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cessione di azienda

La cessione di azienda: il subentro nei contratti

15 Dicembre 2022/in Contratti commerciali, News

Ai sensi dell’art. 2558 c.c., salvo diversa volontà delle parti, l’acquirente subentra automaticamente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, indipendentemente dal consenso del contraente ceduto. Tuttavia non si trasferiscono automaticamente al cessionario dell’azienda i contratti che abbiano carattere personale;  in tali casi, il contratto può essere ceduto con l’azienda solo con il consenso del contraente ceduto. Il terzo contraente può recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento se sussiste una giusta causaUna disciplina particolare è dettata per il contratto di locazione dall’art. 36 della L. n. 392/1978. La giurisprudenza prevalente ’ritiene  che art. 2558 c.c.,  si applichi anche quando  i contratti a prestazioni corrispettive non siano stati integralmente eseguiti da entrambe le parti al momento del trasferimento dell’azienda, o vi siano obblighi facenti capo all’alienante o al terzo contraente, e che  l’art. 2560 c.c. in tema di passaggio dei debiti si applichi solo quando i rapporti contrattuali sono già stati interamente definiti. Tale criterio non consente sempre di individuare con certezza la regola da applicare ai singoli casi, in particolare ai contratti di durata.

Indice

1. La successione del cessionario di azienda nei contratti

Ai sensi dell’art. 2558 c.c., salvo diversa volontà delle parti, l’acquirente subentra automaticamente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, indipendentemente dal consenso del contraente ceduto.

Il trasferimento dei contratti nell’ambito della cessione d’azienda ha grande importanza; spesso anzi essa costituisce il motivo principale per cui l’acquirente si determina all’acquisto. La norma mira quindi ad agevolare l’acquirente nel subingresso nei rapporti contrattuali in corso di esecuzione che l’alienante ha concluso con fornitori, finanziatori, dipendenti, clienti etc., necessari per lo svolgimento dell’attività produttiva, consentendo il più possibile il trasferimento dell’attitudine produttiva e quindi anche dell’avviamento aziendale.

La norma tutela quindi la posizione dell’acquirente e il suo interesse a subentrare nei contratti aziendali in corso, derogando alla disciplina civilistica generale dettata in materia di cessione del contratto dall’art. 1406 c.c. Infatti, mentre quest’ultima norma consente la sostituzione nel rapporto contrattuale solo qualora vi sia il consenso del contraente ceduto, nella cessione d’azienda la successione dell’acquirente nei contratti avviene automaticamente (ope legis), in quanto l’esigenza della tutela dell’attività d’impresa prevale rispetto alle esigenze di protezione dell’autonomia individuale.

La successione dell’acquirente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda è un effetto automatico del trasferimento dell’azienda; essa prescinde, quindi, da una manifestazione di volontà delle parti ulteriore rispetto al consenso al trasferimento dell’azienda, potendo la volontà delle parti rilevare solo al fine di escludere tale subentro. In altri termini, in caso di trasferimento di azienda, la successione nei contratti si verifica automaticamente con riferimento a tutti i contratti inerenti l’esercizio dell’azienda, anche qualora cedente e cessionario non abbiano espressamente convenuto il subentro e anche in relazione ai contratti di cui il cessionario ignori l’esistenza.

Tuttavia non si trasferiscono automaticamente al cessionario dell’azienda i contratti che abbiano carattere personale, cioè quelli nei quali l’identità e le qualità personali dell’imprenditore alienante siano stati in concreto determinanti del consenso del terzo contraente. Ciò accade tipicamente quando:

  • la prestazione contrattuale è infungibile (come nel caso dei contratti d’opera intellettuale, associazione, joint venture, assicurazione contro i danni, etc.)
  • quando le parti hanno previsto nel contratto una clausola di incedibilità del contratto stesso.

In tali casi, il contratto potrà essere oggetto del trasferimento unitamente all’azienda solo con il consenso del contraente ceduto, secondo la regola generale di cui all’art. 1406 c.c.

Qualora nel contratto originario sia presente una clausola ai sensi della quale il contratto stesso è incedibile senza il consenso dei contraenti, nella prassi spesso si prevede che il cedente dell’azienda debba ottenere il consenso del terzo, subordinando il perfezionamento della cessione all’ottenimento di tale consenso; qualora inoltre il mancato subentro in un determinato contratto possa diminuire il valore economico del ramo d’azienda, si prevedono meccanismi di rettifica del prezzo di cessione, per l’ipotesi che il consenso del terzo non venga ottenuto.

Le parti possono inoltre accordarsi nel senso che determinati contratti (che in assenza di pattuizione espressa si trasferirebbero automaticamente al cessionario) non vengano trasferiti all’acquirente dell’azienda; in caso di esclusione di un determinato contratto, il relativo regolamento negoziale continuerà a vincolare le parti originarie. Ad esempio, l’acquirente può avere interesse a sostituire i contratti di acquisto di materie prime conclusi dal venditore con propri contratti a condizioni più vantaggiose, oppure di evitare di subentrare in un contratto che non conosce e potenzialmente indesiderato.

Ciò non è tuttavia  possibile per i contratti essenziali per la continuazione dell’attività aziendale, come ad esempio la locazione dell’albergo per l’azienda alberghiera; qualora anche tali contratti fossero esclusi dal trasferimento, verrebbe snaturata la qualificazione dell’atto come trasferimento dell’azienda e a connotato come cessione di singoli beni aziendali, come si è visto in altro contributo .

Ai sensi del comma 2 dell’art. 2558 c.c., tuttavia, il terzo contraente può recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante nei confronti  del cessionario.

Per giusta causa sostanzialmente si intendono tutti i mutamenti di circostanze rilevanti tali da non dare affidamento circa la regolare esecuzione del contratto da parte del cessionario, quali:

  • quelli relativi all’organizzazione aziendale capaci di influire sulla qualità dei prodotti;
  • la mancanza nella parte acquirente di capacità organizzativa, puntualità, correttezza e precisione nella prestazione;
  • l’affidabilità economica e patrimoniale della parte acquirente.

In particolare, la giurisprudenza ha affermato che integra una giusta causa di recesso la situazione in cui il terzo contraente, se avesse conosciuto quale sarebbe stata la nuova parte contrattuale poiché non offerente idonee garanzie circa il regolare adempimento delle obbligazioni contratte, si sarebbe rifiutato di contrarre (Cass. 12 ottobre 2007, n. 21445).

L’onere di dimostrare che a seguito della cessione non sussistono sufficienti garanzie per la corretta prosecuzione del contratto grava sul terzo che intenda recedere.

Qualora il terzo eserciti il diritto di recesso, la giurisprudenza ha precisato che la parte alienante è responsabile solo nei confronti della parte acquirente e non nei confronti del contraente ceduto, al quale la legge accorda quale unica forma di tutela appunto il diritto di recesso (Cass. 15 settembre 2009, n. 19870). Al fine di evitare possibili contestazioni sull’esistenza della responsabilità della parte alienante, in caso di recesso dai contratti aziendali ceduti da parte dei terzi contraenti, è opportuno inserire nel contratto di cessione d’azienda, a tutela della parte acquirente, una clausola di garanzia per i danni conseguenti all’eventuale legittimo esercizio della facoltà di recesso.

Una disciplina specifica è prevista invece per il trasferimento dei rapporti di lavoro .

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto di cessione di ramo di azienda, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

2.La successione del cessionario di azienda nel contratto di locazione

Per quanto concerne in particolare il contratto di locazione, l’art. 36 della L. n. 392/1978 prevede che, se non diversamente stabilito dalle parti, il cessionario subentra nel contratto anche senza il consenso del locatore, purché venga data comunicazione al locatore mediante lettera racc. a/r. Il locatore può opporsi per gravi motivi entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Se il locatore non ha liberato il cedente, può agire anche contro quest’ultimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte. Quindi se colui che ha acquistato l’azienda non paga i canoni relativi al contratto di locazione in cui è subentrato – anche se scaduti dopo la cessione dell’azienda – il proprietario dell’immobile potrà richiedere lo sfratto per morosità e l’emissione del decreto ingiuntivo nei confronti sia del conduttore originario (ossia colui che ha venduto l’azienda) sia del nuovo conduttore (ossia di colui che ha acquistato l’azienda). E’ pertanto opportuno in tal caso che il cedente si faccia rilasciare una liberatoria dal locatore; nella pratica tuttavia si tratta di una dichiarazione che difficilmente il locatore rilascerà, non avendone alcuna convenienza, in quanto la normativa gli fornisce una garanzia in più rispetto all’incasso dei canoni di locazione.

L’indennità di avviamento prevista dall’art. 34 della L. n. 392/78 è liquidata in favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione. Il cessionario conserva quindi i diritti già acquisiti dal cedente, quali il diritto di prelazione e il diritto di essere compensato dal locatore per la perdita che l’azienda subirà se non gli verrà rinnovato il contratto.

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, l’alienazione dell’azienda esercitata in un immobile adibito ad uso commerciale non comporta, né ai sensi dell’art. 2558 c.c., né ai sensi dell’art. 36 della L. n. 392/1978, l’automatica cessione del contratto di locazione, in quanto tali norme consentono, ma non impongono all’acquirente dell’azienda di subentrare nel contratto di locazione; ne consegue che tale subentro non è un effetto riconducibile alla legge, ma alla volontà delle parti (v. ad es. Cass. 3 aprile 2003, n. 5137). Pertanto, secondo tale consolidato orientamento, nel silenzio del contratto di cessione il contratto di locazione non si trasmette al cessionario.

Di conseguenza, nelle ipotesi nelle quali l’attività aziendale non possa essere esercitata altrove, e pertanto il contratto di locazione costituisca un contratto essenziale per lo svolgimento dell’attività d’impresa, vi è il rischio che, nel silenzio del contratto, venga effettuata una mera cessione di beni aziendali e non una cessione d’azienda, che ha quale presupposto, per il suo espletamento, l’ubicazione in quella determinata sede. E’ opportuno quindi che nel contratto di cessione d’azienda le parti prevedano espressamente il subentro nel contratto di locazione.

3. Successione nei contratti e successione nei debiti: l’orientamento della giurisprudenza

Come si è visto in altro articolo  il trasferimento all’acquirente dell’azienda nei debiti del cedente è regolata dall’art. 2560 c.c., che prevede  una disciplina diversa rispetto alla successione nei contratti (di cui all’art. 2558 c.c.): ai sensi dell’art. 2560 c.c., infatti, il cedente è responsabile in solido con il cessionario dei debiti anteriori al trasferimento, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.

Secondo la giurisprudenza prevalente, l’art. 2558 c.c. in tema di successione nei contratti si applica anche all’ipotesi in cui i contratti a prestazioni corrispettive non siano stati integralmente eseguiti da entrambe le parti al momento del trasferimento dell’azienda, o vi siano eventualmente obblighi ancora esistenti facenti capo rispettivamente all’alienante o al terzo contraente, mentre l’art. 2560 c.c. in tema di passaggio dei debiti si applica solo quando i rapporti contrattuali sono già stati interamente definiti (vedi ad esempio Cass. 21 ottobre 2019 n. 26808).

Inoltre, secondo l’opinione prevalente, la disciplina della successione nei contratti di cui all’art. 2558 c.c. si applica anche ai contratti in corso di formazione, con la conseguenza che il cessionario subentra nella posizione del cedente anche con riferimento a proposte contrattuali da questi formulate nei confronti di terzi ovvero formulate da terzi nei confronti del cedente.

Tale orientamento è in linea con la concezione unitaria dell’azienda, secondo cui fanno parte dell’azienda, oltre ai beni in senso stretto, tutti i rapporti collegati all’assetto produttivo e quindi i contratti, i crediti e i debiti; si tende così a interpretare estensivamente l’art. 2558 c.c., applicandolo ai rapporti contrattuali in qualunque fase si trovino, purché non siano del tutto esauriti.

In particolare, secondo la giurisprudenza prevalente la norma di cui all’art. 2558 c.c. si applica anche qualora il contratto sia stato eseguito da entrambe le parti, ma non abbia ancora del tutto esaurito i propri effetti, ad esempio perché residuano o emergono dopo il trasferimento dell’azienda pretese risarcitorie a favore o nei confronti del terzo contraente.

Tale criterio interpretativo – che finisce per riservare all’art. 2560 c.c. uno spazio applicativo marginale – in linea di massima, favorisce i creditori, i quali – salvo una clausola contraria nell’atto di cessione dell’azienda – possono rivolgersi al cessionario, che generalmente è il soggetto dotato di un patrimonio più cospicuo a seguito della cessione, senza necessità di dimostrare che il debito sia stato annotato nei libri contabili. Tuttavia, si tratta di un criterio abbastanza ambiguo, che non consente di individuare con certezza la regola da applicare ai singoli casi, in particolare ai contratti di durata (come la somministrazione), in cui possono coesistere debiti e prestazioni contrattuali.

Se siete interessati a scaricare un modello di contratto di cessione di ramo di azienda, inviate una mail al seguente indirizzo: info@studio-pandolfini.it.

                                                                                                         

Avv. Valerio Pandolfini

 Contrattualistica d’Impresa e Consulenza Legale 

 

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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni riportate nell’articolo non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un (né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.

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