Green pass: gli obblighi per le aziende
Il DL n. 127/2021 ha esteso ulteriormente l’ambito di applicazione dell’obbligo di certificazione verde COVID-19 (c.d. green pass) al mondo del lavoro pubblico e privato. Gli artt. 1 e 3 del Decreto prevedono che, dal 15 ottobre 2021 e fino al termine dello stato di emergenza (31 marzo 2022), è obbligatorio essere in possesso e mostrare su richiesta la c.d. certificazione verde Covid-19, nei luoghi di lavoro sia pubblici che privati. Spetta al datore di lavoro organizzare l’attività aziendale e controllare che siano rispettate tutte le misure idonee ad assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro. Il DPCM 12 ottobre 2021, modificando il DPCM 17 giugno 2021, ha introdotto nuove modalità automatizzate di verifica delle certificazioni verdi Covid-19 sui luoghi di lavoro. Il DL 7 gennaio 2022 n. 1 ha modificato gli artt. 9 bis e 9-sexies del DL n. 52/2021, introducendo l’obbligo vaccinale per i cittadini che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, a decorrere dal 15 febbraio 2022. Da tale data, pertanto, chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore pubblico o privato e a cui si applica l’obbligo vaccinale esposto sopra, per l’accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale deve possedere ed esibire una delle certificazioni verdi Covid-19 di vaccinazione o di guarigione. Il DL n. 24/2022 ha eliminato gradualmente , a partire dal 1° aprile 2022, le restrizioni attualmente in vigore.
1.Dal DL n. 127/2021 e DL n.1/2022 al DL n. 24/2022
Il DL 21 settembre 2021 n. 127,intervenendo sul DL n. 52/2021, ha esteso ulteriormente l’ambito di applicazione dell’obbligo di certificazione verde COVID-19 (c.d. green pass) al mondo del lavoro pubblico e privato.
Gli artt. 1 e 3 del DL n. 127/2021 prevedono infatti che, dal 15 ottobre 2021 e fino al termine dello stato di emergenza (identificato nella data del 31 marzo 2022), è obbligatorio essere in possesso e mostrare su richiesta la c.d. certificazione verde Covid-19 nei luoghi di lavoro, sia pubblici che privati.
Dunque, il DL n.127/2021 non ha posto in capo ai lavoratori alcun obbligo di procedere alla vaccinazione per il Codiv-19( obbligo che riguarda ancora oggi e fino al 31 dicembre 2022,, ai sensi del nuovo DL n. 24/2022, esclusivamente i professionisti e gli operatori sanitari), ma solo quello di possedere ed esibire il green pass per accedere al luogo di lavoro, quali che siano le modalità con cui è stato ottenuto.
Il controllo deve riguardare l’accesso ai ” luoghi di lavoro in senso lato”; il DL ha infatti utilizzato una definizione molto ampia, da cui si può desumere l’intenzione di subordinare al possesso del Green Pass l’accesso a qualsiasi luogo in cui il lavoratore debba svolgere la sua attività, incluse quindi le pertinenze quali i cortili, i cantieri edili, il luogo in cui va svolta la trasferta (in questo caso, il controllo è affidato al soggetto presso il quale si svolgerà la prestazione)
Deve peraltro trattarsi di un luogo in cui il lavoratore possa entrare in contatto con altri soggetti per lo svolgimento dell’attività lavorativa( si pensi ad esempio al caso del tecnico della compagnia telefonica che debba accedere a un’abitazione privata per eseguire un intervento di riparazione, o all’autotrasportatore che abbia necessità di accedere a un piazzale dedicato alle attività di caricoscarico merci ove sia presente personale addetto alla logistica).
Spetta dunque al datore di lavoro organizzare l’attività aziendale e controllare che siano rispettate tutte le misure idonee ad assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro. A tal fine, il datore di lavoro- sia pubblico che privato- deve implementare un sistema di screening dei lavoratori.
Il DPCM 12 ottobre 2021 ha modificato il DPCM 17 giugno 2021 introducendo nuove modalità automatizzate di verifica delle certificazioni verdi Covid-19 sui luoghi di lavoro.
Il DL 7 gennaio 2022 n.1 ha modificato gli artt.9 bis e 9-sexies del DL n.52/ 2021, introducendo l’obbligo vaccinale per i cittadini che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, a decorrere dal 15 febbraio 2022. Da tale data, pertanto, chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore pubblico o privato e a cui si applica l’obbligo vaccinale esposto sopra, per l’accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale dovrà possedere ed esibire una delle certificazioni verdi Covid-19 di vaccinazione o di guarigione, di cui all’art. 9, comma 2, lettere a), b) e c-bis) del DL n. 52/2021.
E’ pertanto vietato l’accesso dei lavoratori over 50 ai luoghi di lavoro in violazione dell’obbligo vaccinale. Il possesso delle certificazioni verdi Covid-19 rafforzate da parte dei soggetti over 50 sottoposti all’obbligo di vaccinazione è verificata dai rispettivi datori di lavoro, mediante l’App VerificaC19.
Qualora i lavoratori over 50 comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 “rafforzata”, gli stessi sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento.
La violazione delle disposizioni di cui sopra comporta il pagamento di una sanzione di un importo da Euro 600,00 a Euro 1.500,00. Restano inoltre ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
L’obbligo vaccinale non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di base dell’assistito o dal medico vaccinatore. In tali casi la vaccinazione può essere omessa o differita. Una precedente infezione da SARS-CoV-2 determina il differimento della vaccinazione fino alla prima data utile prevista secondo quanto indicato dal Ministero della salute.
Il DL n. 24/2022, intervenendo sul DL n. 127/2021, ha introdotto una serie di importanti modifiche all’obbligo di certificazione verde Covid-19 per poter accedere ai luoghi di lavoro pubblico e privato. Infatti:
- dal 1° aprile 2022 al 30 aprile 2022, è consentito a tutti i lavoratori, anche agli over 50, accedere al proprio luogo di lavoro esibendo il green pass “base” (ottenuto a seguito dell’avvenuta vaccinazione, guarigione oppure passendo un tampone negativo);
- a partire dal 1° maggio 2022 l’obbligo di green pass viene eliminato.
Ai sensi dell’art. 8 del DL n. 24/2022, fino al 31 dicembre 2022 resta in vigore l’obbligo vaccinale, con la sospensione dal lavoro, per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA.
2.L’ obbligo del green pass: i soggetti destinati e le esenzioni
L’art. 3 del DL n. 127/2021 ha inserito l’art. 9-septies nel DL n. 52/2021, che disciplina l’impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato. Per effetto di tale disposizione, dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021, sono obbligati, per accedere al luogo nel quale svolgono l’attività lavorativa, ad avere ed esibire il green pass:
- tutti i lavoratori del settore privato;
- i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro afferenti al settore privato, anche sulla base di contratti esterni, ivi compresi i lavoratori autonomi ed i collaboratori non dipendenti.
L’obbligo di essere in possesso ed esibire il green pass riguarda quindi anche:
- tirocinanti;
- lavoratori autonomi;
- collaboratori coordinati e continuativi;
- interinali;
- dipendenti di altra azienda in distacco.
Tale obbligo invece non riguarda i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
E’ dunque sottoposto all’obbligo di possedere e di esibire il green pass chiunque si trovi in un ambiente di lavoro, anche qualora si tratti di un fornitore esterno o di un consulente, a prescindere dalla natura del rapporto.
L’obbligo riguarda anche i lavoratori somministrati, poiché accedono ad un luogo di lavoro. Il controllo iniziale del possesso del Green pass è affidato all’Agenzia, in quanto i soggetti privi di Green pass non sono idonei a svolgere le proprie mansioni; l’eventuale impossibilità di assicurarsi la prestazione del lavoratore da parte dell’utilizzatore potrà, quindi, essere fonte di responsabilità contrattuale per l’agenzia di somministrazione. Onere dell’utilizzatore è, invece, quello di verificare il possesso e l’esibizione del Green Pass da parte del lavoratore, in quanto l’utilizzatore osserva nei confronti dei lavoratori somministrati i medesimi obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto nei confronti dei propri dipendenti.
Non esiste invece obbligo di Green pass per chi lavora in telelavoro ( smart working), perché il Green pass serve per accedere ai luoghi di lavoro. Qualora dunque, per motivi organizzativi interni all’azienda, al lavoratore venga chiesto di svolgere la propria attività lavorativa da remoto, non gli potrà essere richiesto il green pass, né tanto meno il documento potrà essere verificato a distanza con le app o le piattaforme digitali presto a disposizione e i suoi dati non potranno essere né conservati né usati.
Tuttavia, lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green pass, individuando i lavoratori da adibire al lavoro agile sulla base del mancato possesso di tale certificazione. Non si ha quindi alcun diritto di usufruire dello smart working se non si è in possesso del certificato verde.
Nel caso in cui sia prevista una prestazione lavorativa in forma ibrida, ovvero in parte in presenza e in parte da remoto, il dipendente privo di Green pass non può rendere la parte di prestazione prevista in presenza, e per tale parte è certamente da considerarsi assente ingiustificato senza retribuzione, come si vedrà nel paragrafo 6. La prestazione lavorativa da remoto può invece essere effettuata anche senza Green pass-posto che quest’ultimo è previsto solo ai fini dell’ingresso nei luoghi di lavoro- con conseguente diritto del dipendente di ricevere la retribuzione relativa alle sole giornate lavorative da remoto.
Tuttavia in quest’ultimo caso il datore di lavoro potrebbe non avere interesse a ricevere una simile prestazione lavorativa parziale, considerando tra l’altro che, anche in caso di lavoro totalmente da remoto, è sempre contrattualmente prevista la possibilità di convocare il lavoratore in sede per particolari necessità(riunioni, incontri, etc.). Quindi, in base all’art.1464 c.c., l’azienda potrebbe rifiutare un adempimento parziale delle obbligazioni derivanti dai col contratto di lavoro, non avendovi un apprezzabile interesse, e quindi recedere dall’accordo di smart working, con la conseguenza che il dipendente verrebbe considerato assente ingiustificato per intero, perdendo il diritto alla retribuzione, sino a quando si ripresenti munito di Green pass.
Nel caso in cui il lavoratore debba svolgere la sua attività presso un soggetto terzo diverso dal datore di lavoro titolare del contratto, il controllo sul rispetto degli obblighi deve essere effettuato, oltre dal datore di lavoro, anche dal soggetto terzo ( si pensi ad esempio, al dipendente dell’appaltatore che sia impiegato nella fornitura di servizi sa rendersi presso i locali del committente: in questo caso il controllo spetta sia al datore di lavoro, sia al committente al momento dell’accesso o durante la permanenza del lavoratore presso i locali aziendali.)
Ai sensi dell’art. 9-septies, comma 5, DL n. 52/2021, le aziende sono tenute a informare lavoratori e alle imprese clienti e fornitrici circa l’entrata in vigore del nuovo obbligo, evidenziando la preclusione per legge dell’accesso nei luoghi di lavoro per chi non sia in possesso ed esibisca a richiesta un green pass valido e le conseguenti sanzioni, nonché le modalità con cui verranno effettuate le verifiche).
E’ possibile scaricare un modello di informativa per i lavoratori, cliccando qui ,con l’avvertenza che è necessario procedere alle opportune modifiche in rapporto alle specificità del singolo caso.
Il DL n. 139/2021 ha altresì stabilito che, in caso di richiesta del datore di lavoro derivante da specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione dell’attività, i lavoratori sono tenuti a comunicare l’eventuale mancato possesso di green pass con un preavviso idoneo a soddisfare le esigenze aziendali.
Rientrano nel concetto di specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione del lavoro – che legittimano la richiesta di rendere la comunicazione di eventuale mancanza di green pass – tutte le situazioni in cui la presenza o meno di determinati lavoratori può risultare decisiva per lo svolgimento dell’attività (si pensi ad esempio alle trasferte di personale specializzato, al lavoro a turni – in particolare nelle produzioni a ciclo continuo -ai presidi di sicurezza e ad altre situazioni analoghe), nonché, più in generale, anche le normali e ordinarie necessità di programmazione del lavoro.
3. Gli obblighi di controllo delle aziende
L’onere di controllare il possesso del green pass è in capo ai datori di lavoro, nei luoghi ove si svolge l’attività lavorativa. Tale nuovo obbligo sussiste sia rispetto ai propri dipendenti che con riguardo ad eventuali diversi soggetti che, ad altro titolo, frequentano i luoghi di lavoro. Nel caso di soggetti esterni, tuttavia, verifica dovrà essere svolta anche dai rispettivi datori di lavoro.
La normativa impone al datore di lavoro di verificare alternativamente:
- il green pass (o “certificato verde”);
- la certificazione di esenzione;
- documentazione equipollente rilasciata da stati terzi.
Il green pass può essere emesso solo in tre casi:
- vaccinazione( validità 12 mesi);
- guarigione da Covid-19 (validità 6 mesi);
- tampone negativo, di tipo molecolare naso-faringeo (validità 72 ore), molecolare salivare (validità 72 ore) o antigenico rapido (validità 48 ore).
Ai sensi dell’ art. 9, co. 1, lett. d) del DL n. 52/2021, il tampone che legittima il rilascio del green pass è il “test antigenico rapido”. La certificazione verde COVID-19 rilasciata sulla base del tampone ex art. 9, co. 2, lett. c) del Dl 52/2021, ha una validità di 48 ore dall’esecuzione del test ed è prodotta, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche, da quelle private autorizzate o accreditate e dalle farmacie che svolgono i test, ovvero dai medici di medicina generale o pediatri di libera scelta. La L. n. 126/2021, nel convertire, con modificazioni, il DL n. 105/2021, ha introdotto l’ulteriore modalità di esecuzione del tampone molecolare su campione salivare.
Le attività di verifica devono limitarsi al controllo dell’autenticità, validità e integrità della certificazione e non possono comportare, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario. Pertanto, non è consentito accedere alle informazioni in merito ai presupposti – vaccino, guarigione dal COVID-19 o tampone – che hanno determinato il rilascio della certificazione, né alla relativa scadenza e non è consentito richiedere copia delle certificazioni o farne foto.
Ai sensi dell’art. 9-septies, comma 5, DL n. 52/2021, le aziende devono nominare formalmente i soggetti incaricati di verificare il possesso del green pass e di accertare eventuali violazioni degli obblighi di legge. Tale nomina deve essere comunicata ai lavoratori.
Il datore di lavoro deve quindi individuare con atto scritto uno o più soggetti a cui delegare materialmente l’attività di controllo, soggetti che per competenza ( si pensi al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) o per funzione ( capi reparto, capi ufficio, team leader, addetti alla sicurezza) possano garantire l’effettività dei controlli.
Nel caso in cui il soggetto nominato sia un dipendente, si ritiene che quest’ultimo non sia obbligato ad adempiere al compito assegnatogli ma potrà comunque rifiutare l’incarico, senza che l’azienda possa aprire un procedimento disciplinare nei suoi confronti.
Qualora durante i controlli – effettuati con il software “VerificaC19” ovvero con il software messo a disposizione dal Ministero della Salute – il soggetto incaricato del controllo dovesse appurare la mancanza di un Green pass in corso di validità, dovrà fornire al lavoratore una lettera con la quale lo informa che dovrà allontanarsi dai locali aziendali e come verranno trattate le giornate di assenza dalla prestazione lavorativa. Inoltre, dovrà comunicare l’esito del controllo al datore di lavoro.
I soggetti individuati dal datore di lavoro devono trasmettere gli atti relativi alla violazione al Prefetto, il quale irroga le relative sanzioni. La norma non prevede tuttavia con quali modalità debbano essere trasmessi gli atti relativi alla violazione.
Il datore di lavoro non è tenuto solo alla verifica del Certificato Verde: la normativa applicabile prevede altresì che il soggetto che chiede di accedere ai luoghi di lavoro possa essere in possesso anche di un certificato di esenzione oppure di un documento equipollente al certificato verde emesso da stati terzi.
Nel primo caso (possesso di certificato di esenzione), nelle more che questo venga rilasciato in formato digitale, la verifica andrà effettuata sul certificato cartaceo. Il Ministero della Salute ha esteso la validità dei certificati in formato cartaceo sino al 30 novembre 2021. Il controllo del certificato cartaceo dovrà avere ad oggetto:
- i dati identificativi del soggetto interessato (nome, cognome, data di nascita);
- la dicitura: “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del decreto-legge 23 luglio 2021, n 105”;
- la data di fine di validità della certificazione;
- i dati relativi al Servizio vaccinale della Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale;
- il timbro e la firma del medico certificatore (anche digitale);
- il numero di iscrizione all’ordine o il codice fiscale del medico certificatore.
Nel secondo caso (possesso di documento equipollente al certificato verde, rilasciato da uno stato terzo), si dovranno verificare:
- se questo è stato rilasciato a seguito di vaccino;
- dati identificativi del titolare (nome, cognome, data di nascita);
- dati relativi al vaccino (denominazione e lotto);
- data/e di somministrazione del vaccino (avendo cura di verificare che si tratti di uno dei vaccini riconosciuti con provvedimento del Ministero della Salute);
- dati identificativi di chi ha rilasciato il certificato (Stato, Autorità sanitaria).
Oppure, se questo è stato rilasciato in seguito a guarigione:
- dati identificativi del titolare (nome, cognome, data di nascita);
- informazioni sulla precedente infezione da SARS-CoV-2 del titolare, successivamente a un test positivo (data del primo tampone positivo);
- dati identificativi di chi ha rilasciato il certificato (Stato, Autorità sanitaria);
- accompagnato sempre da traduzione giurata.
Per queste due tipologie di documenti non potrà essere utilizzata l’App. VerificaC19 e la verifica andrà effettuata manualmente sulla documentazione.
Nel caso in cui il datore di lavoro riscontri la mancanza oppure la carenza di uno degli elementi costitutivi di questi documenti o che i documenti suddetti si riferiscono a soggetto diverso (si pensi ai casi in cui con la verifica dell’identità del soggetto risulti evidente che esso ha presentato un certificato verde altrui), le informazioni sulla verifica dovranno essere raccolte e conservate al fine di:
- procedere all’adozione delle opportune decisioni disciplinari;
- segnalare l’accaduto alle autorità volte ad irrogare le conseguenti sanzioni (Prefetto) oppure ad accertare se le suddette violazioni sono idonee o meno a costituire reato (Procura della Repubblica).
In ogni caso, i soli soggetti legittimanti ad accedere e contestare la violazione, e quindi a fornire i dati al Prefetto, sono i Pubblici Ufficiali muniti di poteri ispettivi ( Ispettori della ITL, personale ASL, Forze di Polizia ecc..) ma anche i soggetti incaricati dal datore di lavoro di effettuare i controlli in azienda: ciò in quanto nel nostro ordinamento le sanzioni amministrative sono irrogate all’esito di accertamenti compiuti da Pubblici Ufficiali, e non già da parte di privati cittadini.
4.Le modalità di verifica
Il datore di lavoro può scegliere le modalità operative che meglio si adattano all’ambiente di lavoro nel quale opera. Varie potranno essere, quindi, le modalità prescelte per verificare il possesso del Green Pass da parte dei lavoratori. La tecnica operativa di screening terrà inevitabilmente conto dell’organizzazione aziendale e del numero dei dipendenti.
In base a quanto previsto dal DPCM del 17 giugno 2021 e del parere del Garante per la protezione dei dati personali (del 9 giugno 2021, la verifica del Green Pass poteva essere effettuata solo attraverso l’applicazione VerificaC19 sviluppata dal Ministero della Salute per il tramite di SOGEI – che dovrà essere installata su un dispositivo aziendale – ovvero mediante la scansione del c.d. QR code.
Il DPCM 12 ottobre 2021, intervenendo sul DPCM 17 giugno 2021, ha introdotto nuove modalità automatizzate di verifica delle certificazioni verdi Covid-19 sui luoghi di lavoro.
Si prevede infatti l’utilizzo di un pacchetto di sviluppo per applicazioni (Software Development Kit-SDK), rilasciato dal Ministero della Salute con licenza open source, che consente di integrare nei sistemi di controllo degli accessi, inclusi quelli di rilevazione delle presenze, le funzionalità di verifica della Certificazione verde Covid-19, mediante la lettura del QRcode, da integrare nei sistemi di controllo degli accessi ovvero mediante l’utilizzo di una specifica funzionalità della Piattaforma NoiPA o del Portale istituzionale INPS.
L’attività di verifica non dovrà comportare la raccolta di dati dell’interessato in qualunque forma, ad eccezione di quelli strettamente necessari, in ambito lavorativo, all’applicazione delle misure derivanti dal mancato possesso della certificazione. Il sistema utilizzato per la verifica del green pass non dovrà conservare il QR code delle certificazioni verdi sottoposte a verifica, né estrarre, consultare registrare o comunque trattare per altre finalità le informazioni rilevate.
L’art.13, comma 4 DL n. 127/2021 prevede che, su richiesta dei verificatori, l’intestatario della certificazione deve dimostrare la propria identità mediante l’esibizione di un documento di identità. In proposito il Ministero dell’Interno, con circolare del 10 agosto 2021, ha specificato che la verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione ha natura discrezionale, ma ” si renderà comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme, come, ad esempio, quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione”. Ciò potrà accadere , ad esempio, quando l’età apparente del possessore della certificazione appaia incompatibile con l’età anagrafica nella certificazione stessa.
Si prevede inoltre che, nelle more del rilascio e dell’eventuale aggiornamento delle certificazioni verdi Covid-19 da parte della piattaforma nazionale DGC, i soggetti interessati possono comunque avvalersi dei documenti rilasciati, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta che attestano o refertano una delle condizioni necessarie che danno il via libera all’ingresso del posto di lavoro( certificazione, tampone o avvenuta guarigione dal Covid).
L’art. 3 del DL n. 127/2021 decreto dispone che, “ove possibile”, i controlli devono essere effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. Dunque, la modalità primaria di effettuazione dei controlli è la verifica del possesso di un valido Green Pass al momento dell’accesso al luogo di lavoro. Si tratta però di una modalità prioritaria, ma non esclusiva: è cioè possibile verificare il possesso del Green Pass anche successivamente all’ingresso del lavoratore in azienda e quindi, anche nel corso dell’attività lavorativa.
Il controllo all’ingresso è tuttavia, per evidenti ragioni di opportunità pratica, la misura da prediligere. Qualora, infatti, un lavoratore dovesse risultare positivo al Covid-19, sarà indubbiamente più semplice per l’azienda provare agli enti preposti la propria estraneità rispetto al momento del contagio.
Il DL n. 127/2021 prevede altresì che le verifiche possono essere svolte anche a campione, garantendo il controllo di almeno il 50% degli interessati. Tuttavia, mentre un controllo diffuso all’ingresso risponde sicuramente alle finalità sostanziali della normativa, una verifica casuale durante l’attività non consente di assicurare né che in azienda non siano presenti lavoratori senza green pass, né di impedire efficacemente la diffusione del virus.
Inoltre, il controllo ( anche a campione) successivo all’ingresso nel luogo di lavoro rischia di generare contenziosi a causa del differente trattamento sanzionatorio, in quanto la scelta potrebbe essere ritenuta discriminatoria: un lavoratore controllato durante il lavoro che non ha il certificato, oltre alla sanzione amministrativa, potrebbe essere licenziato ( restano, infatti, in vigore le sanzioni contrattuali),mentre se lo stesso controllo fosse stato adottato all’ingresso vi sarebbe solamente la sospensione dalla retribuzione, con preclusione di ogni sanzione disciplinare, soprattutto di natura estintiva del rapporto di lavoro.
5.Le procedure operative per le verifiche
Ai sensi dell’art. 9-septies, comma 5, DL n. 52/2021, le aziende sono tenute a definire ed adottare le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche entro il 15 ottobre 2021.
L’azienda deve quindi adottare un protocollo nel quale devono essere identificate le modalità organizzative ed operative, relativamente ai controlli che dovranno essere effettuati nel verificare la validità del Green pass.
In particolare, all’interno del regolamento aziendale devono essere evidenziati i seguenti aspetti:
- i soggetti interessati al controllo; si devono a tal proposito prendere in considerazione non soltanto i dipendenti ma anche altri soggetti che quotidianamente accedono in azienda a fini lavorativi o formativi come, ad esempio, somministrati, lavoratori di ditte in appalto (es. addetti alle pulizie), tirocinanti, distaccati, collaboratori, artigiani, professionisti, ecc.;
- i soggetti delegati dal datore di lavoro ad effettuare legittimamente il controllo del Green pass; tali soggetti devono essere formalmente incaricati;
- il comportamento del lavoratore all’accesso dei locali aziendali (presentazione del certificato verde e, in caso di richiesta, di documento di riconoscimento);
- le modalità di verifica del Green pass (esempio: controllo “a tappeto” per tutti i lavoratori da effettuarsi all’ingresso dei locali aziendali; controllo “a campione”, con l’indicazione del numero dei lavoratori che quotidianamente saranno controllati; ecc.);
- le conseguenze in caso di mancato possesso del Green pass in corso di validità;
- il comportamento che devono tenere i soggetti esentati dalla presentazione del Green pass ed in possesso di un certificato medico che evidenzi l’esenzione;
- le conseguenze, anche di natura disciplinare, in caso di avvio della prestazione lavorativa, all’interno dei locali aziendali, da parte dei lavoratori che non hanno un Green pass in corso di validità.
Il soggetto chiamato a verificare dovrà poter predisporre una documentazione probatoria che consenta di dimostrare gli elementi a fondamento della contestazione (es. strumento della verifica, orario, luogo, evidenza della mancanza di green pass nel senso di mancata esibizione, identificazione del lavoratore, eventuali motivazioni evidenziate dal lavoratore, verifica della validità del green pass).
La norma non fa alcun riferimento ad obblighi di informazione, comunicazione e di condivisione sindacale e prescinde dal Protocollo di sicurezza anti-COVID19 e dal Comitato previsto dall’art. 13 del Protocollo 14 marzo 2020. Questo, ovviamente, non preclude la possibilità che le modalità organizzative vengano inserite nel Protocollo aziendale, fermo restando che si tratta di prescrizioni cogenti sulle quali non appare consentita alcuna valutazione.
6.Le sanzioni per i dipendenti
Se i lavoratori sono privi di Green pass, si possono verificare due casi:
- il lavoratore comunica di non possedere il Green pass oppure non lo presenta quando sta per accedere al luogo di lavoro;
- il lavoratore privo del Green pass viene trovato all’interno del luogo di lavoro.
I lavoratori che non sono in possesso o non esibiscono il green pass al momento dell’accesso presso i luoghi di lavoro sono considerati assenti ingiustificati; conseguentemente, essi perdono il diritto alla retribuzione e ad altri tipi di compenso o emolumento comunque denominato.
Continueranno quindi a decorrere termini per la maturazione delle ferie e dei permessi, del TFR e tutti i diritti connessi con il regolare svolgimento della mansione lavorativa, ma il lavoratore verrà considerato in permesso non retribuito.
Nel caso di imprese con meno di quindici dipendenti, è previsto inoltre che dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata (fermo restando che in tale periodo il lavoratore è comunque considerato assente ingiustificato e sospeso senza retribuzione), il datore di lavoro potrà sospendere il lavoratore per un massimo di 10 giorni, rinnovabili una sola volta durante i quali potrà stipulare un contratto di lavoro per sostituire il lavoratore sospeso. La misura sospensiva consente alla piccola impresa di assumere un sostituto e non dover recedere da tale contratto anticipatamente per il rientro del dipendente.
Se la mancanza di certificazione è continuativa, sembra preferibile ritenere che il lavoratore abbia comunque l’obbligo di presentarsi ogni giorno in azienda, confermando di non essere ancora in possesso del Green pass (non sembra invece sufficiente comunicare in azienda anche attraverso una email la mancanza del Green pass).
Se, invece, il lavoratore accede comunque al luogo di lavoro e viene rinvenuto privo di green pass, rischia una sanzione amministrativa da 600,00 a 1.500,00 Euro. Alla sanzione pecuniaria potrebbero aggiungersi le ulteriori sanzioni disciplinari eventualmente previste dal contratto collettivo di settore applicato o dal regolamento aziendale, nel rispetto della procedura di preventiva contestazione prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori.
In ogni caso la mancanza di certificazione verde non rappresenta un valido motivo di licenziamento del lavoratore.
Il DL prevede quindi per il lavoratore conseguenze differenziate a seconda che:
- il lavoratore dichiari ” in via preventiva “di non essere in possesso del Green Pass o venga ” bloccato” in sede di controllo all’ingresso del luogo di lavoro perché privo di Green Pass;
- il lavoratore, pur essendo privo di Green Pass, acceda nondimeno al luogo di lavoro( ad esempio perché abile nello sfruttare a suo vantaggio il fatto di non essere destinatario del controllo a campione all’ingresso), violando così il divieto di accedere al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa solo se in possesso della certificazione.
Nei casi sub 1), il lavoratore sarà considerato assente ingiustificato, senza conseguenze disciplinari, e non gli sarà dovuta la retribuzione né altro compenso comunque denominato. Nel caso sub 2), invece, il lavoratore sarà non soltanto considerato quale assente ingiustificato e on retribuito, ma anche suscettibile di sanzioni disciplinari e di sanzioni ed amministrative.
Il regime sanzionatorio può essere così schematizzato:
NORMA VIOLATA | VIOLAZIONE | CONTROLLO | SANZIONE | SANZIONI DISCIPLINARI O LICENZIAMENTO | DURATA |
Art. 9 septies comma 6 |
Comunicazione (deve ritenersi: prima dell’accesso) di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 | Datore di lavoro o suo formale delegato | Assenza ingiustificata
Sospensione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento comunque denominato |
Escluso | Fino alla presentazione della certificazione verde COVID 19 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021 |
Art. 9 septies comma 6 |
Mancato possesso della certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro
|
Datore di lavoro o suo formale delegato
|
Assenza ingiustificata
Sospensione (non facoltativa) dalla prestazione lavorativa Sospensione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, comunque denominato |
Escluso
|
Fino alla presentazione della certificazione verde COVID-19 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021
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Art. 9 septies, comma 7
|
Imprese con meno di 15 “dipendenti” (non si parla di lavoratori, quindi il riferimento è al rapporto di lavoro subordinato): mancata presentazione del certificato per 5 giorni
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Datore di lavoro o suo formale delegato
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Assenza ingiustificata per i primi cinque giorni
Sospensione facoltativa per ulteriori dieci giorni, rinnovabili per una volta |
Per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni
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Art. 9 septies comma 8
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Accesso di lavoratori nei luoghi di lavoro in violazione
dell’obbligo di possesso e prestazione di green pass
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Datore di lavoro o suo
formale delegato
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Sanzione amministrativa da 600 a 1.500 euro (articolo 4, commi
1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35) In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. Irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento
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Restano ferme le conseguenze disciplinari
secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
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Art. 9 septies comma 4
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Mancato controllo da parte del datore di lavoro (comma 4)
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Sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro (articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 maggio 2020, n. 35) In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. Irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento |
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Art. 9 septies comma 5
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Mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto (15 ottobre 2021)
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Sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro (articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35)
In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. Irrogata dal Prefetto su segnalazione (trasmissione degli atti relativi alla violazione) da parte dei soggetti incaricati dell’accertamento
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Lo stato di malattia del dipendente, insorto dopo che l’assenza del Green pass sia stata comunicata all’azienda o verificata al momento dell’accesso, cioè dopo che sia stata scattata l’assenza ingiustificata, è irrilevante e non da diritto ad alcuna indennità. Ciò in quanto l’assenza ingiustificata prevale sullo stato di malattia successivamente insorto, considerato che la retribuzione della malattia presuppone che il dipendente sia in condizioni di lavorare, se non fosse appunto per malattia, il che non è per chi è privo di Green pass.
Le norme non forniscono peraltro alcuna indicazione sulla procedura di irrogazione delle sanzioni e sugli atti del procedimento, limitandosi a prevedere che si applicano le norme di cui alla L. n. 689/198 in quanto compatibili. L’apparato sanzionatorio suscita notevoli dubbi interpretativi ed applicativi sui quali ci soffermeremo nelle FAQ.
Il mancato possesso del Green Pass dovrebbe comportare una temporanea sospensione del rapporto anche nei rapporti contrattuali diversi da quelli di lavoro subordinato ( ad esempio: agenti, consulenti o collaboratori) Deve però trattarsi di rapporti che, per il loro oggetto, implichino il necessario svolgimento di attività presso un luogo in cui l’impresa committente è titolare ( si pensi ad esempio ad un contratto di manutenzione continuativa degli impianti stipulato da un’impresa industriale con un artigiano carpentiere).
7. Le sanzioni per le aziende
Se l’azienda non rispettata la normativa sui controlli e non effettua le verifiche, il datore di lavoro rischia una sanzione tra i 400,00 e i 1.000,00 Euro. Tale importo raddoppia in caso di sanzioni reiterate.
In caso di accertamento da parte delle autorità, se un dipendente viene trovato senza green pass, nulla può essere contestato all’azienda se i controlli a campione sono stati effettuati nel rispetto di adeguati modelli organizzativi.
8. La protezione dei dati personali
Le attività di verifica del green pass o della certificazione di esenzione comportano un trattamento di dati personali, che deve svolgersi ai sensi della normativa privacy e secondo le modalità di cui al DPCM 17 giugno 2021.
Come evidenziato dal Garante privacy, il trattamento funzionale alla verifica del green pass non necessita di alcuna autorizzazione da parte della stessa Autorità; inoltre, se condotto conformemente alla disciplina su richiamata e nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali (e in primo luogo del principio di minimizzazione) non può comportare l’integrazione degli estremi di alcun illecito, né tantomeno l’irrogazione delle sanzioni da parte del Garante .
In sede di verifica della certificazione (green pass o di esenzione), le informazioni oggetto di trattamento sono:
- le generalità del lavoratore, la validità, l’integrità e l’autenticità del certificato verde ovvero le predette informazioni in merito allo stato di soggetto esente da vaccinazione anti COVID-19;
- le generalità del lavoratore e il mancato possesso di un green pass.
Il trattamento si concretizza nella consultazione/presa visione delle citate informazioni (analoga alla presa visione della temperatura) e non è consentita, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario della certificazione in qualunque forma. Ai fini dell’organizzazione dei controlli, non è quindi possibile acquisire dal lavoratore la certificazione in corso di validità ovvero dichiarazioni in ordine alla tipologia e alla scadenza della stessa.
Pertanto il datore di lavoro, non potendo richiedere la certificazione in formato cartaceo, non potrà mai conoscere il periodo di validità della certificazione, né quindi limitare i controlli successivi al primo ai soli documenti in scadenza, ma dovrà effettuare le verifiche, anche in modo casuale, monitorando il possesso di certificazioni giorno per giorno valide.
L’art. 13 del DPCM del 17 giugno 2021 precisa che la verifica delle generalità del lavoratore e sull’autenticità e validità del green pass deve essere fatta esclusivamente con la lettura del codice a barre bidimensionale (QR code) utilizzando l’apposita app “Verifica C19”su un device aziendale, in quanto solo tale sistema consente di mantenere la riservatezza circa la fonte della certificazione (ciclo vaccinale, guarigione o tampone) e ne attesta la sola validità temporale.
E’ onere del datore di lavoro nominare il verificatore quale soggetto autorizzato al trattamento dei dati rilevati dal green pass al fine di fornirgli precise istruzioni sull’utilizzo della verifica, ai sensi dell’art, 13 comma 3 DPCM 17 giugno 2021, in conformità alle previsioni dell’art. 29 GDPR, per tutelare la riservatezza della persona nei confronti dei terzi durante i controlli.
Qualora l‘attività sia svolta con sistema di verifica automatizzati (come ad esempio i c.d. “totem”), che non necessitano di presidio fisico, il datore di lavoro ha l’onere di svolgere una valutazione preventiva in base all’art. 25 GDPR affinché venga garantita la sola lettura dei dati.
In sintesi, prima di iniziare le attività di verifica e di controllo del green pass, il datore di lavoro deve effettuare i seguenti adempimenti privacy:
- Aggiornare il Registro dei Trattamenti, includendo tra le attività anche quella del controllo della predetta documentazione e di conservazione e comunicazione a terzi in caso di mancanza, carenza, riferibilità a terzi dei documenti verificati;
- Valutare i rischi relativa al nuovo trattamento, nella quale sicuramente andranno distinti i controlli effettuati tramite l’App VerificaC19 e quelli effettuati manualmente sui certificati di esenzione o sui documenti equipollenti rilasciati da stati terzi;
- Effettuare una valutazione d’impatto soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dell’App. VerificaC19, dato che tale nuova tecnologia che può presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche. A tal proposito il datore di lavoro potrà utilizzare le note legali all’Applicazione VerificaC19.
- Predisporre di una Standard Operating Procedure che disciplini le modalità e conseguenze delle verifiche, tenendo in considerazione i principi di privacy by design e privacy by default, nonché il principio di minimizzazione dei dati per mitigare i rischi di una violazione della riservatezza dei prestatori di lavoro.
- Predisporre opportuna informativa che dovrà contenere gli elementi di cui all’art. 13 del GDPR, ivi inclusa la determinazione della base giuridica (che non potrà che essere l’adempimento dell’obbligo di legge imposto dal Decreto – Legge 21 settembre 127).
9. L’attività di sensibilizzazione all’interno dell’azienda
Il mancato possesso del green pass valido o la mancata verifica importano, ora, sanzioni gravi per il lavoratore e per l’impresa. Inoltre, la mancata ottemperanza alle prescrizioni sul green pass può incidere sulla sicurezza (es. assenza di lavoratori componenti di nuclei di emergenza), sulle responsabilità contrattuali (es. mancato rispetto dei termini di un appalto), sugli oneri a carico del datore di lavoro (es. sostituzione del lavoratore assente), sulle conseguenze a carico del lavoratore (es. licenziamento per chi è colto all’interno del luogo di lavoro privo del certificato), sulla complessiva organizzazione del datore di lavoro (es. organizzazione di trasferte all’estero e pianificazione di attività a medio-lungo termine).
A fronte di tali rilevanti criticità, è che le aziende, nell’adottare le modalità per la verifica del possesso del green pass, attui una intensa campagna di sensibilizzazione, evidenziando come il mancato possesso del certificato valido rischi di incidere sulla vita aziendale, oltre che sulla posizione dei singoli lavoratori.
Ogni comportamento che dovesse recare danno all’impresa, incidendo negativamente sull’organizzazione o sulla possibilità per l’azienda di far fronte ai propri obblighi contrattuali, legittima in ogni caso la reazione aziendale sul piano della richiesta del risarcimento dei danni. Si pensi ai seguenti casi:
- lavoratore adibito a mansioni per la tutela della sicurezza (es. nucleo antincendio, impianti a rischio di incidente rilevante, nucleo per la gestione dell’emergenza);
- lavoratore specializzato impegnato in appalti/commesse/ordini per le quali è essenziale la sua specializzazione/presenza (magari con attività legata al possesso di permesso, autorizzazione, licenza, etc.);
- lavoratore impegnato in trasferta che non può partire;
- lavoratore da assumere/assunto in edilizia per lo specifico appalto;
- a causa dell’impossibilità di conoscere la durata della validità del certificato, impossibilità per l’impresa di programmare lavori, sostituzioni, trasferte;
- difficoltà di organizzare l’attività con personale sostitutivo (es. contratti a termine, somministrazione);
- lavoratori adibiti a servizi pubblici essenziali (rapporto con la normativa speciale);
- ritardo nell’adempimento verso il committente (con risarcimento danni per ritardo o per effetti indiretti – blocco o ritardi altre attività);
- programmazione di lavori a lungo termine (organizzazione lavori in Paesi lontani) o interventi d’emergenza.
E’ possibile scaricare un modello di informativa per i lavoratori, cliccando qui ,con l’avvertenza che è necessario procedere alle opportune modifiche in rapporto alle specificità del singolo caso.
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Avv. Valerio Pandolfini
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