La S.r.l. a base familiare: il passaggio generazionale nell’amministrazione della società attraverso i diritti particolari
Il capostipite di un’impresa familiare costituita sotto forma di S.r.l. dispone di diversi strumenti, di origine legale e statutaria, per programmare efficacemente la successione della governance societaria. La scelta di utilizzare un istituto piuttosto che di un altro dipende dalle specifiche esigenze concrete della realtà familiare interessata. In linea generale, tuttavia, lo strumento dei diritti particolari risulta particolarmente efficace a garantire il rispetto dell’assetto organizzativo voluto dal capofamiglia nella programmazione del passaggio generazionale. Infatti, con la circolazione dei diritti particolari il capofamiglia può stabilmente vincolare il governo societario all’erede designato ed eventualmente distribuire diritti amministrativi minori agli altri successori, scongiurando eventuali rivendicazioni di questi ultimi tenendo conto del valore economico dei diritti attribuiti nella predisposizione delle quote di legittima. La clausola statutaria con cui si pianifichi, alla morte del titolare, il trasferimento dei diritti particolari assieme alla quota, o ad una frazione della stessa, può essere modificata o abrogata solo col consenso di tutti i soci, o con una decisione a maggioranza, che legittima l’esercizio del diritto di recesso. Nella maggior parte delle realtà familiari, grazie alle recenti riforme sulle S.r.l. P.M.I., il capofamiglia può altresì ricorrere, unitamente ai diritti particolari, alle categorie speciali di quote.
1. Il passaggio generazionale nell’amministrazione della S.r.l.
La S.r.l. è la forma societaria più utilizzata dalle imprese familiari, in quanto la rilevante autonomia statutaria consente di ampliare le possibilità offerte dalla legge, con riferimento, in particolare, ai limiti alla circolazione delle quote, ai diritti particolari dei soci e sistemi di amministrazione. La S.r.l. rappresenta, quindi il modello organizzativo più idoneo a soddisfare gli interessi familiari anche nel momento successorio.
In tale contesto occorre infatti tenere in considerazione la capacità, le attitudini e le inclinazioni dei diversi componenti del nucleo familiare e, in particolar modo, di coloro che potrebbero essere chiamati a succedere, affinché il passaggio generazionale non incida negativamente sulla sopravvivenza dell’attività produttiva: pertanto, è fondamentale poter diversificare la posizione di chi subentrerà nel tenere le redini della gestione sociale da chi riceverà una particolare posizione volta principalmente alla percezione dell’utile.
A tal fine, è importante individuare le soluzioni più adeguate per realizzare la volontà del capofamiglia, che normalmente detiene la maggioranza dei voti, o comunque il potere decisionale per modificare lo statuto ed adottare le decisioni in merito alla modalità ed al soggetto a cui affidare il governo della società dopo la sua morte. Ciò in quanto solo una pianificazione efficiente del passaggio generazionale nelle posizioni di governo è in grado di garantire la prosecuzione dell’attività dell’impresa.
2. La previsione nello statuto del subentro dell’erede nella carica di amministratore
A seguito della morte del capofamiglia, l’erede che sia diventato socio non succede automaticamente nel ruolo di amministratore. Ai sensi degli artt. 2475, comma 1 e 2479, comma 2, c.c., l’amministrazione della società è affiatata a uno o più soci nominati con decisione dei soci stessi; l’unica ipotesi in cui l’assunzione della carica di amministratore potrebbe determinarsi con l’acquisto della qualità di socio è quella in cui la funzione di governo è attribuita a tutti i membri della società.
Di qui l’opportunità che nello statuto della S.r.l. preveda una disposizione in base alla quale, in deroga al regime legale di nomina degli amministratori, l’erede designato possa succedere automaticamente nell’amministrazione della società senza una formale decisione dei soci sul punto, indicando il nome del futuro amministratore, il quale ricoprirà tale ruolo al verificarsi della morte, o al raggiungimento di una data soglia d’età, da parte del capostipite.
La successione automatica dell’erede designato nelle posizioni di governo della società può essere altresì ottenuta mediante l’inserimento di previsioni statutarie che limitano l’accesso alla carica di amministratore a chi possegga determinate caratteristiche, le quali, in considerazione del livello di dettaglio, consentano di individuare un solo specifico soggetto.
La presenza di più eredi può tuttavia complicare la situazione, in quanto può rendere instabile la disposizione statutaria voluta dal capofamiglia, la quale potrebbe essere revocata a seguito della sua uscita dalla società. La designazione del successore nella gestione richiede, quindi, che la clausola statutaria sia accompagnata da una procedura di modifica con maggioranze rafforzate o con l’unanimità.
Inoltre, potrebbero in tal caso sorgere dei conflitti con il diritto successorio, poiché una clausola di successione automatica comporta che un solo erede sia insignito del potere di amministrazione e, di conseguenza, non può prescindersi dalla valutazione economica dello stesso, in modo da scongiurare una violazione delle quote di legittima.
Di qui l’opportunità di superare tali criticità, prendendo in considerazione soluzioni diverse rispetto alla previsione nello statuto del subentro dell’erede nella carica di amministratore.
3. L’attribuzione di diritti particolari inerenti all’amministrazione della società
L’art. 2468, comma 3 e 4 c.c. prevede che possano essere attribuiti ai soci diritti particolari; nel novero di tali diritti è possibile includere anche quelli inerenti l’amministrazione della società e quindi la successione nella gestione della S.r.l. E’ quindi possibile prevedere nello statuto la possibilità del capofamiglia di attribuire un diritto particolare attinente la nomina di un amministratore, o eventualmente anche la maggioranza o la totalità dei componenti dell’organo amministrativo della società.
La possibilità del capofamiglia di trasmettere all’erede diritti particolari afferenti all’amministrazione della società permette di assicurare la successione del soggetto designato a guidare la società, regolando anche la posizione degli altri eventuali eredi. Infatti, in presenza di più soci appartenenti a diversi rami familiari, è possibile tramandare ai discendenti dei diritti particolari minori riguardanti la gestione, o la distribuzione degli utili, garantendo la permanenza del medesimo equilibrio tra i componenti anche a seguito dell’ingresso delle nuove generazioni.
Accanto ai diritti particolari di natura amministrativa, il capofamiglia può attribuire altri diritti particolari al proprio erede al fine di regolare la successione nei poteri di governo, quali, in particolare, il diritto di adottare o utilizzare determinate decisioni riguardanti la gestione della società, il diritto di esprimere il gradimento su amministratori designati dagli altri soci, il diritto di veto ed il diritto di consultazione.
È invece controversa la possibilità di assegnare al socio, quale diritto particolare, un voto plurimo o comunque maggiorato rispetto alla relativa quota di partecipazione, da esercitare nella delibera di nomina dell’organo amministrativo al compimento di determinate operazioni gestorie, funzionali al soddisfacimento dell’interesse del capofamiglia a programmare la successione nei poteri di governo.
Pertanto, ai fini della successione dell’erede designato al governo della società, è consigliabile che il capofamiglia opti per l’inserimento di una clausola statutaria con contenga l’attribuzione di un diritto particolare di nomina di uno o più amministratori, o di essere amministratore.
La previsione nello statuto della successione nei diritti particolari costituisce uno strumento efficace per assecondare la volontà del capofamiglia e programmare un passaggio generazionale nella gestione idoneo a durare nel tempo, dato che, ai sensi dell’art. 2468, comma 4, c.c., la modifica dei diritti particolari richiede l’unanimità.
4. L’attribuzione di diritti particolari in presenza di più eredi
L’utilità di inserire nello statuto di una clausola che consenta la circolazione dei diritti particolari riguardanti l’amministrazione della società emerge con particolare evidenza nell’ipotesi in cui il capostipite abbia più eredi.
In tal caso, è possibile inserire nello statuto una clausola che consente al capofamiglia la libertà di dividere la propria partecipazione tra i soci eredi, assegnando il diritto particolare soltanto ad uno di essi, oppure, ove concretamente possibile, moltiplicando il diritto per ciascuna frazione. Inoltre, qualora il capostipite sia titolare di più e diversi diritti particolari, una clausola statutaria potrebbe consentirgli di distribuirli tra i successori.
Occorre tuttavia rispettare le regole di diritto successorio, non potendosi prescindere dalla considerazione del valore economico dei diritti particolari, che andrebbe aggiunto a quello della partecipazione sociale trasmessa, al fine di tutelare le ragioni dei legittimari.
Dunque, l’utilizzo dello strumento statutario della circolazione dei diritti particolari a contenuto amministrativo può certamente risultare efficiente per la programmazione della successione nel governo della società anche quando il capofamiglia abbia più eredi, purché siano valutati economicamente tali diritti nel rispetto delle quote di legittima.
5. Diritti diversi e categorie di quote nelle S.r.l. P.M.I.
Nella maggior parte delle realtà familiari, grazie alle recenti riforme sulle S.r.l. P.M.I., il capofamiglia può altresì ricorrere, unitamente ai diritti particolari, alle categorie speciali di quote.
A seguito delle modifiche legislative principiate con il D.L. n. 179/2012, convertito nella L. 17 dicembre 2012, n. 221 sulle start up innovative, sono state introdotte rilevanti novità, tra cui la possibilità di emettere categorie di quote fornite di diritti diversi e l’apertura a forme di finanziamento tramite portali online con la tecnica del crowdfunding, le quali sono poi state progressivamente estese a tutte le piccole e medie imprese costituite in forma di S.r.l. (art. 57, comma 1,D.L. n. 50 del 2017, convertito nella L. 21 giugno 2017, n. 96).
Il campo di applicazione della nuova disciplina delle S.r.l. P.M.I. è potenzialmente amplissimo, in quanto riguarda tutte le società che non raggiungono le soglie previste dalla Raccomandazione n. 2003/361/CE (attuata in Italia con il D.M. 18 aprile 2005), ovvero l’impiego di 250 persone e un fatturato annuo di 50 milioni di euro, o, in alternativa, un bilancio annuo pari a 43 milioni di euro. Conseguentemente, quasi tutte le imprese familiari che assumono la forma di S.r.l. sono qualificabili come P.M.I. e la relativa disciplina assurge a modello principale o ordinario.
L’art. 26, comma 2 e 3, D.L. n. 179/2012 ha previsto che l’atto costituito, nei limiti imposti dalla legge, può introdurre varie categorie di partecipazioni e determinare liberamente il contenuto delle stesse, anche in deroga agli artt. 2468, comma 2 e 3 e 2479 comma 5, c.c. Si tratta di uno strumento che, sebbene concepito nell’ottica di agevolare il ricorso al mercato del capitale di rischio, è strategico anche nelle S.r.l. P.M.I., al fine di differenziare la posizione dei diversi componenti della famiglia.
Infatti, la varietà dei contenuti che possono assumere i diritti diversi afferenti alle categorie di quote comprende espressamente la privazione del diritto di voto o l’attribuzione di diritti di voto limitati, subordinati, o in misura non proporzionale alla partecipazione. Possono quindi essere riconosciuti diritti diversi con voto maggiorato o plurimo, che potrebbero essere attribuiti al capofamiglia, titolare delle quote standardizzate facenti parte di tale categoria, affinché possa detenere il potere di governo societario, adottando decisioni gestorie e nominando gli amministratori.
Pertanto, nelle S.r.l. P.M.I. è particolarmente interessante la possibilità di realizzare una coesistenza tra quote appartenenti a categorie e diritti particolari attribuiti ad personam , anche in capo al medesimo soggetto, affinché i soci, e specialmente, il capofamiglia, possano disporre di strumenti configurabili con un’ampia gamma di contenuti riguardanti l’amministrazione, utili a regolare la successione nei poteri di governo.
Avv. Valerio Pandolfini
Consulenza legale diritto societario
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