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obbligo di non concorrenza dell’agente

Agenzia: l’obbligo di non concorrenza dell’agente

5 Gennaio 2024/in Concorrenza Sleale, Contratti commerciali, News

Ai sensi dell’art. 1743 c.c., nella vigenza del contratto di agenzia l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro. Frequentemente si pone l’esigenza di tutelare, dopo la cessazione del rapporto, l’avviamento e la clientela del preponente, prevedendo un obbligo di non concorrenza post-contrattuale a carico dell’(ex) agente. La validità di un patto di non concorrenza post-contrattuale nell’agenzia è subordinata ad alcuni requisiti, previsti dagli artt. 1751 e 1751-bis c.c., e dagli AEC applicabili.

Indice


1. Divieto di concorrenza dell’agente durante il contratto

Ai sensi dell’art. 1743 c.c., l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro. Si tratta di un obbligo che investe la stessa funzione del contratto di agenzia e pertanto ne costituisce elemento naturale, che sussiste quindi in assenza di contraria previsione.

L’agente (anche se plurimandatario) non può quindi promuovere prodotti in concorrenza con quelli oggetto del contratto di agenzia; in caso di violazione di tale obbligo, risponde nei confronti del preponente a titolo di responsabilità contrattuale, con conseguente diritto del preponente alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno.

La giurisprudenza ha precisato in proposito che ai fini del rispetto dell’obbligo di non concorrenza rileva non tanto la produzione e commercializzazione di prodotti identici o simili da parte di più imprese quanto il mercato (cioè la clientela) al quale essi si rivolgono. L’agente può quindi agire per conto di più aziende produttrici concorrenti, ma non anche per i prodotti in concorrenza con quelli oggetto dell’attività per cui ha assunto l’incarico.

Le parti possono estendere nel contratto di agenzia (plurimandatario) il divieto di concorrenza anche al di fuori della zona assegnata e riferirlo non solo ai prodotti assegnati all’agente, ma più in generale all’attività svolta dalla mandante. Non è infatti infrequente il caso in cui all’agente viene affidata una sola linea di prodotti rispetto a quelli commercializzati dalla mandante; in tal caso, se il preponente intende impedire all’agente di operare per una impresa concorrente su un’altra linea di prodotti, deve inserire nel contratto una apposita clausola che preveda espressamente tale divieto.

2. Responsabilità dell’agente per concorrenza sleale

Alla responsabilità contrattuale dell’agente può eventualmente aggiungersi una responsabilità di tipo extracontrattuale, per violazione dell’art. art. 2598 c.c. in tema di concorrenza sleale. Tale norma si applica alle situazioni in cui due soggetti che agiscono autonomamente nello stesso settore di attività produttiva, ancorché a diverso livello, realizzano un’attività in concorrenza attraverso comportamenti non leciti.

Pone in essere dunque un comportamento illecito, in quanto atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c., l’agente il quale svolga in proprio un’attività in concorrenza con quella del preponente, avvalendosi delle notizie e degli elementi di cui è venuto a conoscenza per effetto del rapporto di agenzia, relativi ad es. alla clientela, alle strategie di marketing, ai sistemi di produzione etc.

Qualora invece l’agente svolga attività promozionale per conto di altre imprese in concorrenza con il preponente, lo stesso dovrà ritenersi (soltanto) inadempiente alle proprie obbligazioni di agente, ex art. 1743 c.c.

Una specifica ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. si ha quando un’impresa concorrente induca uno o più agenti di un determinato preponente a cessare la loro attività con quel preponente ed iniziarne una con l’impresa stessa (cd. storno di agenti). Affinché tale condotta sia illecita, la giurisprudenza richiede due requisiti:

  • la consapevolezza dell’idoneità dell’atto a danneggiare il preponente;
  • l’intenzionalità di conseguire il risultato (animus nocendi). La giurisprudenza ritiene sussistente tale requisito, in via presuntiva, quando lo storno sia stato realizzato con modalità tali da non potersi giustificare, alla luce dei principi di correttezza professionale, se non supponendo l’intento di danneggiare l’organizzazione e la struttura produttiva della concorrente.

3. Divieto di concorrenza dell’agente dopo la cessazione del contratto 

Finché è in forza il contratto di agenzia vi è dunque un’esclusiva reciproca tra preponente ed agente, in base al quale nessuno dei quali può fare concorrenza all’altro.

Una volta, invece, terminato il contratto, l’agente non è soggetto a particolari vincoli e può quindi esercitare attività con altre società anche concorrenti con l’ex preponente, nei limiti del divieto degli atti in concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c., ovvero nei limiti della correttezza professionale.

Pertanto, terminato il contratto di agenzia, in linea generale all’agente – lavori o meno per un altro preponente – non è vietato contattare e/o avere contatti con la clientela acquisita nel corso del rapporto con l’ex preponente, salvo il caso in cui l’agente abbia sottoscritto un patto di non concorrenza post-contrattuale (v. par. 4).

Occorre infatti considerare che, anche se l’avviamento commerciale realizzato dall’agente resta in capo al preponente dopo la cessazione del rapporto, la familiarità ed il rapporto di fiducia personale instaurato con la clientela – che spesso, in un mercato altamente concorrenziale, costituisce l’elemento decisivo nell’orientare le scelte d’acquisto dei clienti – resta un patrimonio proprio dell’agente, da questi spendibile e/o impiegabile anche presso un nuovo preponente in concorrenza con il precedente.

E’ invece scorretto che l’agente dopo lo scioglimento del rapporto, effettui attività in concorrenza al di là dei limiti della correttezza professionale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., ovvero utilizzando strumenti scorretti, intendendosi per tali tutti gli strumenti che qualunque altro competitor dell’ex preponente non avrebbe la possibilità di utilizzare.

In questo senso, la giurisprudenza ha ritenuto scorretta (e quindi illecita) la condotta dell’ex agente il quale, successivamente allo scioglimento del rapporto, contatti i clienti dell’ex preponente avvalendosi di informazioni aziendali riservate, quali ad esempio i recapiti telefonici o elettronici dei clienti contenute nelle banche dati aziendali dell’ex preponente, di cui sia entrato illegittimamente in possesso (accedendo al database e facendone copia).

In tale ipotesi, l’atto di concorrenza sleale non viene commesso all’agente, in quanto questi opera ad un diverso livello di mercato rispetto al preponente, e quindi non è mai configurabile direttamente, tra preponente ed agente, un rapporto di concorrenzialità; ciò, almeno, fino a quando l’ex agente divenga in proprio imprenditore, cioè cominci a vendere in proprio gli stessi prodotti trattati dal preponente, acquistando in tal modo la qualifica soggettiva necessaria per la sussistenza astratta della fattispecie di concorrenza sleale.

E’ tuttavia però possibile che l’agente concorra nell’illecito di altro imprenditore, cioè il nuovo preponente, questo è in diretta concorrenza con il suo ex preponente (c.d. concorrenza sleale per interposta persona).

Ciò accade qualora vi sia un accordo con l’agente o comunque il nuovo preponente abbia istigato l’agente a compiere la concotta di concorrenza sleale, ad esempio attraverso la previsione di incentivi all’acquisizione di nuovi clienti, accompagnata dalla consapevolezza del rapporto pregresso tra agente ed ex preponente e dal mancato controllo circa la provenienza dall’ex preponente dei nuovi clienti acquisiti dall’agente.

Occorre peraltro evidenziare che l’utilizzo da parte dell’ex agente dei dati personali dei clienti è illecito, in quanto con la cessazione del rapporto viene meno la base giuridica che consentiva all’agente di trattare tali dati per conto del preponente, in qualità di responsabile del trattamento, ai sensi dell’art. 28 GDPR.

Qualora poi il trattamento dei dati personali dei clienti successivo allo scioglimento del rapporto di agenzia da parte dell’ex agente avvenga, come normalmente accade, mediante l’accesso a banche dati informatiche, l’ex agente potrebbe essere imputabile del reato punito dall’art. 615-ter c.p., che sanziona chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico protetto da misure di sicurezza (tali essendo anche le semplici password di accesso al pc) o accede al database contente i dati dei clienti contro la volontà del preponente.

Inoltre, qualora le informazioni relative ai clienti siano qualificabili come segrete, ai sensi dell’art. 98 D.lgs. n. 30/2005, l’utilizzo di tali dati da parte dell’ex agente è illecito. Sono segrete, ai sensi della norma menzionata, le informazioni commerciali che:

  • non sono nel loro insieme o nella precisa configurazione o combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
  • sono sottoposte a misure ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete, e
  • hanno valore economico in quanto segrete.

Le informazioni relative alla clientela possono essere qualificate come segrete se ricorrono i requisiti di cui sopra, e in particolare qualora i dati dei clienti siano stati elaborati e profilati dal preponente, anche se le stesse siano state concretamente raccolte, sviluppate e/o archiviate dall’agente.

4. Il patto di non concorrenza post-contrattuale con l’agente

Come si è visto, la tutela offerta dall’ordinamento contro eventuali atti di concorrenza sleale dell’ex agente può essere insufficiente a tutelare, dopo la cessazione del rapporto, l’avviamento e la clientela del preponente. Se opera nei confini della concorrenza “leale”, infatti, l’agente potrebbe, una volta cessato il contratto, sfruttare i contatti con i clienti precedentemente instaurati e le conoscenze riservate acquisite nel precedente rapporto per operare con una società concorrente, in tal modo riducendo la quota di mercato della società per la quale ha precedentemente operato e danneggiando quest’ultima anche gravemente.

Se dunque il preponente vuole evitare che l’agente, una volta cessato il rapporto, inizi un’attività in concorrenza, deve stipulare con quest’ultimo un apposito accordo: il patto di non concorrenza post contrattuale, con il quale è fatto divieto all’agente di svolgere attività in concorrenza con il preponente per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia.

Tale contratto consente di tutelare l’avviamento e la clientela dell’impresa, molto più efficacemente di quanto possano consentire le norme contro la concorrenza sleale; queste ultime proteggono infatti le imprese solo nei confronti di atti di confusione, denigrazione, storno di clienti etc., non facili da dimostrare o comunque facilmente “camuffabili” dagli ex agenti.

Tale patto, in particolare, priva l’ex agente della possibilità di contattare – con qualunque mezzo, anche se concorrenzialmente lecito – non solo coloro che siano effettivamente clienti del precedente preponente (ovvero la sua clientela attuale), ma tutta la clientela, anche solo potenziale, che risieda nella zona per la quale era stato concluso il contratto di agenzia.

Si tratta di un accordo non naturale bensì meramente eventuale, e deve essere quindi espressamente previsto in un apposito patto, in forza del quale appunto l’agente si obbliga a non svolgere alcuna attività concorrenziale per la trattazione di affari, anche solo in via occasionale, nei confronti del preponente, relativamente alla zona, prodotti e clientela oggetto del contratto.

Si tratta sostanzialmente di un prolungamento del vincolo di esclusiva che nel corso del rapporto ha legato l’agente al preponente, finalizzato a tutelare l’interesse del preponente a mantenere intatta la posizione concorrenziale acquisita sul mercato in cui opera.

Il patto di non concorrenza post-contrattuale, sebbene sia un accordo accessorio al contratto di agenzia, nondimeno mantiene una sua autonomia causale e sinallagmatica – come accade nel caso del patto di non concorrenza stipulato con riferimento al contratto di lavoro subordinato, ai sensi dell’art. 2125 c.c. – diversamente dall’obbligo di non concorrenza durante lo svolgimento del rapporto, che è elemento naturale del contratto di agenzia.

5. I requisiti del patto di non concorrenza post-contrattuale previsti dall’art. 1751-bis c.c.

Ai sensi dell’art. 1751-bis c.c., introdotto dal D.lgs. n. 303/1991, in attuazione della direttiva CE n. 653 del 18.12.1986 (“Direttiva”), il patto di concorrenza post contrattuale deve possedere determinati requisiti, a pena di validità.

In primo luogo, il patto deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità. A tale obbligo dovrà aggiungersi quello della doppia sottoscrizione ai sensi dell’art. 1341 co. 2 c.c., trattandosi di una restrizione della libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.

In secondo luogo, il patto deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali è stato concluso il contratto di agenzia. La norma mira a tutelare l’agente dal rischio che il patto di non concorrenza possa avere un oggetto eccessivamente ampio, limitandone troppo la libertà professionale. Coerentemente, la giurisprudenza ha ritenuto nullo, in quanto contrastante con l’ordine pubblico costituzionale, il patto di non concorrenza diretto a precludere in modo assoluto a una parte la possibilità di impiegare la propria capacità professionale nel settore economico di riferimento.

Per quanto attiene alla zona, secondo la giurisprudenza prevalente, le clausole di non concorrenza che eccedono la zona, o non facciano alcun riferimento a limiti di zona sono nulle solo per la parte in cui eccedono tali limiti, e non già nulle per intero. Lo stesso vale per la clientela, i prodotti o i servizi affidati contrattualmente all’agente.

Se nel frattempo, dopo la stipulazione del patto, l’oggetto del contratto di agenzia – e in particolare la zona, la clientela o i beni o servizi – è  variato per effetto di un accordo tra le parti, ciò si riflette anche sul contenuto del patto di non concorrenza, nel senso che tali modifiche costituiscono una nuova stipulazione del patto di non concorrenza. Se quindi, ad esempio, nel contratto di agenzia con patto di non concorrenza post – contrattuale era stata pattuita la zona della Lombardia, e successivamente le parti si sono accordate per variare la zona di competenza dell’agente, sostituendo alla Lombardia l’Emila – Romagna, senza però pattuire nulla in ordine al patto di non concorrenza, alla cessazione del contratto di agenzia, il patto realizzerà i propri effetti sull’Emilia Romagna e non già sulla Lombardia, zona in cui l’agente non opera più.

Diversamente, qualora la modifica del contenuto del contratto sia operata dal preponente con atto di volontà unilaterale – come riconosciuto dagli AEC – la modifica unilaterale del contratto di agenzia non ha alcun automatico effetto di modifica del patto di non concorrenza. In tale ipotesi, occorre distinguere:

  • se la modifica unilaterale disposta dal preponente riduce la zona di competenza dell’agente (come accade più frequentemente nella pratica), il patto di non concorrenza è correlativamente ridotto (ed è correlativamente ridotto anche il compenso in favore dell’agente);
  • se la modifica unilaterale disposta dal preponente espande la zona di competenza dell’agente, tale modifica non ha alcun effetto di estendere corrispondentemente il contenuto del patto di non concorrenza, che resta quindi valido solo per la parte di zona oggetto del contratto di agenzia originariamente stipulato tra le parti;
  • se la modifica unilaterale disposta dal preponente sostituisce la zona di competenza dell’agente (ad esempio, sottraendo un’area geografica e contemporaneamente assegnandone un’altra), la sostituzione unilaterale della zona comporta la caducazione totale del patto di non concorrenza.

Per ciò che attiene ai prodotti, si ritiene che non sia consentito estendere il patto di non concorrenza al di là dei prodotti specifici oggetto del contratto di agenzia. Si ritiene inoltre che il patto possa avere un oggetto più limitato rispetto alla zona affidata all’agente nel contratto di agenzia (ad esempio, l’agente operava in tutta la Lombardia, mentre il patto di non concorrenza vale solo per la provincia di Milano); se invece esso sia più esteso, lo stesso, ai sensi dell’art. 1419 2° co. c.c., sarà parzialmente nullo per la parte eccedente la zona contrattuale, e valido limitatamente a tale zona e ai prodotti contrattuali (ad esempio, se l’agente operava in Lombardia, e il patto di non concorrenza viene stipulato per tutto il nord-Italia, esso sarà valido solo per la Lombardia).

Non si ritiene infatti applicabile per analogia l’art. 2125 co. 1 c.c., in tema di lavoro subordinato, secondo cui il patto con il quale si limiti lo svolgimento dell’attività del lavoratore successivamente alla cessazione del contratto è nullo se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, tempo e luogo.

In terzo luogo, il patto non deve avere durata superiore ai due anni successivi alla conclusione del contratto. Le parti possono prevedere una estensione temporale minore di tale periodo; qualora invece prevedano un’estensione maggiore dei due anni, il patto sarà comunque valido, ma solo per due anni.

Spesso, nell’ambito di un patto di non concorrenza post contrattuale, il preponente si riserva la facoltà di attivare il patto di non concorrenza alla cessazione del rapporto, esercitando un diritto di opzione, previa comunicazione da formularsi per iscritto all’agente. In tal modo, il preponente si riserva la facoltà di decidere se avvalersi o meno del patto di non concorrenza in un momento successivo alla sua stipulazione.

In tali casi, la giurisprudenza ha ritenuto nulla la clausola con cui il proponente si fosse riservato non solo il diritto di esercitare l’opzione per l’attivazione di un patto di non concorrenza – con obbligo quindi di corrispondere la relativa indennità – ma anche la facoltà discrezionale di recedere da tale patto. Ciò infatti fa sì che l’agente si trovi non soltanto a dover subire la compressione della possibilità di esercitare aliunde altra attività, ma anche a subire il recesso del preponente nel corso della vigenza del patto e, quindi, di perdere il diritto all’indennità.

È invece ritenuta valida la clausola con cui l’agente conceda al preponente l’opzione irrevocabile in ordine al patto di non concorrenza, con la conseguenza che, in tal caso, il patto potrà perfezionarsi solo nel caso in cui il preponente eserciti l’opzione.

6. L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale

Ai sensi dell’art. 1751 2° comma c.c., nel testo modificato a seguito della L. n. 422/2000 – applicabile ai contratti stipulati dopo il 1° giugno 2001, nonché anche ai contratti precedenti a tale data, qualora prevedano l’applicazione degli AEC successivi – l’agente ha diritto alla corresponsione di una indennità in relazione all’accettazione del patto di non concorrenza post contrattuale. Tale indennità è prevista anche dagli AEC, che ne stabiliscono con precisione i criteri (v. par. 7–8).

L’indennità corrispettiva del patto di non concorrenza post contrattuale ha natura non provvigionale, cioè non può essere calcolata come percentuale del patto, ma diviene esigibile solo alla cessazione del contratto di agenzia,

La giurisprudenza prevalente ritiene comunque possibile derogare all’art. 1751 bis c.c. e stipulare un patto di non concorrenza post – contrattuale senza la previsione di un compenso in favore dell’agente. Infatti, la previsione di un corrispettivo per il patto di non concorrenza degli agenti – a differenza di quanto avviene per il patto di non concorrenza dei dipendenti , ai sensi dell’art. 2125 c.c. – non è requisito di validità del patto.

Si ritiene, pertanto, che le parti possano derogare al secondo comma dell’art. 1751 bis e agli AEC ed escludere espressamente che non sia previsto alcun compenso per il patto di non concorrenza. Tuttavia, in tal caso:

  • l’esclusione del compenso deve essere espressa ed il patto deve prevedere esplicitamente che la mancata pattuizione del compenso è ritenuta da entrambe le parti convenienti nel complessivo equilibrio del contratto stipulato;
  • la relativa claus0la deve essere specificamente approvata per iscritto dall’agente, ai sensi degli art. 1341 e 1342 c.c.;
  • il patto che esclude il corrispettivo deve essere rinnovato in occasione di ogni variazione di zona, clienti o prodotti, dato che il primo comma dell’art. 1751 bis c.c. è inderogabile;
  • il contratto di agenzia che contiene il patto deve escludere integralmente l’applicabilità al rapporto dell’AEC,  in applicazione dell’art. 2077 comma 2 c.c., secondo cui la clausola individuale difforme dal contratto collettivo è sostituita dalla più favorevole pattuizione dell’AEC. Non è quindi possibile operare una deroga parziale alla disciplina dell’AEC limitatamente alla disposizione che regola il patto di non concorrenza post-contrattuale, facendo salva per il resto la disciplina collettiva; in tal caso la clausola individuale che prevede il patto di non concorrenza senza corrispettivo sarebbe sostituita dalla più favorevole pattuizione dell’AEC.

Qualora invece sia prevista una indennità, essa deve essere determinata dalle parti, tenuto conto degli AEC e in considerazione della durata del patto, della natura del contratto e dell’indennità di fine rapporto. Le parti, nel rispetto dei parametri indicati dalla legge (durata del vincolo, natura del contratto e indennità di fine rapporto), sono libere di determinare l’importo dovuto; tale importo, tuttavia, non può essere inferiore a quello determinato dagli AEC (v. par. 7–8).

Qualora le parti non abbiano quantificato contrattualmente l’indennità, e la contrattazione collettiva non sia applicabile al rapporto, l’indennità dovrà essere stabilita dal giudice in via equitativa, tenendo conto dei seguenti elementi:

  • la media dei compensi percepiti dall’agente nel corso del rapporto e la loro incidenza sul fatturato complessivo dell’agente nello stesso periodo;
  • le cause di cessazione del contratto;
  • l’ampiezza della zona affidata all’agente;
  • il fatto che l’agente sia o meno monomandatario.

L’art. 23, comma 2 L. n. 422/2000 prevede che l’indennità deve essere corrisposta solo in favore degli agenti che esercitano la propria attività in forma individuale, di società di persone o di società di capitali con socio unico; le società di capitali con più di un socio hanno diritto all’indennità solo se costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali e laddove ciò sia previsto dagli AEC. A tal proposito, l’AEC commercio del 2009 prevede in tal senso che hanno diritto all’indennità, oltre agli agenti operanti in forma individuale, di società di persone e di società di capitali con unico socio, anche quelli operanti in forma di S.r.l. con due o più soci.

L’indennità per il divieto di concorrenza non ha natura provvigionale, bensì risarcitoria. Non è consentito quindi calcolare il corrispettivo per l’assunzione del patto di non concorrenza post contrattuale  in percentuale sul fatturato realizzato dall’agente. Sul punto, peraltro, vi è incertezza in giurisprudenza. Alcune sentenze hanno infatti stabilito che il corrispettivo eventualmente riconosciuto all’agente in forma provvigionale debba essere sostituito da quello previsto per legge; altre, hanno considerato l’attribuzione in corso di rapporto indebita e, quindi, da restituirsi o da compensarsi con l’eventuale dovuto da calcolarsi ai sensi di legge; altre ancora hanno ritenuto il compenso provvigionale a titolo di patto di non concorrenza come un provvigionale ordinario, presumibilmente sulla base di un accertato intento fraudolento della pattuizione.

Inoltre, l’ indennità  fronte del patto di non concorrenza post contrattuale dell’agente non può essere utilizzata per calcolare l’ammontare dell’indennità di fine rapporto spettante all’agente ai sensi dell’art. 1751 cod. civ.

Il diritto al corrispettivo a fronte del patto di non concorrenza post contrattuale sorge al momento di sottoscrizione del patto, ma diviene esigibile solo alla cessazione del contratto di agenzia. Poiché dunque il diritto a tale compenso entra nel patrimonio dell’agente al perfezionarsi del patto di non concorrenza, il preponente non può liberarsi dalla correlativa obbligazione di pagamento quando ritenga di non aver più interesse al rispetto del patto di non concorrenza da parte dell’agente.

L’indennità per il patto di non concorrenza deve essere corrisposta all’agente alla cessazione del rapporto, a prescindere dal fatto che l’agente abbia correttamente adempiuto all’obbligo in questione. Il preponente deve quindi corrispondere l’indennità all’agente e successivamente verificare se quest’ultimo abbia o meno adempiuto all’obbligo di non concorrenza. Il preponente non può quindi pretendere l’adempimento del patto di non concorrenza post contrattuale se non abbia corrisposto quanto dovuto a tale titolo all’agente, in applicazione del principio “inadimplenti non est adimplendum”.

Parte della giurisprudenza ritiene tuttavia ammissibile l’accordo tra le che preveda il pagamento dell’indennità dilazionato nel tempo di vigenza del patto, dato che la norma di cui all’art. 1751-bis comma 2 c.c. è derogabile. Tale deroga è peraltro valida a condizione che al rapporto di agenzia cui accede il patto non si applichino gli AEC, i quali prevedono, come si vedrà (v. par. 7-8), una norma contraria, che si applica in quanto condizione di miglior favore per l’agente.

Il patto di non concorrenza è valido indipendentemente dalla causa di scioglimento del contratto, ed è autonomo rispetto al contratto stesso. La giurisprudenza ha in proposito precisato che in caso di recesso ordinario da parte del preponente, l’agente è comunque vincolato dal patto di non concorrenza, trattandosi di un distinto obbligo volto a scongiurare il pregiudizio all’integrità del patrimonio dell’impresa preponente, e non può opporre al preponente, in caso di mancato pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e/o di fine rapporto, l’eccezione di inadempimento. Quest’ultima eccezione è invece ammissibile in caso di mancato pagamento da parte del preponente dell’indennità prevista per il patto di non concorrenza.

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto di agenzia, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

7. L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale: c) disciplina dell’AEC commercio 2009

L’AEC Commercio del 2009 prevede una disciplina specifica e assai dettagliata del patto di non concorrenza post contrattuale.

L’AEC commercio prevede anzitutto che il patto di non concorrenza post-contrattuale può essere pattuito solo all’inizio del rapporto di agenzia; non è quindi possibile pattuire con l’agente una clausola di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto, in un momento successivo alla sua conclusione. Tale previsione intende tutelare l’agente che, durante il rapporto contrattuale, si trova in una posizione di tendenziale debolezza rispetto al preponente e potrebbe essere portato a firmare un patto a sé sfavorevole.

L’AEC dispone che il patto di non concorrenza non può essere variato unilateralmente dal preponente. Sono così illegittime le clausole che prevedono la facoltà per il preponente di recedere unilateralmente dal patto di non concorrenza entro un determinato lasso di tempo dalla cessazione del contratto, o un patto di opzione con il quale viene attribuito alla sola preponente la facoltà di decidere, entro un termine stabilito, se avvalersi o meno del patto di non concorrenza, che rimettono la risoluzione del patto di non concorrenza al mero arbitrio della preponente, lasciando l’agente in una situazione di totale incertezza.

L’indennità relativa al patto di non concorrenza deve essere corrisposta in un’unica soluzione alla fine del rapporto. Non è quindi consentito corrispondere l’indennità durante il rapporto e/o dopo la sua cessazione nel corso del periodo di vigenza del patto stesso; eventuali pagamenti in pendenza del contratto di agenzia potranno essere considerate mere anticipazioni su quanto spettante all’agente in virtù del patto di non concorrenza e non potranno avere effetto solutorio.

L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale ai sensi dell’AEC commercio 2009 viene così calcolata:

  • la base di calcolo è costituita dalla media annua delle provvigioni spettanti all’agente nei cinque anni antecedenti alla cessazione del rapporto, ovvero la media annua delle provvigioni spettanti nel corso del rapporto che abbia avuto durata inferiore ai 5 anni;
  • tale valore di base deve essere diviso per 24 e corrisposto in ragione di tanti ventiquattresimi quanti sono i mesi di durata del patto di non concorrenza;
  • per gli agenti monomandatari l’importo come sopra individuato è riconosciuto per intero se il contratto è di durata superiore a 5 anni, in caso contrario all’85%; a tal fine si considerano come monomandatari anche gli agenti operanti come plurimandatari, per i quali il mandato cessato valga almeno l’80% delle provvigioni spettanti all’agente da parte di tutti i preponenti in ciascuno dei due anni antecedenti la cessazione del rapporto;
  • per gli agenti plurimandatari a base di calcolo è ridotta del 20%;
  • il valore così ottenuto viene corrisposto nelle seguenti misure:
    • 50% per i rapporti di durata fino a 5 anni;
    • 75% per i rapporti di durata tra 5 e 10 anni;
    • 100% per i rapporti di durata oltre i 10 anni.

Si tratta pertanto di un ammontare generalmente alquanto oneroso per il preponente.

Ai soli fini del calcolo dell’indennità prevista a fronte del patto di non concorrenza post contrattuale, si considerano come monomandatari anche gli agenti di commercio operanti come plurimandatari, per i quali il mandato cessato valga almeno l’80% del monte provvigionale di spettanza dell’agente da tutte le case mandanti in ciascuno dei due anni antecedenti la chiusura del rapporto.

8. La disciplina dell’AEC industria del 2014

L’AEC industria del 2014 prevede che l’agente – operante in forma individuale, di società di persone o di società di capitali con un unico socio – ha diritto all’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale – che deve avere natura non provvigionale. Tale indennità deve essere calcolata come segue.

La base di calcolo dell’indennità è costituita dalla media annua delle provvigioni spettanti negli ultimi 5 anni precedenti la cessazione del rapporto, ovvero dalla media annua calcolata sull’intero rapporto, se questo abbia avuto una durata inferiore. Ciò premesso:

  • se il rapporto ha avuto durata inferiore a 5 anni, l’agente ha diritto a ricevere un’indennità pari a 8 mensilità se monomandatario, 6 mensilità se plurimandatario;
  • se il rapporto ha avuto durata tra 5 e 10 anni, l’agente ha diritto a ricevere un’indennità pari a 10 mensilità se monomandatario, 8 mensilità se plurimandatario;
  • se il rapporto ha avuto durata superiore a 10 anni, l’agente ha diritto a ricevere un’indennità pari a 12 mensilità se monomandatario, 10 mensilità se plurimandatario.

Se il patto ha durata inferiore a 2 anni, l’indennità è ridotta del 40% per il primo anno e del 60% per il secondo anno. Quindi, ad esempio, nel caso di un rapporto di agenzia che termina entro il quinto anno di durata con un agente monomandatario, con il quale è stato stipulato un patto di non concorrenza per la durata di 8 mesi, l’indennizzo sarà pari a 2,13 mensilità (8/12 del 40% di 8 mensilità = 8/12 di 3,2 = 2,13 mensilità).

In caso di recesso dell’agente (senza giusta causa od altra causa ostativa), l’indennità è ridotta al 70% per l’agente plurimandatario con mandato inferiore al 25% del totale dei suoi introiti.

In caso di violazione del patto di non concorrenza, l’agente:

  • non ha diritto ad alcuna indennità;
  • deve restituire gli importi eventualmente percepiti a tale titolo;
  • deve corrispondere una penale di ammontare non superiore al 50% dell’indennità

9. La violazione del patto di non concorrenza

In caso di violazione del patto di non concorrenza, trovano applicazione le regole generali del Codice civile in tema di inadempimento del contratto. Qualora sia inadempiente l’agente, il preponente potrà quindi richiedere, alternativamente:

  • l’adempimento del patto, oltre al risarcimento del danno; in tal caso il preponente non potrà ottenere la restituzione del corrispettivo pagato per il patto di non concorrenza;
  • la risoluzione del patto, con restituzione del corrispettivo già eventualmente versato, oltre all’eventuale risarcimento del danno derivante dall’inadempimento contrattuale dell’agente.

Per quanto attiene al risarcimento dei danni, spesso nella prassi, le parti predeterminano l’ammontare di tali danni attraverso l’inserimento di una clausola penale, la quale solleva il preponente dall’onere di provare l’esistenza degli stessi e il loro ammontare.

In tal caso, non è possibile cumulare la prestazione principale (cioè, l’obbligo di astenersi da attività in concorrenza) con la clausola penale, in quanto quest’ultima, trattandosi di obbligazioni di durata, deve intendersi riferita alle sole prestazioni già maturate e non adempiute e non a quelle successive, per le quali resta in vigore un obbligo di adempimento in virtù dell’esistenza del patto di non concorrenza per un periodo ulteriore. In tale ipotesi pertanto il preponente, qualora l’agente risulti inadempiente, può pretendere alternativamente l’adempimento dell’obbligo di non concorrenza, o il pagamento della penale.

Le parti sono libere di quantificare la penale in caso di inadempimento del patto di non concorrenza post-contrattuale, ferma restando la possibilità del Giudice di ridurre equamente la penale qualora questa sia stata quantificata in misura manifestamente eccessiva, avuto riguardo all’interesse che il preponente aveva all’adempimento, ai sensi dell’art. 1384 c.c. Qualora tuttavia si applichi l’art. AEC Industria, l’art. 14 di tale coocorso prevede che l’eventuale penale prevista in caso di violazione del patto di non concorrenza non può eccedere  il 50% del corrispettivo del patto, determinato come previsto dallo stesso AEC (v. par. 8 ). In tal caso, alla penale non è cumulabile il risarcimento del maggior danno che il preponente possa aver subìto, ai sensi dell’art. 1382 comma 1 c.c.

La giurisprudenza ritiene altresì possibile esperire, in caso di inadempimento del patto di non concorrenza post contrattuale da parte dell’agente, un’azione cautelare per inibire all’agente l’esercizio di attività in favore di un concorrente. Si è altresì ritenuto che, ai fini della concessione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. per violazione di un patto di non concorrenza, sia sufficiente provare il mero inadempimento del patto, che integra di per sé il presupposto del periculum in mora, non essendo necessario dimostrare l’ulteriore danno effettivo.

Qualora risulti invece inadempiente il preponente – il quale non corrisponda all’agente l’indennizzo previsto a fronte del patto di non concorrenza post contrattuale – l’agente non può rifiutarsi di adempiere all’obbligo di non concorrenza dallo stesso assunto, e ritenersi liberato  dal vincolo contrattuale, né anche solo sospendere temporaneamente il rispetto del patto (ai sensi dell’art. 1460 c.c.) nell’attesa del pagamento dell’indennità dovuta dal preponente. Tale comportamento costituirebbe infatti un inadempimento non proporzionato rispetto all’inadempimento del preponente,  in quanto:

  • vi è una evidente disomogeneità tra l’obbligazione inadempiuta dalla preponente (pagamento dell’indennizzo) e quella rifiutata dall’agente (non esercitare attività in concorrenza);
  • non vi è contemporaneità tra le prestazioni delle parti: quella della preponente è dovuta alla cessazione del contratto, mentre quella dell’agente è dovuta per tutto il periodo corrispondente alla durata del vincolo di non concorrenza post-contrattuale.

L’agente quindi, a fronte dell’inadempimento del preponente, può chiedere l’adempimento e dunque il pagamento dell’indennità.

Se invece l’agente chiede la risoluzione del patto di non concorrenza per inadempimento, non può, come si è visto, ritenersi libero dalle proprie obbligazioni, considerando inesistente l’impegno alla non concorrenza assunto, né pretendere il pagamento dell’indennizzo, ma ha solo diritto al risarcimento del danno per la perdita di chance, qualora abbia rifiutato altre occasioni di lavoro in quanto vincolato dal patto di non concorrenza. Tuttavia, poiché l’agenzia è un contratto ad esecuzione continuata, disciplinato dall’art. 1458 c.c., gli effetti retroattivi della risoluzione trovano un limite nelle prestazioni già eseguite; pertanto l’agente che in buona fede si sia astenuto dal compiere atti vietati dal patto di non concorrenza, potrà richiedere comunque il pagamento del corrispettivo per le prestazioni già eseguite fino a quel momento.

Si evidenzia che il modello non è gratuito. Per informazioni sul costo, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it

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Avv. Valerio Pandolfini

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