Agenzia: l’obbligo di non concorrenza dell’agente
Ai sensi dell’art. 1743 c.c., nella vigenza del contratto di agenzia l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro. Frequentemente si pone l’esigenza di tutelare, dopo la cessazione del rapporto, l’avviamento e la clientela del preponente, prevedendo un obbligo di non concorrenza post-contrattuale a carico dell’(ex) agente. La validità di un patto di non concorrenza post-contrattuale nell’agenzia è subordinata ad alcuni requisiti, previsti dagli artt. 1751 e 1751-bis c.c., tra cui corresponsione di una indennità in favore dell’agente. La misura e i criteri di corresponsione di tale indennità sono disciplinati nel dettaglio dagli AEC applicabili.
1. Divieto di concorrenza dell’agente durante il contratto
Ai sensi dell’art. 1743 c.c., l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro. Si tratta di un obbligo che investe la stessa funzione del contratto di agenzia e pertanto ne costituisce elemento naturale, che sussiste quindi in assenza di contraria previsione.
L’agente non può quindi promuovere prodotti in concorrenza con quelli oggetto del contratto di agenzia; in caso di violazione di tale obbligo, risponde nei confronti del preponente a titolo di responsabilità contrattuale, con conseguente diritto del preponente alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno.
La giurisprudenza ha precisato in proposito che ai fini del rispetto dell’obbligo di non concorrenza rileva non tanto la produzione e commercializzazione di prodotti identici o simili da parte di più imprese quanto il mercato (cioè la clientela) al quale essi si rivolgono. L’agente può quindi agire per conto di più aziende produttrici concorrenti, ma non anche per i prodotti in concorrenza con quelli oggetto dell’attività per cui ha assunto l’incarico.
Dunque, se il preponente intende impedire all’agente di trattare con le imprese concorrenti in aree di mercato diverse da quelle stabilite nel contratto, per evitare che le informazioni riservate riguardanti un prodotto possano essere comunicate a terzi, dovrà inserire nel contratto una apposita clausola che preveda espressamente tale divieto.
2. Responsabilità dell’agente per concorrenza sleale
Alla responsabilità contrattuale dell’agente può eventualmente aggiungersi una responsabilità di tipo extracontrattuale, per violazione dell’art. art. 2598 c.c. in tema di concorrenza sleale. Tale norma si applica alle situazioni in cui due soggetti che agiscono autonomamente nello stesso settore di attività produttiva, ancorché a diverso livello, realizzano un’attività in concorrenza attraverso comportamenti non leciti.
Pone in essere dunque un comportamento illecito, in quanto atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c., l’agente il quale svolga in proprio un’attività in concorrenza con quella del preponente, avvalendosi delle notizie e degli elementi di cui è venuto a conoscenza per effetto del rapporto di agenzia, relativi ad es. alla clientela, alle strategie di marketing, ai sistemi di produzione etc.
Qualora invece l’agente svolga attività promozionale per conto di altre imprese in concorrenza con il preponente, lo stesso dovrà ritenersi (soltanto) inadempiente alle proprie obbligazioni di agente, ex art. 1743 c.c.
Una specifica ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. si ha quando un’impresa concorrente induca uno o più agenti di un determinato preponente a cessare la loro attività con quel preponente ed iniziarne una con l’impresa stessa (cd. storno di agenti). Affinché tale condotta sia illecita, la giurisprudenza richiede due requisiti:
- la consapevolezza dell’idoneità dell’atto a danneggiare il preponente;
- l’intenzionalità di conseguire il risultato (animus nocendi). La giurisprudenza ritiene sussistente tale requisito, in via presuntiva, quando lo storno sia stato realizzato con modalità tali da non potersi giustificare, alla luce dei principi di correttezza professionale, se non supponendo l’intento di danneggiare l’organizzazione e la struttura produttiva della concorrente.
3. Divieto di concorrenza dell’agente dopo la cessazione del contratto
Finché è in forza il contratto di agenzia vi è dunque un’esclusiva reciproca tra preponente ed agente, in base al quale nessuno dei quali può fare concorrenza all’altro.
Una volta, invece, terminato il contratto, l’agente non è soggetto a particolari vincoli e può quindi esercitare attività con altre società anche concorrenti con l’ex preponente, nei limiti del divieto degli atti in concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c., ovvero nei limiti della correttezza professionale.
Pertanto, terminato il contratto di agenzia, in linea generale all’agente – lavori o meno per un altro preponente – non è vietato contattare e/o avere contatti con la clientela acquisita nel corso del rapporto con l’ex preponente, salvo il caso in cui l’agente abbia sottoscritto un patto di non concorrenza post-contrattuale (v. par. 4).
Occorre infatti considerare che, anche se l’avviamento commerciale realizzato dall’agente resta in capo al preponente dopo la cessazione del rapporto, la familiarità ed il rapporto di fiducia personale instaurato con la clientela – che spesso, in un mercato altamente concorrenziale, costituisce l’elemento decisivo nell’orientare le scelte d’acquisto dei clienti – resta un patrimonio proprio dell’agente, da questi spendibile e/o impiegabile anche presso un nuovo preponente in concorrenza con il precedente.
E’ invece scorretto che l’agente dopo lo scioglimento del rapporto, effettui attività in concorrenza al di là dei limiti della correttezza professionale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., ovvero utilizzando strumenti scorretti, intendendosi per tali tutti gli strumenti che qualunque altro competitor dell’ex preponente non avrebbe la possibilità di utilizzare.
In questo senso, la giurisprudenza ha ritenuto scorretta (e quindi illecita) la condotta dell’ex agente il quale, successivamente allo scioglimento del rapporto, contatti i clienti dell’ex preponente avvalendosi di informazioni aziendali riservate, quali ad esempio i recapiti telefonici o elettronici dei clienti contenute nelle banche dati aziendali dell’ex preponente, di cui sia entrato illegittimamente in possesso (accedendo al database e facendone copia).
In tale ipotesi, l’atto di concorrenza sleale non viene commesso all’agente, in quanto questi opera ad un diverso livello di mercato rispetto al preponente, e quindi non è mai configurabile direttamente, tra preponente ed agente, un rapporto di concorrenzialità; ciò, almeno, fino a quando l’ex agente divenga in proprio imprenditore, cioè cominci a vendere in proprio gli stessi prodotti trattati dal preponente, acquistando in tal modo la qualifica soggettiva necessaria per la sussistenza astratta della fattispecie di concorrenza sleale.
E’ tuttavia però possibile che l’agente concorra nell’illecito di altro imprenditore, cioè il nuovo preponente, questo è in diretta concorrenza con il suo ex preponente (c.d. concorrenza sleale per interposta persona).
Ciò accade qualora vi sia un accordo con l’agente o comunque il nuovo preponente abbia istigato l’agente a compiere la concotta di concorrenza sleale, ad esempio attraverso la previsione di incentivi all’acquisizione di nuovi clienti, accompagnata dalla consapevolezza del rapporto pregresso tra agente ed ex preponente e dal mancato controllo circa la provenienza dall’ex preponente dei nuovi clienti acquisiti dall’agente.
Occorre peraltro evidenziare che l’utilizzo da parte dell’ex agente dei dati personali dei clienti è illecito, in quanto con la cessazione del rapporto viene meno la base giuridica che consentiva all’agente di trattare tali dati per conto del preponente, in qualità di responsabile del trattamento, ai sensi dell’art. 28 GDPR.
Qualora poi il trattamento dei dati personali dei clienti successivo allo scioglimento del rapporto di agenzia da parte dell’ex agente avvenga, come normalmente accade, mediante l’accesso a banche dati informatiche, l’ex agente potrebbe essere imputabile del reato punito dall’art. 615-ter c.p., che sanziona chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico protetto da misure di sicurezza (tali essendo anche le semplici password di accesso al pc) o accede al database contente i dati dei clienti contro la volontà del preponente.
Inoltre, qualora le informazioni relative ai clienti siano qualificabili come segrete, ai sensi dell’art. 98 D.lgs. n. 30/2005, l’utilizzo di tali dati da parte dell’ex agente è illecito. Sono segrete, ai sensi della norma menzionata, le informazioni commerciali che:
- non sono nel loro insieme o nella precisa configurazione o combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
- sono sottoposte a misure ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete, e
- hanno valore economico in quanto segrete.
Le informazioni relative alla clientela possono essere qualificate come segrete se ricorrono i requisiti di cui sopra, e in particolare qualora i dati dei clienti siano stati elaborati e profilati dal preponente, anche se le stesse siano state concretamente raccolte, sviluppate e/o archiviate dall’agente.
4. Il patto di non concorrenza post-contrattuale con l’agente
Come si è visto, la tutela offerta dall’ordinamento contro eventuali atti di concorrenza sleale dell’ex agente può essere insufficiente a tutelare, dopo la cessazione del rapporto, l’avviamento e la clientela del preponente. Se opera nei confini della concorrenza “leale”, infatti, l’agente potrebbe, una volta cessato il contratto, sfruttare i contatti con i clienti precedentemente instaurati e le conoscenze riservate acquisite nel precedente rapporto per operare con una società concorrente, in tal modo riducendo la quota di mercato della società per la quale ha precedentemente operato e danneggiando quest’ultima anche gravemente.
Se dunque il preponente vuole evitare che l’agente, una volta cessato il rapporto, inizi un’attività in concorrenza, deve stipulare con quest’ultimo un apposito accordo: il patto di non concorrenza post contrattuale, con il quale è fatto divieto all’agente di svolgere attività in concorrenza con il preponente per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia.
Tale contratto consente di tutelare l’avviamento e la clientela dell’impresa, molto più efficacemente di quanto possano consentire le norme contro la concorrenza sleale; queste ultime proteggono infatti le imprese solo nei confronti di atti di confusione, denigrazione, storno di clienti etc., non facili da dimostrare o comunque facilmente “camuffabili” dagli ex agenti.
Tale patto, in particolare, priva l’ex agente della possibilità di contattare – con qualunque mezzo, anche se concorrenzialmente lecito – non solo coloro che siano effettivamente clienti del precedente preponente (ovvero la sua clientela attuale), ma tutta la clientela, anche solo potenziale, che risieda nella zona per la quale era stato concluso il contratto di agenzia.
Si tratta di un accordo non naturale bensì meramente eventuale, e deve essere quindi espressamente previsto in un apposito patto, in forza del quale appunto l’agente si obbliga a non svolgere alcuna attività concorrenziale per la trattazione di affari, anche solo in via occasionale, nei confronti del preponente, relativamente alla zona, prodotti e clientela oggetto del contratto.
Si tratta sostanzialmente di un prolungamento del vincolo di esclusiva che nel corso del rapporto ha legato l’agente al preponente, finalizzato a tutelare l’interesse del preponente a mantenere intatta la posizione concorrenziale acquisita sul mercato in cui opera.
5. I requisiti del patto di non concorrenza post-contrattuale previsti dall’art. 1751-bis c.c.
Ai sensi dell’art. 1751-bis c.c., introdotto dal D.lgs. n. 303/1991, in attuazione della direttiva CE n. 653 del 18.12.1986 (“Direttiva”), il patto di concorrenza post contrattuale deve possedere determinati requisiti, a pena di validità.
In primo luogo, il patto deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità. A tale obbligo dovrà aggiungersi quello della doppia sottoscrizione ai sensi dell’art. 1341 co. 2 c.c., trattandosi di una restrizione della libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.
In secondo luogo, il patto deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia. La norma mira a tutelare l’agente dal rischio che il patto di non concorrenza possa avere un oggetto eccessivamente ampio, limitandone troppo la libertà professionale. Coerentemente, la giurisprudenza ha ritenuto nullo, in quanto contrastante con l’ordine pubblico costituzionale, il patto di non concorrenza diretto a precludere in modo assoluto a una parte la possibilità di impiegare la propria capacità professionale nel settore economico di riferimento.
Per quanto attiene alla zona, secondo la giurisprudenza prevalente, le clausole di non concorrenza che eccedono la zona, o non facciano alcun riferimento a limiti di zona sono nulle solo per la parte in cui eccedono tali limiti, e non già nulle per intero. Lo stesso vale per la clientela, i prodotti o i servizi affidati contrattualmente all’agente.
Se nel frattempo, dopo la stipulazione del patto, l’oggetto del contratto – e in particolare la zona, la clientela o i beni o servizi – è variato per effetto di un accordo tra le parti, ciò si riflette anche sul contenuto del patto di non concorrenza, nel senso che tali modifiche costituiscono una nuova stipulazione del patto di non concorrenza. Se quindi, ad esempio, nel contratto di agenzia con patto di non concorrenza post – contrattuale era stata pattuita la zona della Lombardia, e successivamente le parti si sono accordate per variare la zona di competenza dell’agente, sostituendo alla Lombardia l’Emila – Romagna, senza però pattuire nulla in ordine al patto di non concorrenza, alla cessazione del contratto di agenzia, il patto realizzerà i propri effetti sull’Emilia Romagna e non già sulla Lombardia, zona in cui l’agente non opera più.
Diversamente, qualora la modifica del contenuto del contratto sia operata dal preponente con atto di volontà unilaterale – come riconosciuto dagli AEC – la modifica unilaterale del contratto di agenzia non ha alcun automatico effetto di modifica del patto di non concorrenza. In tale ipotesi, occorre distinguere:
- se la modifica unilaterale disposta dal preponente riduce la zona di competenza dell’agente di commercio (come accade più frequentemente nella pratica), il patto di non concorrenza è correlativamente ridotto (ed è correlativamente ridotto anche il compenso in favore dell’agente);
- se la modifica unilaterale disposta dal preponente espande la zona di competenza dell’agente di commercio, tale modifica non ha alcun effetto di estendere corrispondentemente il contenuto del patto di non concorrenza, che resta quindi valido solo per la parte di zona oggetto del contratto di agenzia originariamente stipulato tra le parti;
- se la modifica unilaterale disposta dal preponente sostituisce la zona di competenza dell’agente (ad esempio, sottraendo un’area geografica e contemporaneamente assegnandone un’altra), la sostituzione unilaterale della zona comporta la caducazione totale del patto di non concorrenza.
Per ciò che attiene ai prodotti, si ritiene che non sia consentito estendere il patto di non concorrenza al di là dei prodotti specifici oggetto del contratto. Si ritiene inoltre che il patto possa avere un oggetto più limitato rispetto alla zona affidata all’agente nel contratto di agenzia (ad esempio, l’agente operava in tutta la Lombardia, mentre il patto di non concorrenza vale solo per la provincia di Milano); se invece esso sia più esteso, lo stesso, ai sensi dell’art. 1419 2° co. c.c., sarà parzialmente nullo per la parte eccedente la zona contrattuale, e valido limitatamente a tale zona e ai prodotti contrattuali (ad esempio, se l’agente operava in Lombardia, e il patto di non concorrenza viene stipulato per tutto il nord-Italia, esso sarà valido solo per la Lombardia).
Non si ritiene infatti applicabile per analogia l’art. 2125 co. 1 c.c., in tema di lavoro subordinato, secondo cui il patto con il quale si limiti lo svolgimento dell’attività del lavoratore successivamente alla cessazione del contratto è nullo se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, tempo e luogo.
In terzo luogo, il patto non deve avere durata superiore ai due anni successivi alla conclusione del contratto. Le parti possono prevedere una estensione temporale minore di tale periodo; qualora invece prevedano un’estensione maggiore dei due anni, il patto sarà comunque valido, ma solo per due anni.
6. L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale: a) i criteri di qualificazione
Ai sensi dell’art. 1751 2° comma c.c., nel testo modificato a seguito della L. n. 422/2000 – applicabile ai contratti stipulati dopo il 1° giugno 2001, nonché anche ai contratti precedenti a tale data, qualora prevedano l’applicazione degli AEC successivi – l’agente ha diritto alla corresponsione di una indennità in relazione all’accettazione del patto di non concorrenza post contrattuale.
L’indennità corrispettiva del patto di non concorrenza post contrattuale ha natura non provvigionale, cioè non può essere calcolata come percentuale del patto, ma diviene esigibile solo alla cessazione del contratto di agenzia,
La giurisprudenza prevalente ritiene comunque possibile derogare all’art. 1751 bis c.c. e stipulare un patto di non concorrenza post – contrattuale senza la previsione di un compenso in favore dell’agente. Tuttavia:
- l’esclusione del compenso deve essere espressa ed il patto dovrà riportar esplicitamente che la mancata pattuizione del compenso è ritenuta da entrambe le parti convenienti nel complessivo equilibrio del contratto stipulato;
- la relativa claus0la deve essere specificamente approvata per iscritto dall’agente, ai sensi degli art. 1341 e 1342 c.c.;
- il patto che esclude il corrispettivo deve essere rinnovato in occasione di ogni variazione di zona, clienti o prodotti, dato che il primo comma dell’art. 1751 bis c.c. è inderogabile;
- il contratto di agenzia che contiene il patto deve escludere integralmente l’applicabilità al rapporto dell’AEC Commercio o Industria (non è quindi possibile operare una deroga parziale alla disciplina dell’AEC limitatamente alla disposizione che regola il patto di non concorrenza post-contrattuale, facendo salva per il resto la disciplina collettiva; in tal caso la clausola individuale che prevede il patto di non concorrenza senza corrispettivo sarebbe sostituita dalla più favorevole pattuizione dell’AEC).
La misura dell’indennità è così regolamentata. In primo luogo, si prevede che essa venga determinata dalle parti, tenuto conto degli AEC e in considerazione della durata del patto, della natura del contratto e dell’indennità di fine rapporto. Le parti, nel rispetto dei parametri indicati dalla legge (durata del vincolo, natura del contratto e indennità di fine rapporto), sono libere di determinare l’importo dovuto; tale importo, tuttavia, non potrà essere inferiore a quello determinato dagli AEC.
Qualora le parti non abbiano quantificato contrattualmente l’indennità, e la contrattazione collettiva non sia applicabile al rapporto, l’indennità dovrà essere stabilita dal giudice in via equitativa, tenendo conto dei seguenti elementi:
- la media dei compensi percepiti dall’agente nel corso del rapporto e la loro incidenza sul fatturato complessivo dell’agente nello stesso periodo;
- le cause di cessazione del contratto;
- l’ampiezza della zona affidata all’agente;
- il fatto che l’agente sia o meno monomandatario.
L’art. 23, comma 2 L. n. 422/2000 prevede che l’indennità deve essere corrisposta solo in favore degli agenti che esercitano la propria attività in forma individuale, di società di persone o di società di capitali con socio unico; le società di capitali con più di un socio hanno diritto all’indennità solo se costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali e laddove ciò sia previsto dagli AEC. L’AEC commercio del 2009 prevede in tal senso che hanno diritto all’indennità, oltre agli agenti operanti in forma individuale, di società di persone e di società di capitali con unico socio, anche quelli operanti in forma di S.r.l. con due o più soci.
7. L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale: b) modalità di corresponsione
I criteri previsti dall’art. 1751-bis c.c. non sono sufficientemente chiari e precisi, e di conseguenza non consentono di individuare in modo certo l’importo dell’indennità da corrispondere all’agente, lasciando un ampio margine di discrezionalità al giudice; ben più precisi sono invece i criteri previsti dagli AEC.
L’indennità per il divieto di concorrenza non ha natura provvigionale, bensì risarcitoria. Non è consentito quindi imputare, a titolo di corrispettivo per l’assunzione del patto di non concorrenza post contrattuale, una parte, individuata ad es. su base percentuale, della provvigione da calcolarsi sul fatturato realizzato dall’agente. Inoltre, tale indennità non può essere utilizzata per calcolare l’ammontare dell’indennità di fine rapporto (art. 1751 cod. civ.).
Il diritto all’indennità da parte dell’agente sorge al momento in cui il patto di non concorrenza è stipulato, e la stessa deve essere corrisposta alla cessazione del rapporto, a prescindere dal fatto che l’agente abbia correttamente adempiuto all’obbligo in questione. Il preponente deve quindi corrispondere l’indennità all’agente e successivamente verificare se quest’ultimo abbia o meno adempiuto all’obbligo di non concorrenza, non essendo possibile prevedere una dilazione dell’indennità nel corso del periodo di non concorrenza e in relazione al suo esatto adempimento.
Il patto di non concorrenza è valido indipendentemente dalla causa di scioglimento del contratto, ed è autonomo rispetto al contratto stesso. La giurisprudenza ha in proposito precisato che in caso di recesso ordinario da parte del preponente, l’agente è comunque vincolato dal patto di non concorrenza, trattandosi di un distinto obbligo volto a scongiurare il pregiudizio all’integrità del patrimonio dell’impresa preponente, e non può opporre al preponente, in caso di mancato pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e/o di fine rapporto, l’eccezione di inadempimento. Quest’ultima eccezione è invece ammissibile in caso di mancato pagamento da parte del preponente dell’indennità prevista per il patto di non concorrenza.
Se siete interessati a scaricare un modello di contratto di agenzia, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.
8. L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale: c) disciplina dell’AEC commercio 2009
L’AEC Commercio del 2009 prevede una disciplina specifica e assai dettagliata del patto di non concorrenza post contrattuale. Si prevede che:
- il patto di non concorrenza post-contrattuale può essere pattuito solo all’inizio del rapporto di agenzia; non è quindi possibile pattuire con l’agente una clausola di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto, in un momento successivo alla sua conclusione. Tale previsione intende tutelare l’agente che, durante il rapporto contrattuale, si trova in una posizione di tendenziale debolezza rispetto al preponente e potrebbe essere portato a firmare un patto a sé sfavorevole.
- Il patto di non concorrenza non può essere variato unilateralmente dal preponente. Sono così illegittime le clausole che prevedono la facoltà per il preponente di recedere unilateralmente dal patto di non concorrenza entro un determinato lasso di tempo dalla cessazione del contratto, o un patto di opzione con il quale viene attribuito alla sola preponente la facoltà di decidere, entro un termine stabilito, se avvalersi o meno del patto di non concorrenza, che rimettono la risoluzione del patto di non concorrenza al mero arbitrio della preponente, lasciando l’agente in una situazione di totale incertezza.
- l’indennità relativa al patto di non concorrenza deve essere corrisposta in un’unica soluzione alla fine del rapporto. Non è quindi consentito corrispondere l’indennità durante il rapporto e/o dopo la sua cessazione nel corso del periodo di vigenza del patto stesso; eventuali pagamenti in pendenza del contratto di agenzia potranno essere considerate mere anticipazioni su quanto spettante all’agente in virtù del patto di non concorrenza e non potranno avere effetto solutorio. Tale previsione si prefigge di ovviare alla tendenza, che si è andata sviluppando negli ultimi anni, consistente nell’inserire nei contratti di agenzia clausole che prevedono il pagamento dell’indennità nel corso del rapporto, in percentuale al fatturato prodotto; tali clausole, se unite alla facoltà di recesso unilaterale dal patto da parte della preponente, potevano giungere al paradosso di far sorgere in capo all’agente l’obbligo di restituire, alla fine del rapporto, quanto già percepito a titolo di indennità.
9. Il calcolo dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale secondo l’AEC commercio 2009
L’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale ai sensi dell’AEC commercio 2009 viene così calcolata:
- la base di calcolo è costituita dalla media annua delle provvigioni spettanti all’agente nei cinque anni antecedenti alla cessazione del rapporto, ovvero la media annua delle provvigioni spettanti nel corso del rapporto che abbia avuto durata inferiore ai 5 anni;
- tale valore di base deve essere diviso per 24 e corrisposto in ragione di tanti ventiquattresimi quanti sono i mesi di durata del patto di non concorrenza;
- per gli agenti monomandatari l’importo come sopra individuato è riconosciuto per intero se il contratto è di durata superiore a 5 anni, in caso contrario all’85%; a tal fine si considerano come monomandatari anche gli agenti operanti come plurimandatari, per i quali il mandato cessato valga almeno l’80% delle provvigioni spettanti all’agente da parte di tutti i preponenti in ciascuno dei due anni antecedenti la cessazione del rapporto;
- per gli agenti plurimandatari a base di calcolo è ridotta del 20%;
- il valore così ottenuto viene corrisposto nelle seguenti misure:
- 50% per i rapporti di durata fino a 5 anni;
- 75% per i rapporti di durata tra 5 e 10 anni;
- 100% per i rapporti di durata oltre i 10 anni.
Si tratta pertanto di un ammontare generalmente alquanto oneroso per il preponente.
10. Il calcolo dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale secondo l’AEC industria del 2014
L’AEC industria del 2014 prevede invece che l’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale – che deve avere natura non provvigionale – debba essere calcolata come segue.
La base di calcolo dell’indennità è costituita dalla media annua delle provvigioni spettanti negli ultimi 5 anni precedenti la cessazione del rapporto, ovvero dalla media annua calcolata sull’intero rapporto, se questo abbia avuto una durata inferiore. Ciò premesso:
- se il rapporto ha avuto durata inferiore a 5 anni, l’agente ha diritto a ricevere un’indennità pari a 8 mensilità se monomandatario, 6 mensilità se plurimandatario;
- se il rapporto ha avuto durata tra 5 e 10 anni, l’agente ha diritto a ricevere un’indennità pari a 10 mensilità se monomandatario, 8 mensilità se plurimandatario;
- se il rapporto ha avuto durata superiore a 10 anni, l’agente ha diritto a ricevere un’indennità pari a 12 mensilità se monomandatario, 10 mensilità se plurimandatario.
Se il patto ha durata inferiore a 2 anni, l’indennità è ridotta del 40% per il primo anno e del 60% per il secondo anno. Quindi, ad esempio, nel caso di un rapporto di agenzia che termina entro il quinto anno di durata con un agente monomandatario, con il quale è stato stipulato un patto di non concorrenza per la durata di 8 mesi, l’indennizzo sarà pari a 2,13 mensilità (8/12 del 40% di 8 mensilità = 8/12 di 3,2 = 2,13 mensilità).
In caso di recesso dell’agente (senza giusta causa od altra causa ostativa), l’indennità è ridotta al 70% per l’agente plurimandatario con mandato inferiore al 25% del totale dei suoi introiti.
In caso di violazione del patto di non concorrenza, l’agente:
- non ha diritto ad alcuna indennità;
- deve restituire gli importi eventualmente percepiti a tale titolo;
- deve corrispondere una penale di ammontare non superiore al 50% dell’indennità
11. Il patto di non concorrenza nella giurisprudenza
In caso di violazione del patto di non concorrenza, trovano applicazione le regole generali del Codice civile in tema di inadempimento del contratto; il preponente potrà quindi richiedere l’adempimento del patto, oltre al risarcimento del danno, o, in caso di plurime violazioni la risoluzione del patto, con restituzione del corrispettivo già versato e risarcimento del danno subìto.
La giurisprudenza ritiene possibile esperire, in caso di inadempimento del patto di non concorrenza post contrattuale, un’azione cautelare per inibire all’agente l’esercizio di attività in favore di un concorrente. Si è altresì ritenuto che, ai fini della concessione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. per violazione di un patto di non concorrenza, sia sufficiente provare il mero inadempimento del patto, che integra di per sé il presupposto del periculum in mora, non essendo necessario dimostrare l’ulteriore danno effettivo.
Al fine di agevolare il preponente nella dimostrazione del danno subìto a causa dell’inadempimento dell’agente del patto di non concorrenza, l’AEC industria prevede che l’agente, oltre a restituire l’indennità percepita, deve corrispondere una penale di ammontare non superiore al 50% dell’indennità indicata in un’apposita tabella. In tal caso, alla penale non è cumulabile il risarcimento del maggior danno che il preponente possa aver subìto, ai sensi dell’art. 1382 comma 1 c.c.
Nel caso in cui l’AEC non sia applicabile, le parti sono libere di inserire nel contratto di agenzia una clausola penale, ai sensi dell’art. 1383 c.c.. La Cassazione ha in proposito precisato che in tal caso non è possibile cumulare la prestazione principale (cioè, l’obbligo di astenersi da attività in concorrenza) con la clausola penale, in quanto quest’ultima, trattandosi di obbligazioni di durata, deve intendersi riferita alle sole prestazioni già maturate e non adempiute e non a quelle successive, per le quali resta in vigore un obbligo di adempimento in virtù dell’esistenza del patto di non concorrenza per un periodo ulteriore. In tale ipotesi pertanto il preponente, qualora l’agente risulti inadempiente, può pretendere alternativamente l’esecuzione forzata dell’obbligo di non concorrenza, ex art. 2933 c.c., qualora ne sussistano i requisiti, o il pagamento della penale.
12. L’efficacia obbligatoria del vincolo derivante dal patto di non concorrenza
Qualora, a fronte di un patto di non concorrenza, l’agente non venga indennizzato, l’agente non può comunque ritenersi “libero” dalle obbligazioni oggetto del patto di non concorrenza, potendo al più vantare il diritto a ricevere il pagamento dell’indennizzo; si tratta della c.d. efficacia obbligatoria del patto di non concorrenza.
Come infatti riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza, in caso di mancato pagamento dell’indennizzo, l’agente non può rifiutarsi di adempiere all’obbligo di non concorrenza dallo stesso assunto, e ritenersi liberazione dal vincolo contrattuale; tale comportamento costituirebbe un inadempimento non proporzionato rispetto all’inadempimento del preponente. Ciò in quanto:
- vi è una evidente disomogeneità tra l’obbligazione inadempiuta dalla preponente (pagamento dell’indennizzo) e quella rifiutata dall’agente (non esercitare attività in concorrenza);
- non vi è contemporaneità” tra le prestazioni delle Parti: quella della preponente è dovuta alla cessazione del contratto, mentre quella dell’agente è dovuta per tutto il periodo corrispondente alla durata del vincolo di non concorrenza post-contrattuale.
Inoltre, va considerata l’imprevedibilità delle conseguenze dell’inadempimento del patto di non concorrenza, suscettibile di arrecare pregiudizi di diversa specie (patrimoniale, con aspetti di lucro cessante, all’immagine, con risvolti legati ad esempio alla possibile rivelazione di dati aziendali) ed ammontare (di fatto non esattamente preventivabile) a fronte dell’assai più circoscritto carattere delle conseguenze dell’inadempimento della preponente.
13. L’opzione del patto di concorrenza con l’agente
Spesso, nell’ambito di un patto di non concorrenza post contrattuale, il preponente si riserva di opzionare la facoltà di attivare il patto di non concorrenza alla cessazione del rapporto, previa comunicazione da formularsi per iscritto all’agente.
In tali casi, la giurisprudenza ha ritenuto nulla la clausola con cui il proponente si fosse riservato non solo il diritto di esercitare l’opzione per l’attivazione di un patto di non concorrenza – con obbligo quindi di corrispondere la relativa indennità – ma anche la facoltà discrezionale di recedere da tale patto. Ciò, infatti, fa sì che l’agente si trovi non soltanto a dover subire la compressione della possibilità di esercitare aliunde altra attività, ma anche a subire il recesso del preponente nel corso della vigenza del patto e, quindi, di perdere il diritto all’indennità.
È invece ritenuta valida la clausola con cui l’agente conceda al preponente l’opzione irrevocabile in ordine al patto di non concorrenza, con la conseguenza che – in una simile fattispecie – il patto potrà perfezionarsi solo nel caso in cui il preponente eserciti l’opzione.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in E-commerce
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