme di cui sopra ne comporta la nullità parziale. In tal caso non viene dunque meno l’intero rapporto negoziale, a meno che la clausola invalida fosse essenziale per il consenso delle parti.

Nell’ipotesi di nullità, considerato il guadagno della parte forte dovuto allo sfruttamento della controparte, il fornitore potrà agire per ripetere quanto abbia dovuto indebitamente corrispondere in più.

L’ICQRF (Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari) rappresenta l’autorità nazionale incaricata ad accertare le violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 3, 4 e 5 del Decreto nonché ad irrogare le relative sanzioni.

L’ICQRF si avvale, oltre che della Guardia di finanza, anche del Comando Carabinieri per garantire la tutela agroalimentare. Restano ferme le competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) per l’accertamento delle  pratiche commerciali sleali.

L’art. 10 del Decreto prevede le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

  • in caso di mancata stipula del contratto in forma scritta riportante le informazioni relative al prodotto venduto, ovvero di mancato assolvimento dell’obbligo tramite le forme equipollenti (quali ddt, fatture, ordini), è prevista una sanzione pari al 5% del fatturato dell’ultimo esercizio precedente all’accertamento, determinata con riferimento al valore dei beni oggetto di cessione/valore del contratto, con un minimo di euro 2.000;
  • in caso di mancato rispetto dei termini di pagamento, è prevista una sanzione pari al 3,5% del fatturato dell’ultimo esercizio precedente all’accertamento, determinata in ragione della misura dei ritardi, con un minimo di euro 1.000;
  • in caso di mancato rispetto della durata minima del contratto (12 mesi), è prevista una sanzione minima pari al 3,5% del fatturato dell’ultimo esercizio precedente all’accertamento, determinata con riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che ha commesso la violazione e all’entità del danno provocato all’altro contraente, con un minimo di euro 10.000.

Se le violazioni sono reiterate, la misura delle sanzioni è aumentata fino al doppio e, in caso di ulteriori reiterazioni, fino al triplo. In ogni caso le sanzioni non possono risultare superiori al 10% del fatturato dell’ultimo esercizio precedente l’accertamento.

Le imprese del settore devono dunque esaminare attentamente i contratti in essere e, qualora necessario e/o opportuno, rinegoziare le clausole difformi, in modo da conformarsi a quanto previsto dal Decreto.

Per approfondire i nostri servizi di assistenza e consulenza in tema di contratti commerciali, visionate la pagina dedicata del nostro sito .

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto quadro di fornitura di prodotti agricoli, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

Si evidenzia che il modello non è gratuito. Per informazioni sul costo, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato Contrattualistica d’Impresa 

 

Per altri articoli di approfondimento su tematiche attinenti il diritto d’impresa: visitate il nostro blog.

 


Le informazioni contenute in questo articolo sono da considerarsi sino alla data di pubblicazione dello stesso; le norme regolatrici la materia potrebbero essere nel frattempo state modificate.
Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni riportate nell’articolo non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie.
Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un (né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica. 

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