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procedure sovraindebitamento

Le procedure di sovraindebitamento

27 Marzo 2023/in News, Ristrutturazione azienda

Anche i consumatori, i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e, in generale, i debitori che non esercitano attività d’impresa commerciale possono trovarsi in stato di crisi o di insolvenza. Tali soggetti possono accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (ristrutturazione dei debiti, concordato minore e liquidazione controllata), diverse e semplificate rispetto alla procedura concorsuale prevista per gli imprenditori commerciali medio–grandi, al fine di poter ottenere, entro determinati limiti, l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui non soddisfatti. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs n. 14/2019), entrato in vigore il 15 luglio 2022, ha revisionato la materia, semplificando la disciplina del sovraindebitamento e ampliando le possibilità di ottenere l’esdebitazione. Quest’ultima si basa su una valutazione di meritevolezza del debitore, che si atteggia diversamente in relazione alle varie procedure di sovraindebitamento.

Indice

1. Finalità e caratteristiche delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Anche i consumatori, i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e, in generale, i debitori che non esercitano attività d’impresa commerciale, possono versare in stato di crisi o di insolvenza. Per tali soggetti, risulta inefficiente e antieconomico prevedere l’apertura di una vera e propria procedura concorsuale (ovvero di un procedimento caratterizzato dall’intervento di un’autorità pubblica, da vincoli di varia natura sul patrimonio del debitore e da una regolamentazione coattiva dei diritti dei creditori nei confronti del debitore), dati i costi economici che tale procedura impone.

Per tale motivo, i debitori diversi dagli imprenditori commerciali medio-grandi sono stati per lungo tempo sottratti alle procedure concorsuali, ed esposti (teoricamente anche all’infinito) solo alle procedure esecutive individuali (pignoramento), con conseguente impossibilità di usufruire della cd. esdebitazione ,ovvero della liberazione dai debiti residui non soddisfatti.

Tale situazione ha di fatto relegato tali debitori in una situazione di grave disagio, non concedendo agli stessi la possibilità di migliorare la propria situazione, né nell’immediato, né in futuro. In particolare, il piccolo imprenditore o l’imprenditore agricolo erano impossibilitati a rientrare nel normale circuito del credito ed erano disincentivati ad avviare una nuova attività imprenditoriale, professionale e lavorativa, dato che gli eventuali proventi futuri sarebbero stati destinati sempre e comunque al pagamento dei debiti pregressi.

Si è pertanto giunti ad estendere a tutti i debitori non fallibili (cd.” insolventi civili”) la possibilità di accedere ad una procedura concorsuale – diversa e semplificata rispetto a quella previste per gli imprenditori commerciali medio– grandi – al fine di poter ottenere, entro determinati limiti, l’esdebitazione dai debiti pregressi, entro un arco temporale certo e definito.

Tali soggetti hanno così la facoltà di pagare in misura ridotta, sulla base delle possibilità reddituali o patrimoniali residue e a determinate condizioni, i propri debiti ed ottenere, al termine di un percorso assistito dal controllo dell’autorità giudiziaria,  un “fresh restart” (ripartenza da zero), evitando di ricorrere alle forme di credito alternative oppure di intestare a terzi (familiari o amici che siano) le nuove attività da intraprendere, non potendolo fare personalmente perché gravati di debiti verso banche, Erario o terzi,  riacquistando  un ruolo attivo nell’economia.

L’ottenimento dell’esdebitazione è peraltro basato su una valutazione di meritevolezza del debitore, la quale si atteggia diversamente in relazione alle varie procedure di sovraindebitamento.

Nel nostro ordinamento esistono tre diverse procedure concorsuali, denominate “procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento”, specificamente destinate ad affrontare la crisi e l’insolvenza dei debitori che non esercitano attività d’impresa commerciale medio-grande, ovvero:

  • la ristrutturazione dei debiti del consumatore;
  • il concordato minore;
  • la liquidazione controllata del sovraindebitato.

Tali procedure di sovraindebitamento sono state disciplinate originariamente dalla L. n. 3/2012, la quale ha tuttavia incontrato scarso successo a causa della sua frammentarietà e lacunosità. Il D. Lgs n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, di seguito il “Codice”), entrato in vigore il 15 luglio 2022, ha quindi proceduto ad una revisione della materia, al fine di armonizzare e coordinare il fenomeno della crisi delle imprese minori e dell’insolvente civile con i principi generali che regolano l’insolvenza e la crisi di impresa, semplificando la disciplina del sovraindebitamento e ampliando le possibilità di ottenere l’esdebitazione.

La nuova disciplina delle procedure di sovraindebitamento dettata dal Codice si applica alle istanze depositate dopo l’entrata in vigore del Codice stesso (15 luglio 2022), mentre le procedure già in corso a tale data continuano ad essere disciplinate dalla L. n. 3/2012. 

Alle tre procedure di sovraindebitamento sopra indicate, specificamente destinate ai debitori che non esercitano attività d’impresa commerciale medio-grande, si aggiungono altri due strumenti che sono a disposizione anche di tutti gli altri imprenditori, ovvero la composizione negoziata della crisi e il concordato semplificato.

2. I soggetti che possono accedere alle procedure di sovraindebitamento

Le tre procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sopra indicate presentano caratteristiche tra loro differenti, ma hanno altresì alcuni presupposti comuni. Sotto il profilo soggettivo, possono essere sottoposti alle procedure di sovraindebitamento (art. 2, comma 1 del Codice):

  • il consumatore;
  • il professionista;
  • l’imprenditore minore;
  • l’imprenditore agricolo;
  • le start- up innovative;
  • ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal Codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza).

Il consumatore è la persona fisica che agisce “per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta” (art. 2, comma 1, lett. e del Codice); si tratta quindi di un soggetto che contrae obbligazioni per far fronte ad esigenze personali o familiari.

Ciò che rileva ai fini della definizione di un soggetto come consumatore è lo scopo per cui sono state assunte le obbligazioni; pertanto, può essere considerato consumatore anche la persona fisica sovraindebitata che:

  • abbia svolto in passato attività imprenditoriale o professionale, sia debitore, oltre che per ragioni attinenti la propria sfera personale, anche per obbligazioni derivanti anche dall’attività di impresa, e chieda di accedere ad una procedura di sovraindebitamento limitatamente alle prime (indebitamento promiscuo).

Può accedere alle procedure di sovraindebitamento anche il consumatore che è socio illimitatamente responsabile di una società di persone, per i debiti estranei a quelli della società, cioè personali. Pertanto, il socio di S.n.c. e il socio accomandatario di S.a.s. possono accedere alle diverse procedure di sovraindebitamento, purché non vi sia pregiudizio per i creditori sociali, pregiudizio consistente nel destinare il patrimonio del socio al soddisfacimento dei soli creditori personali in danno di quelli sociali.

Il Codice non disciplina, peraltro, l’ipotesi in cui, una volta omologato il piano di ristrutturazione dei debiti o il concordato minore, o una volta aperta la liquidazione controllata, sopravvengano pretese dei creditori sociali nei confronti del patrimonio di un socio illimitatamente responsabile già sovraindebitato, derivanti da debiti estranei a quelli sociali.

In proposito, deve ritenersi che, qualora sopravvenga la dichiarazione di liquidazione giudiziale della società, che si estende ai soci illimitatamente responsabili ai sensi dell’art. 261 del Codice (art. 147 l. fall.), non potendo coesistere sull’unico suo patrimonio due procedure e due masse attive e passive distinte, la procedura di sovraindebitamento precedentemente aperta ceda il passo alla liquidazione giudiziale sopravvenuta, che è concepita per gestire in modo unitario l’indebitamente sociale e personale sul socio. Dovrebbero invece essere compatibili la procedura di concordato preventivo della società, purché già omologato, e la procedura di sovraindebitamento del socio, in quanto la classe dei creditori sociali è destinata ad essere soddisfatta non nell’ambito della procedura di sovraindebitamento, ma direttamente in quella concordataria.

Nel caso invece in cui un creditore della società aggredisca il patrimonio personale di un socio dopo aver infruttuosamente escusso quello sociale, ai sensi dell’art. 2304 c.c. o dell’art. 2318 c.c., il procedimento esecutivo sopravvenuto non dovrebbe pregiudicare la procedura di sovraindebitamento ed anzi dovrebbe essere da essa assorbita, essendo considerata come un debito sopravvenuto nella ristrutturazione dei debiti e nel concordato minore, e una domanda tardiva di credito nella liquidazione controllata.

Rientrano nel presupposto soggettivo delle procedure di indebitamento anche i professionisti, siano essi  quelli per la cui attività la legge richiede l’iscrizione in albi o elenchi (ad es. avvocati, dottori commercialisti, architetti, etc.), siano essi appartenenti alle professioni non protette (ad es. traduttori, organizzatori di eventi, etc.), purché in quest’ultimo caso esercitino personalmente l’attività intellettuale e utilizzino prevalentemente il contratto di prestazione d’opera intellettuale.

L’imprenditore minore è l’imprenditore che non supera i seguenti requisiti dimensionali di tipo oggettivo – numerico (da applicarsi congiuntamente):

  • attivo patrimoniale complessivo annuo di €. 300.000,00 nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della procedura o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
  • ricavi annui di €. 200.000,00 nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della procedura o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
  • debiti anche non scaduti di €. 500.000,00.

L’imprenditore agricolo è l’imprenditore che esercita una attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali o attività connesse (art. 2135, comma 1, c.c.). Non si è, però, imprenditori agricoli quando non sussiste di fatto il collegamento funzionale dell’attività di impresa con la terra, quale fattore produttivo, o quando le attività connesse assumono rilievo prevalente o sproporzionato rispetto a quelle di coltivazione, silvicoltura o allevamento indipendentemente dalla iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese riservata all’imprenditore agricolo.

Le start-up innovative, disciplinate dal D.L. n. 179/2012, convertito dalla L. n. 221/2012, sono società di capitali aventi come oggetto sociale, esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. In ragione della particolare rischiosità dell’attività svolta ed in funzione incentivante, il legislatore ne ha previsto l’esenzione delle altre procedure concorsuali per un periodo di cinque anni dalla loro costituzione: in questo periodo, pertanto, le start-up innovative possono essere assoggettate solo alle procedure di sovraindebitamento.

La categoria residuale rappresentata dagli altri debitori non assoggettabili alla liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa od altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza, è molto ampia; vi rientrano, tra gli altri, gli enti non commerciali e le associazioni e le fondazioni non esercenti attività di impresa commerciale. Sono altresì assoggettabili alle procedure di sovraindebitamento gli enti pubblici economici non soggetti a liquidazione coatta amministrativa.

Ciò premesso, non tutti i soggetti elencati possono accedere a tutte le procedure di sovraindebitamento. Infatti:

  • solo il consumatore accedere alla ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67 del Codice), in quanto tale procedura è caratterizzata da un particolare favore per il debitore (in particolare, per l’assenza di votazione dei creditori), che si giustifica solo in presenza di debiti sorti per far fronte ad esigenze personali o familiari;
  • il concordato minore non è accessibile ai consumatori.

Ai sensi dell’art. 70 del Codice, possono altresì accedere ad una procedura di sovraindebitamento anche i garanti (fideiussori) del soggetto sovraindebitato; in particolare, il garante sovraindebitato può accedere al concordato minore qualora la garanzia sia stata concessa ad un imprenditore o ad un professionista, e alla ristrutturazione dei debiti qualora abbia prestato garanzia a favore di un consumatore, indipendentemente dal fatto che abbia o meno collegamenti funzionali con la società garantita (quali l’amministrazione o una partecipazione non trascurabile al capitale sociale), o che abbia agito per scopi di natura privata o meno.

3. Il presupposto oggettivo delle procedure di sovraindebitamento: lo stato di crisi e l’insolvenza

Il presupposto oggettivo delle procedure di sovraindebitamento è rappresentato dallo “stato di crisi o di insolvenza” in cui versa il debitore (art. 2, comma 1, lett. c del Codice). Si tratta di due situazioni notevolmente diverse tra di loro.

Per stato di crisi si intende “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi” (art. 2, comma 1, lett. a del Codice).

La crisi consiste quindi in una situazione di criticità, tale da determinare la probabilità della futura insolvenza, in relazione alle obbligazioni già pianificate (ad es. le rate di ammortamento di un mutuo, le rate di rientro di un’esposizione tributaria, gli importi da pagare per futuri acquisti necessari per l’attività d’impresa), per le quali occorre valutare l’adeguatezza dei flussi finanziari in entrata nei successivi dodici mesi.

La verifica dello stato di crisi impone quindi una proiezione sull’evoluzione della situazione finanziaria e sulla capacità prospettica dell’imprenditore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, sia quelle già assunte che quelle probabilmente insorgende, per un periodo appunto di dodici mesi.

Per stato di insolvenza si intende invece “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” (art. 2, comma 1, lett. b del Codice).

La nozione di insolvenza è dunque principalmente di tipo finanziario, essendo basata su un accertamento delle condizioni di liquidità e della conseguente capacità del debitore di adempiere in modo regolare le proprie obbligazioni. Per escludere l’insolvenza, l’adempimento delle obbligazioni deve essere regolare, ossia avvenire in tempi e con mezzi ordinari (ivi compresa la liquidità messa a disposizione dal credito bancario). Ricorre invece lo stato di insolvenza quando il debitore adempie con sistematico ritardo, oppure con mezzi non corrispondenti al normale svolgimento dell’attività (ad es. la vendita di beni strumentali per procurarsi la liquidità sufficiente).

Assume rilievo nella valutazione dello stato di insolvenza anche la generale valutazione sulla oggettiva possibilità del debitore di proseguire il normale esercizio dell’impresa sul mercato, basata, tra l’altro, sulla capacità di produrre beni o servizi con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti). Non rileva, invece, il rapporto tra attivo e passivo, in quanto, anche se l’attivo superasse il passivo, il debitore potrebbe comunque essere ritenuto insolvente, qualora l’attivo fosse formato da beni di non agevole liquidazione (ad es. un immobile strumentale all’attività d’impresa) ed il passivo da debiti scaduti.

Trattandosi di una valutazione circa lo stato oggettivo in cui si trova il debitore, sono del tutto irrilevanti le cause dell’insolvenza; anche qualora l’insolvenza non fosse imputabile al debitore, o addirittura derivasse da forza maggiore o caso fortuito (ad es. il sequestro penale dei beni del debitore, un provvedimento dell’autorità amministrativa che per ragioni di salute pubblica impedisca l’esercizio dell’attività per un dato periodo di tempo), se si determina la situazione di incapacità finanziaria è comunque integrato il presupposto dell’insolvenza.

Non è altresì necessario che l’insolvenza si manifesti esteriormente; l’inadempimento o gli altri fatti esteriori (quali ad es. la chiusura improvvisa dei locali commerciali, o la vendita in blocco di tutti i beni), menzionati dalla norma in esame, sono infatti indizi o possibili prove dell’esistenza dell’insolvenza, ma non elementi costitutivi della stessa. Potrebbe infatti sussistere inadempimento senza insolvenza, quando il debitore non adempia volontariamente (e non perché sia impossibilitato a farlo), ad es. perché contesta un determinato credito.

Ciò premesso, la ristrutturazione dei debiti del consumatore ed il concordato minore – che possono essere aperte solo su istanza del debitore – possono essere richieste sia dal debitore in stato di crisi che dal debitore in stato di insolvenza (come avviene nel concordato preventivo).

Per quanto riguarda, invece la liquidazione controllata, il presupposto oggettivo cambia a seconda del soggetto che chiede l’apertura della procedura:

  • quando la domanda di apertura è presentata dal debitore, il presupposto oggettivo è lo stato di sovraindebitamento, che comprende sia lo stato di crisi che lo stato di insolvenza;
  • quando la domanda è presentata da un creditore, il presupposto oggettivo è solo lo stato di insolvenza.

4. L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente

Come si è visto, tutte e tre le procedure di sovraindebitamento consentono, in forme e con modalità diverse, l’esdebitazione del debitore. Vi è poi un ulteriore strumento, di carattere eccezionale, che consente al debitore persona fisica meritevole di ottenere l’esdebitazione anche al di fuori ed in assenza di una procedura concorsuale, quando sia totalmente privo di attivo liquidabile, sia attuale che futuro, e, quindi, non sia in grado di offrire ai propri creditori alcuna soddisfazione, nemmeno in prospettiva futura (c.d. debitore incapiente: art. 283 del Codice).

Possono accedere a questo beneficio solo i debitori sovraindebitati che siano persone fisiche e che non siano assoggettabili a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o altra procedura liquidativa. Ne restano esclusi i debitori diversi dalle persone fisiche (società, associazioni, enti, etc.) e le persone fisiche che svolgono attività imprenditoriale di dimensioni e oggetto tali da consentire l’accesso alle procedure concorsuali maggiori.

Requisito per la concessione dell’esdebitazione è costituito dalla meritevolezza del debitore, intesa come assenza di colpa grave, malafede o frode nella formazione dell’indebitamento.

Il presupposto per ottenere l’esdebitazione è la situazione di incapienza del debitore del sovraindebitato, nel senso che il debitore non deve essere in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, in base a una stima prognostica, basata sulle ragionevoli previsioni in ordine all’evoluzione delle condizioni economiche e patrimoniali del debitore negli anni che seguono.

Ai fini della valutazione di impossibilità di offrire un’utilità ai creditori occorre tenere conto della necessità di assicurare al debitore i mezzi per lavorare e, soprattutto, quanto occorrente per il mantenimento suo e della tua famiglia. Pertanto, se il debitore è percettore di un reddito e questo è sufficiente solo al mantenimento sua e della sua famiglia, nessuna utilità potrà essere offerta ai creditori, che possono soddisfarsi solo su ciò che eventualmente eccede quanto necessario ai bisogni familiari. In altri termini, il reddito ed il patrimonio del debitore devono essere anzitutto destinati a garantire al mantenimento del debitore e della sua famiglia, intesa come soddisfazione dei bisogni fondamentali della vita quotidiana (quali il vitto, l’abitazione, i canoni per forniture, i medicinali, le spese per l’istruzione ed il vestiario, etc.), e solo l’eventuale parte che eccede va destinata ai creditori. Le spese necessarie per il mantenimento sono predeterminate secondo un criterio oggettivo fissato dalla legge e fissato in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE (art. 283, comma 2).

Ai sensi dell’art. 283, comma 1 del Codice, il debitore incapiente può ricorrere alla esdebitazione solo per una volta. Questa limitazione non opera, tuttavia,  per le  altre e diverse forme di esdebitazione conseguenti alle procedure di sovraindebitamento; pertanto,  un debitore che ha  già beneficiato dell’esdebitazione a seguito di una procedura di sovraindebitamento può  poi ottenere l’esdebitazione ai sensi dell’art. 283 del Codice per i nuovi debiti contratti, e un debitore che ha  ottenuto l’esdebitazione ai sensi dell’art. 283 del Codice può accedere successivamente ad una procedura di sovraindebitamento e beneficiare dell’esdebitazione ad essa conseguente, se ne ricorrono le condizioni. Quando il debitore fa ricorso nel tempo a forme diverse di esdebitazione, la valutazione del tribunale sul requisito della meritevolezza dovrà però essere più intensa, in quanto dovranno essere indagate le ragioni che hanno condotto alla nuova situazione di in capienza, nonostante che  il debitore abbia già beneficiato  di una prima esdebitazione.

L’esdebitazione diventa definitiva solo dopo quattro anni. Se, infatti, nei quattro anni successivi sopravvengono utilità rilevanti, diverse dai finanziamenti ricevuti, e tali da consentire il soddisfacimento dei creditori in misura complessivamente non inferiore al 10%, il debitore è obbligato ad utilizzare queste utilità per il pagamento dei propri creditori, sia  anteriori al decreto di esdebitazione che posteriori, secondo un principio di proporzionalità, che opera anche al di fuori delle procedure concorsuali (articolo 2741 c.c.), tenendo conto delle legittime cause di prelazione, sulla base delle modalità e dei criteri che presumibilmente il tribunale detterà con il decreto di esdebitazione. Il sopraggiungere di utilità rilevanti e inaspettate (ad es. il debitore riceve un’eredità, oppure ottiene un nuovo e più remunerativo lavoro) opera, quindi, quale condizione risolutiva alla in esigibilità dei crediti conseguente alla esdebitazione, sia pure limitata al periodo di quattro anni dalla esdebitazione.

L’obbligo di utilizzare le utilità sopravvenute per il pagamento dei creditori permane per i quattro anni successivi all’omologazione, dopo di che l’esdebitazione diventa definitiva: in questo modo si realizza un compromesso tra l’esigenza del debitore di potere conseguire la liberazione dai propri debiti e l’altrettanto legittima esigenza dei creditori a non vedersi il ragionevolmente privati del proprio diritto di soddisfarsi sul patrimonio del debitore, soprattutto quando la prognosi iniziale sulla impossibilità di offrire alcuna utilità anche in prospettiva futura si riveli errata.

La domanda di esdebitazione è presentata tramite l’OCC al giudice competente, unitamente alla documentazione rilevante ai fini della valutazione dell’attivo, del passivo e delle condotte pregresse del debitore. Alla domanda va, inoltre, allegata una relazione particolareggiata dell’OCC in ordine, tra l’altro, alle cause dell’indebitamento ed alla diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni.

Il tribunale, valutata la sussistenza delle condizioni e dei presupposti, con particolare riferimento alla meritevolezza del debitore, concede con decreto l’esdebitazione, indicando le modalità e il termine entro il quale il debitore deve presentare, appena di revoca del beneficio, la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti che fanno rivivere le obbligazioni precedenti.

Il decreto del tribunale è provvisorio ed è comunicato al debitore ed i creditori, i quali possono proporre opposizione nel termine di trenta giorni. Le eventuali opposizioni dei creditori possono fondarsi sull’assenza delle condizioni e dei presupposti (soprattutto in punto di meritevolezza e di prognosi circa la possibilità di conseguire utilità in futuro) o sulla determinazione dell’importo del reddito e del patrimonio riservati al debitore al fine del soddisfacimento dei bisogni primari suoi e della sua famiglia, nel senso che il creditore potrà ritenere non corretta tale quantificazione e, quindi, lesiva dei propri diritti.

Decorsi trenta giorni dall’ultima delle comunicazioni, il tribunale, instaurato nelle forme ritenute più opportune il contraddittorio tra i creditori opponenti ed il debitore, conferma o revoca il decreto, con provvedimento soggetto a reclamo innanzi alla Corte di appello.

Nei quattro anni successivi al deposito del decreto che concede l’esdebitazione, l’OCC è tenuto a vigilare sulla tempestività del deposito della dichiarazione del debitore in ordine alle eventuali sopravvenienze rilevanti che determinano l’obbligo di pagamento dei debitori anteriori e, se il tribunale ne fa richiesta, compie le verifiche necessarie per accertare l’esigenza delle stesse. In questo periodo, la revoca del beneficio dell’esdebitazione può avvenire solo nel caso di mancato deposito della relazione annuale da parte del debitore.

Decorsi quattro anni, l’esdebitazione assume carattere definitivo, rimanendo ferma e intangibile anche nel caso in cui sopravvengono nel patrimonio del debitore nuove e rilevanti utilità.

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Avv. Valerio Pandolfini

Consulenza legale d’impresa

 

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Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un (né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica. 

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