I conferimenti nella S.p.a. e nella S.r.l.
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio della società; la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio per lo svolgimento dell’attività di impresa. Il valore in denaro dei conferimenti dei soci costituisce il capitale sociale nominale della società. La disciplina dei conferimenti è ispirata alla finalità di garantire che i conferimenti sia veritiero, per evitare che esso sia inferiore all’ammontare del capitale sociale, in frode ai creditori. A ciascun socio deve essere di regola assegnato un numero di azioni o quote proporzionale alla quota del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Tuttavia, è possibile che la ripartizione delle partecipazioni tra i soci non sia proporzionale al conferimento di ciascuno, purché il valore globale dei conferimenti non sia inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. I conferimenti possono distinguersi in due grandi categorie: i conferimenti in denaro e i conferimenti diversi dal denaro, o in natura. Questi ultimi possono avere ad oggetto un bene esistente in natura o un bene immateriale, come ad esempio un brevetto, o un credito.
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1. I conferimenti in società
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio della società; la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio per lo svolgimento dell’attività di impresa. Il valore in denaro dei conferimenti dei soci costituisce il capitale sociale nominale della società.
Fra conferimenti, patrimonio della società e capitale sociale intercorre quindi uno stretto legale: i primi formano il patrimonio della società ed il loro valore esprime, di regola, il capitale sociale nominale. Questo a sua volta individua la frazione ideale del patrimonio netto (capitale reale), indisponibile a favore dei soci durante la vita della società, e funge inoltre da termine di riferimento per la misurazione di alcuni fondamentali diritti del socio.
La disciplina dei conferimenti costituisce il punto di partenza per la corretta operatività delle norme che ruotano intorno al concetto di capitale sociale ed in particolare di quelle dirette ad assicurare l’effettiva formazione e l’integrità del capitale reale. Tale disciplina è ispirata infatti ad una duplice finalità:
- garantire che i conferimenti dei soci vengano effettivamente acquisiti dalla società;
- garantire che il valore assegnato da soci ai conferimenti sia veritiero, per evitare che il valore dei conferimenti sia inferiore all’ammontare del capitale sociale, in fronde ai creditori.
A ciascun socio deve essere di regola assegnato un numero di azioni o quote proporzionale alla quota del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Tuttavia, è possibile che la ripartizione delle partecipazioni tra i soci non sia proporzionale al conferimento di ciascuno, purché il valore globale dei conferimenti non sia inferiore all’ammontate globale del capitale sociale.
I conferimenti possono distinguersi in due grandi categorie: i conferimenti in danaro e i conferimenti diversi dal denaro, o in natura. Questi ultimi possono avere ad oggetto un bene esistente in natura o un bene immateriale, come ad esempio un brevetto, o un credito.
2. I conferimenti nella S.p.A
2.1 I conferimenti in danaro
Nella S.p.A., i conferimenti devono essere effettuati in danaro se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente (art. 2342, 1° comma c.c.).
Per garantire fin dalla costituzione della società l’effettività almeno parziale del capitale, l’art. 2342, 2° comma c.c. prevede l’obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno il 25% dei conferimento in danaro o dell’intero ammontare se si tratta di società unipersonale. E’ così ridotto il pericolo per i creditori che venga costituita una società con attivo patrimoniale iniziale costituito esclusivamente da crediti verso i soci.
La disciplina dettata per l’acquisizione dell’importo residuo è finalizzata dall’esigenza di garantire l’effettività del capitale. Costituita la società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momenti ai soci i versamenti ancora dovuti, senza dover necessariamente rispettare eventuali termini stabiliti all’atto costitutivo.
Le azioni non interamente liberate sono trasferibili; tuttavia, devono essere necessariamente nominative e dal titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti (art. 2354, 3° comma, n. 4 c.c.) e in caso di trasferimento delle azioni l’obbligo di versamento dei conferimenti residua grava sia sul socio attuale (acquirente delle azioni), sia sull’alienante (art. 2356 c.c.).
La responsabilità del socio alienante è però limitata nel tempo ed ha carattere sussidiario; essa permane infatti solo per il periodo di tre anni dall’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci. Inoltre, la società è tenuta a richiedere preventivamente il pagamento al possessore attuale delle azioni e può rivolgersi agli alienanti solo se tale richiesta sia rimasta infruttuosa; in sostanza, chi trasferisce azioni non liberate è costituito garante a termine dell’attuale azionista, su cui grava in via principale l’obbligo di conferimento.
Sempre per agevolare l’acquisizione dei conferimenti (in danaro), è poi dettata una speciale disciplina qualora il socio non esegua il pagamento delle quote dovute (art. 2344 c.c.).
Innanzitutto, il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto.
Inoltre, il luogo della normale azione giudiziaria per la condanna all’adempimento, la società può avvalersi di una più celebre procedura di vendita coattiva delle azioni del socio moroso. Decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale, gli amministratori offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione e per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte, la società può far vendere le azioni a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato. Se la vendita coattiva non ha esito, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo i conferimenti già versati e salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa può ancora rimetterle in circolazione entro l’esercizio in cui è stata pronunciata la decadenza. Svanita anche quest’ultima possibilità per l’acquisizione dei conferimento, la società deve annullare le azioni rimaste invendute, riducendo l’ammontare corrispondente il capitale sociale.
2.2 I conferimenti diversi dal danaro
Diversamente da quanto previsto per le società di persone, non ogni entità economica diversa dal danaro può essere conferita in S.p.A. o, più esattamente, può formare oggetto di conferimento imputabile al capitale sociale. Infatti, ai sensi dell’art. 2342. 5° comma c.c., non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi, quali prestazioni riconducibili ad un contratto d’opera manuale o ad un contratto d’opera intellettuale, così come diritti di credito aventi ad oggetto prestazioni di tale natura.
La difficoltà di dare una valutazione oggettiva ed attendibile a tali prestazioni mal si concilia con l’esigenza di garantirne l’effettiva acquisizione da parte della società e l’effettiva formazione del capitale reale. Pertanto, le prestazioni di opera o di servizi possono formare oggetto solo di prestazioni accessorie distinte dai conferimenti, ovvero di apporti dei soci non imputabili a capitale, che possono dar luogo all’emissione di speciali strumenti finanziari diversi dalle azioni (art. 2346, 6° comma c.c.).
Per quanto riguarda i conferimenti dei beni in natura e dei crediti, si applicano i principi dettati dagli artt. 2254 e 2255 c.c. per le società di persone. riguardanti la garanzia cui è tenuto il socio conferente e il passaggio dei rischi.
Il terzo comma dell’art. 2342 c.c. dispone inoltre che le azioni corrispondenti ai conferimenti di beni in natura e crediti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Il socio deve quindi porre in essere tutti gli atti necessari affinché la società acquisti la titolarità e la piena disponibilità del bene conferito, una volta che sia venuta ad esistenza con il completamento del procedimento di costituzione.
Questa limitazione preclude l’apporto a titolo di conferimento di beni generici, futuri o altrui, nonché di prestazioni periodiche di beni; in tutti questi casi, infatti, il consenso del conferente non determina né l’immediato acquisto della proprietà del bene da parte della società, né l’immediata messa a disposizione della stessa dell’oggetto del conferimento, ma solo l’obbligo del conferente di far conseguire alla società quanto promesso.
E’ invece ritenuto ammissibile il conferimento di diritti di godimento, sia reali che personali, dato che la società acquista col consenso del conferente l’effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne tutte le utilità, senza necessità di ulteriore cooperazione da parte del socio; ciò è sufficiente perché le azioni corrispondenti possano ritenersi integralmente liberate al momento della sottoscrizione.
Per i beni conferiti in godimento, si applicano le norme sulla locazione, con la conseguenza che il rischio del perimento del bene rimane a carico del socio conferente (art. 2254 c.c.). Nel caso di conferimento di crediti, il conferente risponderà dell’eventuale insolvenza del debitore nei limiti indicati dall’art. 1267 c.c. per il caso di assunzione convenzionale di garanzia, nei limiti di quanto ha ricevuto (art. 2255 c.c.).
Ulteriori limitazioni non sono prospettabili, in quanto la funzione primaria dei conferimenti è quella di dotare la società dei mezzi utili per lo svolgimento dell’attività produttiva, non invece anche quella di formare un patrimonio aggredibile dai creditori.
E’ pertanto conferibile ogni prestazione suscettibile di valutazione economica oggettiva e di immediata messa a disposizione della società, come un diritto di brevetto, un marchio, apporti di tecnologie o di procedimenti non brevettabili (know-how), in quanto valori immateriali iscrivibili in bilancio ed imputabili a capitale.
2.3 La valutazione dei conferimenti diversi dal danaro
I conferimenti diversi dal danaro (conferimenti in natura e conferimenti di crediti), tanto se effettuati in sede di costituzione della società quanto se effettuate in sede di aumento del capitale sociale, sono oggetto di uno specifico procedimento di valutazione, regolato dall’art. 2343 c.c., finalizzato ad assicurare una valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti e soprattutto ad evitare che agli stessi venga complessivamente assegnato un valore nominale superiore a quello reale.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una relazione giurata di stima, redatta da un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società. La stima deve attestare che il valore dei conferimenti è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo. La relazione deve essere allegata all’atto costitutivo e, una volta completato il procedimento di costituzione, deve restare depositata presso l’ufficio del registro delle impese.
La relazione dell’esperto deve indicare:
- la descrizione analitica dei beni o crediti conferiti;
- l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo;
- i criteri di valutazione seguiti.
Tali contenuti minimi sono finalizzati a consentire la revisione da parte degli amministratori quando sussistano fondati motivi e permettere di valutare l’eventuale responsabilità dell’esperto. In particolare, la descrizione dei beni o dei crediti conferiti deve consentire quantomeno l’individuazione dei conferimenti in natura anche se la descrizione dei beni è essenziale per stabilire i criteri di valutazione e deve consistere in un’indicazione il più precisa possibile dei connotati del bene oggetto della stima. Per quanto concerne il criterio di valutazione, l’esperto ha la più ampia discrezionalità circa il criterio prescelto, che dovrà essere comunque indicato nella relazione.
Per quanto attiene il requisito temporale della perizia di stima, anche se la legge nulla precisa a tal proposito, si ritiene che essa, al fine di avere un sufficiente grado di aggiornamento non possa essere superiore a sei mesi antecedenti alla stipulazione dell’atto costitutivo, in applicazione analogica della previsione di cui all’art. 2343 ter, comma 2, c.c.
L’eventuale omissione della relazione di stima non comporta né la nullità della società (non essendo prevista tra i casi tassativi di nullità previsti dall’art. 2332 c.c.), né la nullità del singolo conferimento. Resta tuttavia ferma la necessità di dar luogo alla successiva fase di controllo.
Il valore assegnato in base alla relazione di stima ha carattere provvisorio; entro 180 giorni dalla costituzione della società, infatti, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione di stima e, se sussistono fondati motivi, devono procedere alla revisione della stima. Nel frattempo, le azioni corrispondenti non possono essere alienate e devono restare depositate presso la sede della società.
Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti è inferiore di oltre 1/5 rispetto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve ridurre proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni che risultano scoperte. Al socio è però concessa una duplice alternativa per non vedere così ridotta la propria partecipazione:
- versare la differenza in danaro, mantenendo così inalterato il numero delle azioni sottoscritte;
- recedere dalla società, con conseguente diritto alla liquidazione del valore attuale delle azioni sottoscritte; in tal caso, il socio ha diritto alla restituzione in natura del bene conferito, qualora ciò sia possibile in tutto o in parte, con i conseguenti conguagli in denaro (a carico della società oppure del socio, a seconda dei casi) per pareggiare il valore del bene con il valore di liquidazione della partecipazione.
Pertanto, i risultati della revisione devono essere preventivamente comunicati al socio, in modo da consentirgli l’esercizio di tali scelte alternative, nonché per promettergli di impugnare di fronte all’autorità giudiziaria la revisione operata dagli amministratori. In ogni caso, nell’inerzia del socio, la riduzione della sua partecipazione si produrrà solo con la deliberazione dell’assemblea straordinaria che riduce il capitale e annulla le azioni rimaste scoperte.
L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che, intervenuto l’annullamento delle azioni, quelle residue siano diversamente ripartite fra i soci, nel rispetto del principio che il valore complessivo dei conferimenti non può essere inferiore all’ammontare globale del capitale sociale (artt. 2346, commi 4° e 5°, e 2343, comma 4° c.c.).
In un’ottica di semplificazione e riduzione dei costi, l’art. 2343-ter c.c. disciplina il procedimento di conferimento di beni in natura e dei crediti senza relazione di stima, qualora il valore dei predetti beni risulti già valutato sulla base di altri parametri attendibili di riferimento.
Anzitutto, la relazione di stima non è necessaria nel caso di conferimento di valori mobiliari (azioni, obbligazioni, qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere valori mobiliari, qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti con riferimento ai valori mobiliari indicati) ovvero di strumenti del mercato monetario (buoni del Tesoro, certificati di deposito e le carte commerciali) se il valore ad essi attribuiti ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento. Per prezzo medio ponderato si può fare riferimento all’art. 106 comma 2 T.U.F., in tema di offerta pubblica d’acquisto. Qualora i valori mobiliari o gli strumenti del mercato monetario siano negoziati su un mercato regolamentato, il prezzo medio ponderato deriverà dalla media dei prezzi ufficiali rilevati in ciascun giorno di negoziazione in borsa aperta ponderata per quantità scambiate nello stesso giorno.
La perizia non è altresì obbligatoria in relazione ad altri beni in natura o crediti qualora il valore ad essi attribuito sia:
- pari o inferiore al fair value iscritto in un bilancio sottoposto a revisione legale, senza rilievi, dell’esercizio precedente a quello del conferimento; a tal proposito, l’art. 2343-ter c.c. precisa che per la definizione di fair value bisogna fare riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall’Unione Europea, con la conseguenza che il regime alternativo è applicabile soltanto a condizione che la società conferente rediga il bilancio d’esercizio secondo i principi contabili IAS/IFRS e che i beni oggetto del conferimento siano valutati al fair value;
- risultante da una valutazione conforme ai principi e criteri adottati per i beni oggetto del conferimento, effettuata da un esperto indipendente (non legato al conferente da rapporti che possano compromettere l’obiettività della sua valutazione, tenuto anche conto del fatto che non è richiesta la nomina da parte dell’autorità giudiziaria) non oltre sei mesi prima la data del conferimento stesso. La valutazione dell’esperto deve essere conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, vale a dire dei criteri accettati dalla prassi ed elaborati da ordini professionali che consentano di identificare in modo chiaro ed attendibile il valore di scambio dei beni oggetto di conferimento. A tal fine possono essere assunte quale utile parametro per redigere la perizia le indicazioni fornite dalla giurisprudenza in merito alle attestazioni redatte dai professionisti nelle vicende di composizione negoziale della crisi d’impresa.
Ai sensi dell’art. 2343-ter, comma 3, c.c., chi conferisce beni non in contanti o crediti deve presentare la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai conferimenti e la sussistenza, con riguardo agli apporti diversi dai valori mobiliari e dagli strumenti del mercato monetario, delle condizioni per l’esonero dall’ordinario procedimento di valutazione. Detta documentazione va allegata all’atto costitutivo.
L’art. 2343-quarter c.c. prevede che gli amministratori, per i conferimenti avvenuti senza perizia di stima, devono verificare, nel termine di 30 giorni, se sono intervenuti fatti eccezionali che hanno inciso sul prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti, in modo tale da modificare sensibilmente il valore di tali beni, oppure se, successivamente al termine dell’esercizio cui si riferisce il bilancio di cui alla lett. a) dell’art. 2343-ter comma 2 c.c. o alla data di valutazione di cui alla lettera b) dello stesso articolo, si sono verificati fatti nuovi rilevanti tali da modificare sensibilmente il valore dei bei o crediti conferiti.
Nello stesso termine, gli amministratori devono valutare la sussistenza dei requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto che ha redatto la perizia usata per il conferimento. Il controllo degli amministratori si deve estendere alla verifica sostanziale della corrispondenza tra il valore delle entità conferite, quale risulta dall’applicazione dei criteri alternativi e quello loro attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo.
Con riferimento al conferimento di valori mobiliari o strumenti del mercato monetario, gli amministratori devono verificare l’assenza di fatti eccezionali che abbiano inciso sul valore degli stessi strumenti e, in relazione ai conferimenti non in denaro o di crediti valutati secondo la regola del fair value, la verifica dovrà escludere l’esistenza di fatti nuovi rilevanti. In particolare, i fatti nuovi rilevanti comprendono qualsiasi evento economico nuovo o accadimento extra economico tale da modificare sensibilmente il valore equo dei beni conferiti ovvero il valore attribuito dall’esperto indipendente, mentre con riferimento all’altro parametro indicato relativo alla capacità di modificare sensibilmente il valore dei beni alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese, si ritiene che intervenga una modifica sensibile allorché il valore risulti inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne il conferimento ai sensi dell’art. 2343, comma 4, c.c..
Qualora gli amministratori ritengano che siano intervenuti fatti eccezionali o fatti nuovi rilevanti oppure ritengano non idonei i requisiti di professionalità e indipendenza dell’esperto che ha reso la valutazione, essi devono procedere ad una nuova valutazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2343 c.c., con istanza diretta al tribunale competente per la nomina dell’esperto.
Invece, nel caso in cui la verifica non presenti problemi di sorta, gli amministratori, sempre nel termine di 30 giorni, devono depositare nel registro delle imprese una dichiarazione che deve contenere:
- la descrizione dei beni o crediti conferiti per i quali non si è fatto luogo alla relazione di cui all’art. 2343 c.c.;
- il valore ad essi attribuito, la fonte di tale valutazione e, se del caso, il metodo di valutazione;
- la dichiarazione che tale valore è almeno pari a quello loro attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo;
- la dichiarazione che non sono intervenuti fatti eccezionali o rilevanti che incidono sulla valutazione di tali beni;
- la dichiarazione di idoneità dei requisiti di professionalità e indipendenza dell’esperto nominato ai sensi dell’art. 2343-ter, comma 2, c.c.
Finché tale dichiarazione non viene iscritta nel registro delle imprese le azioni corrispondenti al conferimento sono inalienabili e devono restare depositate presso la società.
2.4 Gli acquisti potenzialmente pericolosi
L’obbligo di assoggettare a stima i conferimenti in natura poteva essere in passato eluso con un semplice espediente. Chi intendeva conferire un bene in natura figurava nell’atto costitutivo come un socio che si era obbligato a conferire in denaro; appena costituita la società vedeva alla stessa il bene, per un importo corrispondente alla somma da lui dovuta a titolo di conferimento, con la conseguenza che il suo debito di apporto si estingueva per compensazione. Tale operazione era illecita, configurando una violazione dell’art. 2343 c.c., ma difficilmente sanzionabile per la difficoltà di dimostrare l’intento fraudolento.
Per prevenire tali possibili abusi, l’art. 2343-bis c.c. stabilisce una particolare procedura autorizzativa gli acquisti di beni o crediti dai promotori (anche se non soci), dai fondatori (anche se non soci), dai soci attuali o dagli amministratori quando:
- il corrispettivo pattuito (anche non in denaro) sia pari o superiore a 1/10 del capitale sociale;
- l’acquisto sia compiuto nei 2 anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese.
Per prevenire il pericolo di sopravvalutazione dei beni da acquistare, la norma in oggetto prevede che tali acquisti devono essere autorizzati dall’assemblea ordinaria dei soci. Inoltre, l’alienante deve presentare, prima che l’assemblea decida, una relazione giurata da un esperto designato dal tribunale, contenente:
- la descrizione dei beni o dei crediti;
- il valore attribuito a ciascuno di essi;
- i criteri di valutazione seguiti;
- l’attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo che deve essere comunque indicato.
I soci hanno diritto di visionare la relazione di stima e la delibera di autorizzazione è soggetta a pubblicità legale.
Ai sensi dell’art. 2343 bis comma 5 c.c., in caso di violazione di tale disciplina, l’acquisto resta valido, ma gli amministratori e l’alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci e ai terzi.
Tale disciplina non si applica quando gli acquisti avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o amministrativa, dato che in tal caso il prezzo di acquisto è ufficiale o comunque è soggetto a controllo.
Sono inoltre esentati da tale disciplina gli acquisti effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni correnti della società, per non ostacolare la gestione ordinaria della società gravandola di intralci procedurali.
Dall’ambito di applicazione dell’art. 2343-bis c.c. restano infine esclusi i contratti aventi per oggetto prestazioni di opere o di servizi. Tali contratti sono possibili e leciti, anche se stipulati con i soggetti di cui sopra e in particolare con i soci, nel biennio dalla costituzione della società. Resta tuttavia ferma l’applicabilità dell’art. 1344 c.c. (nullità del contratto per frode alla legge) quando risulti l’intento fraudolento di eludere il divieto di conferimento di prestazioni di opera o di servizi.
3. I conferimenti nelle S.r.l.
3.1 Natura dei conferimenti nelle S.r.l.
Analogamente a quanto previsto per le S.p.A., anche per le S.r.l. l’art. 2463, comma 1 c.c. prevede che il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. il complessivo valore del capitale sociale nominale non può quindi essere maggiore del complessivo valore dei conferimenti, e il capitale non può essere superiore al valore del patrimonio netto che si forma con i conferimenti dei soci.
Se la somma del valore dei conferimenti non può essere inferiore al capitale sociale della società, il valore dei conferimenti può invece non essere proporzionale alla misura della partecipazione al capitale sociale (art. 2468, comma 2 c.c.). E’ ben possibile, dunque, che se un socio conferisce un valore di 100 ma ottiene una partecipazione di 80, i 20 che residuano, invece di andare a sovrapprezzo (e quindi a vantaggio di tutti i soci), vadano a vantaggio di uno solo degli altri soci , il quale, per esempio, conferendo un valore di 40, ottiene invece (evidentemente in ragione della sua forza contrattuale, della sua personalità, dell’importanza che venga ascritta dagli altri soci alla sua partecipazione al capitale sociale, etc.), una partecipazione di 60.
Ai sensi dell’art. 2463, comma 2 c.c., possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica. La S.r.l. può quindi essere dotata di ogni elemento utile per consentire un efficiente e proficuo svolgimento dell’attività economica che la società si propone di svolgere; mantenendo comunque integro il capitale sociale a tutela dei creditori e dei terzi in genere, possono essere conferite entità che non consentono (nonostante che il capitale sociale si debba intendere comunque per intero liberato per effetto di detti conferimenti, ai sensi dell’art. 2464, comma 5 c.c.) un’immediata ed effettiva patrimonializzazione della società, in quanto non consistono in valori che transitano immediatamente (come invece per esempio accade nel caso del conferimento di denaro) dal patrimonio del conferente al patrimonio della società conferitaria (si pensi al caso del conferimento d’opera, di cui oltre (v. par. 3.5).
Possono quindi essere conferiti tutti i beni aventi una valutazione economica, ovvero la cui valutazione sia tale da consentire di determinare il valore che essi hanno per la società, quali aziende, crediti, beni mobili, beni immobili, brevetti, know-how prestazioni lavorative o di servizi da parte dei soci, beni altrui, beni futuri, cose generiche.
3.2 I conferimenti in denaro e il versamento dei decimi nelle S.r.l.
Ai sensi dell’art. 2464, comma 3, c.c., se nello statuto non è stabilito diversamente, il conferimento deve essere in danaro. E’ quindi opportuno che, in sede di stipulazione dell’atto costitutivo, venga inserita nello statuto la clausola che autorizza i soci a conferire, anche per le ipotesi di futuri aumenti di capitale sociale, tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, in modo da rendere possibili futuri conferimenti eventualmente non aventi a oggetto il denaro.
Ai sensi dell’art. art. 2464, comma 4 c.c., se il conferimento è in denaro, alla sottoscrizione dell’atto costitutivo devono essere versati:
- in banca, almeno il 25% dei conferimenti in denaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare;
- nella cassa sociale, l’intero sovrapprezzo, ove previsto.
Al fine di favorire e incentivare la costituzione di S.r.l. anche da parte di chi non possieda sufficienti liquidità per coprire i decimi iniziali, l’art. 2364, comma 4 c.c. prevede che il versamento (sia dei 2,5 decimi che di tutto l’importo sottoscritto) può essere sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria, con le caratteristiche determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il socio può comunque in ogni momento sostituire la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in denaro (nella cassa sociale se la società è già iscritta, o altrimenti in banca), ad esempio mediante la capitalizzazione degli utili che nel frattempo la società abbia iniziato a produrre. In tal caso, nello statuto deve essere indicato un termine entro il quale, qualora il socio che ha depositato la polizza/fideiussione in sostituzione del versamento non abbia ancora versato il corrispondente valore monetario, la garanzia possa essere portata a escussione dalla società. Ai sensi dell’art. 2466, ultimo comma, c.c., la procedura esecutiva nei confronti del socio moroso scatta anche nel caso in cui per qualsiasi motivo siano scadute o divengano inefficaci la polizza assicurativa o la garanzia bancaria prestate ai sensi dell’art. 2464 c.c..
Ai sensi dell’art. 2472 c.c., nel caso di cessione di una partecipazione non integralmente liberata, l’alienante rimane obbligato solidalmente con l’acquirente, per il periodo di 3 anni dall’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci, per i versamenti ancora dovuti; il pagamento non può essere domandato all’alienante se non quando la richiesta al socio moroso è rimasta infruttuosa. Il cedente, quindi, da debitore “diretto” della società, si trasforma in garante del cessionario e, in sostanza, la cessione della quota diviene configurabile come una delegazione di pagamento dal cedente al cessionario nei confronti della società creditrice.
3.3 I conferimenti di beni in natura o di crediti
L’art. 2464, comma 5 c.c. prevede che per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli artt. 2254 e 2255 c.c. e che le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.
L’art. 2254 c.c. prevede che:
- per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita;
- per le cose conferite in godimento il rischio resta a carico del socio che le ha conferite, mentre la garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla locazione.
L’art. 2255 c.c. disciplina il rischio dell’insolvenza del debitore in caso di conferimento di crediti, stabilendo che il conferente risponde di detta insolvenza come disposto, per il caso di assunzione convenzionale della garanzia, dall’art. 1267 c.c., ovvero nei limiti di quanto egli abbia ricevuto; deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore, e risarcire il danno. Qualora inoltre il cedente abbia garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso; è nullo qualsiasi patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente.
3.3.1 Il conferimento di azienda
Mediante l’operazione di conferimento di azienda (o di un suo ramo), il soggetto conferente trasmette alla società conferitaria la titolarità di un complesso di beni, situazioni, attività, avviamento, passività e rapporti, in cambio di una partecipazione nel capitale sociale, di regola corrispondente al valore che si ottiene rapportando l’entità del patrimonio conferito con il patrimonio già presente nella sfera giuridica del soggetto conferitario.
Il caso tipico di conferimento d’azienda è quello dell’imprenditore che conferisce la propria azienda in una S.r.l. della quale si è fatto egli stesso l’iniziatore, per trovare nuovi capitali adeguati allo sviluppo assunto dalla sua impresa o perché, intendendo ritirarsi dalla direzione di questa, vuole contemporaneamente assicurarsi il beneficio della responsabilità limitata. In altri casi, il conferimento in una società è il mezzo per fondere due o più imprese individuali che esercitano la stessa attività e intendono far cessare una posizione di concorrenza.
Una volta avvenuto il conferimento, cambia il soggetto titolare del complesso aziendale trasferito, in quanto il soggetto conferente espelle dalla sua sfera soggettiva l’insieme dei beni e dei rapporti che rappresentano l’azienda (o il ramo d’azienda) oggetto del conferimento stesso per ottenere, in sostituzione dei beni e dei rapporti conferiti, le partecipazioni rappresentanti, nella società conferitaria, l’aumento di capitale che si verifica appunto per effetto del conferimento. In questo senso, il conferimento si distingue dalle operazioni di fusione e dalla scissione, nelle quali il soggetto non muta affatto, innovando soltanto la sua struttura organizzativa.
Le posizioni giuridiche soggettive maturate in capo al soggetto conferente per effetto della gestione della propria azienda, poi conferita, si trasferiscono alla società conferitaria. Di conseguenza, si trasmettono alla società conferitaria, cessionaria dell’azienda:
- i diritti soggettivi di natura reale (ad esempio la titolarità di un diritto di proprietà, di un marchio, di un brevetto) e obbligatoria (ad esempio il credito al risarcimento di un danno, a una riscossione, a un servizio o a un altro adempimento contrattuale);
- i diritti potestativi (ad esempio il diritto di pretendere la divisione di una cosa comune a più comproprietari);
- gli interessi legittimi (ad esempio l’interesse a ottenere un provvedimento da parte di una pubblica amministrazione);
- i permessi, licenze, concessioni e autorizzazioni già di titolarità del dante causa (ad esempio le licenze di commercio o di autotrasporto, i permessi a costruire, etc.);
- le posizioni giuridiche derivanti dalla maturazione in capo al cedente, in funzione dell’attività svolta, dei requisiti in base ai quali si può ottenere (o mantenere) un’iscrizione in un dato albo o elenco oppure partecipare a determinati eventi (ad esempio, un pubblico appalto);
- la qualifica, spettante al cedente, di “impresa costruttrice” di cui all’art. 10 n. 8-bis, comma 1 D.P.R. n. 633/1972 in tema di operazioni esenti da IVA.
In particolare, le posizioni soggettive fiscalmente rilevanti già facenti capo al conferente si trasmettono, per effetto del conferimento, alla società conferitaria, essendo connesse al complesso aziendale conferito e seguendo la stessa sorte di tutte le altre posizioni soggettive che vengono trasmesse dal conferente alla società conferitaria. Spettano quindi, ad esempio, alla cessionaria, ai fini della detrazione di cui all’art. 19 D.P.R. 633/1972, le fatture dei fornitori che pervengono dopo il conferimento, inerenti gli acquisti e le importazioni relative al complesso aziendale conferito, e gli eventuali rimborsi possono essere chiesti e ottenuti dalla società conferitaria, subentrando essa in tutti i rapporti attivi e passivi del conferente.
3.4 La stima dei conferimenti di beni in natura o di crediti
Ai sensi dell’art. 2465, comma 1 c.c., nel caso di conferimenti di beni in natura o di crediti, il socio conferente deve predisporre una relazione giurata di un esperto o di una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili o di una società di revisione iscritta nell’apposito registro. La norma è finalizzata a garantire da un lato ai terzi l’integrità del capitale sociale, dall’altro un equilibrato rapporto tra tutti i soci conferenti, in quanto il confronto tra il valore dei rispettivi conferimenti di regola determina l’entità delle rispettive quote di partecipazione al capitale sociale.
La relazione peritale, che deve essere allegata all’atto costitutivo, deve dunque contenere:
- la descrizione dei beni o dei crediti conferiti;
- l’indicazione dei criteri di valutazione adottati;
- l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello a essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovraprezzo (ben potendo infatti il conferimento avvenire a fronte dell’ottenimento da parte del conferente di una quota di capitale di valore nominale inferiore al valore reale del conferimento, in quanto la parte residua del valore effettivo del conferimento sia passata a sovrapprezzo oppure componga il valore nominale della quota attribuita ad altro socio che abbia conferito un valore effettivo inferiore rispetto al valore nominale della quota attribuitagli).
Nell’ambito della S.r.l. non è ripetuta la norma in tema di S.p.a. che, come si è visto, prevede una procedura di controllo sulle valutazioni contenute nella relazione di stima (art. 2343 c.c.: v. par. 2.3); poiché infatti le quote di partecipazione dei soci sono parametrate all’entità dei rispettivi conferimenti, è interesse di ciascun socio che l’apporto degli altri sia esattamente stimato. I soci, in altri termini, sono consapevoli che la sopravvalutazione dell’altrui conferimento determina una corrispondente diminuzione della propria partecipazione, e che, qualora occorra svalutare il conferimento, si verifica una diminuzione del patrimonio complessivo della società, a danno di tutti i soci, e pertanto sono stimolati ad attivarsi per impedire eventi a loro svantaggio. Lo statuto può peraltro riprodurre il dettato dell’art. 2343 c.c. o prevedere l’esclusione del socio conferente che rifiuti di integrare in denaro la differenza di valore del conferimento emersa a seguito dell’intervenuto controllo.
In ogni caso, anche in assenza di previsioni statutarie in tal senso, è compito degli amministratori rappresentare correttamente nel bilancio della società il patrimonio di cui la società stessa dispone e di vigilare conseguentemente sulla corrispondenza tra patrimonio della società e valore nominale del capitale sociale; pertanto, nel caso di un conferimento di valore inferiore a quello che è stato passato a capitale sociale, devono procedere con diligenza a manovre di riequilibrio, anche riducendo il capitale sociale. Tale svalutazione impatta sul complessivo patrimonio della società e non sul singolo socio (come avviene invece nel caso della procedura di controllo di cui all’art. 2343 c.c., dove al socio che non integra il valore del conferimento non resta che recedere o subire la svalutazione della sua quota), e quindi danneggia tutti i soci, in misura pari al minor valore del conferimento.
3.5 I conferimenti d’opera e di servizi
Possono essere conferiti nel capitale delle S.r.l. – a differenza di quanto previsto per le S.p.A. – anche le prestazioni d’opera e di servizi.
In effetti, nella realtà delle S.r.l., specie se di piccole dimensioni, il lavoro quotidiano dei soci è, come noto, di gran lunga prevalente sul capitale conferito; e, d’altra parte, nella S.r.l. il capitale strategicamente rilevante è spesso rappresentato dalle caratteristiche delle persone, dalle loro capacità intellettive, dalle loro idee dalla e dalla loro professionalità.
A differenza del conferimento di beni, in cui il bene conferito passa dalla sfera del conferente alla sfera della conferitaria, e quest’ultima dunque ne acquisisce immediatamente il valore, nel caso del conferimento d’opera l’effettiva acquisizione del valore da parte della conferitaria vi è solo con la materiale e quotidiana esecuzione dell’opera promessa dal conferente. Chi conferisce l’opera infatti promette di “arricchire” la società conferitaria con una prestazione non retribuita (il corrispettivo dell’opera non è infatti una controprestazione bensì la partecipazione nel capitale sociale della società conferitaria che il conferente consegue), per cui il valore corrispondente all’opera promessa in tanto transita dal socio conferente alla società conferitaria in quanto l’opera promessa sia in effetti eseguita: il prestatore d’opera lavorerà ora dopo ora, giorno dopo giorno, per la società e questa, ora dopo ora, giorno dopo giorno si arricchirà del valore corrispondente all’opera svolta dal socio conferente. Il conferimento d’opera è, in sostanza, un costo che la società paga attribuendo in cambio al conferente una quota di partecipazione al proprio capitale sociale.
Di conseguenza, se il socio conferente si rende, volontariamente o involontariamente, inadempiente (ad esempio, perché muore o si infortuna in modo grave o semplicemente perché non intende più lavorare), il valore nominale del capitale sociale, formato anche con il valore del promesso conferimento d’opera, risulta sovraesposto rispetto all’effettiva consistenza patrimoniale della società conferitaria, con possibile nocumento dei terzi creditori.
Tale rischio è mitigato dall’art. 2464, comma 6 c.c., il quale prevede che conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l’intero valore a essi assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società. In altri termini, chi si obbliga a prestare la propria opera deve garantire la società circa l’esecuzione dell’opera promessa mediante il deposito in società di una fideiussione bancaria o di una polizza assicurativa, che la società potrà escutere nel caso in cui la prestazione promessa non venga eseguita (per il valore corrispondente alla prestazione non eseguita).
Trattandosi di un conferimento diverso dal denaro, anche per il conferimento d’opera il conferente deve nominare un perito estimatore (da scegliersi nell’elenco dei revisori contabili o delle società di revisione), il quale deve stimare l’opera promessa (prendendo a riferimento il valore riconosciuto sul mercato a una prestazione come quella che il socio intende svolgere) e indicare il valore massimo da appostare nel capitale della società a fronte del promesso conferimento. Tale valore, se non viene interamente passato a capitale sociale, può essere appostato nel patrimonio netto come sovrapprezzo per la parte restante; è inoltre possibile che rispetto alla stima del perito, venga appostato a capitale un importo inferiore, senza creare un sovrapprezzo formale per la differenza, ma determinando un arricchimento della società, cioè un sovrapprezzo sostanziale.
Qualora nella perizia di stima vengano indicate anche le unità di misura per il computo del valore dell’opera promessa (ad esempio un valore stimato “a ore”, “a giorno”, “a mese” oppure a “stati di avanzamento” da verificare in contraddittorio), è possibile che venga emessa una fideiussione “a scalare”, che cioè possa essere diminuita man mano che la prestazione sia eseguita.
Qualora il socio conferente d’opera ceda la propria partecipazione in corso d’opera, sull’acquirente grava la parte di prestazione non ancora completata dal cedente, salvo che si tratti di prestazione infungibile (nel qual caso dovrà essere escussa la garanzia o versato il denaro da parte del cedente) oppure che si sia comunque prevista in tal caso (qualora il cedente non versi in società un importo di denaro di valore pari al valore dell’opera ancora da eseguire) l’escussione della garanzia prestata a servizio del conferimento d’opera.
3.6 Gli acquisti potenzialmente pericolosi
La disciplina degli acquisti da parte della S.r.l. di beni e crediti da soci e amministratori è simile (ma non identica) a quella prevista per la S.p.A. L’art. 2465 c.c. stabilisce infatti che – ad eccezione del caso di acquisti effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni correnti della società, e di quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o amministrativa – in caso di acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore a 1/10 del capitale sociale, di beni o di crediti dei soci fondatori, dei soci e degli amministratori, nei due anni dall’iscrizione della società nel Registro delle Imprese, occorre rispettare la seguente procedura:
- l’acquisto deve essere autorizzato con decisione dei soci ai sensi dell’art. 2479 c.c., salvo quanto diversamente previsto dallo statuto;
- il socio o l’amministratore che intende vendere il bene alla società deve presentare la relazione di stima di un esperto del medesimo tenore di quella prevista per il conferimento di beni in natura all’art. 2465 c.c., sopra illustrata.
L’atto di acquisto compiuto in violazione della prescritta procedura è valido, ma l’esperto risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi, e gli amministratori e l’alienante sono solidalmente responsabili nei confronti della società, dei soci e dei terzi per i danni causati dalla mancata osservazione della prescritta procedura di acquisizione.
Nella disciplina della S.r.l. non è ripetuta la disciplina di cui all’art. dell’art. 2343-bis, comma 3 in tema di S.p.A., per la quale:
- la relazione del perito deve essere depositata nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l’assemblea;
- entro trenta giorni dall’autorizzazione il verbale dell’assemblea, corredato dalla relazione dell’esperto designato dal tribunale, deve essere depositato a cura degli amministratori presso l’ufficio del Registro delle Imprese.
3.7 Mancata esecuzione dei conferimenti
L’art. 2466 c.c. stabilisce un particolare disciplina nell’ipotesi di inadempimento del socio di S.r.l. (il socio moroso) in relazione all’obbligo di eseguire i conferimenti promessi. Tale disciplina è applicabile anche quando siano scadute o diventino inefficaci la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria presentata dal socio a garanzia dei suoi conferimenti (anche se resta salva, in tal caso, la possibilità del socio di sostituirle con il versamento del corrispondente importo in denaro).
Decorso inutilmente il termine di 30 giorni dalla diffida ad adempiere da parte degli amministratori, è fatto divieto al socio moroso di partecipare alle decisioni dei soci, non potendo, quindi, né votare in assemblea né esprimere il suo consenso in caso di consultazione scritta né sulla base del consenso espresso per scritto (ex art. 2479 c.c.). Gli amministratori, decorso inutilmente tale termine, possono, alternativamente, promuovere l’azione giudiziaria per l’esecuzione dei conferimenti oppure vendere coattivamente la quota del socio moroso agli altri soci in proporzione alla loro partecipazione.
La vendita viene effettuata a rischio e pericolo del socio moroso per il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per l’acquisto, se l’atto costitutivo lo consente, la quota è venduta all’incanto. Se la vendita non è possibile per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio moroso, trattenendo le somme fino ad allora riscosse (tenuto conto che all’atto della sottoscrizione deve essere versato almeno il 25% degli apporti in denaro). In tal caso il capitale sociale deve essere necessariamente ridotto in misura corrispondente, con esclusione della possibilità che la società acquisti quote proprie (come, diversamente, avviene per le azioni nella S.p.A.); in nessun caso, infatti la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzie per il loro acquisto o la loro sottoscrizione (art. 2474 c.c.).
La disciplina della mora del socio è applicabile in tutti i casi di mancata esecuzione dei conferimenti e, dunque, nei seguenti casi:
- mancato versamento nel termine previsto o alla richiesta degli amministratori del 75% del conferimento in denaro o della minor percentuale sottoscritta ma non versata;
- esecuzione di prestazione diversa da quella pattuita (come nel caso di datio in solutum);
- perimento del bene in natura conferito in godimento;
- evizione del bene conferito in proprietà o il vizio della cosa conferita;
- scollamento, rilevato dagli amministratori, tra il valore effettivo del bene conferito ed erroneamente stimato ed il maggior importo imputato a capitale;
- mancato pagamento del credito ceduto sia da parte del terzo che da parte del socio conferente;
- mancata costituzione della polizza o della garanzia, la loro scadenza o inefficacia, tanto nel caso che assicurino il versamento iniziale del 25% del conferimento in denaro, come nel caso che siano prestate a fronte del conferimento d’opera o di servizi.
In tutti i casi di mancato conferimento, la società può avvalersi, a sua discrezione, della facoltà di scelta tra l’azione per l’esecuzione dei conferimenti dovuti e la vendita coattiva della quota (analogamente a quanto previsto, in tema di vendita, dall’art. 1515 c.c.). In quest’ultimo caso, la quota del socio moroso viene venduta prima agli altri soci in proporzione della rispettiva partecipazione e, successivamente, in caso di mancanza di offerte da parte di questi ultimi, e sempre che l’atto costitutivo lo permetta, all’incanto.
Si tratta di una vendita coattiva, sia perché è effettuata da un soggetto terzo diverso dal legittimo proprietario sia perché avviene contro il suo volere, in virtù di un potere che promana direttamente dalla legge, non essendo tale vendita disposta né dalla pubblica amministrazione né da un giudice, ma da un atto negoziale posto in essere da un soggetto privato. La vendita coattiva non può quindi essere effettuata nel caso in cui la quota del socio moroso sia, per determinazione dell’atto costitutivo, intrasferibile.
La vendita della quota avviene a rischio e pericolo del socio moroso, posto che gli effetti patrimoniali che ne derivano incidono direttamente sulla sua sfera patrimoniale. Il prezzo della vendita deve avere come riferimento il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato: la vendita ha quindi un effetto purgativo, nel senso che l’acquirente acquista la quota del socio moroso liberata dall’obbligo del versamento dei centesimi ancora dovuti, dovendosi considerare il prezzo pattuito comprensivo anche di questi ultimi.
Si procede alla vendita all’incanto non solo se non sono pervenute offerte da parte degli altri soci, ma anche nel caso in cui le offerte dei soci non siano sufficienti per coprire l’intera quota da vendere, o siano ad un prezzo più basso di quello imposto dalla norma.
Qualora non siano pervenute offerte d’acquisto da parte dei soci e l’incanto, ove effettuato (stante la necessaria previsione statutaria), sia andato deserto, gli amministratori devono procedere all’esclusione del socio moroso, trattenendo le somme riscosse. L’esclusione deve essere portata a conoscenza del socio moroso ed acquista efficacia nel momento in cui giunge all’indirizzo del socio (risultante dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2479-bis, comma 1, c.c.), in applicazione dei principi generali stabiliti dagli artt. 1334 e 1335 c.c..
L’esclusione comporta l’obbligo di riduzione del capitale sociale in misura corrispondente alla quota del socio escluso. Si tratta di una riduzione nominale e non reale del capitale sociale, da attuarsi nel rispetto di tutte le formalità previste dalla legge per la riduzione del capitale per perdite, mediante deliberazione dell’assemblea con le maggioranze previste dall’art. 2479-bis, comma 3, c.c.. Il socio escluso potrà opporsi giudizialmente all’esclusione, dimostrando che vi siano state violazioni inerenti i presupposti di tale esclusione.
L’art. 2466, comma 4, c.c. precisa che il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci. Tale divieto si riferisce anche ai casi nei quali il voto spetti al terzo a causa di pegno, usufrutto, sequestro, pignoramento o fallimento, e scatta con il semplice inadempimento, ancor prima della diffida da parte degli amministratori. Il divieto si estende anche al mero intervento in assemblea, tenuto conto che il divieto di voto potrebbe risultare frustrato permettendo al socio moroso di influenzare positivamente o negativamente le decisioni dei soci. La partecipazione del socio moroso, in applicazione analogica dell’art. 2368, comma 3, c.c., è computata ai fini della regolare costituzione dell’assemblea ma non del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richieste per l’approvazione delle deliberazioni. Parimenti, sono sospesi i diritti patrimoniali come il diritto d’opzione o di prelazione mentre i dividendi eventualmente conseguiti sono oggetto di compensazione con il debito del socio moroso.
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in Diritto Societario
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