La delega di funzioni
La delega di funzioni costituisce un importante strumento di organizzazione aziendale che consente a un soggetto sul quale ricadono determinate posizioni di garanzia, i relativi poteri, doveri e responsabilità giuridiche. La delega di funzioni si è affermata, nel corso degli anni, nelle realtà aziendali complesse, quale strumento idoneo, da un lato, a promuovere una gestione efficiente delle attività aziendali, anche mediante il coinvolgimento di soggetti dotati di specifiche professionalità e competenze, e dall’altro, a mitigare i profili di responsabilità di coloro che rivestono posizioni di garanzia originarie, soprattutto nei settori prevenzionistico ed ambientale. Analizziamo caratteristiche, requisiti e presupposti di ammissibilità di tale istituto.
1. Natura ed effetti della delega di funzioni
La delega di funzioni costituisce un importante strumento di organizzazione aziendale che consente a un soggetto sul quale ricadono determinate posizioni di garanzia, di trasferire ad altri soggetti i relativi poteri, doveri e responsabilità giuridiche. Essa è in particolare utilizzata nelle organizzazioni aziendali complesse, dove risulta difficile, se non impossibile, per i dirigenti assolvere, da soli, la congerie di compiti previsti dalle vigenti normative di settore, ed è quindi particolarmente avvertita l’esigenza di trasferire ad altri soggetti, che nella scala gerarchica della struttura dell’ente occupano una posizione subordinata, alcuni poteri e le connesse responsabilità.
La delega di funzioni è appunto l’atto con il quale un soggetto (delegante) trasferisce ad un altro soggetto (delegato) gli obblighi che si collegano alla propria specifica posizione giuridica, unitamente ai poteri idonei a consentirne l’adempimento. Al trasferimento delle funzioni si associa il trasferimento delle responsabilità, civili e penali, connesse al mancato adempimento degli obblighi previsti dall’ordinamento.
Il delegato è, quindi, il (nuovo) soggetto tenuto in via esclusiva, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 40 cpv C.p., ad assicurare il rispetto delle prescrizioni normative connesse alle funzioni trasferite, mentre il delegante può ritenersi esonerato da responsabilità, seppure nei limiti e con le avvertenze di cui si dirà nel proseguo circa la vigilanza sull’esercizio della delega (v. par. 3).
La delega di funzioni si distingue dall’atto di nomina o di preposizione ad un determinato ruolo organizzativo (ad es., Datore di Lavoro, Medico Competente, Gestore Ambientale, ecc.), nel quale non si configura alcuna delega, intesa quale devoluzione delle funzioni (e delle relative responsabilità) mediante la creazione di una posizione di garanzia derivata, bensì il conferimento di uno specifico ruolo nei confronti di un soggetto, destinato ad acquisire la posizione giuridica di garante originario. L’atto di nomina, in altri termini, non è preordinato al trasferimento, nei confronti di un soggetto terzo, delle funzioni proprie del garante originario, ma costituisce la fonte di attribuzione dei compiti, dei poteri e delle responsabilità che l’ordinamento associa ad una determinata posizione soggettiva.
Ad esemplo, l’organo amministrativo di una società può decidere, nella propria qualità di Datore di Lavoro originario, di rilasciare al direttore di stabilimento una delega di funzioni ai sensi dell’art. 16, D.lgs. n. 81/2008, oppure di conferirgli il ruolo di Datore di Lavoro della stessa unità produttiva: nel primo caso, al direttore di stabilimento sarà ascrivibile la qualifica di garante derivato, con conseguente mantenimento, in capo all’organo amministrativo, del ruolo datoriale; nel secondo caso, il direttore di stabilimento assumerà a titolo originario la qualifica di Datore di Lavoro ai fini prevenzionistici.
La delega di funzioni presenta sostanziali differenze anche rispetto all’istituto della cd. delega interna, ossia quella conferita dall’organo amministrativo collegiale ad uno o più dei suoi membri ai sensi dell’art. 2381 c.c. In presenza di un’attribuzione di funzioni da parte del Consiglio di amministrazione ad uno o più dei suoi componenti, infatti, non può parlarsi di delega di funzioni, in quanto l’amministratore delegato, nella misura in cui la delega di gestione traduce in termini operativi le previsioni statutarie o le indicazioni dell’assemblea, assume la veste di garante originario.
All’interno della generale categoria della delega di funzioni si distinguono due figure: l’incarico di funzioni in senso proprio e l’incarico di mera esecuzione. Nell’incarico di funzioni il soggetto preposto all’attività dirigenziale, su cui per natura grava l’osservanza del precetto, trasferisce i propri compiti ad un soggetto terzo, affinché questi vi adempia autonomamente. Nell’incarico di esecuzione, invece, il soggetto originariamente obbligato non trasferisce ad altri la propria funzione, ma delega, soltanto il momento attuativo, senza alcuna esimente sul piano oggettivo.
I settori in cui la delega di funzioni è maggiormente applicata sono la normativa sulla sicurezza sul lavoro e la normativa ambientale.
La delega di funzioni costituisce inoltre uno dei requisiti per la costruzione di un Modello Organizzativo idoneo ai sensi del D.lgs. n. 231/2001. L’art. 6, comma 2, di tale decreto stabilisce infatti che i Modelli Organizzativi devono essere definiti in relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, con ciò riconoscendo espressamente la rilevanza che, nella fase di progettazione dei Modelli, dev’essere ascritta alla valutazione del sistema di distribuzione dei poteri e dei doveri in seno all’ente.
Analogamente, l’art. 30, comma 3, del D.lgs. n. 81/2008 (cd. Testo Unico Sicurezza) prevede che, ai fini dell’esimente dalla responsabilità amministrativa prevista dal D.lgs. n. 231/2001, il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio.
Ancora, Le Linee Guida di Confindustria per la progettazione dei Modelli Organizzativi richiamano, nel novero dei protocolli raccomandati ai fini di un Modello Organizzativo che possa considerarsi idoneo ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, i poteri autorizzativi e di firma, consistenti in un sistema di deleghe e procure nonché, con riguardo ai reati colposi, la struttura organizzativa coerente con le previsioni di cui all’art. 30, comma 3, D.lgs. n. 81/2008, ai cui fini si richiama espressamente lo strumento della delega di funzioni.
Da ultimo, anche la Suprema Corte (Cass. n. 9132/2017) ha ritenuto che l’assenza di un sistema di deleghe di funzioni è fatto che di per sé prova la mancanza di un efficace modello organizzativo adeguato a prevenire la consumazione del reato da parte dei vertici societari.
2. I requisiti di ammissibilità della delega di funzioni
La delega di funzioni ha trovato primario riconoscimento legislativo, come noto, nel settore della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, e segnatamente nell’art. 16, D.lgs. n. 81/2008, che consente espressamente il ricorso a tale strumento, individuandone le relative condizioni di ammissibilità.
In particolare, ai sensi dell’art. 16, comma 1, D.lgs. 81/2008, la delega di funzioni da parte del datore di lavoro, è ammessa a condizione che:
- risulti da atto scritto recante data certa;
- il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
- la delega attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
- la delega attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
- la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Il successivo comma 2 dispone che alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità, mentre il comma 3 bis ammette la possibilità di ricorrere alla delega cd. di secondo livello, ossia la subdelega, sempre nel rispetto dei medesimi requisiti.
Nel corso degli anni, l’operatività dell’istituto si è progressivamente ampliata, estendendosi ad ulteriori settori nevralgici dell’organizzazione aziendale, quali ad esempio quelli connessi alla gestione delle questioni di matrice ambientale, alla sicurezza degli alimenti, etc.
La giurisprudenza ha quindi esteso i requisiti di cui all’art. 16, D.lgs. n. 81/2008, originariamente previsti con riguardo al solo ambito prevenzionistico, ad altri settori, ritenendoli parametri generali di ammissibilità delle deleghe di funzioni.
In particolare, la Cassazione, a partire dalla sentenza n. 27862/2015, muovendo dalla irrilevanza del requisito dimensionale in ambito prevenzionistico, ai sensi dell’art. 16, D.lgs. 81/2008, ne ha affermato l’inoperatività anche in ambito ambientale, sulla base del principio di non contraddizione dell’ordinamento, ritenendo che non è possibile imporre o consentire (in materia prevenzionistica) e, al contempo, vietare (in materia ambientale) il medesimo fatto (ossia il conferimento di una delega di funzioni nelle modeste realtà organizzative), data l’affinità tra il settore prevenzionistico e quello ambientale.
Il presupposto di qualsiasi delega di funzioni è costituito dalla trasferibilità di queste ultime, da intendersi in una duplice prospettiva:
- da un lato, nel senso della necessaria titolarità, in capo al delegante, delle funzioni che egli intende trasferire, dovendosi pertanto escludere la possibilità di delegare una funzione che sia di spettanza del delegante;
- dall’altro, nel senso della delegabilità delle funzioni, dovendosi tenere conto di eventuali limiti di legge, quali ad esempio quelli contemplati dall’art. 17, D.lgs. n. 81/2008, che esclude la possibilità per il Datore di Lavoro di delegare efficacemente la valutazione dei rischi – sebbene sia stata riconosciuta dalla giurisprudenza la possibilità di delegare la redazione del relativo documento di valutazione – e la nomina del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione.
Sul piano formale, l’ammissibilità della delega di funzioni è condizionata alla presenza di un atto scritto, avente data certa e recante accettazione scritta del delegato. L’art. 16, D.lgs. n. 81/2008, richiama il requisito della certezza della data con riguardo al solo conferimento della delega, senza estenderlo espressamente alla successiva accettazione scritta del delegato; tuttavia, dato che la ratio della previsione consiste nell’esigenza di definire inequivocabilmente il dies a quo della traslazione delle funzioni delegate, anche nell’ottica delle eventuali responsabilità in caso di inadempimento, e che tale traslazione ha luogo solo con l’accettazione da parte del delegato, può ritenersi che anche quest’ultima necessiti la data certa.
Sul piano sostanziale, requisito fondamentale è la professionalità del delegato, il quale deve disporre delle conoscenze e dell’esperienza idonee ad assicurare un contributo tecnicamente qualificato in sede di esercizio della delega. In proposito, non è sufficiente una sommaria capacità organizzativa o l’esperienza lavorativa maturata all’interno dell’organizzazione, ma occorre una specifica expertise in relazione alle funzioni in concreto trasferite.
È altresì necessario che il delegato sia assegnatario di poteri effettivi, sia sul piano gestorio, organizzativo e decisionale che sotto il profilo economico e di spesa, dovendo in ogni caso gli stessi essere commisurati – quanto al contenuto ed alle modalità di esercizio – alle funzioni delegate.
I poteri oggetto di delega devono essere quindi indicati in modo circostanziato e devono essere disciplinati – soprattutto sul piano dei poteri di spesa – i relativi limiti ed i casi di urgenza ed indifferibilità dell’intervento (si pensi, ad esempio, ai casi in cui il delegato in ambito prevenzionistico si trovi a far fronte ad una situazione di grave pericolo per l’incolumità dei lavoratori, o ancora al caso in cui il delegato ambientale debba scongiurare il possibile inquinamento di falde acquifere). Nella prassi applicativa spesso si prevede che, nei casi di urgenza ed indifferibilità, il delegato possa agire anche oltre i limiti delle proprie attribuzioni o dei poteri di spesa, salva successiva rendicontazione al delegante.
I poteri devono essere altresì esercitati dal delegato in piena ed assoluta autonomia, senza ingerenze o limitazioni indebite da parte del delegante.
In ambito prevenzionistico, l’art. 16, comma 2, D.lgs. n. 81/2008 richiede, seppure non ai fini dell’ammissibilità della delega di funzioni, che ad essa sia data adeguata e tempestiva pubblicità, la quale potrà essere assicurata promuovendo le opportune attività di comunicazione all’interno dell’ente (ad es. attraverso l’invio di una comunicazione informativa a tutti i dipendenti, l’affissione della comunicazione e dell’organigramma aziendale sulle bacheche aziendali, etc), nonché mediante deposito della delega di funzioni presso il Registro delle Imprese, così da consentirne la conoscenza anche agli interlocutori istituzionali dell’ente (ad es., appaltatori, clienti, ecc.).
In precedenza, la delega di funzioni era ritenuta ammissibile solo ove necessaria alla luce delle dimensioni degli enti o in presenza di comprovate esigenze organizzative; a seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. 81/2008, il cui art. 16 non menziona tale requisito, e dei successivi interventi giurisprudenziali che hanno valorizzato il principio di non contraddizione dell’ordinamento, tale requisito non considerato è più rilevante.
Si ritiene altresì necessario, quale condizione di ammissibilità della delega, che vengano puntualmente e dettagliatamente descritte le funzioni oggetto di trasferimento. Non può, pertanto, ritenersi sufficiente la mera indicazione dell’ambito aziendale interessato alla delega (ad es., il settore prevenzionistico, ambientale, ecc.), ma devono essere invece appositamente indicati gli specifici doveri che si intendono trasferire al delegato.
La giurisprudenza, a partire dal caso Thyssenkrupp (Cass. S.U., n. 3834/2014) ha inoltre affermato il principio– successivamente ribadito più volte – secondo cui la delega di funzioni può avere ad oggetto un ambito definito e non l’intera gestione aziendale, ferma restando la necessità, anche laddove si circoscriva l’ambito di intervento e di responsabilità del delegato, di attribuire pieni poteri, in primo luogo quelli di spesa.
La giurisprudenza ha inoltre affermato che, in caso di sostituzione del Datore di Lavoro, la delega originariamente conferita al precedente soggetto diviene inefficace, sulla base del presupposto che le deleghe costituiscono atti personali caratterizzati da intuitu personae, destinati a perdere validità ed efficacia al venire meno, in capo al delegante, della relativa posizione di garanzia, con ritorno dei poteri e delle responsabilità in materia prevenzionistica in capo al Datore di Lavoro pro tempore.
3. Gli obblighi di vigilanza del delegante
Come si è visto, con la delega di funzioni il delegante trasferisce in capo al delegato le funzioni oggetto di delega unitamente alla relativa posizione di garanzia, mantenendo comunque su di sé l’obbligo di vigilare sul corretto uso della delega stessa. La delega, infatti, che certamente ha l’effetto di traslare poteri e responsabilità in capo al delegato, non ha anche effetti liberatori nei confronti del delegante, cioè non comporta la dismissione della posizione originaria di garanzia normativamente prevista, permanendo in capo delegante, nonostante la delega, una responsabilità per culpa in vigilando.
Ne consegue che, in caso di violazione dei doveri connessi alle funzioni delegate, la responsabilità grava sul delegato, nella sua qualità di garante derivato, ma il delegante può essere chiamato a rispondere, nonostante la delega, nell’ipotesi di mancato controllo o verifica dell’operato del delegato.
Sebbene l’obbligo di vigilanza trovi riconoscimento legislativo solo nel settore prevenzionistico, segnatamente nell’art. 16, comma 3, D.lgs. 81/2008, è pacifica la sua operatività anche nel settore ambientale.
Il delegante non è, tuttavia, tenuto ad essere fisicamente presente in azienda, né ad effettuare un controllo quotidiano ed operativo sulle attività svolte dal delegato in adempimento della delega di funzioni, non potendosi peraltro escludere che in tal caso si configurino i margini di una indebita interferenza del delegante, potenzialmente idonea a compromettere l’autonomia del delegato e l’esercizio dei suoi poteri, con conseguente incidenza sull’efficacia stessa della delega.
In realtà, il delegante deve promuovere una vigilanza «alta», che riguarda, in linea generale, la complessiva attività del delegato, anche sotto il profilo della adeguata gestione del rischio. Le dinamiche relazionali tra delegante e delegato possono essere, in proposito, variamente modulate, tenendo conto della specifica realtà organizzativa nonché delle peculiari esigenze di prevenzione del rischio.
In questo senso, il delegante può chiedere di essere periodicamente informato, ad esempio, sullo stato di generale attuazione del sistema di controllo interno o circa le principali modifiche organizzative intervenute. Spesso, nella prassi, vengono inserite all’interno delle deleghe di funzioni apposite clausole finalizzate a promuovere un flusso informativo regolare, dal delegato in favore del delegante, in merito ai dati ed alle informazioni di carattere strutturale riguardanti le funzioni delegate.
Ai sensi dell’art. 16, comma 3, D.lgs. n. 81/2008, l’obbligo di vigilanza si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4 del medesimo decreto. Il delegante può quindi adempiere al proprio obbligo di vigilanza nei confronti del delegato assicurando l’attività di controllo in precedenza descritta oppure, in via alternativa, promuovendo l’adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4, D.lgs. n. 81/2008. Tale ultima norma stabilisce che il Modello organizzativo deve prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.
In proposito si ritiene che, poiché l’art. 16, comma 3 D.lgs. n. 81/2008 richiama non già in generale l’art. 30 – che come noto riguarda nel suo complesso il Modello Organizzativo e ne declina i requisiti di idoneità ai fini dell’esimente da responsabilità ai sensi del D.lgs. 231/2001 – bensì una sua previsione specifica, ossia il comma 4, il modello di verifica e controllo di cui all’art. 16, comma 3, coincide con il sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate, che costituisce una delle componenti del modello organizzativo.
Tale sistema di controllo consiste nel complesso di attività e di presidi propri dell’Organismo di Vigilanza (OdV), istituzionalmente assegnatario, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b), del D.lgs. n. 231/2001, del compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento.
Ai fini del sistema di controllo di cui all’art. 30, comma 4, del D.lgs. n. 81/2008 assumono pertanto rilevanza, in primo luogo, la nomina dell’OdV e lo svolgimento di un’efficace attività di controllo sull’idoneità ed effettività del Modello Organizzativo, inteso quale complesso dei presidi e dei protocolli di controllo implementati in seno all’ente al fine di prevenire la commissione di condotte penalmente rilevanti.
Oltre all’attività di verifica dell’OdV, occorre altresì implementare degli strumenti di controllo tra loro coordinati (costituenti appunto, un «sistema»), finalizzati a promuovere l’attività di controllo dell’OdV. In questo senso sono utili, ad esempio:
- un sistema strutturato di flussi informativi, periodici o ad evento, che includa anche le informazioni riguardanti il sistema di deleghe, unitamente alle relative modifiche, e il loro effettivo esercizio; l’inoltro all’OdV della reportistica periodica normalmente destinata al delegante; il coinvolgimento dell’OdV nelle riunioni periodiche in materia prevenzionistica;
- l’istituzione di un sistema di segnalazioni riguardanti l’eventuale violazione dei limiti, funzionali o di spesa, delle deleghe, ecc.;
- un sistema disciplinare tale da sanzionare le eventuali violazioni ascrivibili al delegato.
Dato che il sistema delle deleghe costituisce uno dei protocolli di controllo facenti parte del Modello Organizzativo, l’obbligo di vigilanza datoriale sull’esercizio della delega di funzioni da parte del delegato può intendersi assolto ove l’OdV abbia effettivamente ed efficacemente vigilato, con l’ausilio degli strumenti e dei presidi all’uopo adottati ed implementati in seno all’ente, sull’adeguatezza del sistema di deleghe – intesa quale conformità rispetto alla normativa vigente ed idoneità a prevenire la commissione di condotte penalmente rilevanti – nonché sulla sua effettività, ossia sul rispetto delle previsioni e dei limiti, anche di spesa, di esercizio delle deleghe stesse.
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Avv. Valerio Pandolfini
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