Il distacco dei lavoratori
Il distacco, disciplinato dal D. Lgs. n. 276/2003, costituisce una forma di esternalizzazione della manodopera nella quale un lavoratore, pur alle dipendenze del suo datore di lavoro, presta l’attività a favore di un terzo. Il distacco sorge con l’accordo tra distaccante e distaccatario, senza che sia necessario il consenso del lavoratore, se non nell’ipotesi di cambio delle mansioni. Il datore distaccante rimane responsabile dei trattamenti economici e normativi, ed è obbligato ad adempiere, di regola, agli obblighi in materia di gestione del personale. Si tratta di una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa molto utilizzato dalle aziende, in quanto in grado di soddisfare molteplici esigenze: creare sinergie, acquisire, trasmettere e condividere know-how, realizzare progetti comuni o condivisi. Tuttavia, non sempre tale istituto è utilizzato in modo corretto, esponendo così le imprese a conseguenze negative e sanzioni anche gravi. Analizziamo le condizioni che consentono tale operazione, le modalità procedurali per attivare il distacco, le particolarità durante l’esecuzione della prestazione e le sanzioni in caso di irregolarità.
1. Il distacco dei lavoratori
Ai sensi dell’art. 2104 c.c., il lavoratore subordinato opera esclusivamente nell’interesse e sotto la direzione del proprio datore di lavoro, collaborando nell’impresa dalla quale è stato assunto ed eseguendo le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dalla stessa e dai relativi vertici gerarchici. Di norma, quindi un datore non può assumere e retribuire un lavoratore ponendo la sua attività a disposizione di un altro soggetto.
Il distacco è uno di quei casi eccezionali in cui è consentita una dissociazione tra datore di lavoro formale (che assume il dipendente ed è titolare del rapporto) e fruitore effettivo della prestazione.
Ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 276/2003 – norma poi integrata dal D. Lgs. n. 151/2004 e dal D. L. n. 76/2013, convertito in L. n. 99/2013 – il distacco del lavoratore si configura infatti quando un datore di lavoro (distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto (distaccatario), per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Con il distacco si crea dunque una dissociazione tra la titolarità del rapporto di lavoro – che resta in capo al distaccante – e titolarità del potere direttivo e organizzativo, che viene trasferita in tutto o in parte in capo al distaccatario, soggetto che fruisce della prestazione del lavoratore.
Se correttamente utilizzato, il distacco consente la messa a disposizione di alcuni dipendenti a favore di altri soggetti, soddisfacendo molteplici esigenze:
- creare sinergie;
- acquisire, trasmettere e condividere know how;
- realizzare progetto comuni o condivisi.
Il distacco non determina il sorgere di un nuovo rapporto con il terzo beneficiario della prestazione, ma produce l’effetto di modificare le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa rispetto a quanto convenuto dalle parti nell’originario contratto di lavoro. Non si estingue quindi l’originario rapporto di lavoro tra datore di lavoro (distaccante) e lavoratore, né sorge un nuovo rapporto tra fruitore della prestazione (distaccatario) e lavoratore.
Il distaccante è legittimato ad effettuare ogni atto relativo alla gestione del rapporto di lavoro, come ad esempio il licenziamento e le sanzioni disciplinari (Cass. n. 10771/2001). Il distaccatario, invece, esercita il potere direttivo e organizzativo nei confronti del dipendente, poiché quest’ultimo viene inserito nel suo ciclo produttivo e nella sua organizzazione.
Il distaccante è altresì responsabile del trattamento economico e normativo dei dipendenti distaccati (art. 30 D. Lgs. n. 276/2003), e rimane titolare sia dell’obbligo contributivo (Circolare del Ministero del lavoro n. 3/2004) che di quello assicurativo per infortuni e malattie professionali.
Il distaccante resta quindi titolare del potere direttivo di modificare il contratto di lavoro (per esempio attribuendo una progressione di carriera) o di modificare il distacco (per esempio disponendo che la relativa prestazione sia resa solo per alcuni giorni della settimana presso il distaccatario) o perfino di revocare il distacco, mentre il distaccatario assume direttamente su di sé quella parte del potere direttivo che attiene alle concrete modalità di svolgimento della mansione (potrà ad es. prevedere l’orario di lavoro, l’obbligo di utilizzare determinate strumentazioni o indossare certi abiti di lavoro, le concrete modalità della prestazione etc.).
Il potere disciplinare permane invece nella totale ed esclusiva disponibilità del datore distaccante; sarà peraltro cura e onere del distaccatario informare il datore di eventuali condotte del lavoratore che siano possibili di sanzioni disciplinari.
Sotto il profilo della privacy, distaccante e distaccatario, nel proprio ambito di competenza, trattano i dati personali dei lavoratori distaccati autonomamente. Dato che la gestione del rapporto rimane in capo al distaccante, i principali adempimenti in materia devono essere posti a suo carico (informativa, consensi, etc.), mentre altri adempimenti (come ad es. quelli alla sicurezza dei dati trattati) sono a carico del distaccatario presso cui si svolge la prestazione.
Il datore può disporre unilateralmente il distacco del lavoratore, senza necessità del consenso di quest’ultimo, nell’ambito del suo potere direttivo e organizzativo, salva l’ipotesi in cui il distacco non comporti mutamento di mansioni (v. oltre, par. 2).
Inoltre, il distacco è ammissibile anche quando lo svolgimento della prestazione lavorativa avvenga in un luogo diverso dalla sede del distaccatario (risposta all’Interpello n. 1/2011). In altri termini, la dislocazione del lavoratore presso la sede dell’impresa distaccataria, pur rappresentando l’ipotesi statisticamente più ricorrente, non costituisce un elemento necessario per il corretto utilizzo dell’istituto.
L’art. 30 del D. Lgs. n. 276/2003 non prevede alcun requisito di forma né ai fini della validità ed efficacia dello stesso, né ai fini della prova. Tuttavia, è consigliabile la redazione di un documento scritto, non solo per documentare il consenso del lavoratore in caso di mutamento di mansioni o le comprovate ragioni che giustifica un distacco presso unità produttive distanti più di 50 km (v. oltre, par. 2), ma soprattutto per giustificare la presenza in azienda di un dipendente non assunto dal distaccatario (in caso di ispezioni da parte del Ministero del Lavoro o dell’INPS) e per sottolineare la sussistenza dei requisiti che rendono legittimo il distacco (interesse del distaccante e temporaneità), v. oltre, par. 2.
Non è prevista alcuna formalità neppure per l’accordo tra impresa distaccante e impresa distaccataria, ma anche in questo caso è consigliabile la forma scritta, se non altro per disciplinare gli accordi economici raggiunti dalle parti relativamente ai rimborsi degli oneri connessi al distacco, il rispetto da parte del distaccatario della normativa a favore del dipendente, come ad esempio il divieto di adibirlo a mansioni diverse e dequalificanti.
In particolare, l’accordo di distacco tra distaccante e distaccatario (service agreement) deve disciplinare i seguenti punti:
- individuazione dell’interesse del distaccante;
- temporaneità dell’operazione (senza indicare necessariamente il termine, perché il raggiungimento dell’interesse può non essere facilmente individuabile);
- sede del distacco;
- mansioni del dipendente;
- responsabilità e poteri del distaccante;
- obblighi del distaccatario.
Il datore distaccante deve comunicare entro 30 giorni al dipendente il mutamento del luogo di lavoro (art. 1 del D. Lgs. n. 1527/1997), e inviare entro 5 giorni il modello Unico Lav. Inoltre, seppur gli obblighi assicurativi restano in capo al datore distaccante, quest’ultimo deve segnalare al competente ufficio dell’INAIL i dati del dipendente distaccato per motivi legati al calcolo del premio (art. 4 bis del D. Lgs. n. 181/2000).
2. I requisiti di legittimità del distacco
Come precisato dalla Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 3/2004 e nella risposta all’ Interpello n. 1/2011, i requisiti generali di legittimità del distacco sono:
- l’ interesse del distaccante;
- la temporaneità;
- lo svolgimento di una determinata attività lavorativa.
In primo luogo, il datore di lavoro distaccante deve avere un interesse specifico, rilevante, concreto e persistente per tutta la durata del distacco. Tale interesse deve essere accertato caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata e non semplicemente in relazione all’oggetto sociale dell’impresa.
Secondo la giurisprudenza, l’interesse del datore di lavoro distaccante:
- deve essere lecito (Cass. n. 5721/1999);
- deve coincidere con il soddisfacimento diretto o indiretto di concrete esigenze inerenti l’impresa distaccante (Cass. n. 7517/2012);
- deve perdurare per tutta la durata del distacco (Cass. n. 7450/2000);
- può essere anche solo parziale, purché non secondario;
- può avere natura solidaristica, o comunque carattere non economico (Cass. n. 594/2001);
- può anche fondarsi su esigenze di formazione professionale del personale presso un’altra impresa (Cass. n. 9557/2006);
- non può consistere in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura di lavoro altrui, che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della somministrazione di lavoro, al quale è consentita dal D. Lgs. n. 276/2003 solo alle agenzie per il lavoro autorizzate.
Sotto quest’ultimo profilo, il distacco si differenzia dalla somministrazione di manodopera in quanto il somministratore realizza il solo interesse della somministrazione ai fini di lucro, mentre il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse al buon andamento della società controllata o partecipata. Pertanto, il distacco è legittimo quando l’interesse che il distaccante intenda soddisfare sia unicamente quello di percepire un corrispettivo o anche solo risparmiare sul costo del lavoro, trattandosi in tal caso di attività del tutto coincidente con la somministrazione di manodopera, (Ministero del lavoro, Circolare n. 28/2005).
Tuttavia, sia il Ministero del Lavoro (Circolare n. 3/2004) che sia la giurisprudenza (Cass. Sez. Un. n. 1751/1989) ritengono legittimo che – come avviene generalmente nella prassi – il datore di lavoro distaccante possa ottenere dal distaccatario (che beneficia della prestazione del lavoratore) un rimborso degli oneri connessi al trattamento economico del dipendente. Tale rimborso, tuttavia, non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante, cioè non può essere superiore al costo aziendale sostenuto per il lavoratore distaccato durante il periodo di distacco; diversamente, si ricade nel caso di illecita somministrazione di manodopera.
L’esempio tipico di interesse del distaccante è quello legato ad esigenze di tipo formativo che possono essere realizzate presso il distaccatario, quando ad esempio quest’ultimo è il fornitore di strumenti di lavoro. Quando i lavoratori vengono distaccati con il preciso compito di apprendere le relative modalità di manutenzione, il distaccante realizza l’interesse a formare i propri dipendenti per adibirli in futuro alla manutenzione dei mezzi, anziché ricorrere al fornitore stesso a società terze per poterla realizzare.
Vi sono inoltre due casi di presunzione di esistenza di interesse del datore di lavoro distaccante:
- il distacco di dipendenti da parte di datori di lavoro stipulanti accordi sindacali che prevedono il ricorso a tale strumento per evitare ricadute occupazionali (art. 8 D.L. n. 14871993, convertito in L. n. 236/1993);
- il distacco di dipendenti tra imprese stipulanti contratti di rete ai sensi del D.L. 5/2009, convertito in L. n. 33/2009 (art. 30, comma 4 ter, inserito dal D.L. n. 76/2013, convertito in L. n. 99/2013). In tale ipotesi la norma prevede che l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’art. 2103 c.c.. Peraltro, per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso.
In secondo luogo, il distacco deve necessariamente essere temporaneo. Il distacco può anche avere breve durata, ma non può coincidere con tutta la durata del rapporto di lavoro. Inoltre, l’interesse non può derivare da stabili esigenze produttive ed organizzative dell’impresa distaccante.
Infine, il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del datore di lavoro distaccante. Il distacco non può risolversi in una messa a disposizione del personale in modo generico e senza predeterminazione di mansioni.
Il D. Lgs. n. 276/2003 prevede, inoltre, determinati presupposti di validità del distacco in specifiche ipotesi:
- il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;
- il distacco che comporti un trasferimento ad un’unità produttiva situata a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Non è dunque sufficiente un legame tra datore distaccante e soggetto distaccatario (come la mera appartenenza ad un gruppo) a legittimare automaticamente il distacco di un lavoratore dall’uno all’altro, ma occorre in ogni caso che sussistano i requisiti di legittimità sopra descritti (Cass. n. 7450/2000); anche all’interno dei gruppi societari possono infatti verificarsi distacchi non genuini, ossia mero prestito di manodopera.
Tuttavia, l’appartenenza ad un gruppo, pur non essendo sufficiente a configurare un interesse, ma è sicuramente è un elemento che facilita la sua individuazione: si pensi, ad esempio, all’esigenza di controllo della società distaccante su una società controllata, oppure all’esigenza di assicurarsi il regolare funzionamento di quest’ultima, oppure ancora all’interesse ad uno scambio di informazioni, al perfezionamento o all’implementazione di tecnologie condivise o all’esigenza del distaccante di far acquisire al proprio personale uno specifico know how di cui la società distaccataria dispone.
3. Le conseguenze dell’illegittimità del distacco
Qualora il distacco avvenga in violazione delle condizioni sopra descritte, si producono una serie di conseguenze. Anzitutto, il lavoratore interessato può chiedere, con ricorso giudiziale, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, ovvero il datore di lavoro presso cui è stato distaccato.
Il distaccatario è inoltre tenuto al pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali dovuti per il lavoratore distaccato, se questi non sono stati versati dal distaccante, nonché a porre in essere tutti gli atti per la costituzione o la gestione del rapporto per il periodo in cui il distacco ha avuto luogo, se non effettuati dal distaccante (art. 30, comma 4 bis, D. Lgs. n. 276/2003).
Qualora manchi il consenso del dipendente in caso di distacco implicante mutamento di mansioni, o manchino comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive nel caso di distacco presso unità distante più di 50 km dalla sede del proprio datore di lavoro, secondo la giurisprudenza il dipendente può rifiutare il distacco o comunque ad agire in giudizio chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del distacco e, di conseguenza, la ricollocazione presso il proprio originario posto di lavoro, oltre al risarcimento di eventuali danni patiti (Cass. n. 9530/2002).
Inoltre, in caso di distacco privo dei requisiti di legge sono previste sanzioni amministrative, in capo sia all’impresa distaccante che a quella distaccataria.
Distaccante e distaccatario sono punibili con la sanzione amministrativa di Euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo (art. 18, D. Lgs. n. 276/2003). L’art. 1, comma 445, della L. n. 145/2018 prevede poi il raddoppio della percentuale del 10% di incremento della sanzione amministrativa, qualora il datore di lavoro, nei tre anni precedenti, sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.
Nelle ipotesi di appalto e distacco illecito, con riferimento ai quali siano rinvenuti gli elementi della fraudolenza, il personale ispettivo dovrà contestare la violazione amministrativa di cui all’art. 18 del D. Lgs. n. 276/2003 e dovrà altresì adottare, in linea con le indicazioni fornite con la circolare n. 5/2011, la cessazione della condotta antigiuridica attraverso l’assunzione dei lavoratori alle dirette dipendenze dell’utilizzatore per tutta la durata del contratto). Per il reato di somministrazione fraudolenta è prevista l’ammenda di 20 Euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di distacco, quando l’operazione posta in essere è volta ad eludere la relativa disciplina.
4. Il distacco transnazionale
La nozione di distacco transnazionale non coincide con quella di cui al D. Lgs. n. 276/2003, ma è molto più ampia, applicandosi a tutti i casi in cui un lavoratore, abitualmente occupato in uno Stato, svolge temporaneamente il proprio lavoro in uno Stato diverso. Essa comprende quindi, indistintamente casi di distacco, di lavoro svolto nell’ambito di appalti e di somministrazione.
In particolare, rientrano nella fattispecie del distacco transnazionale diverse tipologie contrattuali disciplinate nel nostro ordinamento, tra cui quelle relative alla filiera degli appalti e subappalti, nonché ulteriori accordi commerciali aventi ad oggetto lo scambio di servizi tra imprese stabilite in diversi Paesi, anche appartenenti al medesimo gruppo, o tra filiali della medesima impresa distaccante.
La materia è disciplinata a livello europeo dalla Direttiva n. 96/71/UE e dalla Direttiva n. 2014/67/UE, attuate dal D. Lgs. 136/2016. Le principali disposizioni di cui al D. Lgs. n. 136/2016 si applicano sia a lavoratori distaccati da imprese stabilite nell’Unione Europea sia in Stati terzi. La normativa non si applica invece al personale navigante delle imprese della marina mercantile.
Durante il periodo del distacco, ai lavoratori distaccati devono essere garantiti almeno i livelli minimi di condizioni di lavoro e occupazione previsti, dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi, per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco (cioè in Italia).
Il D. Lgs. n. 136/2016 individua i livelli minimi delle condizioni di lavoro e di occupazione nell’ambito delle seguenti materie:
- periodi massimi di lavoro e minimi di riposo;
- durata minima delle ferie annuali retribuite;
- trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario, stabiliti dai contratti collettivi di lavoro stipulati nei diversi settori produttivi dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
- condizione di cessione temporanea dei lavoratori: per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore. L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore;
- salute, sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro;
- tutela delle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;
- parità di trattamento fra uomo e donna.
Ai lavoratori distaccati sono dunque garantiti condizioni di lavoro e di occupazione vigenti nello Stato “ospitante”, seppur solo su alcune materie. È peraltro evidente che, non essendo il principio di parità di trattamento assoluto, il lavoratore “straniero” può costare di meno di quello assunto localmente; senza contare che i contributi sociali possono continuare ad essere pagati nel paese di origine, nella misura (magari inferiore) ivi prevista.
Ciò è perfettamente legittimo se l’impresa straniera distaccante è un genuino soggetto imprenditoriale, se i suoi dipendenti distaccati sono effettivamente lavoratori che operano abitualmente nel loro paese e se esiste effettivamente un valido e ben definito rapporto contrattuale tra l’azienda straniera datrice di lavoro e il destinatario della prestazione lavorativa in Italia. In caso contrario, oltre all’imputazione del rapporto in capo al distaccatario/utilizzatore italiano, con integrale applicazione della disciplina lavoristica interna, si applicano le relative sanzioni amministrative.
E’ espressamente prevista per le ipotesi di distacco transnazionale una responsabilità solidale. L’art. 4, comma 4, del D. Lgs. n. 136/2016 infatti richiama l’applicazione degli istituti, previsti per gli appalti, della c.d. azione diretta prevista dall’art. 1676 c.c. e della responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, D. Lgs. 276/2003. Il distaccato transnazionale è quindi interessato da una tutela maggiore di quella del distaccato interno, per il quale l’art. 30 del D. Lgs. n. 276/2003 non prevede alcuna forma di tutela rafforzata del credito.
I lavoratori distaccati che prestano o hanno prestato attività lavorativa in Italia possono far valere i diritti in sede amministrativa e giudiziale avanti alle competenti autorità del territorio italiano. Le situazioni illecite possono essere segnalate alle sedi territoriali dell‘Ispettorato Nazionale del Lavoro, le quali avvieranno le attività di vigilanza necessarie.
Nel caso di distacco transnazionale illegittimo, e sempre che si intenda chiedere la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro in capo al distaccatario, compresa l’ipotesi in cui si voglia anche far valere un illegittimo recesso imputabile a quest’ultimo, è applicabile l’art. 32, comma 4, lett. d), della L. 183/2010. Pertanto occorre impugnare il distacco (e l’eventuale licenziamento) nel termine di 60 gg. dalla sua cessazione inviando una apposita comunicazione all’utilizzatore e depositare il ricorso nel successivo termine di giorni 180.
Sono previsti alcuni obblighi amministrativi che gravano sull’impresa distaccante, la quale deve:
- effettuare la dichiarazione preventiva di distacco del personale impiegato in Italia entro le ore 24 del giorno antecedente all’inizio del distacco stesso e comunicare tutte le successive modificazioni entro 5 giorni dal verificarsi dell’evento;
- conservare la documentazione in materia di lavoro (contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni di cui agli artt. 1 e 2, D. Lgs. n. 152/1997), i prospetti paga, i prospetti indicanti l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni o altro atto equivalente, nonché il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile (modello A1) e la comunicazione/registrazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro, per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione;
- designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti; in mancanza, la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi, per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione;
- designare una persona, non necessariamente coincidente con quella di cui sopra, che agisca in qualità di rappresentante legale, al fine di mettere in contatto le parti sociali interessate con il prestatore di servizi per una eventuale negoziazione collettiva; tale persona di contatto non ha l’obbligo di essere presente nel luogo di svolgimento dell’attività lavorativa in distacco, ma deve rendersi disponibile in caso di richiesta motivata, per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione.
Ai sensi dell’art. 12, D. Lgs. n. 136/2016:
- la violazione dell’obbligo di comunicare il distacco è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato;
- la violazione dell’obbligo di conservare, durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, predisponendone copia in lingua italiana, la rilevante documentazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro, per ogni lavoratore interessato (comma 3, lett. a);
- la violazione dell’obbligo di designare, durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato dal distaccante di esibire, inviare o ricevere atti e documenti, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro (comma 3, lett. b);
- la violazione dell’obbligo di designare, per tutto il periodo di distacco, un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro (comma 4).
In ogni caso, gli importi delle suddette sanzioni amministrative – in base all’art. 32, comma 1, lettera d), L. n. 234/2012 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea) – non possono essere superiori a 150.000 euro rispetto alle violazioni sancite da ciascun comma di quelli sopra elencati (art. 12, comma 4, D. Lgs. n. 136/2016).
A tali violazioni è inoltre applicabile l’istituto della diffida di cui all’art. 13 del D. Lgs. n.124/2004.
Le ipotesi di distacco (transnazionale) non autentico sono configurabili ogniqualvolta il datore di lavoro distaccante e/o il soggetto distaccatario pongano in essere distacchi “fittizi” per eludere la normativa nazionale in materia di condizioni di lavoro e sicurezza sociale, distacchi “fittizi” che possono essere riscontrati, a titolo esemplificativo, nei seguenti casi:
- l’impresa distaccante è una società fittizia, non esercitando alcuna attività economica nel Paese di origine;
- l’impresa distaccante non presta alcun servizio ma si limita a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all’attività di somministrazione;
- il lavoratore distaccato al momento dell’assunzione da parte dell’impresa straniera distaccante già risiede e lavora abitualmente in Italia;
- il lavoratore distaccato, regolarmente assunto dall’impresa distaccante, è stato licenziato durante il periodo di distacco e, in assenza di una comunicazione di modifica della data di cessazione del periodo di distacco, lo stesso continua a prestare attività lavorativa, sostanzialmente in nero, presso l’impresa distaccataria.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, D. Lgs. 136/2016, nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione. Ne consegue che nelle suddette ipotesi il lavoratore deve essere considerato come impiegato sul territorio italiano dal soggetto distaccatario, applicando integralmente gli istituti e le tutele in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dalla normativa interna.
Per quanto concerne il regime sanzionatorio, dovrà essere irrogata la sanzione amministrativa per la violazione conseguente alla mancata formalizzazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro in Italia, non strettamente connessa al profilo previdenziale, ossia quella prevista in caso di mancata comunicazione di instaurazione del rapporto, diffidabile ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n.124/2004.
L’art. 3, comma 5 D. Lgs. 136/2016 stabilisce inoltre che, nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il distaccante e il distaccario sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, analogamente a quanto previsto dall’articolo 18, comma 5·bis, del D. Lgs. n. 276/2003. In ogni caso l’ammontare della sanzione amministrativa non può essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000. Se vi è impiego dei minori, la disposizione prevede l’applicazione della pena dell’arresto fino a diciotto mesi e dell’ammenda originariamente stabilita aumentata fino al sestuplo.
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Avv. Valerio Pandolfini
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