Proteggere (legalmente) il patrimonio: l’intestazione fiduciaria
L’intestazione fiduciaria è uno dei principali strumenti offerti dal nostro ordinamento a tutela del patrimonio. Attraverso tale strumento un soggetto (fiduciante) affida ad un altro soggetto (fiduciario) la gestione di determinati beni o diritti per suo conto. Il fiduciario deve amministrare i beni nell’interesse e secondo le direttive del fiduciante (che ne mantiene la proprietà e custodirli diligentemente, in funzione della natura e scopo del contratto, assicurando la riservatezza delle informazioni e, in particolare, dell’identità del fiduciante. L’intestazione fiduciaria ha lo scopo di garantire la protezione di beni e/o diritti da possibili aggressioni di terzi creditori; si tratta quindi di uno strumento di tutela patrimoniale indiretta, in quanto la protezione del patrimonio scaturisce dal vincolo di riservatezza circa l’identità dell’effettivo proprietario, assicurata dalla fiduciaria che amministra i beni. Esaminiamo le caratteristiche di tale strumento.
1. L’intestazione fiduciaria
L’intestazione fiduciaria è uno dei principali strumenti offerti dal nostro ordinamento a tutela del patrimonio. Attraverso tale strumento, un soggetto (il “fiduciante”) affida ad un altro soggetto (il “fiduciario”) la gestione o amministrazione di determinati beni o diritti per suo conto. Il fiduciario deve amministrare i beni nell’interesse e secondo le direttive del fiduciante e custodirli diligentemente, in funzione della natura e scopo del contratto, assicurando la riservatezza delle informazioni e, in particolare, dell’identità del fiduciante, quale effettivo proprietario dei beni affidati.
L’intestazione fiduciaria ha lo scopo di garantire la protezione di beni e/o diritti da possibili aggressioni di terzi creditori; i beni o diritti che il fiduciario gestisce in nome proprio ma per conto del fiduciante, sono infatti separati da quelli del fiduciario stesso, in ossequio al principio di riservatezza e del segreto fiduciario.
Si tratta tuttavia di uno strumento di tutela patrimoniale “indiretta”, in quanto la protezione che deriva dall’utilizzo di tale strumento scaturisce più dal vincolo di riservatezza circa l’identità dell’effettivo proprietario di un bene – assicurata alla fiduciaria a cui è affidata l’amministrazione del bene – che non dall’apposizione di un vero e proprio vincolo di natura patrimoniale sullo stesso.
Tale strumento è finalizzato ad evitare infatti l’evidenza della disponibilità personale di beni allo scopo di impedire l’aggressione da parte di terzi e di evitare pressioni, psicologiche e non, sui titolari dei beni, nonché di affidare istruzioni per l’amministrazione di beni a soggetti professionalmente competenti.
L’intestazione fiduciaria di beni può essere effettuata a favore di una società fiduciaria, costituita ed operante in conformità alla L. n. 1966/1939 (v. par. 4), o a favore di un diverso soggetto fiduciario.
Nel primo caso, l’intestazione fiduciaria determina la separazione dei beni fiduciati da quelli del patrimonio della società fiduciaria; il fiduciante mantiene la proprietà effettiva dei beni fiduciati, conservando la facoltà di disporre degli stessi senza la necessità di alcun loro formale ritrasferimento da parte della società fiduciaria.
In tutti gli altri casi, invece, l’intestazione fiduciaria determina l’effetto traslativo della proprietà dei beni fiduciati, i quali vengono, per l’appunto, trasferiti dal soggetto fiduciante a favore di altro soggetto fiduciario con l’obbligo (eventuale) per quest’ultimo di amministrare il bene e di ritrasferire il diritto di proprietà al medesimo fiduciante o ad un terzo soggetto.
2. Il negozio fiduciario
L’intestazione fiduciaria trae la propria ragione d’essere dal contratto fiduciario, o di intestazione fiduciaria, con il quale un soggetto (fiduciante) trasferisce il diritto su un bene (mobile o immobile) ad un altro soggetto (fiduciario) affinché quest’ultimo lo eserciti nell’interesse del primo e seguendo le direttive dallo stesso impartite.
Il contratto fiduciario si caratterizza quindi per il trasferimento della proprietà di un bene al fiduciario, con l’obbligo di quest’ultimo – in ragione del c.d. “pactum fiduciae” – di amministrarlo e gestirlo secondo le istruzioni fornite dal trasferente (fiduciante), e di ritrasferire la proprietà a semplice richiesta (quindi, ad una certa scadenza pattuita o al verificarsi di una situazione che determini il venir meno della causa fiduciaria), al fiduciante stesso o ad un terzo indicato da questi.
Tale contratto è quindi caratterizzato da due negozi distinti e fra loro collegati:
- uno di carattere esterno e di natura reale, in forza del quale il fiduciante trasferisce un proprio diritto al fiduciario;
- l’altro di carattere interno e di natura obbligatoria (contratto di amministrazione fiduciaria, o pactum fiduciae), limitativo del primo, in forza del quale il fiduciario assume l’obbligo verso il fiduciante di ritrasferire il diritto a lui o ad un terzo indicatogli.
L’attività giuridica che il fiduciario si impegna a svolgere per conto del fiduciante risulta dall’accordo obbligatorio, mentre l’attribuzione del diritto al fiduciario costituisce soltanto lo strumento per realizzare tale scopo: il trasferimento del diritto è attuato in funzione dell’adempimento degli obblighi derivanti dal pactum fiduciae.
Nel negozio fiduciario il trasferimento del diritto ha efficacia reale, opponibile ai terzi, mentre il pactum fiduciae ha efficacia soltanto obbligatoria, tra le parti (v. art. 1372 c.c.): la violazione del patto è inopponibile ai terzi, per cui, in caso di alienazione a terzi, il fiduciante non può rivendicare il bene ed ha diritto soltanto al risarcimento del danno.
Secondo la giurisprudenza prevalente, il negozio con effetti obbligatori tra le parti (contratto di amministrazione fiduciaria) si configura come un mandato senza rappresentanza: la titolarità del diritto viene effettivamente attribuita al fiduciario, il quale agisce in nome proprio ma per conto del fiduciante (nell’interesse di quest’ultimo, o dello stesso fiduciario o di terzi). Ciò significa che, ai sensi dell’art. 1705 c.c., il fiduciario risponde direttamente e personalmente delle obbligazioni che ha contratto con i terzi nello svolgimento dell’incarico conferito dal fiduciante, apparendo nei confronti dei terzi come il titolare del bene intestato, e restando ignoto ai terzi medesimi il sottostante rapporto di mandato e il relativo interesse del mandante.
Gli obblighi del fiduciario nei confronti del fiduciante hanno mera rilevanza interna, e il cui inadempimento può essere sanzionato esclusivamente con la richiesta di risarcimento danni del fiduciante nei confronti del fiduciario infedele, senza alcuna possibilità di recupero reale del bene. Se quindi il fiduciario cede il bene ad un terzo, in violazione del patto, il patto stesso non è opponibile al terzo (anche se da lui conosciuto). Analogamente, l’obbligazione fiduciaria non è opponibile ai creditori del titolare del bene, i quali possono far valere le loro ragioni mediante un’azione esecutiva su quel bene determinato.
Qualora tuttavia l’intestazione fiduciaria abbia ad oggetto beni immobili, il fiduciante gode invece di maggiore tutela, in quanto se il fiduciario non adempie all’obbligo di eseguire il pactum fiduciae, il fiduciante può agire in giudizio per l’adempimento in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. per ottenere la pronuncia di una sentenza che tiene luogo del contratto non concluso. Infatti, dal pactum fiduciae deriva un obbligo di ritrasferimento analogo a quello derivante dal contratto preliminare, con conseguente applicabilità delle norme in materia di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.).
Se il fiduciante trascrive la domanda giudiziale proposta ai sensi dell’art. 2932 c.c. (art. 2652 n. 2 c.c.), la trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sugli acquisti trascritti e sulle iscrizioni eseguite contro il fiduciario successivamente alla trascrizione della domanda.
La forma è del negozio fiduciario è libera. Spesso le operazioni fiduciarie si svolgono in contesti familiari o comunque in presenza di relazioni affettive, in cui le parti sono restie a definire per iscritto le relative posizioni e quindi a precostituire la prova degli accordi intervenuti.
Tuttavia, la forma scritta è altamente preferibile, in quanto il contratto fiduciario deve contenere:
- l’elencazione dei beni e dei diritti trasferiti;
- i poteri attribuiti al fiduciario;
- la facoltà del fiduciante di modificare i poteri attribuiti al fiduciario e di revocare l’incarico;
- il diritto del fiduciante di chiedere, in qualunque momento, la restituzione dei beni conferiti;
- il compenso spettante al fiduciario o i criteri per la determinazione dello stesso;
- il divieto di cedere l’incarico;
- l’indicazione dell’istituto di credito presso il quale sono depositate le somme e/o i titoli oggetto del contratto;
- le norme in tema di responsabilità applicabili (in particolare gli artt. 1218 e 1710 c.c.).
3. Fiducia “romanistica” e “germanistica”
L’intestazione fiduciaria può operare attraverso due diversi modelli, che hanno diverse ricadute sotto il profilo giuridico.
Nel caso della fiducia “romanistica”, la proprietà dei beni sottoposti a fiducia viene trasferita dal fiduciante in favore del fiduciario, il quale ha l’obbligo di amministrarli secondo le direttive del fiduciante stesso e successivamente ritrasferirli, in base a modi e tempi stabiliti, allo stesso fiduciante o ad un terzo da lui scelto. L’effetto traslativo è quindi strumentale alla realizzazione dell’obiettivo fiduciario ed è circoscritto, ai rapporti interni dello specifico pactum fiduciae.
In questo caso si verifica quindi un’interposizione reale di persona, nel senso che, con l’intestazione fiduciaria, l’interposto fiduciario acquista a tutti gli effetti la titolarità del bene o diritto e, contemporaneamente, si obbliga nei confronti del proprio dante causa ad un determinato comportamento.
In caso di inadempimento del fiduciario – il quale, ad esempio, trasferisca i beni/diritti ad un soggetto terzo, senza il consenso del fiduciante – il fiduciante non ha gli strumenti per riacquisire la disponibilità del bene, ma può comunque richiedere al fiduciario il risarcimento del danno, a motivo dell’avvenuto inadempimento contrattuale di violazione del pactum fiduciae.
Nel caso invece della fiducia “germanistica”, il fiduciante conserva la proprietà sui beni o diritti, e quindi ne può disporre, in funzione di un rapporto fiduciario delle parti, regolato da un patto di fiducia (“pactum fiduciae”). Tale modello prevede quindi una separazione formale tra il patrimonio del fiduciante e quello della società fiduciaria: la titolarità del bene resta in capo al fiduciante, mentre al fiduciario viene conferita la sola legittimazione ad esercitare il diritto.
Il fenomeno della dissociazione tra intestazione e proprietà trova concreta applicazione nelle società fiduciarie, di cui alla L. n. 1966/1939 (v. par. 4): il fiduciante rimane effettivo titolare dei beni, mentre le società fiduciarie li amministrano, i diritti che ne scaturiscono, in nome proprio ma per conto del mandante (fiduciante).La società fiduciaria è quindi esclusivamente uno strumento di costituzione di un patrimonio amministrato in forma anonima e non uno strumento di separazione del patrimonio.
In tal caso, ogni uso contrario allo scopo convenuto da parte del fiduciario legittima il fiduciante ad esercitare un’azione di rivendicazione, con ritorno del bene o diritto anche a danno del terzo acquirente.
Per stabilire in concreto se trattasi di fiducia di tipo romanistico o germanistico, è necessario fare riferimento alla volontà delle parti che hanno stipulato il patto stesso, così come riflessa nel contratto (v. par. 4).
4. L’intestazione fiduciaria di beni a favore di società fiduciarie: il mandato fiduciario
Ai sensi dell’art. 1 della L. n. 1966/1939, le società fiduciarie si propongono, sotto forma di impresa, di assumere l’amministrazione dei beni per conto di terzi, l’organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni. In forza del disposto di cui al successivo art. 2 della predetta legge, le società fiduciarie sono società autorizzate da e soggette alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo economico.
L’attività di amministrazione di beni e patrimoni (essenzialmente titoli e partecipazioni, ma non solo) per conto terzi consiste nell’intestazione alla società fiduciaria dei beni appartenenti a soggetti che ne mantengono la proprietà effettiva e ne possono disporre liberamente. Tale attività è svolta dalla società fiduciaria in virtù di un contratto (mandato fiduciario) che legittima la stessa ad agire in nome proprio e per conto del proprio mandante/fiduciante sui beni affidati alla società fiduciaria in amministrazione (legittimazione formale), senza spendita del nome del mandante/fiduciante (mandato senza rappresentanza). Tuttavia, la società fiduciaria può anche operare in nome e per conto del fiduciante. Secondo lo schema giuridico del mandato con rappresentanza.
Come si è visto, il mandato fiduciario non determina alcun trasferimento della proprietà dei beni oggetto di intestazione fiduciaria, i quali restano nella “proprietà sostanziale” del soggetto fiduciante, mentre la società fiduciaria non ne acquisisce la proprietà ma soltanto la legittimazione a disporne e ad amministrarli nei limiti del mandato fiduciario sottostante: si verifica dunque una separazione tra “intestazione” e “proprietà”. Conseguentemente, la giurisprudenza qualifica il rapporto fiduciario come un’interposizione meramente formale, inquadrandolo nell’ambito del mandato senza rappresentanza, per effetto del quale, ai sensi dell’art. 1706 c.c., gli acquisti di beni mobili non registrati eseguiti dal mandatario senza rappresentanza entrano automaticamente nel patrimonio del mandante.
La legislazione sulle società fiduciarie affonda quindi le proprie radici nella fiducia c.d. “germanistica” (v. par. 3). Ciò trova conferma nel fatto che le società fiduciarie, in caso di intestazione fiduciaria di titoli e partecipazioni, sono tenute a dichiarare le generalità degli effettivi proprietari dei titoli azionari intestati a proprio nome e le azioni acquistate fiduciariamente entrano direttamente nel patrimonio del fiduciante (proprietario effettivo).
Poiché i beni fiduciati non si confondono con il patrimonio della società fiduciaria, se i creditori del fiduciante dimostrano che lo stesso è il titolare effettivo di un determinato bene oggetto di intestazione fiduciaria, ancorché intestato formalmente alla società fiduciaria, tale bene potrà essere aggredito da parte dei creditori; dall’altra parte, i creditori della società fiduciaria non possono aggredire i beni a quest’ultima intestati fiduciariamente per conto altrui. Al contrario, il fiduciante può rivendicare l’effettiva titolarità di tali beni presso i terzi aventi causa della società fiduciaria, a meno che questa non abbia ricevuto mandato all’alienazione degli stessi.
Qualora invece l’intestazione fiduciaria abbia ad oggetto beni immobili, non può parlarsi di scissione della proprietà “formale” rispetto alla proprietà “sostanziale”, in quanto riferibile segnatamente alle ipotesi di intestazione fiduciaria di azioni e titoli. Ne consegue che, qualora il negozio fiduciario abbia ad oggetto beni immobili, il modello cui fare riferimento è quello della “fiducia romanistica” (v. par. 3). In questo caso, l’intestazione di beni immobili a favore di società fiduciarie (ancorché si tratti di un’ipotesi rara) produce due effetti distinti: un effetto “traslativo”, a carattere reale, valevole nei confronti dei terzi, e l’altro “obbligatorio”, interno al rapporto tra fiduciante e società fiduciaria (c.d. pactum fiduciae).
Il D.M. 16 gennaio 1995 disciplina il mandato fiduciario, il quale deve contenere l’elencazione dei singoli beni e dei diritti intestati – i quali devono essere consegnati esclusivamente e direttamente alla società fiduciaria, salvo che somme di denaro e valori mobiliari pervengano ad essa tramite intermediari autorizzati – e l’individuazione analitica dei poteri conferiti alla società fiduciaria.
Fatte salve le norme sul mandato di cui agli artt. da 1703 e ss. c.c., il fiduciante può modificare in ogni momento i poteri conferiti e – per quanto in tempo con la loro esecuzione – di revocarli, nonché la possibilità di impartire in ogni momento istruzioni per il relativo esercizio, con comunicazione scritta. A sua volta, la società fiduciaria ha facoltà di non accettare le istruzioni o di sospenderne l’esecuzione – dandone, in tale ipotesi, pronta comunicazione al fiduciante – qualora esse, secondo il suo apprezzamento, appaiono contrarie a norme di legge o pregiudizievoli alla sua onorabilità o professionalità o alla sua operatività ed ai suoi diritti soggettivi, senza obbligo di fornire giustificazione in merito e qualora le istruzioni non vengano formulate per iscritto.
La società fiduciaria deve mettere sollecitamente a disposizione del fiduciante i beni di cui lo stesso faccia richiesta, compatibilmente con i tempi e le esigenze tecniche delle operazioni eventualmente in corso e delle eventuali obbligazioni contrattuali assunte dalla società fiduciaria per conto del mandante. Ai sensi dell’art. 1727 c.c. e del successivo art. 13, D.M. 16 gennaio 1995 la società fiduciaria ha la facoltà di recedere dal contratto, qualora il fiduciante, nel corso dello svolgimento dell’incarico, abbia regolato direttamente operazioni finanziarie a nome della fiduciaria effettuando pagamenti di somme o ricevendone in luogo della fiduciaria stessa.
Il fiduciante non può operare direttamente a nome della società fiduciaria in relazione ai beni o diritti in amministrazione e deve anticipare alla società i mezzi necessari per lo svolgimento degli incarichi. La fiudiciaria ha l’obbligo di non dare esecuzione agli incarichi qualora il fiduciante non le abbia tempestivamente messo a disposizione tali mezzi.
Nel mandato fiduciario devono essere altresì indicati:
- il compenso spettante alla società fiduciaria, o quanto meno indicati i criteri oggettivi in base ai quali viene determinato il compenso in relazione alla natura dell’incarico;
- gli oneri e le spese che la società fiduciaria può addebitare al fiduciante;
- l’esercizio del diritto di voto da parte della fiduciaria o di altri diritti inerenti i beni ricevuti in amministrazione, in conformità alle direttive impartite, ogni volta per iscritto, dal fiduciante;
- l’individuazione della o delle aziende di credito o delle SIM autorizzate alla custodia presso le quali vengono depositate le somme e i valori mobiliari dei fiducianti;
- l’individuazione della cadenza (almeno annuale) con la quale la società fiduciaria è tenuta a rendere conto dell’attività al fiduciante.
5. Le società fiduciarie: forme di amministrazione e caratteristiche del rapporto fiduciario
Le società fiduciarie sono definite dall’art. 1 della L. n. 1966/1939 come quelle società che, con la sottoscrizione del contratto fiduciario, “si propongono, sotto forma di impresa, di assumere l’amministrazione dei beni per conto di terzi, l’organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni”.
Con l’evoluzione dei mercati e delle tecniche di amministrazione e gestione dei patrimoni si sono delineate, in funzione dei poteri conferiti alla società fiduciaria e, dunque, delle modalità concrete di svolgimento dell’attività, due differenti tipologie di società fiduciarie:
- le società fiduciarie ad amministrazione “statica”, le quali svolgono la sola attività di amministrazione e conservazione del patrimonio del cliente, vincolandosi alle puntuali disposizioni da questo impartite per ogni singola operazione; tali società sono disciplinate dall’art. 1, Legge n. 1966/1939;
- le società fiduciarie ad amministrazione “dinamica” (o di gestione), le quali corrispondono utili di gestione, svolgendo il servizio di collocamento su base individuale di portafogli di investimento mediante intestazione fiduciaria; tali società sono disciplinate dall’art. 6 L. n. 1966/1939, sono equiparabili alle SIM e vengono inquadrate nel complesso impianto normativo di regolamentazione dei mercati finanziari di cui al D.Lgs. n. 58/1998 (TUF).
In entrambi i casi si è in presenza di un’attività svolta nell’interesse altrui; tuttavia, mentre la società fiduciaria “statica” non ha il potere di disporre liberamente del bene o diritto alla stessa affidato in amministrazione dal fiduciante, il gestore fiduciario acquista invece la piena disponibilità dei beni e diritti conferiti e può, quindi, alienarli, utilizzando il ricavato per procedere a nuovi acquisti nell’interesse del conferente.
Con riferimento alla natura del c.d. pactum fiduciae sottoscritto dalle società fiduciarie, occorre stabilire se esso sia riconducibile alla fiducia di tipo romanistico ovvero germanistico. La modulistica contrattuale adottata da gran parte delle società fiduciarie contiene clausole che espressamente stabiliscono che la proprietà del bene rimane in capo al fiduciante, indicando pertanto come la volontà delle parti sia quella di adottare il modello germanistico. Dottrina e giurisprudenza affermano infatti che la definizione di fiducia contenuta nella L. n. 1966/1939 si riferisce ad una fiducia di tipo germanistico, presupponendo il trasferimento al fiduciario non della piena titolarità di un diritto, ma della sola legittimazione (formale) ad esercitare in nome proprio, anche se nell’interesse altrui, un diritto di cui rimane titolare il fiduciante. Negli stessi termini si è successivamente espresso il legislatore con il Regolamento attuativo di cui al D.M. 16 gennaio 1995, nel quale è stato previsto espressamente che l’incarico di amministrazione fiduciaria ha la forma del contratto di mandato ed è regolato dalle corrispondenti norme del Codice civile.
Nel caso di amministrazione fiduciaria statica, la società fiduciaria ha il dovere di garantire la custodia e l’esercizio dei diritti inerenti ai beni, eseguendo in modo diligente l’incarico relativo all’operazione commissionata. La mera attività di amministrazione di valori mobiliari consiste nell’affidamento di tali beni alla società fiduciaria affinché li custodisca e curi l’esercizio dei relativi diritti e li restituisca ad una certa scadenza o su richiesta del fiduciante. Nell’amministrazione statica, quindi, scopo primario del soggetto fiduciante è pertanto che siano garantiti la custodia, l’esercizio dei diritti inerenti ai beni e la riservatezza nei confronti dei terzi.
Nel caso di amministrazione fiduciaria dinamica, la società fiduciaria si impegna invece ad effettuare investimenti dei beni del fiduciante in modo professionale e competente, effettuando pertanto attività di gestione di portafogli (in titoli e fondi). Nel rapporto di gestione il soggetto fiduciante non incarica il gestore di compiere un’unica e determinata operazione di negoziazione, bensì gli attribuisce la facoltà di compiere con discrezionalità anche ampia un numero indeterminato di operazioni di investimento o disinvestimento, avendo come scopo quello della gestione complessiva di più operazioni, effettuate discrezionalmente (rectius, professionalmente) dal gestore al fine di conseguire per il cliente il reddito ottimale. Quindi, in caso di amministrazione dinamica, l’obiettivo del fiduciante è la ricerca della struttura che professionalmente si attivi per effettuare gli investimenti delle sue disponibilità.
6. Il segreto fiduciario
La riservatezza è l’elemento caratterizzante il rapporto fiduciario. Come si è visto, uno dei motivi che induce un soggetto all’intestazione fiduciaria dei beni è, appunto, mantenere la segretezza sulle proprie disponibilità personali. Non è un caso infatti che il fiduciante, quando stipula un contratto fiduciario, lo fa generalmente con la convinzione che i suoi dati identificativi non possono essere diffusi a terzi senza che ciò costituisca violazione dell’obbligo fiduciario di riservatezza da parte della società fiduciaria.
Tuttavia, come si è visto, la protezione patrimoniale offerta dal negozio fiduciario è solo indiretta, e la natura mediata di tale protezione trova il proprio fondamento non in azioni di carattere reale nei confronti del patrimonio da proteggere, ma nella riservatezza circa il titolare dell’effettiva proprietà garantita dal segreto fiduciario. E’ evidente quindi che un corretto utilizzo del contratto fiduciario quale strumento di protezione patrimoniale implica necessariamente una conoscenza compiuta della natura e, soprattutto, dei limiti di tale segreto.
Né nella L. n. 1966/1939, né nel R.D. n. 239/1942 si rinviene alcun riferimento esplicito al segreto fiduciario, né e alcuna disposizione che ne dia una definizione o ne sanzioni l’eventuale violazione. Tuttavia, l’assimilazione, operata in dottrina e giurisprudenza, del contratto fiduciario al mandato senza rappresentanza implica necessariamente l’esistenza, a carico della società fiduciaria, del dovere di riservatezza che il mandatario ai sensi dell’art. 1705 c.c. assume circa l’identità del proprio mandante. Pertanto, l’esistenza del c.d. “segreto fiduciario” e la sua opponibilità nei confronti di terzi è desumibile dalla stessa possibilità che il fiduciario, in forza di un mandato senza rappresentanza conferitogli dal soggetto fiduciante, agisca per conto di quest’ultimo ma in nome proprio, in tal modo ga rantendo implicitamente che le operazioni in esecuzione del mandato siano realizzate in segretezza.
Al momento dell’assunzione dell’incarico, la società fiduciaria assume un obbligo di segretezza nei confronti del soggetto fiduciante che è opponibile ai soggetti terzi che contraggono con il fiduciario, quale principio di portata generale riconosciuto dal nostro ordinamento. Tale obbligo di riservatezza espone la stessa società fiduciaria a precise responsabilità da inadempimento civili e penali, qualora la stessa riveli indebitamente il nome del soggetto fiduciante.
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Avv. Valerio Pandolfini
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