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concordato minore

Il concordato minore del sovraindebitato

28 Marzo 2023/in News, Ristrutturazione azienda

Il concordato minore è una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, disciplinata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs n. 14/2019), a carattere volontario, cui non possono accedere i consumatori, basata su una proposta di soddisfacimento dei crediti formulata dal debitore, che viene sottoposta alla valutazione dei creditori ed alla valutazione del Tribunale. Essa consente, come le altre procedure di sovraindebitamento, al debitore di ottenere, entro determinati limiti, l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti pregressi. È una procedura simile al concordato preventivo, la cui disciplina si applica in quanto compatibile.

Indice

1. Natura e finalità del concordato minore; concordato in continuità e liquidatorio

Il concordato minore è una procedura di sovraindebitamento, disciplinata dal D. Lgs n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, di seguito il “Codice”), entrato in vigore il 15 luglio 2022, la quale si fonda su una proposta formulata dal debitore (che non può essere un consumatore), la quale viene sottoposta prima all’approvazione dei creditori e, una volta approvata, all’omologazione da parte del Tribunale.

La finalità del concordato minore è quella di consentire il superamento della situazione di sovraindebitamento del debitore, sulla base di una proposta di sistemazione che assicuri i creditori un soddisfacimento non inferiore rispetto all’alternativa liquidatoria. Si tratta quindi di un beneficio concesso al debitore – il quale in questo modo può cercare di evitare la liquidazione controllata o le procedure esecutive individuali – che tuttavia non deve arrecare un pregiudizio ai creditori.

Il procedimento del concordato minore si articola in tre fasi:

  • la proposta formulata dal debitore;
  • l’approvazione da parte dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti;
  • l’intervento del Tribunale, volto a verificare la regolarità nello svolgimento del procedimento ed il rispetto delle norme imperative. 

La struttura del concordato minore è molto simile a quella del concordato preventivo; per tale motivo, l’art. 74, comma 4 del Codice prevede che si applicano al concordato minore le norme dettate per il concordato preventivo, in quanto compatibili.

Analogamente al concordato preventivo, sono previste due tipologie di concordato minore:

  • il concordato minore in continuità – che costituisce l’ipotesi prelevante e incentivata dal legislatore – il quale prevede la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale del debitore (art. 74, comma 1 del Codice); la continuità può essere diretta, in capo allo stesso debitore, oppure indiretta, attraverso la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di un soggetto diverso dal debitore (per effetto di cessione, usufrutto, affitto o conferimento in azienda);
  • il concordato minore liquidatorio, nel quale non è prevista la prosecuzione dell’attività, ma la mera liquidazione dei beni; tale tipo di concordato è tuttavia ammesso solo quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori (art. 74, comma 2 del Codice), come rimesso al prudente apprezzamento del Tribunale; ciò in quanto, altrimenti, si risolverebbe in un inutile appesantimento di costi e di tempi rispetto all’esecuzione individuale o alla liquidazione controllata, non conseguente pregiudizio per i creditori.

La proposta del debitore può, peraltro, prevedere una parte di concordato in continuità (prosecuzione, diretta o indiretta dell’attività) ed un’altra di tipo liquidatorio (con dismissione di una parte dei beni); in tal caso, il concordato è qualificabile comunque in continuità, anche qualora i creditori vengano soddisfatti in misura non prevalente dal ricavato della continuità aziendale diretta e indiretta.

2. Domanda, piano e proposta di concordato minore

Il debitore che intenda accedere al concordato minore deve presentare una domanda, alla quale vanno, allegati, tra l’altro, il piano e la proposta.

Il piano contiene l’indicazione dei tempi e delle modalità di adempimento; in caso di concordato con continuità aziendale, il piano deve avere carattere non solo finanziario, ma anche industriale, dovendo contenere un esame dei costi e ricavi prospettici, nonché una serie di indicazioni sulle attività future che si andranno a svolgere, tenendo conto del mercato di riferimento e esplicitando le ragioni di discontinuità rispetto alla gestione pregressa.

Sulla base delle previsioni del piano, il debitore formula la proposta, ovvero l’offerta rivolta ai creditori con la quale indica cosa viene offerto agli stessi; il contenuto della proposta è libero, analogamente alla proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore.

Nel concordato minore è espressamente consentita, a scelta del debitore, la suddivisione dei creditori in classi, con la previsione di soddisfacimenti differenziati tra i creditori delle diverse classi (artt. 74, comma 3 e 76, comma 2 del Codice). Le classi devono essere formate nel rispetto del requisito della omogeneità di disposizione giuridica e interessi economici – analogamente a quanto avviene nella ristrutturazione dei debiti – ed all’interno della stessa classe i creditori devono ricevere lo stesso trattamento.

La suddivisione dei creditori in classi è obbligatoria per il debitore nei seguenti casi:

  • per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi (art. 74, comma 3 del Codice); ad es., se un creditore è garantito da una fideiussione prestata da un terzo, deve obbligatoriamente inserito in una classe separata rispetto agli altri creditori privi di garanzia, perché la sua posizione economica è diversa, in ragione della garanzia che assiste il suo credito e che gli consente di ottenere dal garante quanto non otterrà dal debitore con il concordato minore;
  • quando il concordato minore è in continuità;
  • quando il concordato minore è liquidatorio, se sono presenti creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l’integrale pagamento, oppure se i creditori vengono soddisfatti anche in pare con utilità diverse dal pagamento in danaro.

Ai sensi dell’art. 75, comma del Codice, analogamente a quanto previsto nella ristrutturazione dei debiti del consumatore (e anche nel concordato preventivo), i crediti minuti di privilegio, pegno e ipoteca possono essere soddisfatti non integralmente, sempre che ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dall’ OCC.

In caso di concordato minore con continuità, se il credito ipotecario o pignoratizio ha ad oggetto beni strumentali all’esercizio dell’impresa (ad es. il capannone in cui è svolta l’attività), la proposta può prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il Tribunale lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data; ciò a condizione che l’OCC attesti anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori (art. 75, comma 3 del Codice).

Pertanto, il debitore può continuare ad adempiere al piano di ammortamento delle rate di mutuo già convenuto prima della domanda di concordato – piano che normalmente prevede una tempistica molto più lunga rispetto a quella consentita nei piani di concordato – a condizione che la proposta preveda la continuazione dell’attività.

Analogamente a quanto previsto per concordato preventivo, anche i crediti tributari e previdenziali, se privilegiati, devono ricevere il trattamento minimo garantito previsto per tutti i crediti privilegiati e, nel caso di pagamento parziale, devono essere obbligatoriamente inclusi in una classe separata.

E’ applicabile al concordato minore la norma di cui all’art. 88 comma 1 del Codice, in forza della quale se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria.

Se poi il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, anche a seguito di degradazione per incapienza, il trattamento non può essere diverso rispetto a quello degli altri crediti chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei crediti rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.

Anche nel concordato minore opera il divieto di alterare l’ordine delle cause di prelazione, che si traduce nel dovere di rispettare la graduazione tra crediti di rango diverso, offrendo ai creditori di rango superiore un trattamento necessariamente migliore rispetto a quelli di rango inferiore, analogamente a quanto previsto per la ristrutturazione dei debiti.

3. L’avvio del procedimento di concordato minore

La domanda di concordato minore deve essere presentata presso il Tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali, individuato secondo i criteri dettati dall’art. 27 del Codice.

Ai sensi dell’art. 75, comma 1 del Codice, alla domanda di apertura della procedura devono essere allegati i seguenti documenti:

  • il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attività ha avuto minor durata;
  • una relazione aggiornata sulla situazione economico, patrimoniale e finanziaria;
  • l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute, e comprensivo dell’indicazione del domicilio digitale dei creditori che ne sono muniti;
  • gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;
  • la documentazione relativa a stipendio, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.

Il debitore deve essere assistito da un difensore tecnico (avvocato) e, come nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, deve obbligatoriamente essere assistito anche da un OCC costituito nel circondario del Tribunale competente, o se nel circondario del Tribunale competente non vi è un OCC , da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti per essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore o di commissario giudiziale, nominati dal presidente del Tribunale competente o da un giudice da lui delegato, individuati, ove possibile, tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi (art. 76, comma 1 del Codice).

Anche in questa procedura l’OCC ricopre il ruolo per un verso consulente del debitore e per l’altro di garante dell’attendibilità del piano, essendo chiamato a svolgere contemporaneamente funzioni che nel concordato preventivo spetterebbero al professionista che assiste l’imprenditore nella redazione del piano, al professionista attestato ed al commissario giudiziale.

Anzitutto, l’OCC, entro sette giorni dal venuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, deve darne notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, i quali entro quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti.

Dopo aver esaminato la documentazione fornita dal debitore, dall’agente della riscossione e dagli uffici fiscali, l’OCC deve procedere alla redazione di una relazione particolareggiata, da allegare alla domanda introduttiva, la quale comprende (art. 76, comma 2 e 3 del Codice):

  • l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  • l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  • l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  • la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, nonché sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria;
  • l’indicazione presumibile dei costi della procedura;
  • la percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori;
  • l’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste della proposta;
  • l’indicazione se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio.

Sulla diversità tra la relazione dell’OCC e la relazione di attestazione, e sul rapporto tra debitore e OCC nella fase precedente al deposito della domanda, si rinvia a quanto esposto per la ristrutturazione dei debiti del consumatore.

4. L’avvio del procedimento di concordato minore

La domanda di concordato minore deve essere presentata dal debitore presso il Tribunale nel cui circondario lo stesso ha il centro degli interessi principali, individuato secondo criteri dettati dall’art. 27 del Codice.

Alla domanda di apertura della procedura devono essere allegati i seguenti documenti (art. 75, comma 1 del Codice):

  • il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attività ha avuto minor durata;
  • una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria;
  • l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute, e comprensivo dell’indicazione del domicilio digitale dei creditori che ne sono muniti;
  • gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;
  • la documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.

Il debitore deve essere assistito da un difensore tecnico (avvocato) e, come nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, deve essere assistito anche da un OCC costituito nel circondario del Tribunale competente. Se nel circondario del tribunale competente non vi è un OCC, i compiti e le funzioni allo stesso attribuiti sono svoli da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti per essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore o di commissario giudiziale, nominati dal presidente del Tribunale competente o da un giudice da lui delegato, individuati, ove possibile, tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi (art. 76, comma 1 del Codice).

Anche in questa procedura, come in quella nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, l’OCC ricopre il duplice ruolo di consulente del debitore e di garante dell’attendibilità del piano.

L’OCC, entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, deve darne notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli entri locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, i quali entro quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti.

Dopo aver esaminato la documentazione fornita dal debitore, dell’agente della riscossione e dagli uffici fiscali, l’OCC deve procedere alla redazione di una relazione particolareggiata, da allegare alla domanda introduttiva, che, ai sensi dell’art. 76, commi 2 e 3 del Codice, comprende:

  • l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  • l’esposizione delle regioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  • l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  • la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, nonché sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria;
  • l’indicazione presumibile dei costi della procedura;
  • la percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori;
  • l’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta;
  • l’indicazione se il soggetto finanziatore ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio.

Sulla diversità tra la relazione dell’OCC e la relazione di attestazione e sul rapporto tra debitore e OCC nella fase precedente rispetto al deposito della domanda, si rinvia a quanto osservato per la ristrutturazione dei debiti del consumatore.

Ricevuta la domanda e gli allegati, il tribunale in composizione monocratica deve verificare l’assenza di motivi di inammissibilità. Ai sensi dell’art. 77 del Codice, la domanda di concordato minore è inammissibile:

  • se mancano i documenti richiesti;
  • se è assente il presupposto soggettivo o oggettivo;
  • se la proposta e il piano sono privi del contenuto minimo o violano norme imperative;
  • se il debitore è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte;
  • se risultano commessi atti in frode ai creditori nel periodo antecedente il deposito della domanda.

Se il Tribunale ritiene ammissibile la domanda, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo, nel quale, ai sensi dell’art. 78, comma 2 del Codice:

  • dispone la pubblicazione del decreto mediante inserimento in apposita area del sito web del Tribunale o del Ministero della giustizia e nel registro delle imprese se il debitore svolge attività d’impresa;
  • ordina, ove il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti;
  • assegna ai creditori un termine non superiore a trenta giorni entro il quale devono fare pervenire all’OCC, a mezzo posta elettronica certificata o di altro servizio elettronico di recapito certificato, la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni;
  • dispone sull’eventuale istanza di sospensione delle azioni esecutive e cautelari.

Con il decreto di apertura, il giudice nomina il commissario giudiziale perché svolga, a partire da quel momento, le funzioni dell’OCC se:

  • è stata disposta la sospensione generale delle azioni esecutive individuali e la nomina appare necessaria per tutelare gli interessi delle parti;
  • è proposta domanda di concordato in continuità aziendale;
  • la nomina è richiesta dal debitore.

Il decreto, a cura dell’OCC, deve essere comunicato a tutti i creditori, unitamente alla proposta, per consentire di poter valutare il contenuto dell’offerta lor rivolta dal debitore e decidere se prestare o meno adesione.

5. Gli effetti del concordato minore

A seguito dell’apertura della procedura, il debitore può compiere liberamente i soli atti di ordinaria amministrazione, mentre è necessaria l’autorizzazione del Tribunale per gli atti di straordinaria amministrazione (cd. spossessamento attenuato: art. 78, comma 5 del Codice). Nel periodo tra il deposito della domanda ed il decreto di apertura della procedura, il debitore deve astenersi da condotte incompatibili con le previsioni contenute nella proposta e nel piano di concordato o che possano, comunque, pregiudicare i creditori.

Dopo il decreto di apertura e durante la procedura di concordato minore, quindi, il debitore conserva la gestione della propria attività d’impresa o professionale, sia pure sotto la vigilanza dell’OCC o, se nominato, dal commissario giudiziale, potendo compiere gli atti di ordinaria amministrazione senza necessità di autorizzazioni.

Qualora invece il debitore compia atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del Tribunale, tali atti:

  • sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori all’apertura della procedura;
  • se ritenuti in frode ai creditori, il Tribunale può disporre la revoca dell’ammissione al concordato minore e, su istanza di un creditore, dichiarare l’apertura della liquidazione controllata.

Con il decreto di apertura, Il Tribunale, su istanza del debitore, può vietare ai creditori anteriori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, ottenere sequestri conservativi e acquistare diritti di prelazione (ad es. ipoteca legale o giudiziale), sul patrimonio del debitore, fino a quando il provvedimento di omologazione diventa definitivo (art. 78, comma 2, lett. d del Codice).

Se invece il debitore non chiede la sospensione o se il Tribunale non la conceda, i creditori anteriori possono avviare o proseguire azioni individuali anche durante la procedura; peraltro, in tal caso la procedura difficilmente potrà utilmente proseguire, in quanto il patrimonio del debitore diventa esposto alle singole azioni dei creditori e viene lesa la par condicio creditorum.

Dopo l’omologa, possono essere avviate azioni esecutive o cautelari, ma i creditori anteriori possono  agire solo nei limiti della percentuale concordataria, a condizione che il debitore resti inadempiente rispetto alle nuove obbligazioni assunte con la proposta omologata.

Ai sensi dell’art. 76, comma 5 del Codice, il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della procedura per i crediti chirografari, mentre i crediti privilegiati continuano a produrre interessi. I crediti pecuniari, inoltre, si considerano scaduti, ai fini del concorso, alla data di apertura della procedura.

I contratti pendenti – in applicazione analogica della disciplina del concordato preventivo (art. 97 del Codice) – come regola generale proseguono anche durante la procedura di concordato minore, tranne il caso in cui il debitore ne chieda al Tribunale la sospensione o lo scioglimento, a partire dal deposito della domanda, se la loro prosecuzione non sia coerente con le previsioni del piano né funzionale alla sua esecuzione. Qualora sia autorizzata la sospensione o lo scioglimento, la controparte contrattuale avrà diritto ad un indennizzo – equivalente al risarcimento del danno per inadempimento – il cui importo dovrà essere quantificato dal debitore, e di cui si terrà conto nel piano.

Nessun effetto produce, invece, l’apertura della procedura di concordato minore sugli atti pregiudizievoli ai creditori.

6. Il voto dei creditori in ordine alla proposta di concordato minore

La proposta di concordato minore, dopo il controllo del Tribunale in sede di apertura, è sottoposta ai creditori, che devono decidere se approvarlo o meno. Ai sensi dell’art. 79 del Codice, il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei creditori ammessi al voto. La decisione della maggioranza vincola tutta la massa dei creditori; anche i creditori dissenzienti subiscono gli effetti della decisione maggioritaria e sono vincolati dalla stessa.

La base di calcolo per il raggiungimento dell’accordo è costituita dall’ammontare dei crediti aventi diritto di esprimersi sulla proposta, senza alcun riferimento al dato numerico del numero dei creditori; si tratta quindi di una maggioranza per crediti e non per testi.

Tuttavia, in deroga a tale principio, quando un unico creditore è titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato minore è approvato se, oltre alla maggioranza per crediti, ha riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto (art. 79, comma 1 del Codice). In questo modo, i creditori di minoranza possono influire sul processo deliberativo, in presenza di un unico creditore già in grado di raggiungere la maggioranza assoluta dei voti.

Quando sono state formate diverse classi di creditori (come avviene sempre nel concordato minore con continuità e in talune ipotesi anche nel concordato minore liquidatorio), il concordato minore è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto è raggiunta anche nel maggior numero di classi (c.d. doppia maggioranza: art. 79, comma 1 del Codice). Nel caso di concordato minore in continuità, tuttavia, è richiesto il voto favorevole dell’unanimità delle classi, salva la possibilità di chiedere la ristrutturazione trasversale in presenza di una o più classi dissenzienti (v. par. 7).

Sono ammessi al voto i creditori chirografari anteriori, cioè aventi titolo o causa anteriori alla pubblicità del decreto di apertura della procedura.

I creditori privilegiati (muniti di privilegio, pegno o ipoteca) invece non sono computati al fine del raggiungimento delle maggioranze e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, ad esclusione del caso in cui ricorra alternativamente una di queste due condizioni (art. 79 del Codice):

  • la proposta non preveda l’integrale pagamento dei crediti privilegiati (cioè non ne preveda il pagamento per intero, in denaro e senza dilazioni di pagamento); in tal caso, il creditore privilegiato è equiparato al creditore chirografario per la parte residua e viene ammesso al voto unicamente per questa parte;
  • il creditore rinuncia in tutto o in parte al diritto di prelazione, ai fini della votazione; in tal caso, la parte di credito oggetto di rinuncia alla prelazione è parificata ad un credito chirografario, salvo riprendere la sua natura di privilegio (con conseguente inefficacia della rinuncia) in caso di mancata approvazione dell’accordo, mancata omologazione o revoca.

Non sono inoltre ammessi al voto e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza (art. 79, comma 2 del Codice):

  • il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore;
  • i parenti e affini del debitore entro il quarto grado;
  • la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune di controllo;
  • i cessionari o aggiudicatari dei crediti delle società controllanti, controllate e sottoposte a comune controllo da meno di un anno prima della domanda;
  • tutti i creditori in conflitto di interesse, ovvero portatori, per conto proprio o di terzi, di un interesse ad un vantaggio particolare da conseguirsi mediante il concordato, non condiviso dagli altri creditori e fondato non sulla partecipazione al concorso, ma su una situazione esterna del creditore.

I creditori ammessi al voto possono far prevenire all’OCC, la dichiarazione di adesione (voto favorevole) o non adesione (voto contrario) entro il termine non superiore a trenta giorni dalla pubblicazione del decreto di apertura, eventualmente prorogato dal Tribunale in presenza di giustificati motivi. In mancanza di comunicazione all’OCC, si intende che i creditori abbiano prestato consenso alla proposta (regola del cd. silenzio–assenso: art. 79, comma 3 del Codice).

Se i creditori non approvano la proposta di concordato, il procedimento si interrompe e il Tribunale dispone la chiusura della procedura; conseguentemente, vengono meno gli effetti per il debitore e per i creditori derivanti dal decreto di apertura. Il debitore è libero eventualmente di riproporre una nuova domanda, salvo che, su istanza del debitore stesso o di un creditore, venga dichiarata aperta la liquidazione controllata.

Se i creditori approvano la proposta di concordato, la procedura prosegue e si passa all’ultimo controllo del Tribunale in sede di omologazione.

7. L’omologazione del concordato minore

Approvata la proposta di concordato minore, si apre la fase di omologazione.

L’omologazione deve essere avviata anche quando tra i creditori ammessi al voto vi sono crediti dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie (crediti tributari e previdenziali) e se la mancata adesione (voto contrario) di tali soggetti è stata decisiva ai fini del mancato raggiungimento della maggioranza (c.d. cram dowm fiscale e previdenziale: art. 80, comma 3 del Codice). Si considera decisiva la mancata adesione dell’amministrazione finanziaria quando, escludendo dal computo dei votanti l’amministrazione, la maggioranza sarebbe stata raggiunta.

Ai sensi dell’art. art. 80, comma 3 del Codice, in fase di omologazione i creditori dissenzienti e qualunque interessato possono proporre contestazioni, sia in ordine alla valutazione della convenienza della proposta che, più in generale, in ordine alla regolarità della procedura, all’ammissibilità della proposta o alla fattibilità del piano. In ogni caso, il creditore che abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di indebitamento del debitore non può presentare opposizione in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta (articolo 80, comma 4 del Codice).

In sede di omologazione e indipendentemente dalla presentazione o meno di contestazioni, il Tribunale deve verificare:

  • la regolarità della procedura;
  • l’ammissibilità della proposta, intesa come rispetto dei vincoli imperativi nel contenuto della proposta;
  • la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inadeguatezza del piano a raggiungere gli obiettivi previsti.

Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato abbiano contestato la convenienza della proposta, il Tribunale può omologare il concordato solo se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria, cioè alla procedura di liquidazione controllata o alla eventuale esecuzione individuale al di fuori di ogni procedura di sovraindebitamento (articolo 80, comma 3 del Codice).

La valutazione circa la convenienza del concordato deve essere compiuta dal Tribunale anche nel caso di cram dowm fiscale e contributivo, ossia quando sia stata avviata all’omologazione una proposta non approvata per il voto contrario decisivo dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme previdenza o assistenza obbligatorie. In tale ipotesi, il Tribunale, in presenza delle altre condizioni (regolarità, ammissibilità, fattibilità), potrà eventualmente omologare il concordato quando ritenga che la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (art. 80, comma 3 del Codice).

In caso di concordato minore in continuità aziendale – nel quale, come si è visto, è necessaria la suddivisione dei creditori in classi – il Tribunale, su richiesta del debitore, può omologare il concordato anche una o più classi votano in senso contrario (c.d. ristrutturazione trasversale), qualora ricorrano le seguenti condizioni:

  • la distribuzione del valore della liquidazione avviene nel rispetto della regola della priorità assoluta;
  • il valore eccedente a quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore;
  • nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito;
  • la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza della maggioranza delle classi, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

Se tutte le verifiche hanno esito positivo, il Tribunale, omologa il concordato con sentenza, ordinando per il provvedimento le idonee forme di pubblicità, e con il medesimo provvedimento dichiara chiusa la procedura (art. 80, comma 1 del Codice). Contro la sentenza di omologa è ammesso reclamo, da proporre in Corte di appello nel termine di trenta giorni.

8. Effetti dell’omologazione, esecuzione, revoca dell’omologazione e conversione della procedura di concordato minore

L’omologazione del concordato minore produce effetti nei confronti dei creditori e del debitore simili a quelli della ristrutturazione dei debiti del consumatore. Infatti:

la pretesa dei creditori anteriori (sia che abbiano prestato adesione, sia che non abbiano prestato adesione) viene conformata secondo i termini e le condizioni previste nella proposta, sostituendosi alla obbligazione originaria l’obbligazione concordataria, diversa per natura, importo, tempistica di adempimento; tuttavia i creditori, anche dopo l’omologazione, possono chiedere ai coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso del debitore la differenza tra l’importo originario del credito vantato nei confronti del debitore principale e quanto ottenuto in sede di concordato minore (art. 79, comma 5 del Codice).

Il debitore ottiene l’esdebitazione, cioè è liberato dai debiti nei confronti di tutti i creditori anteriori, con sostituzione del suo originario debito con la nuova obbligazione concordataria.

Nell’ipotesi di società con soci illimitatamente responsabili, salvo sia diversamente previsto nella proposta di concordato, il concordato della società ha effetto anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (art. 79, comma 4 del Codice); restano tuttavia intatti i debiti personali del socio, che non sono trattati nel concordato della società.

Dopo l’omologazione, al debitore spetta il compito di dare attuazione alla proposta omologata, sotto la vigilanza dell’OCC o, se nominato, del commissario giudiziale (art. 81, comma 1 del Codice).

I compiti, poteri e doveri del debitore e dell’OCC (o del commissario giudiziale), così come l’eventuale revoca dell’omologazione o conversione della procedura, sono disciplinati in modo analogo a quanto previsto nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore.

9. La procedura familiare di concordato minore

La procedura di concordato minore può essere presentata in modo unitario da più membri della stessa famiglia (art. 66 del Codice). È consentito, infatti, ai membri di una stessa famiglia di presentare un’unica domanda di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, che coinvolge tutti i membri della famiglia che ne abbiano fatto richiesta. La procedura unitaria di concordato minore permette una più efficiente gestione della complessiva situazione di sovraindebitamento.

L’accesso ad una procedura familiare non è comunque un obbligo, in quanto i membri della stessa famiglia in possesso del presupposto soggettivo e oggettivo restano liberi di non utilizzare questa facoltà e di presentare eventuali domande separate.

Anche quando si apre un’unica procedura di concordato minore per i vari membri della stessa famiglia, questi ultimi rimangono, peraltro, soggettivamente distinti, e le rispettive masse attive e passive restano distinte (art. 66, comma 3 del Codice): ogni membro della famiglia ammesso alla procedura unitaria deve quindi soddisfare i propri creditori con il proprio attivo ed i creditori di ciascun membro della famiglia possono soddisfarsi solo sul patrimonio messo a loro disposizione dal debitore nei confronti del qual vantano ragioni creditorie.

I presupposti soggettivi e oggettivi per l’apertura della procedura familiare restano gli stessi previsti per la procedura “atomistica”, in quanto compatibili. Pertanto, la procedura familiare non può essere proposta dalle start- up innovative, o da enti, associazioni o, in generale, da soggetti giuridici diversi da persone fisiche, potendo solo le persone fisiche essere membri della famiglia.

Ciò premesso, è necessario che tutti i singoli membri della famiglia che presentano la domanda integrino il presupposto soggettivo per accedere alla procedura e che ciascuno di essi versi in situazione di sovraindebitamento.

L’ammissione ad una procedura familiare è subordinata alla presenza di almeno una di queste condizioni (art. 66, comma 2 del Codice):

  • deve trattarsi di membri della stessa famiglia (coniuge, parenti entro il quarto grado, affini entro il secondo, parti dell’unione civile e conviventi di fatto di cui alla L. n. 76/2016) conviventi (che cioè condividono lo stesso domicilio e/o residenza);
  • se non conviventi, il sovraindebitamento deve avere origine comune, nel senso di essere causato dai medesimi debiti (ad es., mutuo contratto dal figlio con la fideiussione prestata da un genitore non convivente, o debito derivante da una successione ereditaria dal comune dante causa sovraindebitato).

La procedura familiare di ristrutturazione dei debiti si apre con il deposito della domanda di accesso innanzi al Tribunale competente. Nel caso in cui tutti i membri della stessa famiglia siano conviventi, il Tribunale sarà necessariamente quello in cui tutti hanno fissato la propria residenza o domicilio (art. 27, comma 3, lett. b del Codice). Nel caso in cui tutti i membri della stessa famiglia siano conviventi, ma alcuni di essi esercitino attività d’impresa, competente territorialmente sia il tribunale nel cui circondario è posta la sede legale o sede effettiva dell’attività (art. 27, comma 3, lett. a), sia il tribunale nel cui circondario è posta la residenza o il domicilio (art. 27, comma 3, lett. b), a scelta ai debitori. Qualora tutti i membri della stessa famiglia non siano conviventi ed abbiano residenza o domicilio in circondari diversi di Tribunale, è rimessa ai debitori la scelta di uno tra i vari tribunali astrattamente competenti.

I membri della stessa famiglia devono presentare un’unica domanda, corredata di tutta la documentazione prevista. La proposta di ciascuno, intesa come offerta e impegno che il debitore propone ai propri creditori, è invece autonoma e differenziata, in quanto deve essere rivolta in modo esclusivo ai propri creditori e basata sul proprio attivo, non essendo possibile confondere le masse attive e le masse passive. Così, ad es., se la procedura familiare viene avanzata da marito, moglie e figlio maggiorenne, unica sarà la domanda introduttiva e la documentazione allegata, ma differenziata sarà la proposta di ciascuno: il marito potrà proporre la soddisfazione dei creditori nella misura del 20%; la moglie nella misura del 30% ed il figlio maggiorenne nella misura del 50%, tenendo conto ciascuno del proprio attivo e del proprio passivo.

L’apertura della procedura avviene necessariamente per tutti i membri della famiglia, ed eventuali elementi ostativi per un singolo membro determinino l’inammissibilità del ricorso con riferimento all’intera procedura e, quindi, per tutti i membri della famiglia. Viene sempre nominato un unico OCC, il cui compenso dovrà poi essere ripartito tra i membri della famiglia in modo proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno.

L’unificazione della procedura non può spingersi sino a prevedere una votazione unica e indifferenziata di tutti i creditori dei diversi membri della famiglia, perché questo urta con il principio della separazione delle masse attive e passive, in applicazione del quale i creditori di ciascun membro devono votare separatamente dagli altri sulla specifica proposta loro rivolta. Non vi è, quindi, un’unica votazione, ma distinte e separate – seppure contestuali – votazioni. Ai fini dell’approvazione del concordato minore familiare è però necessaria l’approvazione di tutte le proposte dei singoli membri della famiglia, non essendo prevista alcuna regola che consenta di superare l’eventuale voto contrario dei creditori di un membro. Se, quindi, i creditori anche di un solo membro della famiglia rigettano la proposta loro sottoposta, si considera non approvato l’intero concordato minore familiare. L’unitarietà della procedura di riacquista, poi, pieno vigore in fase di omologazione e revoca, in quanto i provvedimenti del tribunale hanno ad oggetto l’unica procedura familiare e, quindi, tutti i membri della famiglia.

Per tutto quanto non specificamente previsto, trova applicazione nella procedura di concordato minore familiare la disciplina dettata per la procedura di concordato minore singola.

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Avv. Valerio Pandolfini

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