La composizione negoziata della crisi d’impresa
Il DL n. 118/2021 ha introdotto, a partire dal 15 novembre 2021, un nuovo strumento per prevenire e affrontare situazioni di crisi delle imprese: la composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC). La CNC è finalizzata a permettere il risanamento delle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato. L’impresa può richiedere alla CCIAA la nomina di un professionista esperto nella ristrutturazione, che lo affianchi nelle trattative con i creditori e nella rinegoziazione dei contratti, individuando idonee soluzioni per superare la situazione di difficoltà. Non si tratta di una procedura concorsuale, in quanto durante le trattative l’imprenditore continua a gestire la propria impresa; tuttavia, per salvaguardare il buon esito delle trattative e quindi la possibilità di superare la crisi, l’imprenditore può beneficiare, durante la CNC, di misure protettive del proprio patrimonio da eventuali iniziative dei creditori. La CNC ha natura riservata e stragiudiziale finché il debitore non intenda beneficiare di misure protettive del patrimonio o compiere altre operazioni, come la concessione di finanziamenti prededucibili o la cessione d’azienda, per i quali è necessaria l’autorizzazione del Tribunale. Se con le trattative assistite dall’esperto non si riesce a trovare un accordo con i creditori per risanare l’impresa, è possibile ricorrere a uno degli strumenti per la ristrutturazione o per la liquidazione previsti dalla L. fall. o accedere a una nuova forma di concordato semplificato. Il D.lgs. n. 136/2024 ha recentemente modificato la disciplina della CNC per rendere più agevole ed efficiente il ricorso a tale istituto. Si tratta di uno strumento molto utile per il superamento delle crisi aziendali, da maneggiare con cura, con l’assistenza di professionisti che abbiano competenza ed esperienza di crisi di impresa.
1. La composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC): un utile strumento a disposizione delle imprese in crisi
Come verificatosi in molti paesi, anche in Italia la diffusione dell’epidemia Covid-19 ha avuto un forte impatto negativo sulle attività economico-commerciali, comportando gravi crisi aziendali e portando molte imprese al fallimento.
Di fronte dell’aumento delle imprese in difficoltà, il legislatore ha introdotto un nuovo strumento per prevenire e affrontare situazioni di crisi: la composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC), destinata ad assumere un ruolo fondamentale nel panorama post pandemia da Covid-19, ossia quello di permettere il risanamento delle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che tuttavia hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, cioè abbiano concrete prospettive di risanamento. Si tratta quindi di uno strumento che può consentire alle imprese di qualsiasi dimensione (incluse le PM) di mettere in sicurezza l’impresa prima che il dissesto divenga irreversibile.
La CNC è stata introdotta dal DL 24 agosto 2021, n. 118, convertito con L. n. 147 del 21 ottobre 2021, con decorrenza dal 15 novembre 2021. La disciplina della CNC è stata poi assorbita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), entrato in vigore il 15 luglio 2022 e recentemente modificato dal D.lgs. n. 136/2024. Regolando in un unico testo normativo il fenomeno della crisi e dell’insolvenza dell’imprenditore commerciale.
Il CCII si ispira a una concezione di recupero della capacità produttiva dell’impresa, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti nella crisi (debitore, creditori, lavoratori, soci, ecc.), da realizzare attraverso meccanismi di prevenzione e diagnosi tempestiva delle diverse situazioni di difficoltà in cui può trovarsi l’impresa e il rapido accesso a soluzioni giudiziali o stragiudiziali modulabili in base alle caratteristiche della crisi. Tale finalità viene appunto perseguita anche attraverso la CNC.
Con la CNC il legislatore ha voluto individuare un sistema di aiuto per le imprese in difficoltà, avente natura volontaria, negoziale e stragiudiziale, a cui è possibile accedere mediante una fase preliminare di autodiagnosi. La procedura, infatti, è avviata dall’ imprenditore di sua spontanea volontà.
L’impresa che si trovi in una condizione di squilibrio patrimoniale economico o finanziario che ne rende probabile la crisi o l’insolvenza, può richiedere alla Camera di commercio la nomina di un professionista esperto nella ristrutturazione, che lo affianchi nelle trattative con i creditori e nella rinegoziazione dei contratti, individuando idonee soluzioni per superare la situazione di difficoltà.
Non si tratta di una procedura concorsuale, in quanto durante le trattative l’imprenditore continua a gestire la propria impresa senza ingerenza o controllo da parte del Tribunale o dell’esperto. Tuttavia, come nelle procedure concorsuali (quali il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti), per salvaguardare il buon esito delle trattative e quindi la possibilità di superare la crisi, il DL n. 118/2021 concede all’imprenditore la possibilità di beneficiare, durante la composizione, di “misure protettive” del proprio patrimonio da eventuali iniziative dei creditori.
La CNC ha natura riservata e stragiudiziale finché il debitore non intenda beneficiare di misure protettive del patrimonio o compiere altre operazioni, come la concessione di finanziamenti prededucibili o la cessione d’azienda, per i quali è necessaria l’autorizzazione del Tribunale.
Se con le trattative assistite dall’esperto non si riesce a trovare un accordo con i creditori per risanare l’impresa, è possibile ricorrere (se vi sono le condizioni) a uno degli strumenti per la ristrutturazione o per la liquidazione previsti dalla legge fallimentare (fallimento, concordato, accordi di ristrutturazione), o accedere a una nuova forma di concordato semplificato, attraverso il quale è possibile anche trasferire l’azienda con notevoli semplificazioni procedurali rispetto al concordato ordinario, non essendo previsto né il voto dei creditori né la soddisfazione minima del 20% per i chirografari.
Dai dati raccolti da Unioncamere emerge un’evoluzione positiva e costante del ricorso alla CNC, sia in termini di istanze presentate, sia di tasso di successo del tentativo di risanamento. Per rendere più agevole ed efficiente il ricorso di tale istituto, il D. lgs. n. 136/2004 ha introdotto alcune importanti modifiche alla disciplina che riguardano, in particolare, alcune semplificazioni relative alla documentazione necessaria per accedere allo strumento, i rapporti con i creditori finanziari, nonché l’introduzione della possibilità di concludere un accorto con l’Erario anche al di fuori delle più rigide procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
2. I presupposti soggettivi della CNC
Sotto il profilo soggettivo, possono ricorrere alla CNC tutti gli imprenditori commerciali e agricoli, iscritti al registro delle imprese, in qualunque forma esercitino l’attività d’impresa (dunque sia imprenditori individuali che società) e senza distinzione a seconda delle loro dimensioni.
In particolare, dunque, possono accedere alla CNC anche le imprese non fallibili (c.d. imprese “sotto soglia”), ovvero le imprese che non possiedano i requisiti di cui all’art. 1 comma 2 L. Fall.; tali requisiti sono i seguenti:
- aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore), un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a Euro 300.000;
- aver realizzato, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore), ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a Euro 200.000;
- avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a Euro 500.000.
Peraltro, la disciplina della CNC per le imprese sotto soglia è per alcuni aspetti semplificata rispetto a quella ordinaria, come si vedrà nel prosieguo.
La CNC è invece preclusa ai consumatori e a tutti coloro che non sono imprenditori commerciali o agricoli (artigiani, professionisti, enti no profit), che non si sono iscritti al registro delle imprese (come le società di fatto) o si sono cancellati. E’ altresì preclusa la possibilità d’accesso alla CNC all’imprenditore che abbia già proposto domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, di ammissione al concordato preventivo o alle procedure di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni di cui agli artt. 7 e 14-ter, L. n.3/2012.
3. I presupposti oggettivi della CNC
Sotto il profilo oggettivo, requisito essenziale per l’accesso alla CNC è che l’impresa si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, tali tuttavia da far risultare ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.
Il ricorso alla CNC può essere effettuato sia in stato di pre-crisi, ossia all’avvio dei primi sintomi di difficoltà economico-finanziarie e di squilibrio patrimoniale, oppure quando la stessa sia già in crisi o, addirittura, nel caso in cui si sia manifestata l’insolvenza, purché sussista una ragionevole probabilità di risanamento. Anche l’impresa insolvente può infatti accedere alla CNC, a condizione che tale insolvenza sia reversibile, cioè che il debito sia sostenibile tramite stralci o proventi della dismissione di azienda.
In altri termini, nonostante si siano manifestati inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrano che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, devono sussistere concrete possibilità di permettere il ritorno in bonis dell’impresa, attraverso la prosecuzione della stessa, diretta o anche indiretta, cioè mediante cessione d’azienda o di rami della stessa. Il legislatore ha infatti voluto evitare che le imprese possano abusare della nuova procedura essendo ormai decotte, in particolare al fine di evitare la votazione da parte dei creditori per l’omologa del nuovo concordato liquidatorio (v. par. 8).
In particolare, la CNC può essere avviata anche quando, nel contesto di un concordato preventivo, l’azienda sia ceduta prima dell’omologazione della proposta concordataria, con conseguente attività esecutiva limitata al solo riparto del denaro ricavato, oppure che sia possibile ipotizzare un piano di risanamento per una società immobiliare che proponga un piano di dismissione ordinata del suo patrimonio, liquidandolo integralmente in un certo numero di anni. Viceversa, non risulta compatibile con la CNC la situazione in cui l’impresa cessi qualsiasi attività e proceda ad una vendita atomistica dei suoi attivi.
Si ritiene inoltre che la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa, che costituisce il presupposto per accedere alla CNC, ricomprenda non solo il risanamento dell’impresa tramite la prosecuzione (totale o parziale) della sua attività in continuità (“diretta” o “indiretta”), ma anche il risanamento dell’ “esposizione debitoria dell’impresa” tramite la soddisfazione dei creditori a seguito di una procedura di liquidazione (totale o parziale). In questo senso, la giurisprudenza sembra aver riconosciuto la legittimità di una CNC proposta da una società in liquidazione e/o avente ad oggetto un piano di natura eminentemente liquidatoria, sul presupposto che vi sia un’azienda ancora da risanare e quindi fattori produttivi da salvaguardare.
Per verificare il presupposto dell’effettiva perseguibilità del risarcimento, l’impresa può svolgere un test disponibile nella piattaforma telematica nazionale, gestita da Unioncamere. Tale piattaforma contiene una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle PMI, con indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati, e un protocollo di conduzione della composizione negoziata. La piattaforma contiene quindi una serie di indicazioni pratiche rivolte alle imprese, finalizzate a guidarle nella nuova procedura.
In particolare, il test contenuto nella piattaforma telematica è volto a consentire una valutazione preliminare della complessità del risanamento attraverso il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi liberi che possono essere posti annualmente al suo servizio.
Si permette così all’impresa di effettuare un’autodiagnosi precoce, anche senza dover obbligatoriamente presentare l’istanza di accesso alla composizione, in modo tale da fornire all’imprenditore l’indicazione dello stato di salute dell’impresa.
L’organo di controllo societario deve segnalare per iscritto all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di negoziazione, cioè, la presenza di uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, nonché la prospettiva di un risanamento dell’impresa ragionevolmente perseguibile. La segnalazione deve essere motivata e deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese. Segnalando la sussistenza di squilibri, l’organo di controllo applica inevitabilmente pressione sull’imprenditore che, per evitare censure successive alla sua inazione, probabilmente attiverà la procedura negoziata.
Si ritiene che la CNC possa essere attivata anche quando un’impresa sia già in stato di scioglimento/liquidazione, purché vi siano comunque concrete prospettive di risanamento. Infatti, il piano di risanamento può contemplare la revoca dello stato di liquidazione in vista della permanenza dell’impresa sul mercato.
4. L’inizio della procedura e la nomina dell’esperto
L’ammissione alla CNC prende avvio dall’istanza dell’imprenditore, inserita nella piattaforma telematica, accompagnata da una documentazione consistente in:
- il bilancio degli ultimi tre esercizi; in caso di mancata approvazione dei bilanci è richiesto il deposito dei progetti di bilancio o di una situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima della presentazione dell’istanza;
- l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell’esistenza di diritti reali e personali di garanzia;
- un progetto di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo reperibile sulla piattaforma telematica e una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare;
- una dichiarazione sostitutiva52 sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l’accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale attesta di non aver depositato domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche con riserva di deposito della documentazione, nonché domanda di concordato minore o ricorso per ottenere il blocco delle azioni esecutive nella fase delle trattative che precede il deposito per la domanda di omologa dello stesso accordo;
- il certificato unico dei debiti tributari; la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione;
- il certificato dei debiti contributivi e dei premi assicurativi;
- un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei Rischi gestiti dalla Banca d’Italia, non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.
Nell’attesa delle certificazioni dei soggetti pubblici, il debitore può depositare un’autocertificazione con la quale dichiara di aver richiesto le stesse almeno dieci giorni prima della presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto.
Per le imprese “sotto soglia”, il numero di documenti da inserire è inferiore rispetto a quello previsto per le imprese maggiori, in quanto non è necessario depositare il piano di risanamento e la relazione sull’attività in concreto esercitata con il piano finanziario per i successivi sei mesi.
Il segretario della Camera di Commercio nel cui ambito si trova la sede legale dell’impresa, ricevuta la richiesta dell’imprenditore, la comunica immediatamente ad un commissione, composta da tre membri di varia nomina e che dura in carica due anni. Questa, nei cinque giorni lavorativi successivi, nomina, a maggioranza, l’esperto che nei due giorni dalla ricezione della nomina, comunica l’accettazione.
L’esperto negoziatore ha un’importanza centrale nella CNC, in quanto riveste un ruolo di garanzia e indipendenza; l’esperto ha infatti il compito di agevolare le trattative tra imprenditore, i creditori e gli eventuali altri soggetti interessati al fine di superare la sua condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario.
L’esperto rappresenta quindi il punto di raccordo tra quanto previsto dal piano e la sua concreta fattibilità; egli dà maggiore forza e credibilità alla posizione dell’impresa sia durante l’avvio delle trattative, sia nel percorso tracciato dall’imprenditore. Ciò anche in ragione della possibilità di decretare in qualsiasi momento l’intervenuta mancanza del presupposto del risanamento e, quindi, di richiedere l’archiviazione della pratica al segretario generale della Camera di commercio.
L’esperto viene scelto da un elenco formato presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente. In virtù del ruolo che svolgerà, l’esperto deve essere in possesso di approfondite competenze in tema di crisi di impresa e di ristrutturazione aziendali. A tal fine ai professionisti è richiesta, oltre alla già prevista iscrizione agli albi professionali dei commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro, anche una pregressa esperienza di almeno cinque anni nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi di impresa.
Una volta nominato, l’esperto deve accettare l’incarico entro 2 giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, previa verifica del possesso dei requisiti di indipendenza previsti dall’articolo 2399 c.c. per i membri dell’organo di controllo e dall’art. 16 CCII. Contestualmente alla valutazione circa la sua indipendenza, il professionista per accettare l’incarico dovrà verificare anche se possiede le competenze e la disponibilità di tempo necessaria per lo svolgimento dell’incarico stesso, avendo riguardo alla complessità e alle dimensioni dell’impresa e alla propria organizzazione.
Dopo aver accettato l’incarico, l’esperto deve convocare senza indugio l’imprenditore per valutare la sussistenza di una concreta prospettiva di risanamento, quale condizione necessaria per l’avvio e lo svolgimento di tutto il percorso negoziale, che potrà essere interrotto in qualsiasi momento qualora essa venga meno. In particolare, l’esperto deve esaminare la ragionevolezza complessiva dei flussi di cassa liberi al servizio del debito tenendo conto delle informazioni e delle domande contenute nella lista i controllo, nonché valutare l’adeguatezza delle strategie e delle iniziative industriali previste dal piano di risanamento. Nello assolvimento di tale compito, può assumere informazioni dall’organo di controllo o dal revisore legale della società, ove in carica.
È dunque l’esperto che, sulla base della documentazione presentata presso il portale telematico e attraverso le proprie indagini sul contesto operativo dell’impresa, deve convincersi della veridicità del piano, ossia se quanto ivi previsto permetterà il concreto risanamento dell’impresa.
All’esito della valutazione svolta, se non sussistono le prospettive di risanamento, l’esperto deve darne notizia all’imprenditore e al segretario generale della Camera di commercio, che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, entro i successivi cinque giorni. Con l’archiviazione la procedura si chiude, non essendo previsto alcun obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria da parte dell’esperto o del segretario generale. L’imprenditore, tuttavia, non può presentare una nuova istanza prima di un anno dall’archiviazione.
5. La negoziazione con i creditori
Nel caso in cui l’esperto ravvisi la sussistenza delle concrete prospettive di risanamento dà avvio alla fase delle trattative con i creditori, fissando un primo incontro con le parti interessate (creditori, soci, clienti, fornitore, etc.) e prospettando le possibili strategie di intervento. Contestualmente fissa i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata al fine di rispettare il termine massimo di 180 giorni previsto per la durata della procedura, eventualmente prorogabile di ulteriori 180 giorni quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso al Tribunale per la concessione delle misure protettive o delle altre autorizzazioni previste dal decreto o quando tali misure siano pendenti. La proroga può operare, inoltre, quando lo richiedano l’imprenditore o le parti con cui sono in corso le trattative.
L’esperto funge quindi da raccordo tra l’imprenditore, i creditori ed il Tribunale, ed è chiamato a valutare, in ogni momento, le concrete possibilità di risanamento, l’esecuzione degli atti in buona fede da parte dell’imprenditore senza che questo arrechi pregiudizio ai creditori ed all’integrità patrimoniale dell’impresa.
L’imprenditore partecipa personalmente agli incontri, eventualmente assistito dai suoi consulenti. L’esperto,
pur svolgendo un ruolo propositivo e di facilitatore delle trattative, non sostituisce l’imprenditore, ma lo affianca e lo coadiuva nel tentativo di risanamento. Nel corso delle trattative, infatti, l’esperto deve operare in modo imparziale, riservato e indipendente e può chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie all’espletamento del suo incarico, nonché avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza e/o di un revisore legale. Egli, inoltre, deve vigilare sul corretto svolgimento del percorso di risanamento verificando costantemente la funzionalità e utilità delle trattative rispetto al risanamento dell’impresa, nonché l’assenza di atti pregiudizievoli per i creditori.
Per favorire la negoziazione, l’esperto può proporre che venga nominato, d’accordo tra le parti e con suddivisione dei costi tra le stesse, un soggetto indipendente, dotato di adeguate competenze, quale responsabile del processo di risanamento in fase di esecuzione (CRO – Chief Restructuring Officer), con un ruolo di monitoraggio dell’attuazione del piano e del rispetto degli accordi raggiunti.
Nel corso delle trattative, la gestione dell’impresa rimane esclusivamente in capo all’imprenditore, il quale può autonomamente compiere sia gli atti di ordinaria, sia quelli di straordinaria amministrazione, proseguono i contratti ed è data la possibilità per l’imprenditore di continuare ad effettuare pagamenti spontanei. La gestione deve tuttavia svolgersi senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori; pertanto, in capo all’imprenditore gravano gli specifici obblighi nella gestione dell’impresa, che variano in base allo stato di squilibrio che ha determinato l’accesso alla composizione negoziata.
Qualora l’esperto dovesse valutare che l’imprenditore stia ponendo in essere atti pregiudizievoli per la corretta esecuzione del piano di risanamento, ne darà segnalazione all’imprenditore e al collegio sindacale e, nel caso in cui l’atto venga comunque posto in essere, l’esperto potrà annotare il proprio dissenso nei successivi dieci giorni presso il registro delle imprese. Inoltre, se l’imprenditore ha richiesto le misure protettive e cautelari (v. par. 6) in sede di richiesta si ammissione alla procedura, l’esperto dovrà segnalare ciò al competente Tribunale che potrà procedere alla loro revoca ovvero ridurne la durata.
Per evitare che un atto di straordinaria amministrazione o un pagamento non coerente non vengano comunicati dall’imprenditore all’esperto, quest’ultimo ha il potere di richiedere all’imprenditore e ai creditori di tutte le informazioni utili o necessarie, nonché la possibilità di avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore e di un revisore legale; ciò permetterà all’esperto di poter venire a conoscenza di tutti gli atti, e se del caso, procedere all’iscrizione del proprio dissenso presso il registro delle imprese.
L’esperto potrà altresì rinegoziare i contratti ad esecuzione continuata o periodica se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa, sia a causa della pandemia che in relazione alle attuali condizioni di salute dell’impresa ed al concreto raggiungimento dell’obiettivo finale del risanamento aziendale.
Decorsi i 180 giorni di durata massima iniziale della CNC senza che si sia raggiunto una soluzione adeguata al superamento degli squilibri che hanno dato luogo alla richiesta di nomina dell’esperto, quest’ultimo dovrà considerare concluso il proprio incarico e redigere una relazione finale che inserirà in piattaforma, comunicandola all’imprenditore e al Tribunale nel caso di richiesta di misure cautelari. Se invece tutte le parti e l’esperto stesso sono concordi nel proseguire la procedura, è possibile un’ulteriore estensione di altri 180 giorni, decorsi i quali comunque essa cessa.
6. Le misure protettive
Fermo restando il carattere stragiudiziale della procedura, l’imprenditore il debitore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto, l’applicazione di misure protettive del proprio patrimonio, al fine di garantire il buon esito delle trattative per la composizione negoziale della crisi. La stessa istanza può essere presentata anche in un momento successivo all’accesso alla procedura, attraverso la piattaforma telematica nazionale..
A decorrere dalla data di pubblicazione di tale istanza presso il Registro delle imprese i creditori non possono acquistare diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti coi quali viene esercitata l’attività d’impresa. Dallo stesso momento e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di CNC, non può essere pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza (nel caso di pendenza della procedura di amministrazione straordinaria), salvo che il Tribunale disponga la revoca delle misure protettive.
Unitamente al ricorso al Tribunale, l’imprenditore deve depositare i seguenti documenti:
- ultimi tre bilanci d’esercizio, oppure se non tenuto all’approvazione e deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’Iva, sempre per lo stesso periodo;
- una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima del deposito del ricorso;
- l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione degli indirizzi di posta elettronica;
- l’accettazione dell’esperto nominato;
- un piano finanziario per i successivi 6 mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare;
- una autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata.
Il Tribunale ha un importante ruolo di garanzia nell’applicazione delle misure protettive. Infatti, entro 10 giorni dal deposito del ricorso, il Tribunale fissa l’udienza per la comparizione delle parti, nel corso della quale provvede agli atti istruttori necessari a pronunciarsi sulla conferma o sulla modifica delle misure protettive e sull’accoglimento degli eventuali provvedimenti cautelari; terminata l’istruttoria, il Tribunale decide se confermare o meno le misure determinandone la durata.
Su richiesta dell’imprenditore, il Tribunale può anche limitarne l’applicazione a parte dei creditori o a determinate loro iniziative. Nel decidere se concedere o meno le misure protettive, il Tribunale terrà ragionevolmente in considerazione la valutazione prognostica del risanamento dell’impresa che l’esperto è chiamato ad effettuare subito dopo l’accettazione dell’incarico.
Le misure protettive hanno durata non inferiore a 30 e non superiore a 120 giorni; la durata può essere prorogata, ma non può eccedere i 240 giorni. Decorso tale termine, se le trattative ancora non sono terminate, queste si intenderanno inefficaci ed i creditori riacquistano la possibilità di avviare azioni personali nei confronti del debitore.
In mancanza di una diversa indicazione, da parte dell’imprenditore, all’atto dell’istanza di nomina dell’esperto, le misure protettive del patrimonio, funzionali allo svolgimento delle trattative, hanno effetto automatico generalizzato verso tutti i creditori. Sono tuttavia espressamente escluse le misure protettive per i diritti di credito dei lavoratori. Pertanto, a differenza di quanto avviene per le procedure concorsuali, i lavoratori possono iniziare o proseguire azioni esecutive nei confronti del patrimonio dell’imprenditore.
Per contro, non sono inibiti i pagamenti da parte dell’imprenditore (il quale pertanto, continua a gestire l’impresa senza vincoli di par condicio), e, fino alla conclusione delle trattative ovvero all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, è impedita la pronuncia di fallimento o di accertamento dello stato del passivo.
I creditori interessati dalle misure protettive non possono rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o chiederne la risoluzione, né tanto meno possono anticipare la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla data di pubblicazione dell’istanza. Tale limitazione dei diritti dei creditori (pensiamo, ad esempio, alle banche che non potranno revocare eventuali mutui, linee di credito o affidamenti in essere) garantisce al debitore una protezione più ampia di quella prevista nelle procedure concorsuali, funzionale alla salvaguardia della continuità aziendale.
Su iniziativa dell’imprenditore, dei creditori e su segnalazione dell’esperto, le misure protettive e cautelari possono essere in qualunque momento revocate o ridotte nella durata dal Tribunale, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti. Gli effetti delle misure sono in ogni caso limitati alla durata della CNC; esse, infatti, cessano di avere efficacia a seguito all’archiviazione dell’istanza di nomina dell’esperto e (se prima non revocate) dal momento della comunicazione al Tribunale della relazione finale dell’esperto, che conclude la procedura.
Con l’istanza di nomina dell’esperto, oltre alla richiesta di misure protettive, l’imprenditore può, inoltre, dichiarare di avvalersi della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione previsti dal Codice civile in caso di perdite rilevanti del capitale sociale, nonchè dell’operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. Tale sospensione è automatica e viene meno solo per effetto dell’archiviazione della procedura di CNC o della conclusione delle trattative. Tuttavia, se congiuntamente sono richieste anche misure protettive del patrimonio, le cause che determinano il venir meno dell’efficacia di queste si estendono anche alla sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e dell’operatività della causa di scioglimento della società.
7. Le autorizzazioni del Tribunale
Per il compimento di specifici atti strumentali a garantire la continuità aziendale e a favorire il risanamento, ma suscettibili di recare pregiudizio ai creditori, è richiesta l’autorizzazione del Tribunale.
In particolare, l’imprenditore può chiedere al Tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa l’autorizzazione a:
- contrarre finanziamenti assistiti dal beneficio della prededuzione, consistente nel rimborso prioritario rispetto ai creditori anteriori nelle procedure esecutive e concorsuali che eventualmente possono far seguito alla composizione negoziata. L’autorizzazione riguarda sia i finanziamenti in generale, sia i finanziamenti dei soci. sia quelli contratti da una o più società appartenenti a un gruppo d’imprese;
- cedere l’azienda o uno o più rami di essa, in deroga ai principi della responsabilità solidale del cessionario per i debiti risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, previste dall’art. 2560 c.c. La deroga non si estende, invece, ai crediti di lavoro si sensi dell’art. 2112 c.c.; in tal caso il Tribunale deve verificare altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.
In entrambi i casi, il Tribunale, nel concedere l’autorizzazione, deve valutare che l’atto sia funzionale alla continuità aziendale e alle miglior soddisfazione dei creditori. Ciò implica nel caso della cessione d’azienda che essa avvenga non ai fini liquidatori, ma di continuità dell’attività d’impresa in capo all’acquirente.
Gli atti autorizzati dal Tribunale conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordi di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione omologato, la liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato liquidatorio semplificato (v. par. 12). Essi, inoltre, sono esenti da responsabilità pensali per i reati di bancarotta.
8. Gli effetti della composizione negoziata sulle linee di credito e i rapporti con le regole di vigilanza prudenziale
Nel momento in cui i creditori finanziari sono coinvolti in una CNC, essi sono tenuti ad operare nel rispetto della disciplina di vigilanza prudenziale cui sono soggetti. Anche la semplice notizia dell’accesso alla CNC e il coinvolgimento nelle trattative, non costituiscono di per sé causa di sospensione e revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore, né ragione di una diversa classificazione del credito.
Pertanto, le linee di credito non possono essere revocate o sospese automaticamente dalla banca, per il solo fatto che il debitore stia per intraprendere o abbia già avviato il percorso della CNC; permangono, dunque, gli effetti di un contratto preesistente in presenza di un evento che, di per sé, non altera il quadro di riferimento.
La sospensione e la revoca rimangono, tuttavia, possibili per ogni eventuale giusta causa attinente al merito del rapporto contrattuale e quando ciò sia richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale. In quest’ultimo caso, la banca deve comunicare agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa la propria decisione, motivandola specificatamente. Al fine di tutelare gli istituti bancari da possibili azioni per concessione abusiva di credito incoraggiando, così, indirettamente la concessione di liquidità all’impresa, la prosecuzione dei rapporti non è motivo di responsabilità della banca e degli intermediari finanziari.
La prosecuzione automatica delle linee di credito è mitigata quando il debitore abbia richiesto nel corso della CNC le misure protettive (v. par. 6); in tal caso, infatti, i creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla data di pubblicazione dell’istanza per ottenere le misure indicate sino alla conferma delle stesse da parte del giudice. Dal momento della conferma, tuttavia, la sospensione non può essere mantenuta, salva la dimostrazione che la sospensione sia dovuta all’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale. Anche in questo caso, inoltre, la prosecuzione dei rapporti non è motivo di responsabilità della banca e degli intermediari finanziari.
L’eventuale degradazione del credito a “inadempienza probabile” (UTP) non dipende automaticamente dall’apertura della CNC, ma deve essere frutto di una valutazione caso per caso da parte della banca, che dovrà valutare se l’impresa che apre le trattative si trovi effettivamente in una situazione di difficoltà tale da determinare l’applicazione della disciplina prudenziale, tendendo conto anche di quanto previsto dal progetto di piano presentato ai creditori e, quindi, delle concrete prospettive di risanamento dell’impresa.
9. I possibili esiti della composizione negoziata
Le trattative con i creditori possono concludersi in diversi modi.
La prima possibilità è che le parti, coadiuvate dall’esperto, giungano a una soluzione interamente stragiudiziale, idonea a consentire il superamento dell’originaria situazione di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa. Ciò si verifica verosimilmente, in presenza di una situazione di pre-crisi o, al massimo, di temporanea difficoltà, che rende l’imprenditore ancora “degno” di credito e i creditori disponibili a collaborare in attesa di un superamento della crisi.
In tal caso l’imprenditore può decidere di concludere:
- un contratto con uno o più creditori, finalizzato a consentire il mantenimento della continuità aziendale per almeno un biennio, avente contenuto vario (ristrutturazione dei debiti, cessione dei beni, accolli, operazioni straordinarie, attribuzione ai creditori di partecipazioni, cessione di azienda o conferimento in una newco etc). Tale contratto consente all’imprenditore di beneficiare delle misure premiali (v. par. 9) solo nel caso in cui l’esperto nella sua relazione finale attesti che l’accordo raggiungo sia idoneo a garantire la continuità aziendale per almeno due anni. In assenza di tale asseverazione le premialità non si applicano, ma il contratto rimane comunque valido ed efficace tra le parti;
- una convenzione di moratoria, ai sensi dell’art. 62 CCII, avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative nonché ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito; si tratta per lo più di una soluzione temporanea, che, in quanto tale, richiederò la successiva adozione di soluzioni più organiche attraverso la predisposizione di un vero e proprio piano di ristrutturazione in continuità dell’attività d’impresa;
- un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, di contenuto assai vario (in quanto può contenere proposte indirizzate ai soci, ai fornitori strategici, ai creditori finanziari, agli enti, ai locatori etc.), che produce gli effetti del piano attestato di risanamento e dunque, l’esenzione da revocatoria e da responsabilità penale per gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse in attuazione del piano. A questa soluzione si potrà pervenire quando l’imprenditore abbia trovato una soluzione della crisi con i propri creditori che preveda un sottostante business plan da porre in essere affinché si realizzi il risanamento.
La seconda possibilità è che l’imprenditore, all’esito delle trattative con i creditori, l’omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti, di un accordo di ristrutturazione agevolato o ad efficacia estesa (su questi strumenti, si veda l’approfondimento pubblicato in questo articolo.
In quest’ultimo caso, se il raggiungimento dell’accordo avviene per effetto delle trattative e ciò risulti dalla relazione finale dell’esperto, la percentuale del 75% dei crediti necessaria per l’omologa è ridotta al 60%. Tale percentuale ridotta si applica anche nel caso in cui la domanda di omologa sia presentata nei 60 giorni successivi alla comunicazione da parte dell’esperto della chiusura della composizione negoziata.
In alternativa a tali soluzioni, qualora le trattative siano andate a buon fine solo con alcuni creditori, il debitore può ricorrere a una delle altre procedura negoziali previste dalla CCII, compreso il concordato preventivo e il piano per la ristrutturazione soggetto ad omologazione. La scelta può dipendere sia dall’entità della situazione di squilibrio in cui versa l’impresa, sia dalla circostanza per cui le trattative siano andate a buon fine solo con alcuni creditori. Anche in questo caso, tuttavia, la CNC sarà stata utile a predisporre il terreno per la conclusione di un piano di risanamento assistito dalle garanzie previste dalla legge fallimentare o per accedere rapidamente alla procedura concorsuale, essendo già state vagliate le proposte del debitore e le risposte delle parti sotto il controllo di un esperto equidistante da tutti i soggetti coinvolti.
Infine, è possibile decidere per la liquidazione della società, la quale potrà avvenire:
- secondo la via ordinaria della liquidazione giudiziale;
- con il nuovo istituto del concordato liquidatorio semplificato (v. par. 12).
Tutte le soluzioni giudiziali e stragiudiziali indicate possono essere proposte nel corso delle trattative o anche a conclusione della CNC e la sottoscrizione dell’esperto, ove prevista, può essere apposta successivamente.
Per le imprese sotto soglia, quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi, le parti possono, alternativamente:
- concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi e idoneo ad assicurare la continuità aziendale;
- concludere una convenzione di moratoria;
- concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori (tutti o anche solo alcuni) e dall’esperto, che produce gli effetti premiali fiscali di cui all’art. 25-bis, 5° comma (v. par. 10).
Se, invece, all’esito delle trattative non è possibile raggiungere un accordo, l’imprenditore può, in alternativa:
- proporre la domanda di concordato minore;
- chiedere la liquidazione controllata dei beni;
- proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio;
- per la sola impresa agricola, domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, normale, agevolato o ad efficacia estesa.
10. L’accordo sui crediti fiscali
Il debitore può concludere un accordo con le Agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Riscossione), avente ad oggetto il pagamento parziale e/o dilazionato del debito e dei relativi accessori (sanzioni e interessi). Sono, tuttavia, esclusi i tributi costituenti risorse dell’Unione europea.
Affinché le agenzie fiscali possano pronunciarsi sulla proposta di accordo formulata loro dal debitore sulla base di informazioni complete e affidabili, la stessa deve essere accompagnata dalla relazione di un professionista indipendente che ne attesti la convenienza per il creditore pubblico rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e da una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal soggetto incaricato della revisione legale, se esistente, oppure da un revisore a tal fine designato.
L’accordo deve essere sottoscritto dalle parti e comunicato all’esperto. L’accordo ha effetto con il deposito presso il Tribunale, che, una volta verificata la regolarità della documentazione allegata e dell’accordo stesso, ne autorizza l’esecuzione con decreto o, in alternativa, dichiara che l’accordo è privo di effetti. Il controllo che il giudice è chiamato ad effettuare non riguarda la fattibilità dell’accordo, ma soltanto la sua regolarità formale.
In caso di mancato raggiungimento dell’accordo, l’imprenditore può ugualmente perseguire il risanamento dell’impresa ricorrendo a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ottenendo in quella sede il cram down fiscale, e cioè l’omologa dell’accordo o del concordato preventivo pur in assenza del consenso dei creditori tributari, precluso invece nella CNC.
L’accordo, infine, si risolve di diritto in caso di apertura della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza, oppure se l’imprenditore non esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti.
11. Le misure premiali
Per incentivare il ricorso alla CNC, sono previste alcune misure premiali di carattere fiscale, che variano in base alla soluzione a cui si perviene all’esito delle trattative. In particolare, è prevista:
- la riduzione al tasso legale degli interessi sui debiti tributari che maturano a partire dall’apertura e fino alla chiusura della CNC, quando questa si conclude con una delle soluzioni interamente stragiudiziali o con un accordo di ristrutturazione dei debiti;
- la riduzione delle sanzioni alla misura minima, se il termine per il pagamento in misura ridotta scade dopo la presentazione dell’istanza di CNC, a prescindere da come la procedura si concluda;
- la riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari oggetto della CNC nel caso di accesso ad una delle procedure di risoluzione della crisi previste dalla legge fallimentare;
- la rateazione fino ad un massimo di 72 rate mensili – estensibili fino a 120 rate in caso di comprovata situazione di difficoltà – di somme dovute e non versate, a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta, IVA e IRAP non ancora iscritte a ruolo, se in esito alla CNC è pubblicato presso il Registro delle imprese un contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno 2 anni o un accordo che produce gli stessi effetti di un piano attestato di risanamento.
12. Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio
Una delle maggiori novità della CNC è costituita dal concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Si tratta di uno strumento liquidativo – meno “traumatico” della liquidazione giudiziale e più snello del concordato preventivo liquidatorio – cui può accedere il debitore che abbia intrapreso virtuosamente il percorso di CNC, senza però addivenire a una delle soluzioni interamente stragiudiziali o alla presentazione della domanda di omologa di un accordo d ristrutturazione dei debiti.
Si tratta di una fattispecie autonoma di concordato con cessione dei beni, che può condurre anche al trasferimento dell’intera azienda o di suoi rami, senza la necessità di rispettare le rigide condizioni di accesso previste per il concordato liquidatorio ordinario e con significative semplificazioni procedurali volte a garantire una rapida liquidazione, a fronte di specifici presidi diretti a realizzare l’equilibrio degli interessi delle diverse parti coinvolte. Trattandosi di una procedura autonoma rispetto al concordato liquidatorio, non sono applicabili le condizioni d’accesso relative a quest’ultima procedura (ad es. l’obbligo di garantire con la proposta il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari; l’incremento di almeno il 10% dell’attivo disponibile attraverso l’apporto di risorse esterne).
Dopo che l’esperto abbia nella propria relazione finale verificato l’impossibilità di conclusione delle trattative con i creditori, l’impraticabilità di una delle soluzioni idonee al superamento della situazione di crisi descritte al par.5 (dunque, che l’originaria previsione di risanamento non sia più attuabile) e che le trattative siano state svolte in buona fede, l’imprenditore può presentare, nei 60 giorni successivi al deposito della relazione finale nella piattaforma telematica, una proposta di concordato per cessione dei beni – che può essere eseguita anche con il trasferimento a terzi dell’azienda o di suoi rami – prevedendo anche una suddivisione dei creditori in classi, unitamente al piano di liquidazione ed a tutta la documentazione prevista dall’art.161,co.2, lett. a)-d),L. Fall.
Non è sufficiente quindi che il debitore abbia volontariamente intrapreso il percorso della CNC, ma è necessario che le trattative con i creditori si siano effettivamente svolte e che, nonostante l’impegno del debitore, non sia stato possibile raggiungere una soluzione negoziale.
Non si tratta inoltre di una procedura concorsuale autonoma, in quanto l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza non può depositare direttamente la domanda di omologazione del concordato semplificato, ma può farlo solo dopo avere esperito la CNC. In particolare, non è sufficiente per l’imprenditore il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto (e dunque il mero accesso alla CNC), ma è necessario che l’esperto abbia ravvisato inizialmente concrete prospettive di risanamento (e che dunque la CNC non si sia conclusa con la relazione negativa dell’esperto), che la CNC sia stata effettivamente avviata e che, ciò nonostante, le possibili soluzioni si siano rivelate concretamente impraticabili.
Il debitore può presentare, nello stesso termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione della relazione dell’esperto di conclusione della CNC, anche una domanda con riserva di deposito del piano e della relazione dell’esperto in un momento successivo. Inoltre, i debitore può chiedere anche nell’ambito del concordato semplificato misure protettivo del patrimonio, ulteriori rispetto a quelle eventualmente già concesse nell’ambito della CNC, fermo restando il rispetto del termine complessivo massimo di 12 mesi previsto per tali misure.
Il piano di liquidazione può essere redatto secondo la modalità preferita dal debitore per massimizzare il soddisfacimento dei creditori, purché comunque fattibile. Il piano di concordato può prevedere la liquidazione del patrimonio aziendale, attraverso la cessione di singoli assets oppure, attraverso il trasferimento dell’azienda o di singoli rami di essa ad un altro soggetto.
Nel concordato semplificato il trasferimento dell’azienda a terzi può essere eseguito dal liquidatore giudiziale dopo l’omologa del concordato oppure, in situazioni di urgenza, dall’ausiliario in una fase antecedente rispetto all’omologa nell’ottica di non disperdere il valore unitario del complesso aziendale, atteso che la vendita unitaria massimizza l’attivo a vantaggio dei creditori. In ogni caso operano gli effetti di cui art. 2560, comma 2, c.c. Sia il liquidatore giudiziale sia l’ausiliario devono verificare sul mercato l’assenza di soluzioni migliorative rispetto a quella prospettata dal debitore, in ipotesi pubblicando inviti a formulare offerte di acquisto dell’azienda che risultino economicamente più vantaggiose.
Nel concordato semplificato la procedura di vendita è quindi più snella rispetto al concordato preventivo, in cui si applica la disciplina delle offerte concorrenti, essendo finalizzata solo a verificare l’esistenza sul mercato di soluzioni migliori. Tale ricerca può avvenire anche mediante la pubblicazione di avvisi destinati a sollecitare la presentazione di offerte migliorative rispetto a quelle già a mani della procedura.
Anche se non è prevista la disciplina delle offerte concorrenti, si ritiene che, qualora pervenga al liquidatore o all’ausiliario una proposta di acquisto migliorativa, la scelta finale del miglior offerente deve essere individuata attraverso l’espletamento della procedura competitiva volta ad individuare il miglior offerente.
Il trasferimento a terzi del compendio aziendale può avvenire anche realizzando operazioni straordinarie, quali la scissione o il conferimento dell’azienda in una Newco interamente partecipata dalla debitrice e la successiva cessione delle partecipazioni.
In mancanza di uno specifico consenso dei creditori, da realizzarsi attraverso l’espressione del voto “informato” tipico del concordato preventivo, il concordato semplificato è soggetto al rischio di utilizzi strumentali e potenzialmente distorti da parte del debitore, oltre che di un potenziale squilibrio tra le esigenze del debitore e aspettative dei creditori. Al fine di evitare il verificarsi di situazioni di abuso nell’utilizzo del concordato semplificato, il legislatore ha previsto che l’esperto deve attestare che:
- le trattative durante la composizione si sono svolte secondo regole di buona fede e correttezza;
- all’esito delle trattative si sono rivelate non praticabili le soluzioni alternative di cui all’art. 23, comma 1, CCII (contratto sottoscritto con i creditori, convenzione di moratoria o accordo sottoscritto dall’esperto) o la soluzione di cui all’art. 23, comma 2, lett. bis), CCII (accordo di ristrutturazione, anche nelle forma agevolata o ad efficacia estesa).
Il piano di soddisfazione dei creditori, derivante dal realizzo dell’attivo, deve essere impostato in modo da garantire l’ordine di prelazione spettante a ciascun creditore. La regola distributiva è dunque quella della priorità assoluta (absolute priority rule) che non consente la soddisfazione del creditore di grado successivo qualora non sia stato integralmente soddisfatto quello di grado precedente; tale regola si riferisce alle risorse finanziarie provenienti dal patrimonio assoggettato al concorso e non a quelle rivenienti da apporti di terzi estranei al patrimonio del debitore (la c.d. finanza esterna).
Non è invece applicabile al concordato semplificato la regola della priorità relativa (relative priority rule), utilizzabile invece nel concordato preventivo in continuità (diretta od indiretta). Tale previsione può rappresentare un limite nella predisposizione del piano e della conseguente formulazione della proposta ai creditori, soprattutto quando l’attivo disponibile risulta non capiente rispetto all’integrale soddisfazione del passivo privilegiato, il più delle volte gravato dai potenziali privilegi conseguenti all’escussione delle garanzie da parte delle banche finanziatrici .
Qualora dalla comparazione tra l’attivo realizzabile dalla continuità (indiretta) e quello riveniente dalla liquidazione giudiziale emerga un “plusvalore” a favore della continuità (indiretta), non è possibile destinare tale plusvalore in violazione alle regole del concorso ed alla graduazione dei privilegi.
Secondo il prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza, il piano proposto nel concordato non deve necessariamente prevedere l’integrale pagamento dei creditori privilegiati, ma ne può invece prevedere il pagamento solo parziale.
Il ricorso dell’’imprenditore viene pubblicato nel Registro delle imprese, e da tale data si producono i seguenti effetti:
- prededucibilità dei crediti sorti in esecuzione della procedura;
- conservazione dell’impresa, con limitazione degli atti di straordinaria amministrazione per cui è richiesta l’autorizzazione del Tribunale;
- la protezione dalle azioni esecutive e cautelari avviate dai creditori;
- il congelamento dei debiti sorti ante procedura.
Il Tribunale, acquisita la relazione finale dell’esperto e un suo ulteriore parere circa i possibili risultati della liquidazione e le garanzie offerte, dichiara l’apertura della procedura nominando un ausiliario, al quale viene demandato un altro parere che, insieme alla relazione finale dell’esperto, dovrà essere comunicato dal debitore ai creditori almeno 30 giorni prima dell’udienza di omologazione.
Il Tribunale omologa quindi il concordato qualora accerti:
- la fattibilità del piano di liquidazione;
- il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione, con riguardo alle modalità distributive dell’attivo;
- la previsione che venga assicurata un’utilità (monetaria o non monetaria) a ciascun creditore; il piano deve quindi consentire il pagamento integrale delle spese di procedura, degli altri oneri prededucibili e dei creditori privilegiati, residuando un attivo disponibile per il pagamento quantomeno parziale dei creditori chirografari (fermo restando che, qualora l’attivo concordatario riferibile al patrimonio del debitore non consenta l’integrale soddisfazione dei creditori privilegiati, si dovrà prevedere l’apporto di “nuova finanza” da parte di terzi);
- l’assenza di pregiudizialità in confronto all’alternativa della liquidazione giudiziale.
Sotto quest’ultimo profilo, occorre svolgere un giudizio prognostico circa l’esito del possibile riparto nell’ambito della liquidazione giudiziale e confrontarlo con il contenuto della proposta formulata ai creditori nel concordato semplificato, tenendo in considerazione una serie di fattori, quali il possibile esito delle azioni revocatorie e di responsabilità esperibili dal curatore della liquidazione giudiziale, le diverse spese di procedura e di assistenza professionale per gli advisors, per l’ausiliario e per il liquidatore giudiziale, da un lato, e per il curatore, dall’altro, il diverso e tendenzialmente minore valore di realizzo dei beni nella liquidazione giudiziale, rispetto a quello del concordato semplificato con continuità indiretta, le eventuali spese di gestione interinale sostenute nell’ambito del concordato semplificato e finalizzate alla successiva cessione aziendale, gli oneri eventualmente sostenuti per il riconoscimento di incentivi ai dipendenti nell’ambito di accordi sindacali connessi al trasferimento dell’azienda nel concordato semplificato, le eventuali riduzioni del passivo nel concordato a seguito di accolli da parte della cessionaria, nonché le diverse tempistiche di riparto (più accelerate nel concordato). Se, all’esito di questa comparazione, la proposta di concordato è almeno equivalente per i creditori rispetto alla possibile soddisfazione in sede di liquidazione giudiziale allora il concordato potrà essere omologato, ferma la sussistenza delle altre condizioni.
Questa tipologia di concordato presenta quindi caratteristiche peculiari che la distinguono nettamente dal concordato classico, tra cui tra cui in particolare:
- non è prevista una fase di ammissione;
- è esclusa la figura del commissario giudiziale (sostituita da quella dell’ausiliario);
- non è riconosciuto il diritto di voto ai creditori;
- non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari.
Tali semplificazioni consentono all’impresa di giungere rapidamente al giudizio di omologa senza che siano pregiudicati gli interessi delle parti coinvolte. Il concordato semplificato, infatti, segue a una fase in cui la situazione finanziaria, economica e patrimoniale dell’impresa, unitamente all’impercorribilità di altre soluzioni, è già stata vagliata dall’esperto nella CNC. I creditori, inoltre, già adeguatamente informati nel corso delle trattative e messi in condizione di valutare le proposte del debitore, beneficiano di un giudizio di omologa rafforzato rispetto al concordato ordinario, proprio per compensare le omissioni delle fasi precedenti. Anche la mancata nomina del commissario giudiziale consente di evitare duplicazioni di compiti e funzioni, in parte già assolti dall’esperto in fase di CNC e, in parte, assorbiti dalla nuova figura dell’ausiliario nominato dal Tribunale.
Il debitore ha dunque la possibilità di risolvere la propria crisi irreversibile al termine dell’infruttuoso percorso della CNC, accedendo al concordato semplificato e veicolando, in questo ambito, l’azienda a terzi (il più delle volte in una newco), senza una vera e propria procedura competitiva ed offrendo ai creditori percentuali anche irrisorie.
In sostanza, il concordato semplificato costituisce per l’imprenditore un incentivo ad esperire la CNC, nella consapevolezza che, qualora non sia percorribile una soluzione negoziale per il risanamento dell’impresa, sarà comunque possibile – anziché giungere inevitabilmente alla liquidazione giudiziale – proporre una procedura che consente una rapida uscita dal mercato, e un altrettanto rapido ritorno al mercato stesso; una procedura che, alleggerita da passaggi, controlli e costi procedimentali, sfrutta da una parte l’attività dell’esperto e dall’altra gli scambi informativi con i creditori che hanno avuto luogo durante le trattative.
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Avv. Valerio Pandolfini
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