La composizione negoziata delle crisi d’impresa: un utile strumento per risolvere le difficoltà finanziarie delle PMI
Il DL n. 118/2021 ha introdotto, a partire dal 15 novembre 2021, un nuovo strumento per prevenire e affrontare situazioni di crisi delle imprese: la composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC). La CNC è finalizzata a permettere il risanamento delle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato. L’impresa può richiedere alla CCIAA la nomina di un professionista esperto nella ristrutturazione, che lo affianchi nelle trattative con i creditori e nella rinegoziazione dei contratti, individuando idonee soluzioni per superare la situazione di difficoltà. Non si tratta di una procedura concorsuale, in quanto durante le trattative l’imprenditore continua a gestire la propria impresa; tuttavia, per salvaguardare il buon esito delle trattative e quindi la possibilità di superare la crisi, l’imprenditore può beneficiare, durante la CNC, di misure protettive del proprio patrimonio da eventuali iniziative dei creditori. La CNC ha natura riservata e stragiudiziale finché il debitore non intenda beneficiare di misure protettive del patrimonio o compiere altre operazioni, come la concessione di finanziamenti prededucibili o la cessione d’azienda, per i quali è necessaria l’autorizzazione del Tribunale. Se con le trattative assistite dall’esperto non si riesce a trovare un accordo con i creditori per risanare l’impresa, è possibile ricorrere a uno degli strumenti per la ristrutturazione o per la liquidazione previsti dalla L. fall. o accedere a una nuova forma di concordato semplificato. Si tratta di uno strumento molto utile per il superamento delle crisi aziendali, da maneggiare con cura, con l’assistenza di professionisti che abbiano competenza ed esperienza di crisi di impresa.
1. La composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC): un utile strumento a disposizione delle imprese in crisi
Come verificatosi in molti paesi, anche in Italia la diffusione dell’epidemia Covid-19 ha avuto un forte impatto negativo sulle attività economico-commerciali, comportando gravi crisi aziendali e portando molte imprese al fallimento.
Di fronte dell’aumento delle imprese in difficoltà, il legislatore ha introdotto un nuovo strumento per prevenire e affrontare situazioni di crisi: la composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC), destinata ad assumere un ruolo fondamentale nel panorama post pandemia da Covid-19, ossia quello di permettere il risanamento delle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che tuttavia hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, cioè abbiano concrete prospettive di risanamento.
La CNC è stata introdotta dal DL 24 agosto 2021, n. 118, convertito con L. n. 147 del 21 ottobre 2021, con decorrenza dal 15 novembre 2021. Si tratta di un nuovo strumento che può consentire alle PMI di prevenire e rimettere in sicurezza l’impresa prima che il dissesto divenga irreversibile.
La CNC si inserisce nel contesto della normativa di cui al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), entrata in vigore il 15 luglio 2022 dopo un iter molto travagliato, anche a seguito dei numerosi rinvii dovuti alla pandemia. Il CCII ha abrogato la legge fallimentare del 1942 e la legge sul sovraindebitamento (L. n. 3/2012), regolando in un unico testo normativo il fenomeno della crisi e dell’insolvenza dell’imprenditore commerciale, attraverso principi generali applicabili a tutti i debitori e regole specifiche che variano in base alla natura del soggetto e alla diversa situazione di difficoltà in cui si trova l’impresa (probabilità di crisi, crisi, insolvenza, sovraindebitamento).
Il CCII si ispira a una concezione di recupero della capacità produttiva dell’impresa, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti nella crisi (debitore, creditori, lavoratori, soci, ecc.), da realizzare attraverso meccanismi di prevenzione e diagnosi tempestiva delle diverse situazioni di difficoltà in cui può trovarsi l’impresa e il rapido accesso a soluzioni giudiziali o stragiudiziali modulabili in base alle caratteristiche della crisi. Tale finalità viene appunto perseguita anche attraverso la CNC.
Con la CNC il legislatore ha voluto individuare un sistema di aiuto per le imprese in difficoltà, avente natura volontaria, negoziale e stragiudiziale, a cui è possibile accedere mediante una fase preliminare di autodiagnosi. La procedura, infatti, è avviata dall’ imprenditore di sua spontanea volontà.
L’impresa che si trovi in una condizione di squilibrio patrimoniale economico o finanziario che ne rende probabile la crisi o l’insolvenza, può richiedere alla Camera di commercio la nomina di un professionista esperto nella ristrutturazione, che lo affianchi nelle trattative con i creditori e nella rinegoziazione dei contratti, individuando idonee soluzioni per superare la situazione di difficoltà.
Non si tratta di una procedura concorsuale, in quanto durante le trattative l’imprenditore continua a gestire la propria impresa senza ingerenza o controllo da parte del Tribunale o dell’esperto. Tuttavia, come nelle procedure concorsuali (quali il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti), per salvaguardare il buon esito delle trattative e quindi la possibilità di superare la crisi, il DL n. 118/2021 concede all’imprenditore la possibilità di beneficiare, durante la composizione, di “misure protettive” del proprio patrimonio da eventuali iniziative dei creditori.
La CNC ha natura riservata e stragiudiziale finché il debitore non intenda beneficiare di misure protettive del patrimonio o compiere altre operazioni, come la concessione di finanziamenti prededucibili o la cessione d’azienda, per i quali è necessaria l’autorizzazione del Tribunale.
Se con le trattative assistite dall’esperto non si riesce a trovare un accordo con i creditori per risanare l’impresa, è possibile ricorrere (se vi sono le condizioni) a uno degli strumenti per la ristrutturazione o per la liquidazione previsti dalla legge fallimentare (fallimento, concordato, accordi di ristrutturazione), o accedere a una nuova forma di concordato semplificato, attraverso il quale è possibile anche trasferire l’azienda con notevoli semplificazioni procedurali rispetto al concordato ordinario, non essendo previsto né il voto dei creditori né la soddisfazione minima del 20% per i chirografari.
2. I presupposti soggettivi della CNC
Sotto il profilo soggettivo, possono ricorrere alla CNC tutti gli imprenditori commerciali e agricoli, iscritti al registro delle imprese, in qualunque forma esercitino l’attività d’impresa (dunque sia imprenditori individuali che società) e senza distinzione a seconda delle loro dimensioni.
In particolare, dunque, possono accedere alla CNC anche le imprese non fallibili (c.d. imprese “sotto soglia”), ovvero le imprese che non possiedano i requisiti di cui all’art. 1 comma 2 L. Fall.; tali requisiti sono i seguenti:
- aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore), un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a Euro 300.000;
- aver realizzato, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore), ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a Euro 200.000;
- avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a Euro 500.000.
Peraltro, la disciplina della CNC per le imprese sotto soglia è per alcuni aspetti semplificata rispetto a quella ordinaria, come si vedrà nel prosieguo.
La CNC è invece preclusa ai consumatori e a tutti coloro che non sono imprenditori commerciali o agricoli (artigiani, professionisti, enti no profit), che non si sono iscritti al registro delle imprese (come le società di fatto) o si sono cancellati. E’ altresì preclusa la possibilità d’accesso alla CNC all’imprenditore che abbia già proposto domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, di ammissione al concordato preventivo o alle procedure di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni di cui agli artt. 7 e 14-ter, L. n.3/2012.
3. I presupposti oggettivi della CNC
Sotto il profilo oggettivo, requisito essenziale per l’accesso alla CNC è che l’impresa si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, tali tuttavia da far risultare ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.
Il ricorso alla CNC può essere effettuato sia in stato di pre-crisi, ossia all’avvio dei primi sintomi di difficoltà economico-finanziarie e di squilibrio patrimoniale, oppure quando la stessa sia già in crisi o, addirittura, nel caso in cui si sia manifestata l’insolvenza, purché sussista una ragionevole probabilità di risanamento. Anche l’impresa insolvente può infatti accedere alla CNC, a condizione che tale insolvenza sia reversibile, cioè che il debito sia sostenibile tramite stralci o proventi della dismissione di azienda.
In altri termini, nonostante si siano manifestati inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrano che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, devono sussistere concrete possibilità di permettere il ritorno in bonis dell’impresa, attraverso la prosecuzione della stessa, diretta o anche indiretta, cioè mediante cessione d’azienda o di rami della stessa. Il legislatore ha infatti voluto evitare che le imprese possano abusare della nuova procedura essendo ormai decotte, in particolare al fine di evitare la votazione da parte dei creditori per l’omologa del nuovo concordato liquidatorio ( v. par. 8).
In particolare, la CNC può essere avviata anche quando, nel contesto di un concordato preventivo, l’azienda sia ceduta prima dell’omologazione della proposta concordataria, con conseguente attività esecutiva limitata al solo riparto del denaro ricavato, oppure che sia possibile ipotizzare un piano di risanamento per una società immobiliare che proponga un piano di dismissione ordinata del suo patrimonio, liquidandolo integralmente in un certo numero di anni. Viceversa, non risulta compatibile con la CNC la situazione in cui l’impresa cessi qualsiasi attività e proceda ad una vendita atomistica dei suoi attivi.
Si ritiene inoltre che la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa, che costituisce il presupposto per accedere alla CNC, ricomprenda non solo il risanamento dell’impresa tramite la prosecuzione (totale o parziale) della sua attività in continuità (“diretta” o “indiretta”), ma anche il risanamento dell’ “esposizione debitoria dell’impresa” tramite la soddisfazione dei creditori a seguito di una procedura di liquidazione (totale o parziale). In questo senso, la giurisprudenza sembra aver riconosciuto la legittimità di una CNC proposta da una società in liquidazione e/o avente ad oggetto un piano di natura eminentemente liquidatoria, sul presupposto che vi sia un’azienda ancora da risanare e quindi fattori produttivi da salvaguardare.
Per verificare il presupposto dell’effettiva perseguibilità del risarcimento, l’impresa può svolgere un test disponibile nella piattaforma telematica nazionale, gestita da Unioncamere. Tale piattaforma contiene una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle PMI, con indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati, e un protocollo di conduzione della composizione negoziata. La piattaforma contiene quindi una serie di indicazioni pratiche rivolte alle imprese, finalizzate a guidarle nella nuova procedura.
In particolare, il test contenuto nella piattaforma telematica è volto a consentire una valutazione preliminare della complessità del risanamento attraverso il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi liberi che possono essere posti annualmente al suo servizio.
Si permette così all’impresa di effettuare un’autodiagnosi precoce, anche senza dover obbligatoriamente presentare l’istanza di accesso alla composizione, in modo tale da fornire all’imprenditore l’indicazione dello stato di salute dell’impresa.
L’organo di controllo societario deve segnalare per iscritto all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di negoziazione, cioè, la presenza di uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, nonché la prospettiva di un risanamento dell’impresa ragionevolmente perseguibile. La segnalazione deve essere motivata e deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese. Segnalando la sussistenza di squilibri, l’organo di controllo applica inevitabilmente pressione sull’imprenditore che, per evitare censure successive alla sua inazione, probabilmente attiverà la procedura negoziata.
Si ritiene che la CNC possa essere attivata anche quando un’impresa sia già in stato di scioglimento/liquidazione, purché vi siano comunque concrete prospettive di risanamento. Infatti, il piano di risanamento può contemplare la revoca dello stato di liquidazione in vista della permanenza dell’impresa sul mercato.
4. L’inizio della procedura e la nomina dell’esperto
L’ammissione alla CNC prende avvio dall’istanza dell’imprenditore, inserita nella piattaforma telematica, accompagnata da una documentazione consistente in:
- bilancio degli ultimi tre esercizi;
- elenco dei creditori;
- piano finanziario per i successivi sei mesi;
- iniziative industriali che si intendono assumere;
- dichiarazione sulla pendenza di eventuali ricorsi per la dichiarazione di fallimento;
- altre informazioni sulla situazione debitoria.
Per le imprese “sotto soglia”, il numero di documenti da inserire è inferiore rispetto a quello previsto per le imprese maggiori, in quanto non è necessario depositare il piano di risanamento e la relazione sull’attività in concreto esercitata con il piano finanziario per i successivi sei mesi.
Il segretario della Camera di Commercio nel cui ambito si trova la sede legale dell’impresa, ricevuta la richiesta dell’imprenditore, la comunica immediatamente ad un commissione, composta da tre membri di varia nomina e che dura in carica due anni. Questa, nei cinque giorni lavorativi successivi, nomina, a maggioranza, l’esperto che nei due giorni dalla ricezione della nomina, comunica l’accettazione.
L’esperto negoziatore ha un’importanza centrale nella CNC, in quanto riveste un ruolo di garanzia e indipendenza; l’esperto ha infatti il compito di agevolare le trattative tra imprenditore, i creditori e gli eventuali altri soggetti interessati al fine di superare la sua condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario.
L’esperto rappresenta quindi il punto di raccordo tra quanto previsto dal piano e la sua concreta fattibilità; egli dà maggiore forza e credibilità alla posizione dell’impresa sia durante l’avvio delle trattative, sia nel percorso tracciato dall’imprenditore. Ciò anche in ragione della possibilità di decretare in qualsiasi momento l’intervenuta mancanza del presupposto del risanamento e, quindi, di richiedere l’archiviazione della pratica al segretario generale della Camera di commercio.
L’esperto viene scelto da un elenco di esperti formato presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente. In virtù del ruolo che svolgerà, l’esperto deve essere in possesso di approfondite competenze in tema di crisi di impresa e di ristrutturazione aziendali. A tal fine ai professionisti è richiesta, oltre alla già prevista iscrizione agli albi professionali dei commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro, anche una pregressa esperienza di almeno cinque anni nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi di impresa.
Una volta valutata la sua indipendenza, il possesso delle competenze e della disponibilità di tempi necessarie per lo svolgimento e l’accettazione dell’incarico, l’esperto deve convocare senza indugio l’imprenditore per valutare la concreta prospettiva di risanamento dell’impresa, ovvero le prospettive di risanamento contenute nel piano redatto dall’imprenditore (e dai suoi professionisti).
È dunque l’esperto che, sulla base della documentazione presentata presso il portale telematico e attraverso le proprie indagini sul contesto operativo dell’impresa, deve convincersi della veridicità del piano, ossia se quanto ivi previsto permetterà il concreto risanamento dell’impresa.
Se ritiene sussistenti le concrete prospettive di risanamento, l’esperto convoca le parti interessate e prospetta le strategie di intervento. In caso contrario, ne dà notizia all’imprenditore e al segretario della Camera di Commercio che dispone l’archiviazione del procedimento. In ogni caso, l’incarico dell’esperto si considera concluso quando, decorsi 180 giorni dall’accettazione della nomina, le parti non abbiano individuato una soluzione adeguata al superamento della crisi. L’incarico può proseguire quando tutte le parti lo richiedano e l’esperto vi consenta.
5. La negoziazione con i creditori
A seguito della nomina e dell’accettazione dell’incarico, l’esperto negoziatore, qualora ravvisi concrete possibilità di risanamento dell’impresa, incontra i creditori e le parti interessate al percorso di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento individuate dall’imprenditore e dai suoi advisors, fissando i successivi incontri con cadenza ravvicinata. L’esperto funge infatti da raccordo tra l’imprenditore, i creditori ed il Tribunale, ed è chiamato a valutare, in ogni momento, le concrete possibilità di risanamento, l’esecuzione degli atti in buona fede da parte dell’imprenditore senza che questo arrechi pregiudizio ai creditori ed all’integrità patrimoniale dell’impresa.
Dato che l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, l’esperto dovrà interagire con l’imprenditore e vigilare sulla sua condotta nel corso delle trattative, per gli atti che potrebbero recare danno ai creditori ed agli stakeholders, con particolare riferimento alle operazioni di straordinaria amministrazione e all’effettuazione dei pagamenti rispetto alle trattative o prospettive di risanamento.
Nel corso delle trattative, la gestione dell’impresa rimane esclusivamente in capo all’imprenditore, il quale può autonomamente compiere sia gli atti di ordinaria, sia quelli di straordinaria amministrazione, proseguono i contratti ed è data la possibilità per l’imprenditore di continuare ad effettuare pagamenti spontanei. La gestione deve tuttavia svolgersi senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori; pertanto, in capo all’imprenditore gravano gli specifici obblighi nella gestione dell’impresa, che variano in base allo stato di squilibrio che ha determinato l’accesso alla composizione negoziata.
Qualora l’esperto dovesse valutare che l’imprenditore stia ponendo in essere atti pregiudizievoli per la corretta esecuzione del piano di risanamento, ne darà segnalazione all’imprenditore e al collegio sindacale e, nel caso in cui l’atto venga comunque posto in essere, l’esperto potrà annotare il proprio dissenso nei successivi dieci giorni presso il registro delle imprese. Inoltre, se l’imprenditore ha richiesto le misure protettive e cautelari (v. par. 6) in sede di richiesta si ammissione alla procedura, l’esperto dovrà segnalare ciò al competente Tribunale che potrà procedere alla loro revoca ovvero ridurne la durata.
Per evitare che un atto di straordinaria amministrazione o un pagamento non coerente non vengano comunicati dall’imprenditore all’esperto, quest’ultimo ha il potere di richiedere all’imprenditore e ai creditori di tutte le informazioni utili o necessarie, nonché la possibilità di avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore e di un revisore legale; ciò permetterà all’esperto di poter venire a conoscenza di tutti gli atti, e se del caso, procedere all’iscrizione del proprio dissenso presso il registro delle imprese.
L’esperto potrà altresì rinegoziare i contratti ad esecuzione continuata o periodica se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa, sia a causa della pandemia che in relazione alle attuali condizioni di salute dell’impresa ed al concreto raggiungimento dell’obiettivo finale del risanamento aziendale.
Decorsi i 180 giorni di durata massima iniziale della CNC senza che si sia raggiunto una soluzione adeguata al superamento degli squilibri che hanno dato luogo alla richiesta di nomina dell’esperto, quest’ultimo dovrà considerare concluso il proprio incarico e redigere una relazione finale che inserirà in piattaforma, comunicandola all’imprenditore e al Tribunale nel caso di richiesta di misure cautelari. Se invece tutte le parti e l’esperto stesso sono concordi nel proseguire la procedura, è possibile un’ulteriore estensione di altri 180 giorni, decorsi i quali comunque essa cessa.
6. Le misure protettive e cautelari
L’imprenditore può chiedere al Tribunale l’emissione di misure protettive del proprio patrimonio già in sede di istanza iniziale di richiesta di nomina dell’esperto ovvero con istanza successiva. A decorrere dalla data di pubblicazione di tale istanza presso il Registro delle imprese i creditori non possono acquistare diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti coi quali viene esercitata l’attività d’impresa.
Unitamente al ricorso al Tribunale, l’imprenditore deve depositare i seguenti documenti:
- ultimi tre bilanci d’esercizio, oppure se non tenuto all’approvazione e deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’Iva, sempre per lo stesso periodo;
- una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima del deposito del ricorso;
- l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione degli indirizzi di posta elettronica;
- l’accettazione dell’esperto nominato;
- un piano finanziario per i successivi 6 mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare;
- una autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata.
Il Tribunale ha un importante ruolo di garanzia nell’applicazione delle misure protettive. Infatti, entro 10 giorni dal deposito del ricorso, il Tribunale fissa l’udienza per la comparizione delle parti, nel corso della quale provvede agli atti istruttori necessari a pronunciarsi sulla conferma o sulla modifica delle misure protettive e sull’accoglimento degli eventuali provvedimenti cautelari; terminata l’istruttoria, il Tribunale decide se confermare o meno le misure determinandone la durata.
Su richiesta dell’imprenditore, il Tribunale può anche limitarne l’applicazione a parte dei creditori o a determinate loro iniziative. Nel decidere se concedere o meno le misure protettive, il Tribunale terrà ragionevolmente in considerazione la valutazione prognostica del risanamento dell’impresa che l’esperto è chiamato ad effettuare subito dopo l’accettazione dell’incarico.
Le misure protettive hanno durata non inferiore a 30 e non superiore a 120 giorni; la durata può essere prorogata, ma non può eccedere i 240 giorni. Decorso tale termine, se le trattative ancora non sono terminate, queste si intenderanno inefficaci ed i creditori riacquistano la possibilità di avviare azioni personali nei confronti del debitore.
In mancanza di una diversa indicazione, da parte dell’imprenditore, all’atto dell’istanza di nomina dell’esperto, le misure protettive del patrimonio, funzionali allo svolgimento delle trattative, hanno effetto automatico generalizzato verso tutti i creditori. Sono tuttavia espressamente escluse le misure protettive per i diritti di credito dei lavoratori. Pertanto, a differenza di quanto avviene per le procedure concorsuali, i lavoratori possono iniziare o proseguire azioni esecutive nei confronti del patrimonio dell’imprenditore.
Per contro, non sono inibiti i pagamenti da parte dell’imprenditore (il quale pertanto, continua a gestire l’impresa senza vincoli di par condicio), e, fino alla conclusione delle trattative ovvero all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, è impedita la pronuncia di fallimento o di accertamento dello stato del passivo.
I creditori interessati dalle misure protettive non possono rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o chiederne la risoluzione, né tanto meno possono anticipare la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla data di pubblicazione dell’istanza. Tale limitazione dei diritti dei creditori (pensiamo, ad esempio, alle banche che non potranno revocare eventuali mutui, linee di credito o affidamenti in essere) garantisce al debitore una protezione più ampia di quella prevista nelle procedure concorsuali, funzionale alla salvaguardia della continuità aziendale.
I creditori o l’esperto possono richiedere la revoca delle misure cautelari, nel caso in cui non soddisfino l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiano sproporzionate al pregiudizio arrecato ai creditori.
Con l’istanza di nomina dell’esperto, oltre alla richiesta di misure protettive, l’imprenditore può, inoltre, dichiarare di avvalersi della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione previsti dal Codice civile in caso di perdite rilevanti del capitale sociale, nonchè dell’operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. Tale sospensione è automatica e viene meno solo per effetto dell’archiviazione della procedura di CNC o della conclusione delle trattative. Tuttavia, se congiuntamente sono richieste anche misure protettive del patrimonio, le cause che determinano il venir meno dell’efficacia di queste si estendono anche alla sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e dell’operatività della causa di scioglimento della società.
7. Le autorizzazioni del Tribunale
Per il compimento di specifici atti strumentali a garantire la continuità aziendale e a favorire il risanamento, ma suscettibili di recare pregiudizio ai creditori, è richiesta l’autorizzazione del Tribunale.
In particolare, l’imprenditore può chiedere al Tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa l’autorizzazione a:
- contrarre finanziamenti assistiti dal beneficio della prededuzione, consistente nel rimborso prioritario rispetto ai creditori anteriori nelle procedure esecutive e concorsuali che eventualmente possono far seguito alla composizione negoziata. L’autorizzazione riguarda sia i finanziamenti in generale, sia i finanziamenti dei soci. sia quelli contratti da una o più società appartenenti a un gruppo d’imprese;
- cedere l’azienda o uno o più rami di essa, in deroga ai principi della responsabilità solidale del cessionario per i debiti risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, previste dall’art. 2560 c.c. La deroga non si estende, invece, ai crediti di lavoro si sensi dell’art. 2112 c.c.; in tal caso il Tribunale deve verificare altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.
In entrambi i casi, il Tribunale, nel concedere l’autorizzazione, deve valutare che l’atto sia funzionale alla continuità aziendale e alle miglior soddisfazione dei creditori. Ciò implica nel caso della cessione d’azienda che essa avvenga non ai fini liquidatori, ma di continuità dell’attività d’impresa in capo all’acquirente.
Gli atti autorizzati dal Tribunale conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordi di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione omologato, la liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato liquidatorio semplificato (v. par. 9). Essi, inoltre, sono esenti da responsabilità pensali per i reati di bancarotta.
8. I possibili esiti della composizione negoziata
Le trattative con i creditori possono concludersi in diversi modi.
La prima possibilità è che le parti, coadiuvate dall’esperto, giungano a una soluzione stragiudiziale, idonea a consentire il superamento dell’originaria situazione di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa. Ciò si verifica verosimilmente, in presenza di una situazione di pre-crisi o, al massimo, di temporanea difficoltà, che rende l’imprenditore ancora “degno” di credito e i creditori disponibili a collaborare in attesa di un superamento della crisi.
In tal caso l’imprenditore può decidere di concludere:
- un contratto con uno o più creditori, finalizzato a consentire il mantenimento della continuità aziendale per almeno un biennio, avente contenuto vario (ristrutturazione dei debiti, cessione dei beni, accolli, operazioni straordinarie, attribuzione ai creditori di partecipazioni, cessione di azienda o conferimento in una newco etc). Tale contratto consente all’imprenditore di beneficiare delle misure premiali solo nel caso in cui l’esperto nella sua relazione finale attesti che l’accordo raggiungo sia idoneo a garantire la continuità aziendale per almeno due anni. In assenza di tale asseverazione le premialità non si applicano, ma il contratto rimane comunque valido ed efficace tra le parti;
- una convenzione di moratoria, ai sensi dell’art. 62 CCII, avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative nonché ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito; si tratta per lo più di una soluzione temporanea, che, in quanto tale, richiederò la successiva adozione di soluzioni più organiche attraverso la predisposizione di un vero e proprio piano di ristrutturazione in continuità dell’attività d’impresa;
- un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, di contenuto assai vario (in quanto può contenere proposte indirizzate ai soci, ai fornitori strategici, ai creditori finanziari, agli enti, ai locatori etc.), che produce gli effetti del piano attestato di risanamento e dunque, l’esenzione da revocatoria e da responsabilità penale per gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse in attuazione del piano. A questa soluzione si potrà pervenire quando l’imprenditore abbia trovato una soluzione della crisi con i propri creditori che preveda un sottostante business plan da porre in essere affinché si realizzi il risanamento.
La seconda possibilità è che l’imprenditore, all’esito delle trattative con i creditori, chieda l’omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti. In questo caso il ruolo dell’esperto si esaurisce con la conclusione della composizione negoziata e non si estende alla predisposizione dell’accordo di ristrutturazione.
L’imprenditore può presentare anche ricorso per l’omologa di un accordo di ristrutturazione agevolato o ad efficacia estesa; in quest’ultimo caso, se il raggiungimento dell’accordo avviene per effetto delle trattative e ciò risulti dalla relazione finale dell’esperto, la percentuale del 75 % dei crediti necessaria per l’omologa è ridotta al 60 % .
In alternativa a tali soluzioni, qualora le trattative siano andate a buon fine solo con alcuni creditori, il debitore può ricorrere a una delle altre procedura negoziali previste dalla CCII, compreso il concordato preventivo e il piano per la ristrutturazione soggetto ad omologazione.
Infine, è possibile decidere per la liquidazione della società, la quale potrà avvenire:
- secondo la via ordinaria della liquidazione giudiziale;
- con il nuovo istituto del concordato liquidatorio semplificato (v. par. 9).
Per le imprese sotto soglia, quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi, le parti possono, alternativamente:
- concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi e idoneo ad assicurare la continuità aziendale;
- concludere una convenzione di moratoria;
- concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori (tutti o anche solo alcuni) e dall’esperto, che produce gli effetti premiali fiscali di cui all’art. 25-bis, 5° comma (v. par. 10).
Se, invece, all’esito delle trattative non è possibile raggiungere un accordo, l’imprenditore può, in alternativa:
- proporre la domanda di concordato minore;
- chiedere la liquidazione controllata dei beni;
- proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio;
- per la sola impresa agricola, domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, normale, agevolato o ad efficacia estesa.
9. Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio
Una delle maggiori novità della CNC è costituita dal concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Si tratta di uno strumento liquidativo – meno “traumatico” della liquidazione giudiziale e più snello del concordato preventivo liquidatorio – consente la cessione dell’azienda in attività, è compatibile con la continuità aziendale (sia pure indiretta), qualora sussista l’interesse del mercato per quel bene o quel servizio.
Dopo che l’esperto abbia nella propria relazione finale verificato l’impossibilità di conclusione delle trattative con i creditori, l’impraticabilità di una delle soluzioni idonee al superamento della situazione di crisi descritte al par.5 (dunque, che l’originaria previsione di risanamento non sia più attuabile) e che le trattative siano state svolte in buona fede, l’imprenditore può presentare, nei 60 giorni successivi al deposito della relazione finale nella piattaforma telematica, una proposta di concordato per cessione dei beni – che può essere eseguita anche con il trasferimento a terzi dell’azienda o di suoi rami – prevedendo anche una suddivisione dei creditori in classi, unitamente al piano di liquidazione ed a tutta la documentazione prevista dall’art.161,co.2, lett. a)-d),L. Fall.
Non si tratta quindi di una procedura concorsuale autonoma, in quanto l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza non può depositare direttamente la domanda di omologazione del concordato semplificato, ma può farlo solo dopo avere esperito la CNC. In particolare, non è sufficiente per l’imprenditore il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto (e dunque il mero accesso alla CNC), ma è necessario che l’esperto abbia ravvisato inizialmente concrete prospettive di risanamento (e che dunque la CNC non si sia conclusa con la relazione negativa dell’esperto), che la CNC sia stata effettivamente avviata e che, ciò nonostante, le possibili soluzioni si siano rivelate concretamente impraticabili.
Il piano di liquidazione può essere redatto secondo la modalità preferita dal debitore per massimizzare il soddisfacimento dei creditori, purché comunque fattibile. Il piano di concordato può prevedere la liquidazione del patrimonio aziendale, attraverso la cessione di singoli assets oppure, attraverso il trasferimento dell’azienda o di singoli rami di essa ad un altro soggetto.
Nel concordato semplificato il trasferimento dell’azienda a terzi può essere eseguito dal liquidatore giudiziale dopo l’omologa del concordato oppure, in situazioni di urgenza, dall’ausiliario in una fase antecedente rispetto all’omologa nell’ottica di non disperdere il valore unitario del complesso aziendale, atteso che la vendita unitaria massimizza l’attivo a vantaggio dei creditori. In ogni caso operano gli effetti di cui art. 2560, comma 2, c.c. Sia il liquidatore giudiziale sia l’ausiliario devono verificare sul mercato l’assenza di soluzioni migliorative rispetto a quella prospettata dal debitore, in ipotesi pubblicando inviti a formulare offerte di acquisto dell’azienda che risultino economicamente più vantaggiose.
Nel concordato semplificato la procedura di vendita è quindi più snella rispetto al concordato preventivo, in cui si applica la disciplina delle offerte concorrenti, essendo finalizzata solo a verificare l’esistenza sul mercato di soluzioni migliori. Tale ricerca può avvenire anche mediante la pubblicazione di avvisi destinati a sollecitare la presentazione di offerte migliorative rispetto a quelle già a mani della procedura.
Anche se non è prevista la disciplina delle offerte concorrenti, si ritiene che, qualora pervenga al liquidatore o all’ausiliario una proposta di acquisto migliorativa, la scelta finale del miglior offerente deve essere individuata attraverso l’espletamento della procedura competitiva volta ad individuare il miglior offerente.
Il trasferimento a terzi del compendio aziendale può avvenire anche realizzando operazioni straordinarie, quali la scissione o il conferimento dell’azienda in una Newco interamente partecipata dalla debitrice e la successiva cessione delle partecipazioni.
In mancanza di uno specifico consenso dei creditori, da realizzarsi attraverso l’espressione del voto “informato” tipico del concordato preventivo, il concordato semplificato è soggetto al rischio di utilizzi strumentali e potenzialmente distorti da parte del debitore, oltre che di un potenziale squilibrio tra le esigenze del debitore e aspettative dei creditori. Al fine di evitare il verificarsi di situazioni di abuso nell’utilizzo del concordato semplificato, il legislatore ha previsto che l’esperto deve attestare che:
- le trattative durante la composizione si sono svolte secondo regole di buona fede e correttezza;
- all’esito delle trattative si sono rivelate non praticabili le soluzioni alternative di cui all’art. 23, comma 1, CCII (contratto sottoscritto con i creditori, convenzione di moratoria o accordo sottoscritto dall’esperto) o la soluzione di cui all’art. 23, comma 2, lett. bis), CCII (accordo di ristrutturazione, anche nelle forma agevolata o ad efficacia estesa).
Il piano di soddisfazione dei creditori, derivante dal realizzo dell’attivo, deve essere impostato in modo da garantire l’ordine di prelazione spettante a ciascun creditore. La regola distributiva è dunque quella della priorità assoluta (absolute priority rule) che non consente la soddisfazione del creditore di grado successivo qualora non sia stato integralmente soddisfatto quello di grado precedente; tale regola si riferisce alle risorse finanziarie provenienti dal patrimonio assoggettato al concorso e non a quelle rivenienti da apporti di terzi estranei al patrimonio del debitore (la c.d. finanza esterna).
Non è invece applicabile al concordato semplificato la regola della priorità relativa (relative priority rule), utilizzabile invece nel concordato preventivo in continuità (diretta od indiretta). Tale previsione può rappresentare un limite nella predisposizione del piano e della conseguente formulazione della proposta ai creditori, soprattutto quando l’attivo disponibile risulta non capiente rispetto all’integrale soddisfazione del passivo privilegiato, il più delle volte gravato dai potenziali privilegi conseguenti all’escussione delle garanzie da parte delle banche finanziatrici .
Qualora dalla comparazione tra l’attivo realizzabile dalla continuità (indiretta) e quello riveniente dalla liquidazione giudiziale emerga un “plusvalore” a favore della continuità (indiretta), non è possibile destinare tale plusvalore in violazione alle regole del concorso ed alla graduazione dei privilegi.
Secondo il prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza, il piano proposto nel concordato non deve necessariamente prevedere l’integrale pagamento dei creditori privilegiati, ma ne può invece prevedere il pagamento solo parziale.
Il ricorso dell’’imprenditore viene pubblicato nel Registro delle imprese, e da tale data si producono i seguenti effetti:
- prededucibilità dei crediti sorti in esecuzione della procedura;
- conservazione dell’impresa, con limitazione degli atti di straordinaria amministrazione per cui è richiesta l’autorizzazione del Tribunale;
- la protezione dalle azioni esecutive e cautelari avviate dai creditori;
- il congelamento dei debiti sorti ante procedura.
Il Tribunale, acquisita la relazione finale dell’esperto e un suo ulteriore parere circa i possibili risultati della liquidazione e le garanzie offerte, dichiara l’apertura della procedura nominando un ausiliario, al quale viene demandato un altro parere che, insieme alla relazione finale dell’esperto, dovrà essere comunicato dal debitore ai creditori almeno 30 giorni prima dell’udienza di omologazione.
Il Tribunale omologa quindi il concordato qualora accerti:
- la fattibilità del piano di liquidazione;
- il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione, con riguardo alle modalità distributive dell’attivo;
- la previsione che venga assicurata un’utilità (monetaria o non monetaria) a ciascun creditore; il piano deve quindi consentire il pagamento integrale delle spese di procedura, degli altri oneri prededucibili e dei creditori privilegiati, residuando un attivo disponibile per il pagamento quantomeno parziale dei creditori chirografari (fermo restando che, qualora l’attivo concordatario riferibile al patrimonio del debitore non consenta l’integrale soddisfazione dei creditori privilegiati, si dovrà prevedere l’apporto di “nuova finanza” da parte di terzi);
- l’assenza di pregiudizialità in confronto all’alternativa della liquidazione giudiziale.
Sotto quest’ultimo profilo, occorre svolgere un giudizio prognostico circa l’esito del possibile riparto nell’ambito della liquidazione giudiziale e confrontarlo con il contenuto della proposta formulata ai creditori nel concordato semplificato, tenendo in considerazione una serie di fattori, quali il possibile esito delle azioni revocatorie e di responsabilità esperibili dal curatore della liquidazione giudiziale, le diverse spese di procedura e di assistenza professionale per gli advisors, per l’ausiliario e per il liquidatore giudiziale, da un lato, e per il curatore, dall’altro, il diverso e tendenzialmente minore valore di realizzo dei beni nella liquidazione giudiziale, rispetto a quello del concordato semplificato con continuità indiretta, le eventuali spese di gestione interinale sostenute nell’ambito del concordato semplificato e finalizzate alla successiva cessione aziendale, gli oneri eventualmente sostenuti per il riconoscimento di incentivi ai dipendenti nell’ambito di accordi sindacali connessi al trasferimento dell’azienda nel concordato semplificato, le eventuali riduzioni del passivo nel concordato a seguito di accolli da parte della cessionaria, nonché le diverse tempistiche di riparto (più accelerate nel concordato). Se, all’esito di questa comparazione, la proposta di concordato è almeno equivalente per i creditori rispetto alla possibile soddisfazione in sede di liquidazione giudiziale allora il concordato potrà essere omologato, ferma la sussistenza delle altre condizioni.
Questa tipologia di concordato presenta quindi caratteristiche peculiari che la distinguono nettamente dal concordato classico, tra cui tra cui in particolare:
- non è prevista una fase di ammissione;
- è esclusa la figura del commissario giudiziale (sostituita da quella dell’ausiliario);
- non è riconosciuto il diritto di voto ai creditori;
- non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari.
Il debitore ha dunque la possibilità di risolvere la propria crisi irreversibile al termine dell’infruttuoso percorso della CNC, accedendo al concordato semplificato e veicolando, in questo ambito, l’azienda a terzi (il più delle volte in una newco), senza una vera e propria procedura competitiva ed offrendo ai creditori percentuali anche irrisorie.
In sostanza, il concordato semplificato costituisce per l’imprenditore un incentivo ad esperire la CNC, nella consapevolezza che, qualora non sia percorribile una soluzione negoziale per il risanamento dell’impresa, sarà comunque possibile – anziché giungere inevitabilmente alla liquidazione giudiziale – proporre una procedura che consente una rapida uscita dal mercato, e un altrettanto rapido ritorno al mercato stesso; una procedura che, alleggerita da passaggi, controlli e costi procedimentali, sfrutta da una parte l’attività dell’esperto e dall’altra gli scambi informativi con i creditori che hanno avuto luogo durante le trattative.
10. I vantaggi della composizione negoziata per le imprese
L’accesso alla CNC consente alle imprese di beneficiare di notevoli vantaggi e misure premiali.
I vantaggi della CNC sono essenzialmente i seguenti:
- la messa a disposizione dell’impresa risanabile di un percorso accessibile e poco costoso, stragiudiziale e riservato, per consentirle di verificare la propria situazione patrimoniale e finanziaria (test pratico di perseguibiltà del risanamento e incontro con l’esperto indipendente prodromico alla negoziazione);
- la possibilità di aprire le trattative con i creditori con l’ausilio dell’esperto;
- la possibilità di cercare soluzioni negoziate della crisi;
- l’esclusione degli effetti normalmente collegati alle procedure concorsuali (non si apre il concorso dei creditori; non si determina alcun spossessamento del debitore, che conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa e può eseguire pagamenti, fatti salvi gli obblighi informativi nei confronti dell’esperto e il dissenso di questo rispetto agli atti pregiudizievoli per i creditori, per le trattative e per le prospettive di risanamento);
- la possibilità di beneficiare anticipatamente di misure protettive e cautelari con l’intervento del tribunale;
- la possibilità di contrarre finanziamenti prededucibili e di trasferire l’azienda o uno più suoi rami in deroga all’art. 2560 c.c.
In ordine alle misure premiali, vengono in rilievo:
- la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e le cause di scioglimento previste in caso di riduzione o perdita del capitale sociale;
- la non necessità dell’attestazione del professionista in caso di accordo sottoscritto anche dall’esperto;
- la riduzione della percentuale di ammissibilità degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa;
- la conservazione degli effetti degli atti autorizzati dal tribunale qualora successivamente intervengano un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione omologato, l’apertura della liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio;
- l’esonero dall’azione revocatoria per gli atti, i pagamenti e le garanzie poste in essere dall’imprenditore nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico dell’esperto, purché coerenti con l’andamento e lo stato le trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono compiuti;
- l’esenzione dai reati per i pagamenti e le operazioni compiuti nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico dell’esperto, purché coerenti con l’andamento delle trattative e con la prospettiva di risanamento dell’impresa valutata dall’esperto;
Infine, per incentivare ulteriormente gli imprenditori ad accedere alla CNC, sono previste misure premiali di natura fiscale, che variano in base alla soluzione a cui si perviene all’esito delle trattative con i creditori. In particolare, è prevista:
- la riduzione al tasso legale degli interessi sui debiti tributari che maturano a partire dall’apertura e fino alla chiusura della CNC, quando questa si conclude con una delle soluzioni interamente stragiudiziali o con un accordo di ristrutturazione dei debiti;
- la riduzione delle sanzioni alla misura minima, se il termine per il pagamento in misura ridotta scade dopo la presentazione dell’istanza di CNC, a prescindere da come la procedura si concluda;
- la riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari oggetto della composizione nel caso di accesso ad una delle procedure di risoluzione della crisi previste dalla legge fallimentare;
- la rateazione fino ad un massimo di 72 rate mensili di somme dovute e non versate, a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta, IVA e IRAP non ancora iscritte a ruolo, se in esito alla CNC è pubblicato presso il Registro delle imprese un contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno 2 anni o un accordo che produce gli stessi effetti di un piano attestato di risanamento.
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Avv. Valerio Pandolfini
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