La ristrutturazione dei debiti del consumatore sovraindebitato
La ristrutturazione dei debiti è una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, disciplinata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs n. 14/2019), a carattere volontario, alla quale possono accedere solo i consumatori, basata su una proposta di soddisfacimento dei crediti formulata dal debitore, che viene rimessa alla valutazione del Tribunale. Essa consente, come le altre procedure di sovraindebitamento, al debitore di ottenere, entro determinati limiti, l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti pregressi. È una procedura simile al concordato preventivo, ma con una differenza fondamentale. La proposta del debitore non è sottoposta alla votazione dei creditori, ma solo alla valutazione e al controllo del Tribunale.
1. Domanda, piano e proposta di ristrutturazione dei debiti
La ristrutturazione dei debiti, disciplinata dal D. Lgs n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, di seguito il “Codice”), entrato in vigore il 15 luglio 2022, è una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento a carattere volontario, basata su una proposta di soddisfacimento dei crediti formulata dal debitore (che deve essere necessariamente un consumatore), sottoposta alla valutazione del Tribunale.
Può accedere alla procedura il consumatore (sovraindebitato), ovvero “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta.” Si tratta di una nozione più ampia di quella contenuta nella previgente L. n. 3/2012, che quindi include anche tutti i consumatori che registrano, nella propria situazione debitoria, passività non aventi carattere personale o familiare, ma derivanti anche dall’attività imprenditoriale o professionale svolta, rendendo così possibile attivare nella nuova procedura anche il c.d. “debito promiscuo”, ovvero derivante da obbligazioni aventi carattere sia personale o familiare, sia imprenditoriale o professionale.
Nella categoria dei legittimati attivi sono ricomprese le persone fisiche che siano soci delle società di persone, con esclusivo riguardo ai debiti diversi da quelli sociali, di cui essi rispondono in ossequio al principio della responsabilità illimitata. Il socio illimitatamente responsabile può dunque accedere alla ristrutturazione unicamente dei debiti della sua vita privata, lasciando impregiudicati quelli derivanti dalla responsabilità sussidiaria correlata alle obbligazioni contratte dalla società (art. 2291 c.c.). Il socio sussidiariamente esposto ha la libera disponibilità del suo patrimonio, tanto da poterlo dedicare per intero alla ristrutturazione dei debiti consumeristici, a condizione che sia in grado di dimostrare che nel momento in cui accede alla procedura la situazione economica e finanziaria della società è tale da assicurare il soddisfacimento dei debiti in quel momento sussistenti.
La ristrutturazione dei debiti consente al consumatore di superare la propria situazione di sovraindebitamento ,mediante un procedimento più agevole e semplificato rispetto alle altre procedure. Si tratta di una procedura sotto molti profili simile al concordato preventivo, ma con una differenza fondamentale: la proposta del debitore non è sottoposta alla votazione dei creditori (ai quali dunque non è consentito di esprimere il proprio consenso in ordine alla proposta), ma unicamente soggetta alla valutazione ed al controllo del Tribunale.
La tutela dei creditori è comunque affidata al Tribunale, il quale valuta la legittimità, la fattibilità e la convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria (rappresentata dalle esecuzioni individuali o dalla liquidazione controllata).
Ai sensi dell’art. 67 comma 1 del Codice, il consumatore deve presentare una domanda di accesso alla procedura, con l’ausilio dell’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC), presso il Tribunale nel cui circondario ha il centro principale degli interessi, che si presume coincidente con la sua residenza o domicilio, o, se questi sono sconosciuti, con l’ultima dimora o, in mancanza, con il luogo di nascita; se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma (art. 36, comma 3, lett. b del Codice).
Ai fini dell’individuazione del Tribunale competente, non rileva il trasferimento del centro degli interessi principali intervenuto nell’anno precedente al deposito della domanda; non è quindi consentito il c.d. forum shopping (art. 28 del Codice).
La domanda – che può essere presentata dal consumatore anche personalmente, senza che sia necessaria l’assistenza di un difensore – deve contenere:
- un piano, il quale deve indicare in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento; il piano deve, quindi, descrivere le risorse necessarie all’adempimento, le fonti di approvvigionamento, la tempistica dei pagamenti, l’indicazione di eventuali garanzie offerte da terzi.
- una proposta, che rappresenta l’offerta rivolta ai creditori, e che può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma; è quindi possibile proporre la soddisfazione in denaro, per l’intero o con uno stralcio, senza dover rispettare alcun limite minimo di pagamento, salva la necessità di offrire comunque un importo non meramente simbolico; può essere, altresì, prevista una dilazione nel pagamento (indicandone la tempistica), o un soddisfacimento con modalità diverse dal denaro (come ad es. l’attribuzione ai creditori di beni in luogo del pagamento, l’accollo del debito da parte di soggetti terzi, etc).
Ai sensi dell’art. 67, comma 4 del Codice, non è obbligatorio prevedere il pagamento integrale dei crediti privilegiati (cioè dei crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca), ma è necessario assicurare ad essi un trattamento almeno pari a quello che essi avrebbero conseguito in mancanza della procedura.
Vi è, quindi, una soglia minima di soddisfacimento dei creditori privilegiati, che rappresenta una condizione di ammissibilità della proposta, rapportata alla collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali esiste la causa di prelazione, come attestato dall’OCC.
L’OCC deve stimare e attestare che la proposta del consumatore non offre ai creditori privilegiati un soddisfacimento inferiore all’importo che gli stessi sarebbe spettato in caso di esecuzione individuale o di liquidazione controllata, tenuto conto del valore di mercato dei beni o diritti sui quali insiste la prelazione.
Fermo questo trattamento minimo garantito, il debitore e poi libero di decidere se e quale trattamento ulteriore e migliorativo offrire al creditore privilegiato e stabilire la tempistica del pagamento offerto, che può articolarsi anche in un orizzonte temporale di più anni.
Per i crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore, la proposta può prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del mutuo se il debitore, alla data del deposito della domanda di apertura della procedura, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduti a tale data (articolo 67, comma 5 del Codice). Il consumatore può quindi continuare a beneficiare del piano di ammortamento delle rate di mutuo, che solitamente prevede una tempistica più lunga rispetto a quella prevista dal piano di ristrutturazione dei debiti.
E’ stato cos’ risolto un problema emerso nella prassi in relazione al disposto dell’art. 8, comma 4, della L. n. 3/2012, che imponeva di pagare, entro un anno dalla omologazione, il credito assistito da privilegio, pegno o ipoteca, salva la previsione della liquidazione del bene sul quale sussiste la causa di prelazione. Stante tale norma, molti tribunali, in passato, hanno dichiarato l’inammissibilità delle proposte contemplanti la prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione principale.
La proposta può prevedere il pagamento parziale e dilazionato anche dei debiti da restituzione derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno (articolo 67, comma 3 del Codice).
In altri termini, qualora, al momento della presentazione della domanda di apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti, il consumatore sia debitore di una frazione del finanziamento ricevuto e, allo stesso tempo, parte dei suoi redditi futuri (quinto dello stipendio, quinto della pensione, trattamento di fine rapporto) sia già stato ceduto al finanziatore stesso, la proposta possa prevedere il pagamento parziale e dilazionato anche di tali debiti; di conseguenza, il finanziatore può continuare ad incassare direttamente i futuri ratei del quinto dello stipendio, della pensione o il trattamento di fine rapporto, ma solo limitatamente all’importo del credito ridotto nella proposta.
Ad esempio, se il credito residuo da finanziamento è di €. 10.000,00 e la proposta prevede il pagamento di tale credito nella misura del 20% (e, quindi, per un ammontare di €. 2.000,00), il finanziatore può continuare ad incassare i ratei futuri del quinto dello stipendio o della pensione o il trattamento di fine rapporto, fino a concorrenza dell’importo massimo di €. 2.000,00; raggiunto questo importo, il quinto dello stipendio o della pensione o trattamento di fine rapporto rientrerà nella disponibilità del consumatore e sarà eventualmente destinato a beneficio degli altri creditori, secondo quanto previsto dalla proposta.
Anche nella ristrutturazione dei debiti del consumatore è consentita la suddivisione dei crediti in classi, analogamente a quanto previsto per il concordato preventivo; il consumatore non è tuttavia obbligato a suddividere i creditori in classi, non essendo applicabili le previsioni di classamento obbligatorie previste nel concordato preventivo (articolo 85, commi 2 e 3 del Codice).
Qualora il consumatore proceda alla suddivisione dei creditori in classi, dovrà comunque rispettare la regola dell’omogeneità della posizione giuridica (ovvero rango prededucibile, privilegiato, chirografario o postergato del credito) e degli interessi economici (relativi alla fonte del credito, ammontare, matura del creditore, epoca di formazione etc.), nel senso che i creditori inseriti nella stessa classe devono avere posizione giuridica e interessi economici omogenei.
Nel caso di suddivisione dei creditori in classi, il consumatore può riservare trattamenti differenti ai creditori delle diverse classi, valutando quale offerta possa essere meglio apprezzata dai creditori delle diverse classi in relazione alle loro caratteristiche ed aspettative. Così ad es. il consumatore può offrire il pagamento in denaro del 50% ad i creditori chirografari di una classe, il pagamento in denaro del 30% ai creditori chirografari di un’altra classe, la soddisfazione mediante datio in solutum di un bene immobile alla classe di creditori privilegiati.
Tuttavia, occorre offrire lo stesso trattamento ai creditori inclusi nella medesima classe, in quanto il principio della par condicio creditorum può essere derogato solo tra creditori di classi diverse. Inoltre, la proposta deve, in ogni caso, rispettare l’ordine delle cause di prelazione tra creditori, data la natura concorsuale della procedura. Occorre quindi rispettare la graduazione tra crediti di rango diverso, offrendo ai creditori di rango superiore un trattamento migliore rispetto a quelli di rango inferiore.
Non è prevista una durata massima del piano ed un termine massimo per i pagamenti in favore dei creditori. La durata del piano dovrà tenere conto della natura delle fonti di approvvigionamento economico, dovendo distinguersi, ad esempio, l’ipotesi in cui il reddito messo a disposizione provenga da un contratto di lavoro a tempo determinato (nel qual caso la durata sarà presumibilmente legata alla scadenza di tale contratto) oppure da un contratto a tempo indeterminato, e così via.
Vi è, però, un limite di durata del piano dei pagamenti rappresentato dalla convenienza per i creditori, che deve essere valutata dal Tribunale; il Tribunale potrebbe infatti ritenere non conveniente per i creditori un piano che preveda percentuali di pagamento maggiori rispetto a quelle dell’alternativa liquidatoria , ma con tempi molto superiori.
2. L’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento
Il consumatore che intenda presentare un piano di ristrutturazione dei debiti deve obbligatoriamente avvalersi dell’ausilio dell’OCC (art. 67, comma 1 del Codice). Gli OCC sono organismi iscritti in un registro tenuto presso il Ministero della giustizia, i quali svolgono una funzione di consulenza del debitore e al contempo di tutela degli interessi della massa dei creditori.
L’OCC riveste infatti, nella procedura di ristrutturazione dei debiti, un triplice ruolo:
- di consulente del debitore (nella fase che precede la presentazione del piano);
- di garante, nei confronti del Tribunale e dei creditori, circa l’attendibilità del piano;
- di ausiliario del Tribunale nella gestione della procedura e nell’esecuzione.
Il consumatore è libero di scegliere uno qualsiasi degli OCC costituiti nel circondario del Tribunale competente per la procedura. Se nel circondario del Tribunale competente non vi è un OCC, i compiti e le funzioni allo stesso attribuiti sono svolti da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti per svolgere le funzioni di curatore o commissario giudiziale, nominati dal presidente del Tribunale competente o da un giudice da lui delegato e individuati, ove possibile, tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi (art. 68, comma 1 del Codice).
Ricevuto l’incarico, l’OCC deve, entro sette giorni, darne notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del consumatore, i quali entro quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti. Questo passaggio preliminare consente di avere contezza, in modo ufficiale, dell’ammontare dei debiti tributari e contributivi, in vista della predisposizione della proposta e del piano, oltre che degli adempimenti connessi.
Ricevuta ed esaminata la documentazione fornita dal consumatore o eventualmente richiesta allo stesso, nonché quella dell’agente della riscossione e degli uffici fiscali, l’OCC deve procedere alla redazione di una relazione particolareggiata, da allegare alla domanda introduttiva, che consente al Tribunale di meglio valutare la meritevolezza del debitore e l’attendibilità dei dati sui quali si fondano la proposta e il piano.
In particolare, la relazione dell’OCC comprende (art. 68, commi 2 e 3 del Codice:
- l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
- l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
- la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda;
- l’indicazione presunta dei costi della procedura;
- l’eventuale attestazione circa il pagamento dei crediti privilegiati in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti oggetto della prelazione;
- l’indicazione se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del consumatore.
Relativamente a quest’ultimo punto, l’OCC nella relazione deve valutare se i finanziatori abbiano tenuto conto, all’atto della concessione del credito, del merito creditizio del debitore in relazione al reddito disponibile del consumatore; quest’ultimo è calcolato deducendo un importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita, individuato come non inferiore al doppio dell’assegno sociale, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al DPCM n. 159/2013 (art. 68, comma 3 del Codice).
La relazione dell’OCC non è una vera e propria relazione di attestazione, come invece previsto nel concordato preventivo, in quanto all’OCC è richiesto di valutare la completezza ed attendibilità della documentazione, non di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, anche se per valutare completezza e attendibilità della documentazione l’OCC deve necessariamente valutare anche la sostanziale correttezza dei dati contabili di partenza (ad es. l’ammontare di attivo e passivo). Il consumatore può, peraltro, chiedere la nomina di un attestatore (art. 65, comma 3 del Codice), costituito da un professionista diverso dall’OCC e che si aggiungerà (non sostituirà) a quest’ultimo.
L’OCC si limita ad esaminare la proposta ed il piano predisposti dal debitore (e dai suoi consulenti) e a redigere la relazione particolareggiata, senza procedere alla redazione della proposta e del piano; tuttavia, è fisiologica una interlocuzione e collaborazione tra OCC e debitore nella fase di predisposizione di proposta e piano.
Dopo il deposito della domanda, l’OCC svolge poi ulteriori compiti di ausilio al Tribunale, anche in funzione informativa dei creditori. Dopo l’omologa sono inoltre attribuiti all’OCC compiti di vigilanza, simili a quelli del commissario giudiziale nel concordato preventivo.
Inoltre, l’OCC ha il potere/dovere di risolvere le eventuali difficoltà e, se necessario, di sottoporle al Tribunale (art. 71, comma 1 del Codice); tali difficoltà possono consistere in dubbi in ordina alla concreta attuazione delle previsioni del piano, oppure in contestazioni in ordine ai pagamenti da effettuare ai creditori, con riferimento all’ammontare o al rango da questi vantati.
Il Tribunale può valutare queste difficoltà ai fini degli eventuali provvedimenti di revoca dell’omologa, ma non ha poteri diretti di incidere su posizioni soggettive di terzi che vantino diritti o pretese nei confronti del debitore. Se quindi, ad es., un creditore anteriore ritenga di essere titolare di un credito di importo maggiore rispetto a quello indicato nella proposta, si dovrà procedere ad un giudizio ordinario di cognizione nel quale sarà un giudice ordinario, nel rispetto del contradditorio, a stabilire ammontare e rango dei crediti.
3. L’avvio del procedimento di ristrutturazione dei debiti: la meritevolezza del consumatore
Alla domanda di ristrutturazione dei debiti devono essere allegati, oltre alla relazione dell’OCC (v. par. 2), i seguenti documenti, che consentono di valutare sinteticamente il valore del passivo da soddisfare e dell’attivo da distribuire, oltre alla condotta pregressa del consumatore (art. 67, comma 2 del Codice):
- l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione;
- la descrizione della consistenza e della composizione del patrimonio;
- l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;
- le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
- l’indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del consumatore e del suo nucleo familiare, con l’indicazione di quanto occorre al mantenimento della sua famiglia.
Ai sensi dell’art. 68, comma 5, del Codice, il mero deposito della domanda sospende, ai soli fini del concorso, il corso degli interessi per i crediti chirografari fino alla chiusura della procedura.
Ricevuta la domanda e gli allegati, il Tribunale deve preliminarmente verificare l’assenza di motivi di inammissibilità. Ai sensi dell’art. 69 del Codice, la domanda di ristrutturazione dei debiti del consumatore è inammissibile se:
- mancano i documenti richiesti;
- è assente il presupposto soggettivo o oggettivo;
- la proposta e il piano sono privi del contenuto minimo o violano norme imperative;
- il consumatore è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte;
- non sia provato (dal consumatore) che questi abbia determinato la propria situazione di sovraindebitamento senza colpa grave, malafede o frode.
Sotto quest’ultimo profilo, il consumatore è immeritevole di accedere alla ristrutturazione dei debiti, in quanto in colpa grave, qualora abbia contratto il proprio indebitamento con una condotta gravemente negligente, tenuto conto del motivo del debito, del suo reddito disponibile attuale e prospettico al momento del sorgere del debito e del suo patrimonio.
Rilevanti a tal proposito sono:
- le motivazioni per cui è stato contratto l’indebitamento: può essere considerato meritevole il consumatore che abbia dovuto indebitarsi per soddisfare bisogni primari propri o della propria famiglia (ad es. casa di abitazione, studi scolastici o universitari, spese mediche, etc.), non invece il consumatore che abbia stipulato finanziamenti insostenibili per mantenere un tenore di vita particolarmente agiato (ad es. viaggi in località esotiche, auto di lusso);
- le cause del sovraindebitamento: può essere considerato meritevole il consumatore sovraindebitato per cause sopravvenute e non dipendenti dalla sua volontà (ad es. licenziamento, separazione, malattia, inadempimento di conduttori morosi, ecc.) non il consumatore sovraindebitato per cause prevedibili (ad es. a seguito della riduzione del reddito da lavoro autonomo, o della cessazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato).
La meritevolezza del consumatore è altresì assente qualora questi abbia assunto obbligazioni essendo consapevole, oppure avendo la ragionevole previsione, secondo un parametro di diligenza media, dell’impossibilità di adempierle; tali obbligazioni possono riguardare, in modo particolare, anche un ricorso al credito non proporzionato alle capacità patrimoniali del consumatore. Spesso, del resto, il ricorso al credito è frutto di una incapacità di gestione del proprio patrimonio da parte del consumatore, vuoi per ignoranza, vuoi per situazioni patologiche quali la ludopatia, ovvero per sfuggire a fenomeni di usura.
A tal proposito, la giurisprudenza ha ritenuto che:
- qualora il consumatore avrebbe potuto rendersi conto autonomamente che la sottoscrizione di un contratto di finanziamento avrebbe condotto il medesimo ad uno stato di sovraindebitamento (ad es. mediante una semplice operazione aritmetica circa il calcolo delle rate assunte), tale condotta integra un comportamento colpevole ed imprudente, con conseguente immeritevolezza del consumatore;
- qualora il consumatore, per far fronte alle spese, continui a sottoscrivere contratti di finanziamento, aumentando il proprio debito a dismisura (c.d. “finanziamenti a catena”), tale pratica non è meritevole di tutela in quanto denota l’assenza di prudenza e diligenza nell’assunzione di obbligazioni.
Recentemente la Cassazione, con sentenza n. 27843/2022, ha ritenuto la S.C. ha ritenuto che la prova dei requisiti per l’accesso alla procedura grava sull’istante, al quale compete, dunque, l’onere di dimostrare sia di essersi indebitato con la ragionevole prospettiva di poter adempiere le obbligazioni assunte, sia di aver fatto ricorso al credito in misura proporzionata alle proprie capacità patrimoniali, e di essere stato, quindi, impossibilitato a fronteggiare il debito assunto a causa di eventi sopravvenuti e a sé non imputabili.
Sempre ai fini della valutazione della meritevolezza del consumatore, la condotta di quest’ultimo deve essere valutata non isolatamente, ma in rapporto a quella dei creditori; quando infatti vi sia stato il concorso del creditore che abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento del consumatore, quest’ultimo non potrà essere considerato in colpa grave.
In particolare, qualora il creditore abbia concesso un finanziamento senza considerare il merito creditizio del consumatore, questa condotta può essere stata idonea a creare o rafforzare l’affidamento del consumatore sulla idoneità del proprio reddito a far fronte alle rate del finanziamento, escludendone la negligenza.
Si noti che, ai sensi dell’art. 69, comma 2 del Codice, il creditore che abbia colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento, o che abbia violato i principi di cui all’art. 124-bis del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario) – ovvero non abbia valutato il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate fornite dal consumatore stesso e, ove necessarie, ottenute attraverso la consultazione di banche dati- non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta.
Nel silenzio della legge, la giurisprudenza prevalente ritiene che il decreto del Giudice che dichiari l’inammissibilità della domanda è reclamabile.
Se il Tribunale ritiene ammissibile la domanda, dispone con decreto che proposta e piano siano pubblicati in apposita area del sito web del Tribunale o del Ministero della giustizia e che, a cura dell’OCC ne sia data comunicazione, entro trenta giorni, a tutti i creditori (art. 70, comma 1 del Codice).
Nei venti giorni successivi alla comunicazione ogni creditore può presentare osservazioni, di vario genere, da trasmettere all’OCC (art.70, comma 3 del Codice): ad es., il creditore può limitarsi ad indicare l’ammontare ed il rango del proprio credito (soprattutto se non condivida la quantificazione operata dal consumatore nell’elenco allegato alla domanda), oppure può contestare l’ammontare e il rango di altri creditori, o ancora può contestare l’ammissibilità della domanda. L’osservazione rappresenta anche lo strumento per veicolare nel giudizio di omologazione la contestazione sulla convenienza della proposta ed in tal vaso il Tribunale è chiamato a valutare se il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria.
L’OCC deve valutare le osservazioni e, nei dieci giorni successivi alla scadenza per la formulazione delle osservazioni stesse, sentito il consumatore, ne deve riferire al Tribunale e proporre le eventuali modifiche al piano ed alla proposta che ritenga necessarie, per superare le eventuali criticità emerse o tenere conto degli eventuali nuovi elementi pervenuti (art. 70, comma 6 del Codice). La decisione circa la modifica o meno del piano e della proposta compete, tuttavia, solo al consumatore, anche se, nel caso in cui l’OCC lo inviti alla modifica e questi non aderisca all’invito, è probabile che poi il Tribunale rigetti l’omologazione.
4. Gli effetti dell’apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti
Il decreto di apertura della procedura di ristrutturazione dei debiti può determinare effetti nei confronti del consumatore e dei creditori.
Per quanto riguarda il consumatore, con il decreto di apertura, il Tribunale, su istanza del debitore, può disporre il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati (art. 70, comma 4 del Codice). In tal caso, il consumatore può compiere liberamente i soli atti di ordinaria amministrazione, mentre è necessaria l’autorizzazione del giudice per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione.
Qualora il consumatore realizzi un atto di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del Tribunale, tale atto:
- è inefficace nei confronti dei creditori;
- integra gli estremi di un atto in frode dei creditori, in quanto diretto ad arrecare pregiudizio alle prospettive di soddisfacimento dei creditori; con la conseguenza che il Tribunale può disporre la revoca delle misure protettive del patrimonio del debitore (art. 70, comma 5 del Codice) e anche la revoca della stessa ammissione alla procedura di ristrutturazione dei debiti (in quest’ultima ipotesi, su istanza di un creditore o del pubblico ministero, il Tribunale può altresì dichiarare l’apertura della liquidazione controllata).
Per quanto riguarda i creditori, ai sensi dell’art. 70, comma 4 del Codice, il Tribunale, su istanza del consumatore, può disporre alcune misure protettive del patrimonio del consumatore, le quali durano fino alla conclusione del procedimento (ovvero fino all’omologa). In particolare, il Tribunale può disporre:
- la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano;
- il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore;
- altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori (ad es. il divieto di acquisto dei diritti di prelazione sul patrimonio del debitore , o la sospensione dei contratti pendenti).
Inoltre, dal deposito della domanda si produce automaticamente la sospensione, ai soli effetti del concorso, del corso degli interessi convenzionali o legali per i crediti chirografari fino alla chiusura della procedura (art. 89, comma 5 del Codice).
5. L’omologazione della ristrutturazione dei debiti
Nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, come accennato, non vi è la fase dell’approvazione dei creditori, i quali possono solo inviare le loro osservazioni all’OCC. Dopo l’apertura e una volta che l’OCC abbia riferito al Tribunale sulle osservazioni ricevute dai creditori, si apre direttamente la fase dell’omologazione. In questa fase, il Tribunale deve verificare:
- la sussistenza del presupposto soggettivo e oggettivo;
- l’esistenza delle condizioni previste (ad es. la meritevolezza del consumatore);
- la regolarità della procedura rispetto delle regole del procedimento di concordato;
- l’ammissibilità della proposta, intesa come rispetto dei vincoli imperativi nel contenuto della proposta;
- la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inidoneità dello stesso al raggiungimento degli obiettivi previsti.
L’omologazione della ristrutturazione dei debiti del consumatore produce effetti:
- nei confronti dei creditori, in quanto per effetto dell’omologazione la loro pretesa creditoria viene conformata secondo i termini e le condizioni previsti dalla proposta, sostituendosi alla obbligazione originaria la nuova obbligazione oggetto della proposta omologata, diversa per natura, importo, tempistica di adempimento;
- nei confronti del debitore, in quanto produce la c.d. esdebitatazione, liberandolo dai debiti nei confronti di tutti i creditori anteriori, con sostituzione del suo originario debito con la nuova obbligazione oggetto della proposta.
Con l’omologa della ristrutturazione dei debiti, pertanto, il consumatore non è più obbligato per l’importo originario del debito, ma per il diverso (e presumibilmente inferiore) importo promesso con la proposta, il cui adempimento lo libera da tuti i debiti anteriori. Ad es., se un consumatore aveva, prima della presentazione della proposta di ristrutturazione dei debiti, un debito complessivo di €. 400.000,00, e un attivo annuale (rappresentato dalla proprietà di un immobile) di €. 50.000,00, conseguibili in venti anni, mettendo a disposizione dei creditori con la proposta complessivamente l’importo di €. 200.000,00, egli con l’omologa si libera di un debito complessivo attuale di €. 400.000,00.
6. Esecuzione, revoca dell’omologazione e conversione della procedura di ristrutturazione dei debiti
Con la sentenza di omologazione e di chiusura della procedura si avvia la fase di esecuzione del piano di ristrutturazione dei debiti, in cui si deve dare attuazione al piano omologato, provvedendo al compimento degli atti previsti nel piano ed ai pagamenti o alle altre forme di soddisfazione a favore dei creditori previste nella proposta (art. 71, comma 1 del Codice).
Ai sensi dell’art. 71, comma 1 del Codice, il compito di dare esecuzione al piano omologato compete al debitore, sotto il controllo dell’OCC. È il debitore, quindi, a dover compiere ogni atto necessario a dare esecuzione al piano omologato (ad es. la vendita beni, il pagamento in favore dei creditori, etc.), mentre all’OCC compete solo un compito di vigilanza circa l’esatto adempimento del concordato.
Anche se l’esecuzione del piano omologato compete al debitore, si tratta di un’attività compiuta nell’interesse dei creditori, ai quali spetta il ricavato utile di questa attività. Pertanto, il debitore deve osservare alcuni obblighi ai fini del corretto adempimento del piano.
In particolare, ai sensi dell’art. 71, comma 1 del Codice, le vendite e le cessioni, se previste dal piano, devono essere effettuate dal debitore tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sotto il controllo e con la collaborazione dell’OCC, sulla base di stime condivise con quest’ultimo, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.
Qualora la vendita o la cessione sia stata effettuata nel rispetto delle previsioni di legge e del piano, il Tribunale, dopo aver sentito l’OCC e verificata la conformità dell’atto dispositivo al piano, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, della trascrizione dei pignoramenti, dei sequestri conservativi nonché di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione della sentenza di omologazione (cd. effetto purgativo: art. 71, comma 2 del Codice).
Ai sensi dell’art. 71, comma 3 del Codice, eventuali pagamenti ed atti dispositivi dei beni posti in essere dal debitore in violazione del piano sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è eseguita la pubblicità.
Se l’esecuzione del piano procede e termina regolarmente, l’OCC, sentito il consumatore, presenta al Tribunale una relazione finale. Il Tribunale, se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, procede alla liquidazione del compenso all’OCC, tenuto conto di quanto eventualmente convenuto dall’organismo con il consumatore, e ne autorizza il pagamento (art. 71, comma 4 del Codice). Con questo provvedimento cessano i poteri di controllo dell’OCC e il consumatore non è più soggetto a vigilanza, avendo adempiuto i propri obblighi.
Se, invece, il piano non è stato integralmente e correttamente eseguito, il Tribunale indica gli atti necessari per l’esecuzione del piano ed un termine per il loro compimento; se le prescrizioni non sono adempiute nel termine indicato dal Tribunale, questi revoca l’omologazione (art. 71, comma 5 del Codice).
Il Tribunale revoca altresì l’omologazione:
- qualora il piano sia divenuto inattuabile (ad es. se il consumatore è stato licenziato, così da non poter più assicurare i flussi finanziari previsti, o se il valore di mercato dell’immobile destinato alla vendita diminuisce sensibilmente) e non sia possibile modificarlo (art. 72, comma 2 del Codice);
- quando sia stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevate dell’attivo ovvero dolosamente simulate attività insistenti o se risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (art. 72, comma 1 del Codice).
Il Tribunale provvede sulla revoca dell’omologazione d’ufficio o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il consumatore. La domanda di revoca non può essere proposta e l’iniziativa da parte del Tribunale non può essere assunta decorsi sei mesi dalla presentazione della relazione finale.
Ai sensi dell’art. 72, comma 5 del Codice, la sentenza d revoca, così come il decreto che ne rigetta la richiesta, sono reclamabili innanzi alla corte di appello.
Per effetto della revoca dell’omologa, viene meno l’effetto esdebitatorio di cui il consumatore beneficia in ragione dell’omologazione e rivivono le obbligazioni originarie che erano state stralciate, dilazionate o modificate con l’omologa.
In tal caso si ripresenta quindi la situazione di sovraindebitamento del consumatore; questi può chiedere la conversione della procedura di ristrutturazione dei debiti in liquidazione controllata. Se la revoca consegue ad atti di frode o ad inadempimento, la conversione può essere proposta anche dai creditori (art. 73 del Codice).
In caso di apertura della liquidazione controllata restano tuttavia fermi gli atti compiuti in esecuzione del piano omologato e non sono pregiudicati i diritti acquistati in buona fede (art. 72, comma 6 del Codice). Se quindi, ad esempio, il piano omologato prevedeva la vendita di un immobile di proprietà del debitore e, nel corso dell’esecuzione, la vendita è stata effettuata in conformità delle previsioni del piano, la successiva revoca dell’omologazione non travolge la vendita. Analogamente, i pagamenti effettuati in favore dei creditori durante l’esecuzione del piano non sono ripetibili, e non devono essere restituiti se percepiti in buona fede.
7. La procedura di ristrutturazione dei debiti
La procedura di ristrutturazione dei debiti può essere presentata in modo unitario da più membri della stessa famiglia (art. 66 del Codice). È consentito, infatti, ai membri di una stessa famiglia di presentare un’unica domanda di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, che coinvolge tutti i membri della famiglia che ne abbiano fatto richiesta. La procedura unitaria di ristrutturazione dei debiti permette una più efficiente gestione della complessiva situazione di sovraindebitamento.
L’accesso ad una procedura familiare non è comunque un obbligo, in quanto i membri della stessa famiglia in possesso del presupposto soggettivo e oggettivo restano liberi di non utilizzare questa facoltà e di presentare eventuali domande separate.
Anche quando si apre un’unica procedura di ristrutturazione dei debiti per i vari membri della stessa famiglia, questi ultimi rimangono, peraltro, soggettivamente distinti, e le rispettive masse attive e passive restano distinte (art. 66, comma 3 del Codice): ogni membro della famiglia ammesso alla procedura unitaria deve quindi soddisfare i propri creditori con il proprio attivo ed i creditori di ciascun membro della famiglia possono soddisfarsi solo sul patrimonio messo a loro disposizione dal debitore nei confronti del qual vantano ragioni creditorie.
I presupposti soggettivi e oggettivi per l’apertura della procedura familiare restano gli stessi previsti per la procedura “atomistica”, in quanto compatibili. Pertanto, la procedura familiare non può essere proposta dalle start- up innovative, o da enti, associazioni o, in generale, da soggetti giuridici diversi da persone fisiche, potendo solo le persone fisiche essere membri della famiglia.
Ciò premesso, è necessario che tutti i singoli membri della famiglia che presentano la domanda integrino il presupposto soggettivo per accedere alla procedura e che ciascuno di essi versi in situazione di sovraindebitamento. Se pertanto non tutti i membri della famiglia sono consumatori, non è possibile accedere alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, ma solo al concordato minore (anche per i membri consumatori).
L’ammissione ad una procedura familiare è subordinata alla presenza di almeno una di queste due condizioni (art. 66, comma 2 del Codice):
- deve trattarsi di membri della stessa famiglia (coniuge, parenti entro il quarto grado, affini entro il secondo, parti dell’unione civile e conviventi di fatto di cui alla L. n. 76/2016) conviventi (che cioè condividono lo stesso domicilio e/o residenza);
- se non conviventi, il sovraindebitamento deve avere origine comune, nel senso di essere causato dai medesimi debiti. L’origine comune dell’indebitamento ha una latitudine estea; vi rientrano tanto il frequente caso dei congiunti coobbligati per sottoscrizione del mutuo per la casa o di un finanziamento per i bisogni della famiglia, quanto la fattispecie in cui l’uno abbia assunto le vesti di fideiussore dell’altro.
La procedura familiare di ristrutturazione dei debiti si apre con il deposito della domanda di accesso innanzi al Tribunale competente. Nel caso in cui tutti i membri della stessa famiglia siano conviventi, il Tribunale sarà necessariamente quello in cui tutti hanno fissato la propria residenza o domicilio (art. 27, comma 3, lett. b del Codice). Nel caso in cui tutti i membri della stessa famiglia non siano conviventi ed abbiano residenza o domicilio in circondari diversi di Tribunale, è rimessa ai debitori la scelta di uno tra i vari tribunali astrattamente competenti.
I membri della stessa famiglia devono presentare un’unica domanda, corredata di tutta la documentazione prevista. La proposta di ciascuno, intesa come offerta e impegno che il debitore propone ai propri creditori, è invece autonoma e differenziata, in quanto deve essere rivolta in modo esclusivo ai propri creditori e basata sul proprio attivo, non essendo possibile confondere le masse attive e le masse passive. Così, ad es., se la procedura familiare viene avanzata da marito, moglie e figlio maggiorenne, unica sarà la domanda introduttiva e la documentazione allegata, ma differenziata sarà la proposta di ciascuno: il marito potrà proporre la soddisfazione dei creditori nella misura del 20%; la moglie nella misura del 30% ed il figlio maggiorenne nella misura del 50%, tenendo conto ciascuno del proprio attivo e del proprio passivo.
L’apertura della procedura avviene necessariamente per tutti i membri della famiglia, ed eventuali elementi ostativi per un singolo membro determinino l’inammissibilità del ricorso con riferimento all’intera procedura e, quindi, per tutti i membri della famiglia. Viene sempre nominato un unico OCC, il cui compenso dovrà poi essere ripartito tra i membri della famiglia in modo proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno.
Per tutto quanto non specificamente previsto, trova applicazione nella procedura di ristrutturazione dei debiti familiare la disciplina dettata per la procedura di ristrutturazione dei debiti singola.
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Avv. Valerio Pandolfini
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