Contratti bancari: le decisioni dell’ABF nel 2022
La Banca d’Italia ha pubblicato la Relazione sull’attività svolta nel 2022 dall’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), organismo deputato e risolvere in via stragiudiziale le controversie tra clienti e intermediari bancari e finanziari. Il ricorso all’ABF presenta numerosi vantaggi per i clienti, tra i quali la sostanziale gratuità e la velocità di risoluzione delle controversie. Nel 2022 le decisioni dell’ABF sono state oltre 17.300, e sono stati riconosciuti ai clienti 19,6 milioni di Euro. Esaminiamo le più rilevanti decisioni dell’ABF nel 2022, su diverse tematiche attinenti ai rapporti tra banca e cliente.
1. Cos’è l’ABF e come funziona
L’Arbitrato Bancario Finanziario (ABF) è un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie (alternative dispute resolution, ADR), ossia un organismo creato per risolvere le liti tra banche o finanziarie e clienti su servizi e prodotti bancari o finanziari.
Si tratta di un organismo autonomo e indipendente dalla Banca d’Italia, articolato in sette Collegi territoriali, composti da professionisti esperti. Accanto ai Collegi territoriali opera il Collegio di coordinamento (unico per tutto il territorio), che decise i ricorsi sulle questioni più rilevanti o controversie.
A differenza di quelle del giudice, le pronunce dell’ABF non sono vincolanti per le parti; ciò nonostante, il tasso di adesione spontanea delle banche alle decisioni dell’ABF è superiore al 90%. Se le banche o le finanziarie non rispettano la decisione, la notizia dell’inadempimento è pubblicata sul loro sito internet e su quello dell’ABF. In ogni caso, i clienti che si sono rivolti all’ABF o le banche e le finanziarie interessate possono sempre sottoporre al giudice ordinario, se non sono soddisfatti della decisione dell’Arbitro.
Presentare un ricorso all’ABF produce numerosi vantaggi, in quanto tale organismo:
- è sostanzialmente gratuito;
- decise in tempi molto più rapidi rispetto alla giustizia civile e la durata della procedura non può superare i 180 giorni (120 giorni la durata media nel 2022):
- non richiede l’assistenza di un avvocato o di altro professionista;
- è facile da attivare attraverso il portale online;
- al pari della mediazione soddisfa la condizione prevista dalla legge per potersi rivolgere al giudice.
L’ABF decide controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (ad es. conto corrente, mutuo, prestito personale), di pagamento (ad es. carte di credito) e sui buoni fruttiferi postali, sorte nei sei anni che precedono la presentazione del ricorso. Il contenzioso relativo a servizio o attività di investimento è invece di competenza dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), che opera presso la Consob.
Chi presenta un ricorso all’ABF può chiedere:
- una somma di denaro fino a 200.000 Euro;
- l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà senza limiti di importo (ad es. richiesta di documentazione bancaria o di cancellazione di un’ipoteca dopo l’estinzione di un mutuo).
2. Le decisioni dell’ABF nel 2022
Secondo la Relazione della Banca d’Italia sull’attività svolta nel 2022 dall’ABF, il 2022 è stato caratterizzato da una flessione (-31%) del numero dei ricorsi presentati (oltre 15.400) e da una significativa ridistribuzione delle controversie per materia: è notevolmente aumentato il peso dei ricorsi in tema di servizi e strumenti di pagamento, anche per effetto della maggiore diffusione dei pagamenti digitali.
Il contenzioso sui finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio e sui buoni fruttiferi postali, come nel 2021, continua a diminuire in relazione alla complessità del quadro normativo: su queste materie gli intermediari tendono a non adempiere alle decisioni dell’Arbitro e i clienti sono disincentivati dal presentare ricorso.
Nel 2022 le decisioni dell’ABF sono state oltre 17.300, in calo rispetto al 2021 coerentemente con la riduzione del numero dei ricorsi ricevuti. Nel 34% dei casi l’esito è stato favorevole ai clienti, con l’accoglimento totale o parziale delle richieste; per il 18% dei ricorsi è intervenuta la dichiarazione della cessazione della materia del contendere per accordo intervenuto tra le parti. Nei restanti casi il Collegio ha respinto le istanze in quanto infondate.
Nel 2022 sono stati riconosciuti ai clienti 19,6 milioni di Euro (31 nel 2021), di cui 17,3 già restituiti alla clientela.
Nel 2022 la durata media della procedura, al netto delle sospensioni, è stata di 120 giorni (in diminuzione rispetto al 2021). La durata è di molto inferiore ai 180 giorni previsti dalla normativa, termine entro il quale si è concluso il 93% dei procedimenti. La durata media al lordo delle sospensioni è stata pari a 140 giorni.
Esaminiamo quindi le principali decisioni emesse nel 2022 dall’ABF su varie tematiche attinenti i rapporti tra banca e cliente.
3. Il conto corrente
Come è noto, con il contratto di conto corrente la banca custodisce le somme del cliente e offre una serie di servizi utili a gestire entrate e uscite: l’accredito dello stipendio o della pensione, la domiciliazione delle bollette, l’utilizzo di carte o assegni e l’esecuzione di bonifici. Le banche non sono obbligate ad aprire un conto corrente alla clientela, ma qualora ciò avvenga sono tenute ad offrire ai consumatori il conto con caratteristiche di base, che consente di utilizzare i servizi di pagamento fondamentali (c.d. conto di base).
Secondo l’ABF, l’emissione di una carta di debito è un servizio incluso nel conto di base; pertanto, in un caso di ritardo da parte della banca nel rilascio della carta di debito ad un cliente (7 mesi dall’apertura del conto), ha riconosciuto che quest’ultimo aveva diritto ad un risarcimento del danno, quantificato in via equitativa in 300 Euro, per i disagi sopportati a causa della mancata disponibilità dello strumento di pagamento.
In relazione a un conto corrente cointestato a firma congiunta, l’ABF, confermando il proprio orientamento consolidato, ha affermato che il contratto di conto corrente non si estingue automaticamente per effetto della morte di uno dei cointestatari, ma solo in presenza di un’espressa manifestazione di volontà dei cointestatari superstiti.
Con riferimento invece a un conto corrente a firma disgiunta, l’ABF, dopo avere richiamato il proprio consolidato orientamento, secondo cui i cointestatari di un conto corrente sono considerati debitori e creditori in solido nei confronti della banca, ha chiarito che ciascun cointestatario può chiedere l’estinzione del conto, e che conseguentemente la banca non può rifiutare la richiesta del cointestatario di estinguere il conto.
Per quanto concerne la compensazione tra diversi rapporti bancari, l’ABF, richiamando il proprio orientamento consolidato, secondo cui è possibile procedere con la compensazione tra rapporti bancari solo se ricorrono i presupposti di legge (ossia se il credito sia certo, liquido ed esigibile e senza necessità di chiudere prima il conto corrente) ha affermato che non è possibile compensare quanto dovuto alla banca per un finanziamento con il saldo positivo del conto corrente intestato al cliente.
4. Il diritto a ricevere copia della documentazione bancaria
L’ABF ha chiarito che il diritto del cliente di ottenere copia del contratto stipulato con l’intermediario non è disciplinato dall’art. 119, comma 4, TUB – che riguarda il diritto di accesso ai soli documenti relativi a operazioni compiute nei 10 anni precedenti la richiesta – ma, trattandosi di documentazione relativa al rapporto bancario nel
suo complesso, dall’art. 117 TUB; di conseguenza, il termine di prescrizione di 10 anni decorre dalla data di chiusura del rapporto.
L’ABF ha altresì chiarito che gli estratti conto, non essendo altro che la rappresentazione sintetica di una pluralità di singole operazioni, rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 119 TUB; il diritto del cliente di avere copia degli estratti conto è pertanto limitato al solo decennio precedente la richiesta.
In diverse occasioni l’ABF ha preso posizione sulla congruità dei costi richiesti ai clienti per la consegna di documentazione bancaria, evidenziando che gli stessi non devono essere eccessivi o volti a comprimere il diritto del cliente all’esibizione dei documenti, ma orientati esclusivamente a coprire i costi del servizio reso. Sulla base di questo orientamento, l’ABF ha ritenuto non congrua la richiesta dell’intermediario di pagamento di 5 euro per documento richiesto al cliente.
5. I buoni fruttiferi postali
Come negli anni precedenti, l’ABF ha continuato a occuparsi di ricorsi riguardanti i BFP a scadenza trentennale della serie Q/P, ossia buoni della serie Q emessi sui moduli della precedente serie P. Su questi buoni era stato apposto nella parte anteriore un timbro con l’indicazione della serie Q di appartenenza; un ulteriore timbro sul retro indicava i nuovi tassi di interesse della serie Q limitatamente ai primi vent’anni di fruttuosità dei buoni, senza però aggiornare o cancellare, con riferimento agli ultimi dieci anni, i rendimenti della precedente serie P indicati sul titolo (più elevati di quelli della serie Q).
Secondo l’orientamento dell’ABF, il titolare di un buono della serie Q/P ha diritto ai rendimenti più favorevoli previsti per la serie P per gli ultimi dieci anni di fruttuosità del titolo, in quanto il timbro della nuova serie Q modifica solamente gli interessi dal primo al ventesimo anno, inducendo il cliente a fare legittimo affidamento sulle condizioni di rimborso originarie indicate nel buono per l’ultimo decennio.
L’ABF ha inoltre chiarito che la prescrizione dei BFP della serie AD (caratterizzati dalla presenza della dicitura “a termine”) inizia a decorrere al termine dell’ultimo anno di fruttuosità (e non invece dal giorno di emissione del buono). L’ABF, in altre occasioni, ha esteso il medesimo principio ai BFP di altre serie che riportano su retro la dicitura “a termine” (ad es. AE, CC, CE).
L’ABF ha infine esaminato la contestazione di un ricorrente relativa alla liquidazione di alcuni BFP, sottoscritti insieme a persona poi deceduta. L’intermediario rifiutava il pagamento, ritenendo necessaria la dichiarazione congiunta degli eredi e l’apertura della pratica di successione. L’ABF ha accolto il ricorso, ritenendo che se il BFP è cointestato con la clausola di pari facoltà di rimborso, ciascuno dei contitolari ha diritto a riscuoterlo.
6. Il deposito titoli in amministrazione
Un cliente lamentava il fatto che, a seguito della chiusura del conto corrente, la banca non avesse trasmesso tempestivamente la certificazione relativa alle minusvalenze accantonate, non consentendo di effettuare la compensazione con le plusvalenze realizzate, secondo quanto previsto dalla normativa tributaria. Chiedeva quindi il rilascio della certificazione e la condanna dell’intermediario al risarcimento del danno dovuto alla mancata compensazione. L’ABF, dopo avere precisato che la banca ha l’obbligo di consegnare la certificazione al momento della chiusura del rapporto (e non quando si realizza una singola minusvalenza), ha ritenuto illegittima la condotta dell’intermediario, ma ha rigettato la domanda risarcitoria poiché la parte non aveva provato il danno subito.
7. I mutui e gli altri finanziamenti
Secondo il consolidato orientamento dell’ABF, la decisione di rinegoziare le condizioni economiche di un contratto di mutuo rientra nell’autonomia imprenditoriale della banca, che può legittimamente rifiutare la richiesta avanzata dal cliente. Il rifiuto deve però essere sempre accompagnato da un’adeguata motivazione che ne chiarisca le ragioni al cliente, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza cui la banca è tenuta.
L’ABF ha inoltre evidenziato che, nell’ambito di una procedura di surroga, la banca può proporre una modifica delle condizioni economiche del contratto di mutuo rispetto a quanto inizialmente prospettato, purché fornisca al cliente le informazioni in modo chiaro.
8. La fideiussione omnibus
Il Collegio di coordinamento è tornato a pronunciarsi sulla validità delle fideiussioni che ripropongono lo schema contrattuale ABI, per chiarire se la nullità parziale del contratto operi anche per le fideiussioni stipulate dopo il 2005. Secondo il Collegio, per le fideiussioni stipulate dopo il 2005 il ricorrente deve dimostrare la persistenza dell’intesa anticoncorrenziale anche negli anni successivi: non è quindi sufficiente che nella fideiussione vi siano le medesime clausole già dichiarate illegittime dalla Banca d’Italia. In particolare, il cliente deve provare la diffusione seriale, al momento della stipula della propria fideiussione, del modello ABI dichiarato illegittimo producendo in giudizio più contratti proposti alla clientela successivi al 2005 da parte di banche differenti.
ll Collegio di coordinamento ha inoltre chiarito che l’inserimento della clausola con cui il garante si obbliga a rimborsare il creditore “a semplice richiesta” non è sufficiente a riqualificare la fideiussione come contratto autonomo di garanzia. Per qualificare correttamente il contratto come fideiussione o contratto autonomo di garanzia occorre quindi valutare le condizioni contrattuali nel loro complesso, ad esempio verificando la presenza di clausole che escludono la facoltà di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale.
9. Il credito ai consumatori
Un cliente titolare di un prestito personale affermava che l’intermediario non aveva fornito le informazioni necessarie a valutare l’onerosità del contratto, in violazione degli obblighi di trasparenza. Secondo il cliente, l’intermediario aveva omesso di specificare la formula matematica usata per il calcolo degli interessi e di fornire indicazioni sul maggior costo del piano di ammortamento alla francese rispetto ad altre tipologie di ammortamento.
Il Collegio di coordinamento ha rigettato il ricorso, precisando che l’intermediario è obbligato per legge a riportare alcune informazioni essenziali, presenti nel caso esaminato, come il TAEG, il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, mentre non è tenuto ad allegare il piano di ammortamento o a indicare la formula matematica usata per il calcolo degli interessi. Ha inoltre chiarito che l’assenza del piano di ammortamento e/o della formula di calcolo non comporta l’indeterminatezza del contratto. L’Arbitro ha poi precisato che il cliente ha il diritto di ottenere senza spese, in qualsiasi momento, una tabella di ammortamento contenente, tra l’altro: gli importi dovuti; le relative scadenze e le condizioni di pagamento; il piano di ammortamento del capitale; gli interessi e gli eventuali costi aggiuntivi.
L’Arbitro si è nuovamente occupato del tema delle polizze assicurative accessorie a un prestito personale confermando che, in presenza di alcune circostanze, la polizza deve presumersi sostanzialmente imposta al cliente, e quindi obbligatoria, nonostante sia descritta nel contratto come facoltativa. La polizza viene considerata obbligatoria quando sono presenti congiuntamente: (a) la funzione di copertura del credito; (b) la contestualità della sua stipula rispetto al finanziamento e la pari durata dei due rapporti; (c) la circostanza che l’indennizzo assicurativo sia parametrato al debito residuo. L’intermediario può comunque fornire prova contraria, dimostrando la facoltatività della polizza.
Il Collegio di coordinamento si è pronunciato sul tema dell’inclusione o meno nel TAEG della commissione applicata in misura proporzionale all’importo prelevato presso gli ATM attraverso la carta di credito revolving (c.d. anticipo contante). Secondo l’Arbitro, nei contratti di credito che prevedono la possibilità per il cliente di usare le somme ricevute in diversi modi (ad es. prelievo da ATM o acquisto mediante POS), ai fini del calcolo del TAEG rilevano solo le spese che sono collegate alle modalità di utilizzo più comunemente impiegate per quel tipo di contratto. Nel credito rotativo, il prelievo dei contanti non è la modalità di utilizzo più comune e rappresenta un’alternativa all’uso, molto più frequente, della carta per acquisti mediante POS; pertanto, considerato che le carte revolving nascono principalmente per l’acquisto di beni senza contante, la commissione non deve essere inclusa nel calcolo del TAEG.
10. La cessione del quinto dello stipendio o della pensione
Quando il cliente estingue un prestito CQS in via anticipata, ha diritto a una restituzione dei costi sostenuti al momento della stipula che comprende sia i costi ricorrenti (recurring), sia quelli istantanei (up front). Un cliente aveva estinto in via anticipata un finanziamento CQS sottoscritto nel 2015 e chiedeva il rimborso proporzionale degli oneri up front e recurring pagati al momento della stipula35. Il Collegio ha accolto il ricorso, sebbene per un importo inferiore a quello indicato nella domanda. L’ABF ha in primo luogo menzionato il decreto “sostegni bis” che, per i contratti di finanziamento CQS sottoscritti prima del 25 luglio 2021, in caso di estinzione anticipata limitava il diritto al rimborso ai soli costi recurring. Considerato che la norma transitoria è stata successivamente dichiarata illegittima, il Collegio ha concluso che, dopo l’intervento della Corte costituzionale, devono essere rimborsati al cliente sia i costi recurring sia quelli up front (compresi i costi di intermediazione)36. In merito al criterio da applicare per il calcolo del dovuto, l’ABF ha fatto riferimento a quello proporzionale lineare per gli oneri recurring37, mentre per i costi up front ha utilizzato quello della curva degli interessi38, in linea con quanto stabilito in precedenza dal Collegio di coordinamento.
In due casi sottoposti al Collegio di coordinamento i clienti lamentavano che, in fase di estinzione anticipata di prestiti CQS, l’intermediario aveva restituito gli interessi non maturati in misura inferiore rispetto al dovuto. In particolare, mentre il contratto prevedeva espressamente che gli interessi fossero restituiti insieme ad alcune commissioni secondo il criterio proporzionale lineare, la banca riteneva di dovere rimborsare gli interessi seguendo il piano di ammortamento alla francese, in cui le quote di interessi decrescono fino ad azzerarsi in corrispondenza dell’ultima rata. L’ABF ha ritenuto fondate le lamentele dei clienti, affermando che, se il contratto indica in modo ambiguo il criterio con cui gli interessi non ancora maturati devono essere restituiti al cliente in fase di estinzione anticipata del prestito, trova applicazione quello più favorevole alla clientela (in questo caso il criterio proporzionale e non quello della curva degli interessi).
11. Le polizze abbinate ai finanziamenti
In un caso sottoposto all’attenzione del Collegio di coordinamento, il cliente sosteneva che l’intermediario non aveva correttamente calcolato il TAEG di un prestito personale, in quanto non aveva incluso nel calcolo il premio pagato per una polizza assicurativa a protezione del credito, stipulata contestualmente al prestito. Il Collegio, richiamando l’orientamento consolidato dell’ABF, ha chiarito che, se la polizza è obbligatoria il costo del premio versato deve essere incluso nel calcolo del TAEG. Nel caso in esame, appurata la natura facoltativa della polizza, il Collegio ha quindi ritenuto corretto escludere il premio dal calcolo del TAEG.
Sulle provvigioni percepite dall’intermediario per il collocamento della polizza facoltativa, il Collegio, preso atto che la normativa antiusura della Banca d’Italia prevedeva l’inclusione delle stesse nel calcolo del tasso effettivo globale (TEG) del prestito, ne ha invece escluso la rilevanza ai fini del calcolo del TAEG, considerate le differenze strutturali tra i due indicatori di costo. Mentre il TEG ha la finalità di accertare se le condizioni di costo delle operazioni creditizie presentino o meno carattere usurario, il TAEG è lo strumento principale di trasparenza nei contratti di credito al consumo a favore del consumatore e rappresenta il costo totale del credito a carico del debitore. In definitiva, in caso di polizza assicurativa non obbligatoria, la provvigione trattenuta dall’intermediario deve essere esclusa dal calcolo del TAEG, al pari di quanto avviene per il premio assicurativo.
12. L’anatocismo
In un caso il ricorrente affermava che la previsione di un piano di ammortamento “alla francese” per il rimborso del finanziamento di cui era titolare comportasse l’implicita capitalizzazione mensile degli interessi (anatocismo). L’ABF ha richiamato il proprio consolidato orientamento secondo cui è escluso un effetto anatocistico implicito nel piano di ammortamento alla francese, in quanto gli interessi di un determinato periodo sono calcolati esclusivamente sul capitale residuo; inoltre, al momento della scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso.
13. Le commissioni di affidamento
Il ricorrente, titolare di un’apertura di credito in conto corrente, contestava l’addebito da parte dell’intermediario di voci di costo ulteriori rispetto alla commissione sul fido accordato, in violazione della regola di onnicomprensività prevista dalla normativa. L’ABF, dopo avere richiamato gli orientamenti di vigilanza sulla remunerazione di affidamenti e sconfinamenti emanati dalla Banca d’Italia, ha chiarito che gli intermediari possono applicare commissioni ulteriori rispetto a quella onnicomprensiva solo se queste remunerano servizi diversi da quelli strumentali all’operatività dell’apertura di credito.
14. Le commissioni di sconfinamento: le commissioni di istruttoria veloce
In un caso il ricorrente, titolare di un conto corrente al quale era agganciata un’apertura di credito, ha contestato le modalità di applicazione della commissione di istruttoria veloce da parte dell’intermediario, rilevando l’automatismo con cui erano effettuati gli addebiti (in media, uno ogni 5 o 6 giorni). Secondo l’ABF, l’applicazione della CIV è legittima se l’intermediario dimostra: (a) di avere effettivamente svolto un’attività istruttoria sul merito creditizio del cliente per consentire lo sconfinamento; (b) che il costo dell’istruttoria è commisurato a quello medio effettivamente sostenuto dall’intermediario per lo svolgimento dell’attività; (c) di avere compiuto l’istruttoria veloce per ogni singola applicazione della CIV. Su quest’ultimo aspetto, un indice presuntivo dell’assenza di un’effettiva attività istruttoria da parte della banca consiste nella molteplicità di addebiti CIV a breve distanza l’uno dall’altro (ad es. con cadenza giornaliera o settimanale).
15. Lo ius variandi
L’ABF ha richiamato il proprio consolidato orientamento secondo cui l’art. 118 TUB, che consente all’intermediario di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali, presuppone che la proposta di modifica riguardi una clausola già presente nel contratto: non è invece possibile introdurre clausole nuove. Nel caso esaminato l’ABF ha pertanto dichiarato illegittima l’applicazione di una nuova commissione, introdotta con una comunicazione denominata “Proposta di modifica unilaterale”, in quanto la commissione non era presente nel contratto originario.
Il ricorrente aveva disconosciuto un’operazione fraudolenta consistente in un prelievo “extra plafond” effettuata allo sportello in seguito alla sottrazione della sua carta. Questa tipologia di prelievo, che consente di superare il massimale giornaliero, non era originariamente prevista nel contratto ed era stata introdotta dalla banca con una proposta di modifica unilaterale del contratto. Il cliente precisava di averne avuto notizia soltanto dalla documentazione trasmessa in occasione dell’invio della nuova carta. L’ABF, richiamando la normativa, ha ritenuto che funzionalità come quella di “prelievo extra” possano essere introdotte mediante modifica unilaterale del contratto a condizione che: (a) la facoltà di modifica sia prevista dal contratto; (b) la modifica venga comunicata per iscritto al cliente con un preavviso di almeno due mesi rispetto alla data di applicazione indicata nella proposta, specificando che il cliente ha diritto di recedere senza spese; (c) sussista un giustificato motivo. Il Collegio ha quindi accolto il ricorso, osservando che la comunicazione inviata al cliente non riportava la data a partire dalla quale il nuovo servizio sarebbe stato operativo, né tantomeno evidenziava il diritto del cliente di recedere dal contratto.
16. La clausola floor
In un caso il ricorrente riteneva che l’inserimento in un contratto di mutuo di una clausola floor avrebbe imposto di qualificare il contratto come un derivato implicito, con applicazione della disciplina del Testo unico finanziario (TUF) e degli obblighi di fornire adeguata informativa precontrattuale al cliente; il cliente contestava inoltre la vessatorietà della clausola.
L’ABF, confermando i precedenti orientamenti sul punto, ha affermato che la presenza di una clausola floor non comporta la qualificazione del contratto come derivato implicito, ma costituisce un mero elemento di determinazione del tasso. Dopo avere rilevato che la clausola floor non può essere considerata vessatoria se è formulata, come nel caso oggetto del ricorso, in modo chiaro e comprensibile, l’Arbitro ha quindi respinto il ricorso.
17. L’usura in ambito bancario
Il Collegio di coordinamento ha esaminato il tema dell’inclusione degli oneri assicurativi nel calcolo del TEG per i finanziamenti stipulati negli anni 2012-2013, periodo in cui erano vigenti le Istruzioni per la rilevazione dei TEGM emanate dalla Banca d’Italia nell’agosto 2009. Il Collegio ha ricordato che, in applicazione delle istruzioni, la polizza assicurativa deve essere inserita nel calcolo del TEG quando è collegata all’operazione di finanziamento e che il collegamento è presunto quando: (a) la polizza ha ad oggetto la copertura del credito; (b) i due contratti sono stipulati contestualmente e hanno pari durata; (c) l’indennizzo assicurativo è parametrato al debito residuo.
Il Collegio ha chiarito che anche in presenza di questi elementi è possibile per la banca dimostrare che non vi è collegamento e che il prestito ha rappresentato soltanto l’occasione per offrire al cliente i prodotti assicurativi. La banca dovrà in tal caso dimostrare: (a) che la polizza copre rischi
totalmente estranei o solo indirettamente collegati alla capacità di rimborsare il finanziamento; (b) la differente durata dei due contratti (anche se stipulati contestualmente); (c) che l’indennizzo non è parametrato al debito residuo; (d) che il beneficiario non è l’intermediario ma il ricorrente, che deve essere libero di destinare come ritiene l’indennizzo eventualmente ricevuto.
Il Collegio di coordinamento ha inoltre ricordato che le Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura (FAQ), emanate dalla Banca d’Italia nell’ottobre 2009, prevedono che gli importi trattenuti dall’intermediario finanziatore per la stipula della polizza dovranno essere sempre inclusi nel TEG, anche in assenza di collegamento tra i contratti. L’Arbitro ha respinto i ricorsi in quanto, anche considerando nel TEG la commissione addebitata per il collocamento della polizza, il tasso soglia non era stato superato.
Il Collegio di coordinamento ha esaminato lo stesso tema con riferimento a un finanziamento stipulato nel periodo in cui erano vigenti le Istruzioni per la rilevazione dei TEGM emanate dalla Banca d’Italia nel luglio 2016. Poiché le istruzioni del 2016 non specificano che la provvigione per il collocamento della polizza deve essere inclusa nel TEG, laddove sia consentito escludere dal calcolo del TEG il costo della polizza, nemmeno l’eventuale provvigione trattenuta dall’intermediario deve essere considerata ai fini del calcolo. Il ricorso è stato quindi rigettato in quanto l’intermediario aveva correttamente escluso dal calcolo del TEG le commissioni percepite per il collocamento della polizza.
Il Collegio di coordinamento ha infine esaminato un caso analogo, riferito a un contratto di finanziamento stipulato nel marzo 2017, al fine di stabilire quali fossero le Istruzioni per la rilevazione dei TEGM applicabili. Al riguardo le istruzioni del 2016 chiariscono che, sino al 31 marzo 2017, gli intermediari devono fare riferimento alle istruzioni pubblicate nell’agosto 2009 per verificare il rispetto dei limiti oltre il quale gli interessi si devono considerare usurari. L’Arbitro ha quindi esaminato la polizza oggetto di ricorso e ha concluso che non poteva considerarsi connessa con il finanziamento in quanto la prestazione non era legata al debito residuo e il beneficiario era l’assicurato. Il Collegio di coordinamento ha poi ricordato che in applicazione delle FAQ nel calcolo del TEG doveva essere inclusa la provvigione dell’intermediario per il collocamento della polizza, e ha quindi accolto il ricorso in quanto il TEG così ricalcolato superava il tasso soglia di riferimento del periodo. L’intermediario è stato condannato a restituire le somme percepite a titolo di interessi, di costo dei premi assicurativi e di altri oneri accessori.
18. I pagamenti elettronici
In un caso il cliente aveva subito il furto di una carta di credito dal proprio autoveicolo e i ladri l’avevano poi usata per alcuni pagamenti POS in modalità contactless. L’ABF ha ricordato che la normativa in questi casi consente di non applicare un doppio fattore di autenticazione (ad es. il codice PIN) per operazioni fino a 50 euro ognuna (questo limite di importo può però essere contrattualmente fissato in misura più bassa) e per un massimo di cinque pagamenti consecutivi, purché il valore complessivo di tali operazioni non superi 150 euro. Poiché nel caso in esame questi limiti erano stati superati e non vi era prova dell’inserimento del codice PIN, l’ABF ha accolto il ricorso disponendo la restituzione degli importi sottratti.
Un cliente affermava di avere pagato la corsa di un taxi con la carta di credito e di avere ricevuto sul telefono, poco dopo essere sceso dalla vettura, una notifica che comunicava l’addebito di 2.000 euro sulla carta, mai autorizzato. Non riuscendo a ritrovare il tassista, il cliente ha bloccato immediatamente la carta e ha chiesto alla banca il riaccredito delle somme. L’intermediario ha negato il rimborso, sostenendo che l’operazione era stata correttamente contabilizzata, registrata e autenticata con la lettura del microchip della carta e l’apposizione della firma del titolare sul memorandum di spesa (la ricevuta consegnata dall’esercente). L’ABF ha accolto la domanda in quanto l’operazione contestata, di importo elevato, avrebbe richiesto l’autenticazione forte del cliente, per la quale non è sufficiente l’apposizione della firma sulla ricevuta.
Una società aveva effettuato un bonifico inserendo un IBAN errato; si era quindi rivolta alla banca del beneficiario per ottenere le informazioni utili a identificarlo e a richiedere la restituzione di quanto erroneamente versato. La banca non aveva accolto la richiesta in quanto aveva ritenuto necessaria
un’autorizzazione del suo cliente prima di divulgarne i dati identificativi. L’ABF ha chiarito che il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario errato non è tenuto a restituire la somma indebitamente ricevuta, ma non può rifiutarsi di comunicare al pagatore i dati identificativi (anagrafici o societari) utili a ottenere il rimborso delle somme, in quanto la tutela della privacy viene meno di fronte alla necessità del cliente di tutelare i suoi diritti.
Una società lamentava che la banca non aveva eseguito alcune operazioni di pagamento (bonifici e pagamento di somme risultanti da un modello F24). La banca si difendeva precisando che il blocco dei pagamenti era dipeso dal comportamento del cliente che non aveva adempiuto in modo adeguato alla richiesta di informazioni per rispettare gli obblighi in materia di antiriciclaggio. L’ABF ha osservato che la disciplina antiriciclaggio richiede agli intermediari di astenersi dall’esecuzione dell’operazione quando non siano in condizione di svolgere l’adeguata verifica della clientela e impone precisi obblighi anche ai clienti. Il Collegio ha quindi respinto il ricorso.
19. Le frodi informatiche
Il ricorrente lamentava la violazione da parte della banca dei principi relativi all’autenticazione forte del cliente (SCA) per avere consentito ai truffatori di cambiare l’utenza telefonica associata a quattro carte di pagamento attraverso l’invio di una sola OTP. Il Collegio di coordinamento ha ritenuto che, come chiarito dall’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA), ai fini della SCA l’utenza telefonica deve essere riferita al titolare e non allo strumento di pagamento. Ne consegue che l’invio di una sola OTP all’utenza telefonica del titolare di più carte di pagamento è sufficiente a integrare uno dei fattori di autenticazione forte del cliente, in linea con le regole richieste in materia; il Collegio non ha quindi accolto la domanda del cliente.
In un caso di disconoscimento di operazioni non autorizzate, l’ABF ha ribadito che se un utente è vittima di SMS spoofing ha diritto al rimborso delle operazioni non autorizzate, a meno che non risulti la sua grave negligenza nell’avere agevolato la truffa. A tal fine assumono rilevanza indici di anomalia o di inattendibilità del messaggio truffaldino. Nel caso esaminato gli SMS recavano come mittente la denominazione utilizzata dall’intermediario, si inserivano in conversazioni contenenti altri messaggi genuini e contenevano link apparentemente riferibili alla banca. L’ABF a quindi escluso la colpa grave del ricorrente e ha accolto la sua domanda di restituzione dell’importo delle operazioni disconosciute, al netto della franchigia di 50 euro.
L’ABF ha ribadito che se il sistema di sicurezza dell’intermediario prevede la trasmissione di una OTS – ossia una password dinamica, ulteriore rispetto alla OTP e inviata via SMS per l’autorizzazione di operazioni qualificate come sospette – deve essere utilizzato un canale di invio diverso da quello previsto per la comunicazione della prima OTP. Nel caso in esame la OTP era stata generata dall’app dell’intermediario e la OTS era stata inviata via SMS: il Collegio ha quindi rilevato l’adeguatezza del sistema di autenticazione. All’utente era stata anche inviata una notifica sul telefono che lo avvertiva di un accesso effettuato da un browser diverso da quello di solito utilizzato. L’Arbitro ha ritenuto che quest’ultima notifica, associata all’invio della OTS, fosse sufficiente a consentire all’utente di accorgersi dell’operazione in corso; ha quindi rigettato il ricorso, ritenendo provata in via presuntiva la colpa grave del cliente. In un altro caso, considerata la mancata prova da parte della banca della colpa grave del cliente, l’ABF ha condannato l’intermediario a restituire al ricorrente la somma di 199.950 euro.
L’ABF si è occupato del disconoscimento di bonifici disposti in favore di beneficiari diversi da quelli indicati nell’ordine di pagamento. Nel caso esaminato una società lamentava che due bonifici disposti dalla stessa, entrambi di importo elevato (superiore a 50.000 euro), erano stati accreditati sul conto di sconosciuti; allegava quindi gli ordini delle operazioni, sui quali compariva l’IBAN corretto che invece era assente nelle ricevute finali. L’ABF ha osservato che, dopo il primo bonifico, la banca aveva avvisato la cliente su possibili intromissioni informatiche volte a modificare i destinatari dei bonifici, suggerendo alcune azioni che la società aveva tuttavia messo in atto soltanto dopo l’esecuzione del secondo bonifico. L’ABF ha quindi condannato la banca a rimborsare alla società soltanto 98.000 euro, importo corrispondente alla somma del primo bonifico e della metà del secondo, per il quale il Collegio ha ravvisato un concorso di colpa della società stessa.
20. Gli assegni
L’ABF ha accolto un ricorso con il quale il cliente chiedeva il rimborso di un assegno bancario, versato per l’incasso presso la propria banca, che era poi stato smarrito durante il trasporto da parte di un corriere incaricato dalla banca stessa. Il Collegio ha innanzitutto ritenuto invalida la clausola contrattuale secondo la quale era esclusa la responsabilità dell’intermediario per lo smarrimento del titolo durante il trasporto. Secondo l’ABF il corriere incaricato dalla banca del trasporto è considerato un ausiliario di quest’ultima; per questo motivo l’intermediario non deve essere ritenuto responsabile per la perdita del titolo, a meno che non dimostri che lo smarrimento da parte del corriere sia stato determinato da una causa sopravvenuta non imputabile al corriere stesso.
L’ABF ha accertato la responsabilità dell’intermediario per non avere osservato i doveri di controllo della firma apposta su un assegno prima di effettuare il pagamento. L’assegno era stato rubato dal carnet del ricorrente e presentato alla banca per l’incasso da un falso beneficiario. L’ABF, in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza, ha condannato la banca a restituire al cliente l’intero importo dell’assegno in quanto la difformità della firma apposta sull’assegno rispetto allo specimen depositato dal cliente era molto evidente.
L’ABF ha riconosciuto la responsabilità della banca negoziatrice per avere rilasciato al cliente la dichiarazione del “bene emissione” di un assegno circolare a seguito della sola rassicurazione telefonica di un finto impiegato della banca emittente, senza chiedere una conferma scritta. Ha invece escluso la responsabilità della banca emittente, perché questa risultava del tutto estranea da qualunque effettiva comunicazione di bene emissione del titolo. In applicazione dei medesimi principi l’ABF ha in un altro caso condannato la banca negoziatrice a corrispondere al cliente l’importo di 75.000 euro.
21. I sistemi privati di informazione creditizia
Un cliente, titolare di un finanziamento, affermava che la banca lo aveva segnalato negativamente presso un sistema privato di informazione creditizia (SIC) senza avere inviato alcun preavviso. Precisava che tale comunicazione era stata inserita nell’area riservata del sito della banca, ma non vi erano evidenze tracciabili che ne attestassero la presa visione: l’intermediario non avrebbe quindi potuto dimostrare la ricezione del preavviso.
L’ABF ha respinto il ricorso, rilevando che il contratto conteneva una clausola, approvata in modo specifico dal cliente, per effetto della quale quest’ultimo avrebbe avuto accesso dalla sua area personale alla documentazione relativa al rapporto, inclusi i preavvisi di segnalazione nei SIC. Il contratto inoltre prevedeva un sistema di alert, mediante SMS o e-mail, per informare il cliente della presenza di nuove comunicazioni. A fronte di tali previsioni, il ricorrente si era limitato a negare la ricezione del preavviso, senza provare di essersi trovato nell’impossibilità di averne notizia, come invece richiesto dal Codice di condotta dei SIC.
Un cliente lamentava di essere stato segnalato in un SIC senza preavviso e di averne avuto notizia in occasione della richiesta di un prestito a un altro intermediario che, per questo motivo, glielo aveva negato: affermava quindi di avere subito un danno e ne chiedeva il risarcimento. L’ABF, pur avendo rilevato la carenza di preavviso, ha comunque rigettato la richiesta di risarcimento, in quanto il ricorrente, per poter ottenere il risarcimento, avrebbe dovuto dimostrare che la mancata concessione del finanziamento era dipesa esclusivamente dalle segnalazioni negative. Non è stato riconosciuto neppure un danno per la lesione dell’immagine di buon pagatore del cliente, in quanto risultava pacifico che il cliente non avesse pagato all’intermediario diverse rate del prestito.
22. La Centrale dei rischi
Una società lamentava di essere stata illegittimamente segnalata nella Centrale dei rischi (CR) per uno sconfinamento determinato da errori della banca nella contabilizzazione di alcune ricevute bancarie (Riba) consegnate per l’incasso; chiedeva quindi il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. L’intermediario, dopo avere ricevuto il reclamo dell’impresa, aveva rettificato la segnalazione, negando però la sua responsabilità nella vicenda e rifiutando il risarcimento.
L’ABF ha affermato che la segnalazione era dipesa da un errore della banca ed era illegittima; ha inoltre rilevato che la stessa, rimasta a lungo visibile prima di essere cancellata, aveva danneggiato la reputazione di buon pagatore dell’azienda che aveva riscontrato problemi documentati di accesso al credito. Il Collegio ha preliminarmente ricordato che il risarcimento del danno non patrimoniale può essere concesso solo se il cliente fornisce prova dello stesso, anche in via presuntiva. Nel caso esaminato, considerato che il cliente aveva fornito la prova richiesta, la banca è stata condannata a risarcire il danno non patrimoniale per la lesione della reputazione, nonché quello patrimoniale costituito dalle spese legali sostenute dall’impresa.
Il Collegio di coordinamento si è pronunciato su un caso in cui un cliente contestava la legittimità della condotta della banca che aveva acquistato un credito segnalato a sofferenza nella CR e aveva provveduto a confermare in continuità la segnalazione. Secondo il cliente, la banca, prima di procedere, avrebbe dovuto accertare se il debitore versava ancora in stato di insolvenza (presupposto della segnalazione a sofferenza), considerato che aveva sottoscritto un piano di rientro del debito e pagava le rate con regolarità.
L’ABF ha affermato che in caso di acquisto da parte dell’intermediario di un credito a sofferenza, questo deve dare continuità alla segnalazione se, come nel caso esaminato, non emergono nuovi elementi che rendano necessaria una nuova valutazione della posizione del debitore. Il Collegio ha chiarito che non costituisce elemento di novità la sottoscrizione di un accordo di rientro rateale del debito, che comporta solo la riduzione dell’importo segnalato a sofferenza dopo il pagamento di ogni rata: le banche sono però tenute a chiarire ai clienti che alla sottoscrizione del piano di rientro non consegue la cessazione della segnalazione, ed ha quindi respinto il ricorso.
23. La Centrale di allarme interbancaria
Una società affermava di essere stata segnalata nella Centrale di allarme interbancaria (CAI) dalla propria banca in modo illegittimo e chiedeva la cancellazione di tale iscrizione. Secondo l’ABF, la ricorrente – che aveva emesso alcuni assegni senza avere sul conto i fondi sufficienti per fare fronte al pagamento – per evitare le sanzioni previste dalla legge avrebbe dovuto pagare il valore dell’assegno, gli interessi, la penale e le eventuali spese di protesto entro 60 giorni dall’emissione, fornendo entro lo stesso termine alla propria banca la prova di questo pagamento tardivo. L’ABF ha quindi rigettato il ricorso, considerato che la società aveva effettuato il versamento tardivo oltre il limite stabilito dalla legge. Il Collegio ha infine precisato che non avrebbe potuto disporre la cancellazione della segnalazione, posto che al momento della decisione erano trascorsi i sei mesi oltre i quali la segnalazione viene eliminata dal sistema.
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Avv. Valerio Pandolfini
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