Recuperare crediti nei confronti di debitori esteri: si può fare!
Da un punto di vista giuridico, per un’azienda recuperare un credito nei confronti di un cliente avente sede all’estero non presenta particolarità di rilievo rispetto al recupero crediti in ambito nazionale. La procedura è, infatti, in gran parte analoga. Il recupero dei crediti nei confronti di clienti esteri comporta tuttavia maggiori difficoltà rispetto ai crediti nei confronti di soggetti italiani, soprattutto quando il debitore ha sede in un paese extra-UE. Date le difficoltà di procedere al recupero del credito all’estero è essenziale – ancor più di quanto accada per un’attività commerciale svolta in Italia – prevenire fin dall’inizio il sorgere degli insoluti.
1. Il recupero dei crediti all’estero
L’export costituisce, come è noto, un’attività di crescente importanza per le imprese italiane. Le imprese esportano i propri prodotti e servizi in tutto il mondo, in particolare nei paesi dell’est asiatico e in via di sviluppo. Ciò comporta inevitabilmente il sorgere di crediti insoluti, analogamente a quanto avviene per le attività svolte in Italia.
Da un punto di vista giuridico, recuperare un credito nei confronti di un cliente estero non presenta particolarità di rilievo rispetto al recupero crediti in ambito nazionale. La procedura è, infatti, in gran parte analoga: si inizia con l’invio di una lettera di sollecito, cui segue, in caso di mancato pagamento, l’ottenimento di un titolo esecutivo (cioè un ordine di condanna da parte del giudice) e infine si procede all’esecuzione forzata sui beni del debitore.
Il recupero dei crediti nei confronti di clienti esteri comporta tuttavia maggiori difficoltà rispetto ai crediti nei confronti di soggetti italiani. Ciò si deve a molteplici ragioni, quali ad esempio:
- la difficoltà di rintracciare i clienti, specialmente in paesi lontani;
- difficoltà burocratiche, specialmente in paesi con apparati governativi o statali molto pesanti;
- difficoltà linguistiche, geografiche, organizzative etc.
Non è infrequente che un’impresa, anche una volta ottenuta una sentenza favorevole, non riesca ad ottenere il recupero del credito per la difficoltà di rintracciare il debitore o per l’impossibilità di agire in via di esecuzione forzata contro quest’ultimo. Le difficoltà, inoltre, aumentano quando il debitore ha sede in un Paese al di fuori dell’Unione europea.
Attese le difficoltà di procedere al recupero del credito all’estero è essenziale – ancor più di quanto accada per un’attività commerciale svolta in Italia – prevenire fin dall’inizio il sorgere degli insoluti. In altri termini, per un’impresa che svolga una parte rilevante della propria attività con l’estero è fondamentale evitare o comunque limitare il più possibile fin dal nascere il sorgere del credito da recuperare.
2. Le misure preventive
Ma come è possibile prevenire il sorgere di insoluti su clienti esteri?
In primo luogo, ottimizzando la modulistica contrattuale.
Mai come in questo caso è indispensabile per un’impresa che svolga attività di export, poter contare su contratti chiari, completi e pienamente tutelanti per l’impresa stessa.
Ciò significa che i moduli contrattuali utilizzati da un’impresa per regolare i rapporti commerciali con clienti esteri devono contenere le clausole contrattuali opportune, atte a prevenire il sorgere di problematiche di crediti da recuperare, o più in generale di eventuali rischi o responsabilità in capo all’impresa.
Alcuni esempi:
- è assolutamente fondamentale inserire nel modulo contrattuale una clausola che attribuisca la giurisdizione al giudice italiano e stabilisca che la legge applicabile è quella italiana; ciò al fine di evitare che l’impresa non possa rivolgersi all’autorità giudiziaria italiana quando insorga un contenzioso e sia costretta a rivolgersi alle autorità estere – con conseguente notevole aggravio di costi e talvolta di tempi – o non possa invocare la legge italiana;
- è importante inserire nel contratto apposite garanzie circa il pagamento del credito; a tal proposito sono da tempi invalse nella prassi del commercio internazionale speciali tipologie di garanzie, cd. autonome, in quanto la loro escussione avviene semplicemente rivolgendo la relativa richiesta ad una banca, senza dover dimostrare l’esistenza del credito;
- può essere importante inserire apposite clausole, come la riserva della proprietà (retention of title), che permette di tornare in possesso della merce venduta e quindi rivenderla a terzi;
- è opportuno inserire clausole di esonero da responsabilità per vizi o mancanza di conformità della merce e clausole relative al passaggio del rischio dal venditore all’acquirente (c.d. Incoterms), per limitare o annullare possibili contestazioni dell’acquirente.
Questi sono alcuni esempi di clausole che possono essere inserite in un contratto di compravendita con un cliente estero; molte altre possono essere inserite, in relazione al tipo di prodotti e all’organizzazione dell’impresa.
Un altro strumento indispensabile per prevenire fin dall’inizio il fenomeno degli insoluti con clienti internazionali è quello di individuare ed utilizzare un idoneo strumento di pagamento. La prassi internazionale conosce da tempo una serie di strumenti che consentono al venditore di ottenere la quasi certezza del pagamento da parte del cliente estero; il più conosciuto è il c.d. credito documentario, che consente al venditore (italiano) di avere la certezza del pagamento da parte della banca corrispondente dell’acquirente, mediante la produzione di una serie di documenti rappresentativi della merce (fattura, documenti di trasporto, certificati d’origine, certificati di qualità, certificati d’ispezione, etc.)
Un terzo strumento assai utile per proteggersi da mancati pagamenti da parte dei clienti esteri consiste nell’assicurazione del credito; si tratta di una pratica ormai sempre più utilizzata dalle imprese – specialmente se operano molto spesso o comunque per ingenti quantitativi di merci con l’estero – che consente loro di non subire il rischio del mancato pagamento, in quanto lo stesso viene trasferito all’assicuratore.
Utilizzare un modulo contrattuale tutelante, uno strumento di pagamento idoneo e/o assicurarsi contro il rischio sui crediti consentono all’impresa di limitare notevolmente il numero e l’ammontare degli insoluti. Tuttavia, è comunque possibile – ed anzi probabile – che un’impresa si trovi a fronteggiare un credito da recuperare.
In questo caso, occorre procedere tempestivamente ed efficacemente. In primo luogo, è opportuno inviare una prima lettera di sollecito, possibilmente scritta nella stessa lingua del debitore estero, e coinvolgendo già uno studio legale ubicato nel paese del debitore, allo scopo di rendere più efficace il sollecito.
In secondo luogo, occorre ottenere tempestivamente un provvedimento giudiziale di condanna al pagamento sulla base del quale potrà essere intrapresa un’azione esecutiva all’estero.
3. L’azione giudiziale di recupero
Qualora occorra procedere al recupero del credito in via giudiziale nei confronti di un debitore avente sede in un paese estero – al fine di ottenere un titolo esecutivo (decisione) da eseguire nei confronti del debitore – occorre anzitutto valutare se sia possibile/opportuno acquisire un titolo esecutivo in Italia – fermo restando che l’azione esecutiva dovrà comunque essere promossa nel paese estero in cui risiede il debitore, a meno che il debitore sia proprietaria di beni in Italia o a sua volta vanti crediti nei confronti di soggetti italiani – oppure procedere direttamente all’estero, presso il Giudice del paese di residenza del debitore.
In alcuni casi, infatti, è necessario agire presso il Giudice del paese estero; ciò accade, in particolare, quando le parti non abbiano previsto per iscritto (nel contratto) una clausola di foro competente in Italia. In tali (numerosi) casi, il Giudice italiano è privo di giurisdizione, e quindi è necessario adìre il Giudice competente nel paese estero. A tal fine, occorre necessariamente coinvolgere uno studio legale ubicato nel paese estero dove ha sede il debitore.
In altri casi, è comunque opportuno agìre presso il Giudice estero, anche se la procedura potrebbe essere incardinata in Italia: ciò non solo perché, in ogni caso, la procedura esecutiva dovrà essere svolta nel paese estero di residenza del debitore – tranne che la controparte sia proprietaria di beni in Italia o a sua volta vanti crediti nei confronti di soggetti italiani, ma anche perché, nel singolo caso, la procedura del paese estero potrebbe essere più veloce e semplice di quella italiana (come accade ad es. in molti paesi UE), tenuto conto anche del fatto che il provvedimento italiano deve essere anche riconosciuto all’estero (cosa non sempre semplice e veloce).
Nel caso in cui il debitore (acquirente) abbia sede all’interno dell’UE, ed il contratto contenga una clausola di proroga della giurisdizione in favore del giudice italiano del luogo in cui ha sede la propria azienda (o comunque, quest’ultimo risulti competente, in base alle norme diritto internazionale privato), il venditore italiano, in caso di mancato pagamento del prezzo da parte del compratore, potrà agìre per il recupero del credito convenendo in giudizio il debitore estero davanti al giudice italiano, costringendo la controparte, se lo riterrà, a venire a difendersi in Italia, a dover nominare un difensore italiano, a dover svolgere le proprie difese in una lingua diversa dalla sua, etc..
In tal caso, l’azienda creditrice, una volta ottenuta la sentenza di condanna nei confronti del compratore al pagamento di quanto dovuto, potrà riconoscerla nel paese della controparte e procedere esecutivamente nei suoi confronti, grazie al Regolamento UE 1215/2012 o alla Convenzione di Lugano del 2007, a seconda dei casi. Una volta ottenuto il titolo, sarà importante rivolgersi a uno studio legale italiano il quale possa contare su una vasta rete di corrispondenti locali nei paesi in questione, in modo da poter dare effettiva esecuzione alla decisione ottenuta.
Quando il debitore (compratore) estero ha la propria sede d’affari all’interno della UE, possono essere inoltre utilizzati alcuni specifici strumenti.
3.1 Decreto ingiuntivo in Italia ai sensi degli artt. 633 e ss. C.p.c.
Il decreto ingiuntivo è lo strumento maggiormente utilizzato in ambito di recupero crediti in generale, in quanto consente al creditore di ottenere nei confronti del debitore un’ingiunzione di condanna al pagamento dell’importo dovuto, senza l’instaurazione di un contraddittorio tra le parti. In buona sostanza, il creditore agisce in giudizio depositando un ricorso nel quale indica i fatti, unitamente alle ragioni del suo credito e, se da prova del fatto che si tratta di un credito certo (di cui fornisca prova scritta, anche a mezzo della produzione delle fatture di vendita), liquido (ossia, una somma determinata nel suo ammontare) ed esigibile (per il quale è già sorto il suo diritto a pretenderne il pagamento), il giudice pronuncerà decreto di condanna al pagamento della somma richiesta.
Solo successivamente, nel termine di 40, 50 o 60 giorni dalla notifica del provvedimento, a seconda del paese di residenza dell’ingiunto, il debitore può proporre opposizione avverso il decreto, instaurando un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione. In mancanza di opposizione invece, il decreto ingiuntivo emesso diverrà definitivo ed il creditore potrà procedere ad esecuzione forzata nei confronti del debitore/ingiunto.
Inoltre, al ricorrere di alcune circostanze – ad esempio nell’ipotesi in cui il credito sia fondato su cambiale, assegno o atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale, oppure se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere (c.d. riconoscimento di debito), il giudice ingiunge di pagare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto. Ciò significa che il creditore potrà portare ad esecuzione il decreto ingiuntivo in Italia, senza dover attendere l’esito dell’eventuale opposizione sollevata dal debitore/ingiunto. Tuttavia, ciò non è possibile in un altro paese UE, poiché per eseguire il decreto ingiuntivo in uno degli altri paesi membri è necessario che lo stesso sia divenuto definitivamente esecutivo, non essendo sufficiente la provvisoria esecutività.
3.2 Procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (Regolamento CE 1896/2006)
Le condizioni affinché il giudice pronunci l’ingiunzione di pagamento europea (disciplinata dal Regolamento CE 1896/2006) sono analoghe a quelle previste dalla procedura italiana per il decreto ingiuntivo: deve trattarsi di un credito liquido ed esigibile. La domanda può essere proposta utilizzando un apposito modulo standard e non è obbligatoria l’assistenza di un avvocato.
Anche in questo caso, l’ingiunzione viene pronunciata senza che sia instaurato il contraddittorio con il debitore, il quale, nel termine di 30 giorni dalla notifica del provvedimento, potrà presentare opposizione all’ingiunzione, utilizzando anche in questo caso un apposito modulo standard, senza essere tenuto tuttavia ad indicare le ragioni della sua opposizione nell’atto introduttivo (diversamente da quanto accade nell’opposizione al decreto ingiuntivo italiano).
Il procedimento proseguirà poi secondo il rito ordinario dinanzi al giudice dello stato membro d’origine, a meno che il creditore/ricorrente non abbia esplicitamente richiesto in tal caso l’estinzione del procedimento. Se non viene presentata opposizione entro il termine previsto, il giudice d’origine dichiara esecutiva nello stato membro d’origine l’ingiunzione di pagamento europea, che potrà essere riconosciuta ed eseguita negli altri stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento.
Il regolamento europeo non prevede ipotesi al ricorrere delle quali possa essere concessa l’esecuzione provvisoria del decreto (possibilità prevista invece, come si è visto, dalle norme di procedura italiane).
3.3. Titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (Regolamento CE 805/2004)
Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, previsto dal Regolamento CE 805/2004, è uno strumento che consente la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici tra gli stati membri dell’Unione Europea, senza che siano necessari, nello stato membro dell’esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l’esecuzione.
Affinché ciò sia possibile, è necessario che tali decisioni, transazioni o atti pubblici siano relativi a crediti non contestati. In base al Regolamento CE 805/2004, un credito si considera non contestato se:
a) il debitore l’ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario;
b) il debitore non l’ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario;
c) il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un’udienza relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del procedimento;
d) il debitore l’ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico.
3.4 Ordinanza europea di sequestro conservativo su conto corrente bancario (Regolamento CE n. 655/2014)
L’ Ordinanza europea di sequestro conservativo su conto corrente bancario, disciplinata dal (Regolamento CE n. 655/2014, è una procedura volta a facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale attraverso un mezzo efficace che consente al creditore, al sussistere di determinate condizioni, di impedire il trasferimento o il prelievo delle somme detenute dal debitore sul proprio conto corrente, tutelandosi così dal rischio di compromettere la successiva esecuzione del credito vantato.
La procedura può essere avviata non solo quando il creditore ha già ottenuto una decisione giudiziaria nei confronti del debitore, ma anche prima che sia avviato il procedimento di merito contro il debitore (in tal caso, comunque il creditore dovrà avviare il relativo procedimento di merito in tempi brevi).
I presupposti per presentare la domanda ed ottenere l’emissione dell’ordinanza di sequestro conservativo europeo sono i seguenti:
- il creditore deve presentare prove sufficienti per convincere l’autorità giudiziaria dell’urgente necessità di una misura cautelare sotto forma di ordinanza di sequestro conservativo europeo in quanto sussiste il rischio concreto che, senza tale misura, la successiva esecuzione del credito vantato dal creditore nei confronti del debitore sia compromessa (c.d. periculum in mora);
- qualora il creditore non abbia già ottenuto una decisione giudiziaria, una transazione giudiziaria o un atto pubblico che impongano al debitore di pagare il credito, il creditore deve presentare prove sufficienti per convincere l’autorità giudiziaria che la sua domanda relativa al credito vantato nei confronti del debitore sarà verosimilmente accolta nel merito (c.d. fumus boni iuris).
Peculiarità importanti di tale procedura sono la tempestività con la quale l’autorità esamina la richiesta e l’effetto sorpresa nei confronti del debitore, il quale non viene informato né sentito prima dell’emissione dell’ordinanza, ma solo dopo 3 giorni dall’attuazione del sequestro conservativo del conto corrente.
3.5 Procedimento europeo per le controversie di modesta entità (Regolamento CE 861/2007)
Il Procedimento europeo per le controversie di modesta entità, previsto dal Regolamento CE 861/2007, costituisce una valida alternativa ai procedimenti nazionali, ma con il limite che può trovare applicazione nelle controversie il cui valore (esclusi gli interessi, i diritti e le spese) non ecceda l’importo di € 5.000,00.
Per avviare il procedimento non è necessaria l’assistenza di un avvocato; la domanda si propone compilando un apposito modulo (allegato al Regolamento) che deve essere inviato all’organo giurisdizionale competente, unitamente ai documenti giustificativi pertinenti. Entro 14 giorni dal ricevimento del modulo, il tribunale deve notificarne una copia al convenuto, il quale, se intende difendersi, dovrà compilare il relativo modulo di replica entro 30 giorni e la controversia dovrebbe trovare soluzione in tempi più rapidi, rispetto ad un giudizio ordinario.
La sentenza emessa al termine del procedimento è riconosciuta ed esecutiva negli altri paesi dell’UE e non è opponibile (a meno che non presenti incongruenze rispetto ad una sentenza esistente in un altro paese europeo tra le stesse parti).
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Recupero Crediti
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